Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IV
COME USARE I MEZZI DI SANTIFICAZIONE

Indirizziamo l'Ora di Adorazione per ottenere la grazia di usare bene tutti i mezzi di santificazione: usare bene il corpo Che il Signore ci ha dato; il tempo che ci rimane; specialmente servirsi bene dei mezzi spirituali, quali l'istruzione religiosa, la preghiera, le opere buone.
Verrà un giorno in cui noi guarderemo indietro alla dovizia veramente grande di beni che il Signore aveva posto a nostra disposizione, perché riuscissimo a farei santi. Allora gioverebbe poco piangere sulla nostra negligenza. L'uomo prudente provvede per tempo alle sue necessità. S. Roberto Bellarmino scrisse un libro intitolato: «De arte bene moriendi: dell'arte di ben morire». Nella prima parte egli espone sedici mezzi per prepararci a morire santamente.

1. Usare bene il corpo. - L'anima mia è stanca della vita, voglio dare libero corso al mio lamento, voglio parlare nella amarezza del mio cuore, e dire a Dio: Non condannarmi, fammi sapere perché mi giudichi in questa maniera. Ti par giusto calunniarmi, ed opprimere me, opera delle tue mani, e favorire i disegni degli empi? Hai tu forse occhi di carne, e vedi come vede l'uomo? Sono forse i tuoi giorni come quelli del mortale, e gli anni tuoi come gli umani, ché tu ricerchi
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la mia colpa e scruti il mio peccato? Per sapere che io nulla ho fatto d'empio, mentre nessuno può liberarmi dalle tue mani? Le tue mani mi han fatto e blasonato tutto quanto, e così all'impensata mi distruggi? Ricordati, te ne prego, che m'hai formato come creta, e mi ridurrai in polvere. Non mi hai colato come il latte e fatto rapprendere come il cacio? Tu mi hai rivestito di pelle e di carne, m'hai tessuto di ossa e di nervi (Giob. 10,1-11).
Il corpo è il compagno dell'anima nel cammino della vita: anima ragionevole e corpo organico formano l'uomo. L'uomo è destinato a vivere in eterno, ma la morte separerà temporaneamente il corpo dall'anima; la morte è la temporanea separazione dell'anima dal corpo. L'anima per essere contenuta nel corpo ha bisogno che il corpo si trovi in determinate condizioni. Orbene, se per una malattia, per uno scontro o per un'altra causa il corpo cessa di essere nelle disposizioni sufficienti per contenere l'anima, questa ne esce come se la bottiglia contenente un preziosissimo liquore venisse spezzata, il liquore si spanderebbe. Morirà il corpo e discenderà nel sepolcro a purificarsi. Il Signore non ci ha creati puri spiriti come gli Angeli, ma ci ha dato il corpo perché esso serva all'anima, l'anima serva a Dio, ed entrambi giungano al premio eterno. Il corpo è dotato di sensi: l'udito, la vista, l'odorato, il gusto, il tatto, la lingua, il cuore, la fantasia sensitiva, ecc. L'anima è la parte superiore ed immortale, perché spirituale; essa deve guidare, perché ragionevole.
Gli occhi possono meritare, perché noi possiamo usarli per istruirci, per osservare le cose che si devono conoscere, e mortificarli nelle cose che non si devono guardare.
L'anima usa bene l'udito ascoltando la parola di Dio, le voci dei bisognosi, le istruzioni nella scuola;
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mortificando la curiosità, astenendosi dal sentire certi discorsi e certe voci le quali non piacciono a Dio.
L'anima deve usar bene la lingua: essa è destinata a dire tante cose sante, a insegnare nella scuola, ad esprimere il pensiero, a mantenere relazioni sociali, a lodare il Signore, destinata alla preghiera, alla predicazione... Ma l'anima può anche abusare della lingua: e tante volte la lingua è causa di così grandi mali, che S. Giacomo la chiama una fiamma che tutto incendia!
L'anima deve usare convenientemente delle forze fisiche; vi sono di quelli che sanno così bene regolare i sentimenti del loro cuore che amano soltanto il Signore; vi sono di quelli che sanno regolare bene la loro fantasia, riprodurre solamente tante immagini buone, sante. Vi sono di quelli che sanno regolare bene il loro riposo, il loro cibo, il loro lavoro, in ogni parte: regolano bene tutto il loro corpo e lo mortificano in tutti gli appetiti disordinati. Fortunata quell'anima che è veramente guida del corpo, guida ragionevole, la quale con ordine, con opportunità sa convenientemente spingere il corpo alla fatica, e sa convenientemente mortificarlo anche nelle cose lecite.
Verrà il momento in cui il nostro corpo si troverà affranto sul letto di morte: il nostro respiro si farà più lento, finché l'anima uscirà per sempre dalle labbra... Ma immaginate, come immagina il Monti nella sua poesia, ché l'anima uscita dal corpo si volga indietro a salutare il cadavere che lascia sul letto. L'anima che ha regolato bene il corpo gli dirà: «Va' a riposare nella tomba; io intanto salgo al cielo e vado a prepararti il posto che pure tu hai meritato; tornerò a prenderti!». Ma che saluto disperato darebbe al suo corpo quell'anima che l'avesse abbandonato ai suoi istinti sregolati! Direbbe: «Per contentare te, ho perduto me e te:
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vado ad aspettarti in quel luogo di tormenti che è l'inferno...».
Dopo il canto del «Vexilla Regis», recitiamo il primo mistero doloroso, perché Gesù agonizzante ci liberi da tanta disgrazia; ci conceda, per il suo Sangue sparso nell'orto, la grazia di poter in quel momento salutare il nostro corpo come compagno di meriti, dargli un addio che è un lieto arrivederci: «Tornerò, ti prenderò, ti condurrò con me in Paradiso, nella gloria».

HYMNUS

Vexilla regis prodeunt:
Fulget Crucis mysterium
Qua vita mortem pertulit,
Et morte vitam protulit.

Quae vulnerata lanceae
Mucrone dicro criminum
Ut nos lavaret sordibus,
Manavit unda et sanguine.

Impleta sunt quae concinit
David fideli carmine,
Dicendo nationibus:
Regnavit a ligno Deus.

Arbor decora et fulgida,
Ornata regis purpura,
Electa digno stipite
Tam sancta membra tangere.

Beata cuius brachiis
Pretium pependit saeculi
Statera facta corporis,
Tulitque praedam tartari.

O Crux ave, spes unica,
Hoc Passionis tempore:
Piis adauge gratiam,
Reisque dele crimina.

Te, fons salutis Trinitas
Collaudet omnis spiritus:
Quibus crucis victoriam
Largiris, adde praemium. Amen.

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I Mistero doloroso

Gesù nell'orto di Getsemani suda sangue e prega con umiltà, confidenza e perseveranza: l'Angelo lo conforta. Chiediamo lo spirito di preghiera.

2. La morte è la fine del tempo. - Mi sei stato largo di vita e di benevolenza, e la tua vigilanza custodì il mio spirito. Sebbene tu nasconda queste cose nel tuo cuore, so bene che le ricordi tutte. Se ho peccato mi hai perdonato per un istante. Perché non permetti ch'io sia purificato dalla mia iniquità? Se son reo, guai a me! se innocente, non potrò alzare il capo, saziato di afflizioni e di miserie. A motivo della superbia, mi prenderesti come una leonessa, mi tormenteresti di nuovo prodigiosamente, rinnovando le tue prove contro di me, raddoppiando contro di me il tuo sdegno; e le pene combattono dentro di me. Perché m'hai fatto uscire dal seno materno? Fossi morto, ed occhio non mi avesse mai visto! Sarei come fossi mai esistito, portato dal seno della madre al sepolcro. Non deve far presto il piccolo numero dei miei giorni? Lasciami adunque piangere un poco le mie sventure, prima ch'io vada, per non più ritornare, al luogo tenebroso coperto dalla caligine di morte, alla regione della miseria e delle tenebre, dove regna l'ombra di morte, il disordine e l'orrore sempiterno (Gb 10,12-22).
L'uomo è destinato a vivere eternamente. La sua vita comincia su questa terra, ma dura pochi giorni. Poi entra nella casa della sua eternità dove la vita non avrà più fine. Ma il tempo, che è così breve di fronte all'eternità, è la chiave dell'eternità; ed è una chiave che può aprire le porte del cielo e può aprire le porte dell'inferno. Chi usa il tempo secondo la divina volontà,
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apre il cielo; chi invece spreca il suo tempo, apre le porte dell'inferno.
Vi possono essere due giovani che hanno la stessa età, che compiono lo stesso lavoro, che si trovano assieme nei vari periodi della loro vita, che possono magari morire nello stesso giorno, ma lo stesso tempo può essere per l'uno la chiave del cielo e per l'altro la chiave dell'inferno. Non importa che siano stati vicini, non importa che abbiano avuto le stesse occupazioni, non importa che siano stati della medesima statura, non importa che abbiano avuto la stessa vocazione, gli stessi giorni di vita... «Unus assumetur, alius relinquetur»1. In un gruppo si può contare chi ha gli stessi anni di vita: uno può essere ricco di meriti e l'altro poverissimo, ed un terzo potrebbe anche essere in peccato grave.
Il tempo è un tesoro: usato bene compra un altro tesoro: il Cielo; ma se è usato male, se è dissipato, ci rende responsabili davanti a Dio, e diventa la nostra condanna: «Potevi e non hai fatto». E intanto tempus non erit amplius: non c'è più tempo! viene la morte... si chiude il tempo.. è finito... ciò che è compiuto rimane in eterno.
Se un giovane avesse ricevuto grandi tesori in eredità dal padre suo, trafficando, potrebbe moltiplicarsi; dissipandoli, diverrebbe un prodigo disgraziato.
La sera è l'immagine della morte. Orbene: ogni sera un'anima diligente può numerare le sue azioni; in esse ha messo impegno, ha fatto con gran fervore, rettitudine d'intenzione, precisione quanto le è stato possibile?... Un tesoro di meriti ha dunque raccolto nella giornata. L'anima negligente invece volgendosi a sera a dare uno sguardo alla sua giornata, troverà che vi
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sono state tante imperfezioni e tante debolezze. Quanto purgatorio ha accumulato! Può anche esservi un'anima cattiva che, giunta alla sera, debba dire: giornata nera, oggi! guai se mi raggiungesse la morte! giorno perduto! ho sprecato il mio tempo! vi sono dei fanciulli morti in tenerissima età; usarono bene del poco tempo e sono santi. Vi sono giovani che si sono santificati: S. Luigi Gonzaga, S. Domenico Savio, S. Stanislao Kostka, S. Giovanni Berchmans, S. Agnese, ecc. Altri vissero a lungo, ma «longa vita non semper emendat», dice l'Imitazione di Cristo: la vita lunga non è sempre la migliore.
Serviamoci bene del tempo. Il tempo si può sprecare in quattro modi: 1) commettendo dei peccati; perdendolo in cose inutili; 3) facendo il bene malamente; 4) facendo il bene, ma senza retta intenzione, cioè per vanità o per fini umani.
Per usare, invece, bene del tempo bisogna: a) spenderlo in opere buone; b) compiere queste opere buone santamente, cioè in grazia di Dio, con retta intenzione e con perfezione; c) avere sempre nelle nostre azioni un grande amor di Dio e, con la debita penitenza, riparare il tempo perduto.
Dopo aver cantato lo «Stabat Mater», recitiamo il secondo mistero doloroso per ottenere dal Signore la grazia di usare bene di questo immenso tesoro che è il tempo.

STABAT MATER

Stabat Mater dolorosa
Juxta crucem lacrymosa,
Dum pendebat Filius.

Cuius animam gementem,
Contristatam et dolentem
Pertransivit gladius.

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O quam tristis, et afflicta
Fuit illa benedicta
Mater Unigeniti!

Quae moerebat, et dolebat
Pia Mater dum videbat
Nati poenas inclyti.

Quis est homo, qui non fleret
Matrem Christi si videret
In tanto supplicio?

Quis non posset contristari
Christi Matrem contemplari
Dolentem cum Filio?

Pro peccatis suae gentis
Vidit Jesum in tormentis,
Et flagellis subditum.

II Mistero doloroso

Gesù legato alla colonna è crudelmente flagellato in isconto delle tante disonestà degli uomini. Domandiamo la virtù della castità.

3. Colla morte hanno fine i mezzi per salvarci. - L'uomo nato di donna vive poco tempo e pieno di molte miserie. Come un fiore sboccia e secca, fugge qual ombra, senza mai fermarsi. E tu stimi degno aprire i tuoi occhi sopra un tal essere o chiamarlo al tuo tribunale? Chi può render puro colui che fu concepito dall'immonda semenza? Non forse tu che sei l'unico? I giorni dell'uomo son brevi; il numero dei suoi mesi è presso di te. Gli hai fissato un termine che non può essere oltrepassato. Ritirati un poco da lui e lascialo in pace, finché non venga, come quello d'un mercenario, il suo giorno bramato. Per la pianta c'è una speranza: anche tagliata, spunta e torna ad avere i suoi rami; ed anche quando sarà invecchiata sotto terra la sua radice, quando il suo tronco sarà morto nella polvere, appena sente l'acqua, rinverdisce e fa le fronde come pianta
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novella. Ma l'uomo, morto che sia, non ha più nulla. È finito. Di grazia, che ne resta? Simile alle acque sparite dal lago, al fiume che inaridisce e secca. L'uomo quando si sarà addormentato non risorgerà, finché non cada il cielo non si sveglierà, né si scuoterà dal suo sonno. Oh, potessi ottenere che tu mi seppellisca nell'Abisso, e mi faccia star laggiù nascosto finché non passi il tuo furore, finché tu non abbia fissato il giorno in cui ti ricorderai di me! Pensi forse che l'uomo morto torni a vivere? Tutti i giorni del mio presente battagliare aspetto che venga il mio cambiamento. Allora mi chiamerai ed io risponderò, e tu porgerai la destra all'opera delle tue mani. Tu hai certamente contato i miei passi; ma perdona i miei peccati (Gb 14,1-16).
Il Signore ci ha dato la luce della mente: la verità. Noi abbiamo a nostra disposizione la dottrina della Chiesa, il S. Vangelo, gli scritti dei Santi Padri; abbiamo a nostra disposizione le prediche, i catechismi, le esortazioni; abbiamo a nostra disposizione i lumi interni, i libri, tutti coloro che ci insegnano le verità divine.
Inoltre, possiamo praticare le virtù cristiane: la fede, la speranza, la carità; le virtù della mortificazione, dell'umiltà, della castità, ecc. Su questa terra noi possiamo esercitare una missione, corrispondere alla nostra vocazione. Ognuno su questa terra deve fare qualche cosa: e cioè percorrere con coraggio e fedeltà la propria via, adempiere la missione assegnatagli dal Signore. Ognuno alla fine deve poter dire: «Cursum consummavi»1 Guai a chi dovesse confessare: ho sbagliato strada, l'ho percorsa male, non ho speso bene i talenti ricevuti dal Signore; ovvero: li ho nascosti, li
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ho tenuti inoperosi! Abbiamo a nostra disposizione i mezzi di grazia, cioè il Sacramento della Confessione e della Comunione, la preghiera, la meditazione, l'esame di coscienza; il Breviario, il Messale, la Messa, abbiamo a nostra disposizione le divozioni al Maestro Divino Eucaristico, alla Madonna, al Cuore di Gesù, a San Paolo, ai Santi; abbiamo a nostra disposizione la divozione agli Angeli Custodi...
Tanti adunque sono i mezzi che il Signore ci ha provveduto e che la Chiesa ci propone. Ma viene il giorno in cui l'uso di questi mezzi terminerà: beato chi ora si arricchisce e disgraziato chi li usa malamente. Beato chi, presentandosi al Signore, potrà dire: Signore, mi hai dato cinque talenti, ne ho guadagnati altri cinque. L'eternità ce la facciamo noi, buona o cattiva, come vogliamo: non possiamo incolpare altri. Anche nella peggiore delle ipotesi, possiamo sempre avere il meglio: la rassegnazione, la pazienza, l'amor di Dio. E chi ha da soffrire, guadagna assai più di colui che opera soltanto.
Recitiamo il terzo mistero doloroso per usare bene i mezzi di santificazione, dopo il canto delle «Litanie di S. Giuseppe».

LITANIE DI S. GIUSEPPE

Kyrie, eleison
Christe, eleison
Kyrie, eleison
Christe, audi nos
Christe, exaudi nos
Pater de coelis Deus, miserere nobis
Fili Redemptor mundi Deus, miserere nobis
Spiritus Sancte, Deus, miserere nobis
Sancta Trinitas, unus Deus, miserere nobis
Sancta Maria, ora
Sancte Joseph, ora
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Proles David inclyta, ora
Lumen Patriarcharum, ora
Dei Genitricis Sponse, ora
Custos pudicae Virginis, ora
Filii Dei nutritie, ora
Christe defensor sedule, ora
Almae Familiae praeses, ora
Joseph justissime, ora
Joseph castissime, ora
Joseph prudentissime, ora
Joseph fortissime, ora
Joseph oboedientissime, ora
Joseph fidelissime, ora
Speculum patientiae, ora
Amator paupertatis, ora
Exemplar opificum, ora
Domesticae vitae decus, ora
Custos Virginum, ora
Familiarum columen, ora
Solatium miserorum, ora
Spes aegrotantium, ora
Patrone morientium, ora
Terror daemonum, ora
Protector sanctae Ecclesiae, ora
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis

V) Constituit eum dominum domus suae,
R) Et principem omnis possessionis suae.

OREMUS. Deus, qui ineffabili providentia beatum Joseph sanctissimae Genitricis tuae sponsum eligere dignatus es: praesta, quaesumus, ut quem protectorem veneramur in terris, intercessorem habere mereamur in coelis. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum. Amen.

III Mistero doloroso

Gesù viene incoronato di spine, e schernito in pena di tanti pensieri e sentimenti cattivi. Domandiamo la purezza della mente e del cuore.
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1 Lc 17,34.

1 2 Tm 4,1.