Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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32. PREPARAZIONE AL SANTO. NATALE: «PACE AGLI UOMINI»
Meditazione alla comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.Roma, Via Portuense 739, 24 dicembre 1958*1
Invocare Maria, Regina degli Apostoli, perché proprio nel presepio ella presenta il suo Figlio all'umanità. La Vergine della Incarnazione. E allora, questi giorni che si passano nel clima natalizio, passarli con Maria, spiritualmente uniti a lei e far nostri i suoi pensieri, i suoi sentimenti quando adorava il Bambino. Modello delle adoratrici.
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La seconda parte del programma cantato dagli angeli sulla capanna di Betlemme: «Pace agli uomini di buona volontà»1. Il Figliuolo di Dio si era incarnato per questo: onde glorificare il Padre e, in secondo luogo, per portare la pace agli uomini, pacificare gli uomini, pacificare gli uomini con Dio, pacificare gli uomini in se stessi, nella propria coscienza e pacificare gli uomini tra di loro.
La pace è tale bene che merita ben che noi sappiamo sacrificare qualche cosa, pur di conservare la pace e l'unione; qualche volta sacrificare anche qualche cosa che sarebbe per sé bene, ma in vista di un maggior bene. «La pace è la tranquillità dell'ordine»2.
Pace con Dio. Perché il Signore, Dio, era l'offeso; l'uomo, l'offensore. E non vi era alcun uomo che potesse soddisfare, riparare degnamente dell'offesa fatta a Dio col peccato. Gli uomini, poi, dopo il peccato originale, si erano abbandonati a tanti errori e tanti vizi e tante idolatrie, superstizioni; quindi, anziché riparare il male originale, venivano ancora ad accrescere il male e crescerlo enormemente, sempre in cerca di pace senza mai trovarla.
Ma il Figliuolo di Dio si incarnò e pagò per noi il peccato, l'offesa fatta a Dio, egli che era Dio, egli che era uomo insieme: come Dio unito al Padre e come uomo unito a noi e quindi in lui vi erano le condizioni essenziali per la mediazione, cioè per la pacificazione tra l'Offeso e l'offensore. D'altra parte egli, nella sua umanità, cominciando dalla culla, dal presepio, fino [a] quando rese lo spirito nelle mani del Padre, fu tutta una vita di sacrifici e un continuato martirio3. E allora il Padre accettò l'offerta della vita di Gesù, le sue pene, i sacrifici, e perdonò il peccato. E lo perdona a noi man mano che ci accostiamo a lui pentiti, e che abbiamo volontà di riparare e quindi: fecit utraque unum4. L'uomo era lontano da Dio e in Gesù Cristo l' uomo si riavvicinò a Dio e Dio si riavvicinò all'uomo, così che l'uomo può di nuovo alzare la sua testa e guardare con fiducia il cielo, perché il cielo era chiuso e venne riaperto dalla morte di Gesù Cristo.
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In secondo luogo: la pace nostra, individuale, la pace nostra, cioè la pace di coscienza con Dio, per ognuno. Questa pace che si ottiene vivendo uniti a Dio. Quando si è distaccati da Dio, non c'è mai pace. E invece nella sottomissione e nel conformar la nostra volontà a Dio entra in noi una grande pace. Naturalmente occorre che noi scancelliamo il peccato, le nostre mancanze e però ci vuol sempre la buona volontà, la condizione è quella, cioè la buona volontà di volersi emendare e di non voler più commettere altri peccati. Questa è la condizione: non voler più ribellarci a Dio, al suo volere. Pace di coscienza, allora. E allora l'anima gode in se stessa una grande pace, sente di essere unita a Dio, il quale è il Sommo Bene, l'eterna felicità. E allora l'anima sente che la vita presente è un preludio di paradiso, cioè una preparazione al paradiso, preparazione che, alle volte, riesce dolorosa perché dobbiamo portare la nostra croce.
Non una pace qualunque: la pace che si ha quando noi ci sacrifichiamo rinnegando noi stessi. Il mondo offre una pace che non è pace. E non è quella la pace che ha portato Gesù dal cielo, perché allora starebbe la frase di Gesù: Non veni mittere pacem, sed gladium1: non son venuto a portar la pace, ma la spada. E cioè, il sacrificio che alle volte bisogna fare per stare uniti a Dio. Non si può fare un sacrificio senza distaccarsi ragionevolmente dai parenti e dalla nostra volontà e dai nostri capricci. Allora ci vuol la spada, cioè, troncare quello che offende Iddio, quello che ci distacca da Dio. Ci vuole la buona volontà. D'altra parte Gesù augura tante volte ai suoi Apostoli e, negli Apostoli, a tutti noi, la pace2. Questa pace che si ha nel compimento della volontà di Dio.
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Poi la pace fra gli uomini. E allora abbiamo da chiedere la pace nella Chiesa: quam pacificare, custodire, regere digneris1. Gli eretici, gli scismatici hanno rotto l'unione, quindi rotto la pace, perché si son distaccati dalla Chiesa, o per gli errori, quindi eretici, o per la disobbedienza alla autorità legittima della Chiesa, quindi scismatici. E dobbiamo sempre pregare, particolarmente nel Natale perché questa pace si conservi e si ripari e ritorni là, dove è stata guastata, dove è stata rotta questa pace. Che ritornino i dissidenti alla Chiesa: quam pacificare, custodire et regere digneris.
Naturalmente ci vuole il sacrificio, ci vuol la buona volontà, per i dissidenti: rinunciare, cioè, a certe loro idee e a certe loro vedute e volontà, a certi atteggiamenti, a certe posizioni prese contro l'autorità della Chiesa.
Poi, vi è la pace col prossimo, pure fra nazione e nazione. E ce n'è tanto bisogno di pregare per questo, nei tempi che corriamo. Mentre che gli angeli cantano la pace, augurano la pace agli uomini, sulla capanna di Betlemme, dall'altra parte gli uomini preparano armi, sempre più micidiali...
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1 * Nastro 26/e (= cassetta 56/b.2). - Per la datazione, cf PM: «La seconda parte del programma cantato dagli angeli... Pace agli uomini di buona volontà» E dobbiamo sempre pregare, particolarmente nel Natale perché questa pace si conservi». - dAS (nessun accenno). - dAC, 24/12/1958: «Meditazione del PM che completa il pensiero svolto il 13 dicembre». - VV: PM: «Natale 1958».

1 Lc 2,14.

2 S. AGOSTINO, De civitate Dei, PL 41, 19,13, 640.

3 Cf Imitazione di Cristo, libro II, 12,7.

4 Ef 2,14.

1 Mt 10,34.

2 Lc 24,36 e paralleli.

1 Missale Romamum, Canon Missae, «Te igitur».