Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. GLI APOSTOLATI DELLA PIA DISCEPOLA
Esercizi Spirituali (27 maggio - 4 giugno 1958) alle Pie Discepole Superiore e anziane.
Roma, Via Portuense 739, 2 giugno 19581
Dalle parole del Santo Padre, Pio XII, e da tutte le spiegazioni che abbiamo avuto in riguardo agli Istituti Secolari, risulta questo concetto: che lo stato di perfezione giuridico e riconosciuto è quello che si segue negli Ordini, nelle Congregazioni religiose e negli Istituti secolari. Risulta però anche, specialmente dalle parole del Santo Padre, che si può conseguire la perfezione cristiana anche nel mondo. Non bisogna pensare che soltanto nei conventi, nei monasteri si attenda a perfezionarsi nelle virtù e si arrivi ad una santità distinta. Vi sono persone che vivono nel mondo e fanno più sacrifici di noi; vi sono persone le quali vivono di Dio, vivono in totale dipendenza dal volere di Dio e, nello stesso tempo, gemono sui mali presenti dell'umanità, riparano i peccati che si commettono contro Dio, contro Gesù Cristo e zelano l'onore di Dio, il bene delle anime e l'amore alla Chiesa Cattolica.
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Non perché siamo in uno stato di perfezione siamo perfetti, ecco. Lo stato è una cosa, la perfezione, poi, dell'anima è un'altra. E siamo perfetti in quanto c'è profondità di fede, c'è profondità di amore a Dio e alle anime e c'è una speranza ferma nei beni futuri, un amore fermo ai beni spirituali, una fiducia serena nella grazia di Dio per corrispondere alla nostra vocazione speciale. Sempre stare umili.
Con la ricchezza dei mezzi che abbiamo noi, possiamo dire di aver corrisposto a tutta questa abbondanza di doni, di grazie con cui ci ha seguito il Signore nella vita? Stare umili, anche quando: nihil mihi conscius sum: sed non in hoc iustificatus sum1. Anche quando non ricordo peccati, e non bisogna farsi scrupoli, tuttavia non dobbiamo presumere, non dobbiamo confidare nei meriti della nostra vita passata, dobbiamo solo vivere nell'umiltà e confidare nei meriti, nella Passione di Gesù Cristo; confidare nella Messa, in cui i meriti di Gesù Cristo sono rinnovati e distribuiti; confidare in lui come Maestro Via, Verità e Vita. Troppo facilmente accade, l'orgoglio in certe persone per cui si credono, oh!, di poter già sentenziare e dispensarsi dalle obbedienze; si credono già in stato di perfezione e, magari, se poi sono abituati a dire orazioni lunghe, hanno fiducia nella lunghezza della preghiera, non nella qualità della preghiera. Troppo orgoglio nei conventi, troppo orgoglio per cui noi non onoriamo Iddio come dovremmo, non seguiamo Gesù come dovremmo e non arriviamo a quella santità che dovremmo acquistare. Il Signore nella sua misericordia, poi, è largo, sì, se si sta umili.
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Io non ho mai sentito una parola così santa come quella che ho ascoltato dalla vostra sorella Sr. Spes1, pochi giorni fa, quando l'ho visitata: Sono ancora distante dal paradiso? - Oh, sei vicina! - Oh, da una parte mi rallegro, ma dall'altra parte mi dispiace, perché finalmente ho conosciuto il valore della sofferenza. Il Signore mi ha dato una luce grande sul valore della sofferenza unita alla sofferenza di Gesù, della sua Passione e adesso vorrei che si prolungassero queste pene, io, a fine di poter soffrire in unione con Gesù Cristo e con le sue intenzioni. Tuttavia, adesso, l'accettazione della volontà di Dio è ancor superiore, allora accetto solo la volontà di Dio, sia che voglia farmi soffrire a lungo ancora, sia che voglia chiamarmi presto.
Oh! conoscere il valore della sofferenza. Non tardiamo sempre a conoscere i segreti della vocazione, i segreti che Gesù Cristo vuol comunicare alle anime, persone eucaristiche che si dedicano a lui. L'orgoglio, che fa tanto velo. Qualche volta si parte e c'è tutta la strada, tutto l'ambiente circostante impregnato di nebbia e non si vedono quattro metri di via, occorre andare adagio. Qualche volta la nebbia è più rada. Anime che vivono nella nebbia, ed è l'orgoglio, per cui Gesù non può parlare a queste anime, nebbia che è più o meno fitta. Anime, quindi, che vanno anche fuori di strada, per causa di questa nebbia che è l'orgoglio in cui vivono, da cui sono circondate e penetrate.
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Le Pie Discepole hanno niente da dare al mondo? Sono solamente una ripetizione di altri Istituti?
Le Pie Discepole fanno l'adorazione. E ci son tanti Istituti che fanno l'adorazione. Allora, cosa c'è di più?
Le Pie Discepole prestano il loro servizio domestico nelle case religiose. E delle suore che fanno questo ce ne son tante nel mondo. Che cosa fan di più?
Le Pie Discepole fanno un apostolato liturgico. E vi sono altri che fanno l'apostolato liturgico, persino degli Ebrei che trovano anche a vendere i crocifissi e le corone nel maggiore interesse. Dunque, c'è niente di nuovo?
Eh, sì! C'è questo innestarsi in Cristo e nella Chiesa. E cioè: l'adorazione cambiata in apostolato o portata fino ad apostolato perché si realizzino i disegni di Gesù Maestro quando predicava, quando moriva sulla croce.
Il servizio sacerdotale nello spirito di Maria e nelle intenzioni e totalmente vissuto e sentito, sia quando Maria si mostrava la Madre di Gesù, ed era. Così la Pia Discepola, la madre del sacerdote, non di un sacerdote, ma del sacerdote, del sacerdozio, per cui si comprende dal Papa fino all'ultimo chiamato al sacerdozio.
L'apostolato liturgico nella Chiesa in quanto si prende lo spirito di cooperazione alla Chiesa e non solamente le cose vengono fatte con gusto artistico e con pietà liturgica, ma s'intende di far progredire nel mondo, far progredire nel mondo il senso liturgico, l'interpretazione delle cose che riguardano il servizio dell'altare, che riguardano il culto, l'interpretazione che dà la Chiesa, nella Chiesa. E vi è tanta distanza tra un negozio e un apostolato, tanta distanza tra una rivendita e un Centro liturgico.
Oh, tuttavia, il concetto fondamentale dell'Istituto può un po' oscurarsi. Man mano che si viene numerose e che si allontanano le persone dal Centro e cioè, dalla direzione, dalla Casa Generalizia, e può essere che questo concetto si oscuri, si illanguidisca e di lì a un poco resti solamente ciò che è materiale, nella mente. Quando si arriva a questo, neppure il materiale si fa più, perché i negozianti fanno il loro affare materiale, i loro interessi materiali e sono più astuti, in questo, di noi. I figli delle tenebre son più illuminati, nei loro interessi e nel loro modo di operare, che non i figli della luce1. E allora non siam più buoni né a questo né a quello. Se si perde il concetto fondamentale si diviene sale scipito. E che cosa, ad quid valet ultra, nisi ut mittatur foras et calcetur ab hominibus2. Non si diventa più né negozianti né apostole.
Conservare il concetto genuino e pensare che abbiam da aggiungere qualche cosa. Non si è fatto questo solamente per una ripetizione, e il Signore lo ha fatto per un progresso, perché noi interpretassimo il senso per cui Gesù sta nel tabernacolo, il fine, la sua vita eucaristica; interpretassimo il suo cuore eucaristico; e perché noi avessimo nel servizio sacerdotale quella collaborazione alla Chiesa che ha bisogno di ministri, di apostoli, ma nello spirito di Maria: Madre, co-apostola, corredentrice e Madre della Chiesa, Maestra, Regina degli Apostoli e poi mediatrice di ogni grazia come fu incoronata dalla Santissima Trinità in cielo. Nello spirito di Maria. E il nostro parlare non indica sempre sapienza. Parlare, sì, ma con sapienza, la sapienza di Dio, così che si possono dire i nostri discorsi: quasi sermones Dei3. Oh, così ugualmente in riguardo all'apostolato liturgico.
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[1.] Allora mutare l'adorazione in apostolato. Ma comprendere e immedesimarsi dei sensi, delle aspirazioni, delle intenzioni, dell'intimo di Gesù eucaristico. Bisogna orientare l'umanità verso il tabernacolo: ecco il vostro apostolato eucaristico. Vedete come anche la religione divien superficiale per tanti. Congressi e parate e discussioni, esposizioni, senza fine... E mi pare di vedere quelle bellissime cattedrali che sono magnificenze di arte e dopo che ho visitato: ma - domando - non c'è Gesù qui? E Gesù è cacciato in un angolo. E ho visto là, (c'era poi contro un grosso pilastro), un altarino piccolo e col tabernacolo e la lampada accesa. Oh, questo è il senso della Chiesa? Questo è il senso e il fine per cui Gesù sta nei tabernacoli? Deve farsi uno sfoggio d'arte o si deve portare l'uomo a Gesù Cristo? Finché non si arriva a Gesù Cristo non c'è salvezza1. Tutto il resto è utile, ma bisogna vivere in Cristo e si arriva a vivere in Cristo col pentimento, col sacramento della penitenza e con l'Eucaristia. Orientare verso l'Eucaristia il mondo. Questo è l'apostolato.
E allora ecco: intendere bene Gesù. Egli ha detto: Ego vobiscum sum omnibus diebus, usque ad consummationem saeculi2. Sta con la Chiesa, e sta con la Chiesa che ripete la sua dottrina, ed egli è sempre: «Io son la Verità»3. La Chiesa c'insegna la verità ed è Gesù che vive nella Chiesa, che è il suo corpo mistico. Ma non soltanto, ma sta nell'Eucaristia dove invita. E le virtù di Gesù eucaristico sono le virtù della Pia Discepola.
Intendere la comunione che proprio dà la vita, è l'innesto divino che viene immesso in una pianta selvatica, la quale, quindi, poi produrrà i frutti della pianta sana4, della pianta che ha piantato il Padre celeste, Gesù Cristo, e tutto ciò che non è piantato dal Padre celeste è destinato a disseccare.
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Il senso della Messa, soprattutto, perché anche qui, vedete come è diverso sentir la Messa rispondendo insieme all'inserviente o invece dell'inserviente, alle parole del sacerdote e si dice: Messa liturgica. Ma sappiamo che cos'è la Messa liturgica? E la intendiamo bene?
Voi avete già un gran merito, specialmente le prime venute. Quando si son vestite le prime, si è dato questa finalità. In Italia non c'era ancora diffuso, si può dire, nulla del movimento liturgico e allora questa preghiera continuata, ecco. Nel 1927'28 abbiamo preparato allora il primo messalino liturgico composto e scritto dai chierici. E ci dicevano: Ma qui non è sentito in Italia, che cosa fate?. Però le preghiere delle prime dovevano ottenere i loro frutti. Oh, il movimento liturgico si è poi così intensificato che sembra sorpassato, coprirci. Ma non ci copre.
E noi diamo lo spirito della liturgia meglio, se noi capiamo la Messa sempre di più. Non riusciremo a capirla tutta, perché vi è il mistero dell'Incarnazione e dell'insegnamento di Gesù, della sua Passione, della sua morte, risurrezione, sì; poi c'è il mistero della Santissima Trinità. Sono i due misteri più grandi.
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Oh, e il senso dell'adorazione. Perché sta Gesù? E capirlo e parlargli. Occorre che il mondo e la cattolicità, in modo speciale, si orienti verso l'altare, verso il tabernacolo. Non che vadano a fare tutte le genuflessioni davanti alla statua di un Santo o di un altro. Tutte cose buone. Ma è meglio andar dal Padrone che andar dai servi, no? Cioè, prima si va dal Padrone e poi si va dalla Padrona, la Regina, e poi si va dai servi, che sono i Santi. L'orientamento verso l'Eucaristia, del mondo e dei cattolici, in modo particolare. Sì, si dicono infinite cose, particolarmente da una ventina di anni ad ora. E la preghiera? Specialmente la preghiera eucaristica?
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[2.] Nel servizio sacerdotale la Pia Discepola se si immedesima nei sentimenti che aveva Maria in quanto madre di Gesù, sentirà una dignità, una missione così profonda che l'allieterà per tutta la vita. E ci sarà una gara nel volere fare questo apostolato del servizio sacerdotale, un'ambizione, una soddisfazione, una consolazione, una letizia continuata. Così nell'accompagnamento che Maria fece di Gesù e quando compiva il lavoro a Nazaret e che era lavoro redentivo; e quando compiva il suo ministero pubblico nella predicazione, nella fondazione della Chiesa, nell'istituzione dei sacramenti, nello stabilire lo stato religioso, nel dare il Vangelo all'umanità; accompagnamento di Gesù al Getsemani, nella flagellazione, incoronazione di spine, quando è condannato a morte e particolarmente dal punto in cui Maria si incontra con Gesù sulla via del calvario, e così durante la crocifissione e l'agonia del Salvatore e la sepoltura. Bisogna andare anche alla sepoltura per andare alla risurrezione. Risurrezione in Cristo.
Et non est in aliquo alio salus1. E non vi è per il mondo né pace né salvezza in altri. Che tutti questi uomini che si dicono grandi! Son così piccoli! E alle volte sono grandi in quanto fanno del gran male, invece che fare del gran bene alla società, al mondo, all'umanità. Chi ha fatto del gran bene, che è grande, è Cristo, il solo Grande. «Tu solo sei grande»2.
Oh, nell'accompagnamento di Maria, anche quando portava sulle sue braccia la Chiesa nata, che era bambina, che moveva i primi passi. E non c'è un mondo intiero, pagano, che ci circonda? Non soltanto perché un miliardo e mezzo circa di uomini non conoscono Cristo, ma perché troppo spesso vi è un paganesimo che ci penetra oltre che circondarci. Vi sono discorsi che si tengono tra l'uno e l'altro, che sono discorsi che escludono o fanno a meno o non considerano la Rivelazione, le verità della fede, come se fossimo semplici uomini o anche fossimo ancora, qualche volta, meno che quegli uomini che si mostrano retti; sì.
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[3.] E così abbiamo da dire nell'apostolato liturgico. Ma quante aberrazioni nel gusto artistico! E quante aberrazioni nelle costruzioni di chiese, nella fabbricazione di statue, nella scultura, nella pittura, voglio dire, e in tutto quello che è l'ornamento della Chiesa e tutto quello che serve per le sacre funzioni. Oh, nella Chiesa, vivere nella Chiesa. Non aberrazioni. Tenere, invece, l'umanità e riportarla a tutto ciò che fa bisogno, anche una quantità di cristiani, riportarli al vero senso della liturgia, al vero senso della liturgia, nello spirito della Chiesa, la quale ci guida perché è illuminata dallo Spirito Santo, perché è il corpo mistico di Gesù Cristo. Non aberrazioni e stranezze. La liturgia deve essere rivolta al tabernacolo, sì. Deve sempre considerarsi nel senso che conduce le anime al pentimento e all'unione con Gesù, perché lì c'è la salvezza. E la Chiesa compie questo ministero e la Pia Discepola sia gelosa di questa missione. Vi è una tendenza a quello che si crede più utile materialmente? Penso di no, ma tuttavia la tentazione c'è. Guardatevi dalle tentazioni contro la vostra vocazione. Perché non basta dire: quella è uscita e ha lasciato la sua vocazione; ma si sta dentro e si guasta la vocazione anche di più, alle volte, perché si influisce poi sopra le sorelle, sì.
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Dunque, ogni benedizione. Avete qualche cosa da aggiungere. La Congregazione ha qualche cosa da aggiungere a quello che c'era. Diversamente non otterrebbe il suo fine. Da aggiungere nel mondo. Ha una missione sua e non soltanto ogni suora ha da corrispondere alla sua vocazione, ma l'Istituto come tale, come corpo morale, come... Oh, e questo l'avete perseguito e vi è lo sforzo di perseguirlo sempre, questo fine, ancora di più. Vi occorre un poco, e le Madri che devono occuparsi della direzione generale siano molto aiutate, affinché possano dedicarsi a quello che è l'essenziale nel guidare la Congregazione nello spirito. Non solo avere da perdere il tempo nel correggere questo o quello, questa o quella, ma soprattutto nel guidare, fare avanzare, progredire, mantenere lo spirito giusto con cui si è nati, e progredire, crescere in questo spirito, ogni giorno, ogni giorno.
Oh, adesso, un sentimento vivo di riconoscenza per tutto quel che si è fatto cooperando in questa missione e particolarmente ricordando bene il Maestro Giaccardo1, il quale vi ha bene immesso nella missione vostra, immesso, anche perché l'ha compresa totalmente.
E poi ricordando già tutti i sacrifici fatti, riparando davanti a Gesù quegli errori che avessimo commessi, quel tempo che avessimo perduto. Accelerare i passi. Dicono, oggi, quella frase: «bruciar le tappe», vuol dire: accelerare il passo nella vostra via, credendola la via bella, la via di Dio, la via della vostra santificazione, la via che, se voi tenete bene, vi dovranno essere riconoscenti tanti nel mondo, tanti. E in questo potete capire di più o di meno, ma il Signore darà particolari grazie all'Istituto e camminerà sempre nella sua via. Non smarriamoci.
Troppi Istituti si perdono poi in altre cose perché dan più guadagno. E sono, magari, per educare gli orfani, poi fanno dei collegi dove fan pagar molto; per aiutare i malati poveri e poi fanno delle cliniche in cui guadagnano molto. Ma non abbiam da guardare gli altri. Questo è per indicare come si può errare nello spirito, come può errar l'Istituto. E questa sia l'intenzione che mettete ogni giorno nelle adorazioni: Signore, guidateci. Noi Vi vogliamo seguire individualmente, ognuna, e socialmente, collettivamente come Istituto. Gesù vi benedica tanto, a tutte.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 33/c (= cassetta 51/b). - Per la datazione, cf PM: «Io non ho mai sentito una parola così santa come quella che ho ascoltato dalla vostra sorella Sr. Spes pochi giorni fa quando l'ho visitata...» (Sr. M. Spes Marengo, pd, è deceduta il 1 giugno 1958). - dAS, 1/6/1958: «Va [il PM] dalle PD di via Portuense per una meditazione alle esercitanti». «Giorni 2.3.4: prediche per Esercizi (sacerdoti, PD di via Portuense, Figlie)». - dAC, 2/6/'58: «PM: La vocazione della PD».

1 1Cor 4,4.

1 SR M. SPES MARENGO, pd nata a Busca (CN) il 3/11/1928, entrata in Congregazione il 27/5/1944, emise la sua prima Professione religiosa il 4/4/1948, deceduta a Sanfrè (CN) l' 1/6/1958 dopo una lunga malattia accettando coscientemente la sofferenza e offrendo la sua giovane vita al Signore. È sorella di Sr M. Fides e di Sr M. Caritas (pie discepole).

1 Cf Lc 16,8.

2 Mt 5,13.

3 1Pt 4,11

1 Cf At 4,12.

2 Mt 28,20.

3 Gv 14,6.

4 Cf Rm 11,24.

1 At 4,12.

2 Cf Missale Romanum, «Gloria in excelsis Deo».

1 DON TIMOTEO GIACCARDO, nato a Narzole (CN) il 13 giugno 1896 e morto a Roma il 24 gennaio 1948, fu il primo sacerdote della Società S. Paolo e il primo discepolo e collaboratore del PM. E stato proclamato «Servo di Dio».