Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. PREPARAZIONE AL SANTO NATALE: «GLORIA A DIO»
Meditazione alla comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 19 dicembre 19581
Gli angeli hanno accompagnato il Maestro Divino quando egli è entrato fra gli uomini: cum hominibus conversatus est2, quando è entrato fra di noi e si mostrò nel presepio, così come l'hanno riaccolto il giorno che egli è salito al cielo e hanno, allora, accompagnato il Signore a prendere il suo posto alla destra del Padre. Quando gli angeli hanno accompagnato il Signore nel presentarsi fra gli uomini, hanno cantato: Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonae voluntatis3, cioè hanno annunziato qual era il fine dell'Incarnazione. Duplice fine, e cioè: primo, la gloria di Dio; e secondo, la pace degli uomini. Che vuol dire: pace con Dio e pace fra loro e pace nella coscienza.
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Se vogliamo entrare veramente nello spirito del Maestro Divino, nelle intenzioni per cui egli, il Figlio di Dio, si è incarnato, è venuto tra di noi, dobbiamo avere lo stesso programma di vita: primo, glorificare Iddio in Gesù Cristo, con Gesù Cristo; e secondo, contribuire con l'apostolato alla missione seconda del Figlio di Dio Incarnato, cioè: la pace fra gli uomini.
Prima intenzione, dunque, da aversi sempre: la gloria di Dio. In ogni Istituto, in ogni libro delle Costituzioni, il primo articolo dice presso a poco sempre la stessa cosa, lo stesso pensiero: per la gloria di Dio. E cioè, chi entra deve avere questo fine principale: la gloria di Dio, attendendo a perfezionarsi, rendersi sempre più degni di Dio mediante i santi voti.
Questa significa retta intenzione. L'intenzione più sublime: la glorificazione di Dio. E in tutto il complesso della giornata, dell'anno, della vita religiosa, questo fine supremo: la glorificazione di Dio. Tanto più, poi, per le Pie Discepole, questo ha da sentirsi maggiormente, perché seguire Gesù Cristo vuol dire partecipare ai suoi desideri, entrare nelle sue intenzioni, nel suo cuore. «Io non cerco la mia gloria, ma la gloria di colui che mi ha mandato»1. Questo deve formare il senso, il sentimento, l'aspirazione abituale per esser veramente conformati a Gesù Maestro interiormente: la gloria di Dio.
Il Signore, essendo infinitamente perfetto, non può proporsi altro fine, sia nella creazione e sia per quello che riguarda la nostra vita, non può proporsi altro fine che la sua gloria, sarebbe assurdo. Tutto il Signore ha creato per sé. E noi abbiamo questa certezza che cercando la sua gloria troviamo anche la nostra per istrada e cioè: il paradiso. La nostra felicità sarà nel glorificare Iddio in Cristo in quella Messa eterna che là si celebra, in paradiso, pontificando Gesù, sacerdote eterno. Glorificazione eterna.
E sulla terra non possiamo avere un'intenzione maggiore che questa: dar gloria a Dio in tutto; in tutto, dal mattino alla sera; in tutto, da gennaio a dicembre; in tutto, dall'uso di ragione fino all'ultimo respiro: glorificare Dio. E Dio è infinitamente perfetto e quindi a lui ogni gloria: soli Deo omnis honor et gloria2. Tutto deve finir là. Saremo felici quando avremo ottenuto questo nostro fine, con piena perfezione, lodando e glorificando Iddio eternamente in cielo.
Dio è infinitamente santo, Dio è infinitamente grande, Dio è infinitamente potente, Dio è infinitamente giusto, Dio è infinitamente buono, infinitamente misericordioso e tutte le cose belle e buone che si possono dire, tutto quello che costituisce una perfezione, tutto si trova in Dio e si trova in grado perfetto. E, d'altra parte, noi non possiamo neppure sapere tutte le perfezioni che sono in Dio, né conoscere il grado infinito in cui ogni perfezione in Dio esiste. Perciò egli essendo il principio nostro, non possiamo che rivolgerci a lui e glorificarlo. E perciò, come egli è il principio di tutto, così è anche il fine: la sua gloria. E così noi troveremo la nostra felicità.
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D'altra parte, oltre che questo è un obbligo, è un dovere profondo di religione, abbiamo ancora da dire che: cercare la gloria di Dio con purezza d'intenzione vuol dire vivere in amore perfetto. Quando mescoliamo un po' dei nostri desideri, e più o meno umani, a quello che è un po' soprannaturale e invece non ascende pienamente la fiamma verso Dio, allora noi non viviamo in amore perfetto. Ma coloro i quali hanno quell'intenzione in tutto: cercare solo e sempre la gloria di Dio e glorificarlo continuamente e sempre in modo più perfetto, questi vivono in amore perfetto verso Dio, il loro cuore è tutto indirizzato a Dio, loro non cercano né se stessi in amor proprio, né cercano di star bene quaggiù, né cercano ciò che a loro è più comodo, più desiderabile umanamente, né hanno affetto a cose umane o attaccamento a quello che può essere ricchezza o anche solamente a quello che serve maggiormente a soddisfare l'amor proprio. Coloro che non cercano altro che il Signore, la sua gloria, vivono in amore continuo, amore perfetto a Dio.
Certo bisogna escluder le tre concupiscenze e concentrarle, queste potenze, elevandole verso Dio, in Dio, e cioè: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita1. Le tre concupiscenze, in quanto portano al male, dominate; e in quanto possono essere tutte elevate verso Dio, allora ecco l'amor vero al Signore. Cercare le vere ricchezze e non le ricchezze della terra; le ricchezze del cielo. Cercare l'amor di Dio, non un amore umano. Cercare la sua volontà, non la nostra volontà, i nostri capricci. Allora si vive di amor di Dio, si vive per la gloria di Dio e la vita è un continuo atto di perfetto amor di Dio. La vita, allora, è bella.
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Allora vivendo nelle intenzioni stesse di Gesù, come sta nel tabernacolo, come stava nel presepio, come è morto sulla croce, allora potete essere veramente e fondamentalmente, interiormente le Pie Discepole. Per questo, la retta intenzione. La retta intenzione significa indirizzare tutto a Dio. Quando si scrive una lettera, la lettera può esser bella, ma deve portare sulla busta l'indirizzo. Se si sbaglia l'indirizzo non va a destinazione, si perde. Se fai anche una comunione, ma dove ci entra proprio sol l'amor proprio, non solo la comunione non va a Dio, a glorificar Dio, ma se si facesse sol per amor proprio, cioè per farsi vedere, per non essere notati e giudicati in male, allora si fa ancor peccato, altro che andare a Dio! Eppure la comunione non è il sacramento grande? L'opera può esser bellissima, ma se non va a Dio, è una lettera che si perde. Si è lavorato tutto il giorno e tutto l'anno e si è raccolto, che cosa? La lettera non indirizzata bene, si perde; qualche volta ritorna indietro ancora, perché c'era magari notato l'indirizzo sulla busta, l'indirizzo del mittente. Ritorna in soddisfazione a te, quell'opera, ecco. Ho fatto quello, han notato che è ben fatto, mi han detto brava. È finito. Torna a te. Ma è perduta per tutta l'eternità quest'opera, perché: iam recepisti mercedem tuam1. Hai già ricevuto la tua mercede, perché hai mirato ad essere lodato. Eh, questo l'hai avuto, basta, per l'eternità non c'è più altro da sperare.
Invece, se la lettera fosse anche mediocre, anche scritta poveramente perché la persona non ha studiato molto e la sua lettera è seminata di errori di ortografia, di sintassi ecc., ma ha un buon indirizzo, ecco, indirizzata al padre suo, al papà, e va al papà e porta i sentimenti del cuore della figlia, del figlio. Così, anche che scopiate, anche che laviate i piatti, anche che facciate altre cose più umili, pur necessarie alla vita, ma se la lettera ha un buon indirizzo, porta il vostro cuore al Padre celeste, la vostra azione, la vostra giornata al Padre celeste, perché ha un buon indirizzo, e sebbene sia così umile, dice l'amore del cuore per il Padre celeste, dice l'intenzione intima dell'anima verso il Padre celeste. Quando poi uno è dominato da questo desiderio di procurar la gloria di Dio, le cose le fa più perfettamente, sempre più perfettamente.
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Guardare a quel Gesù. Che cosa c'era di esterno? una grotta, una greppia con un po' di fieno su cui posare. E il Padre celeste non ebbe mai e non avrà mai una gloria più grande che quella che gli dà il Figlio suo, il Bambino Gesù, là, sulla paglia; un Bambino che non è notato che da coloro i quali ricevono l'invito, cioè dai pastori, ricevono l'invito dagli angioli di andare a lui. Ma è l'intenzione, è la mira che quel cuore, quel Bambino ha: glorificare il Padre: «Io non cerco la gloria mia, ma la gloria di colui che mi ha mandato»1. E quindi: Cum ipso et in ipso et per ipsum2, noi glorificheremo il Padre come egli lo ha glorificato. E mettendo le nostre intenzioni al mattino, bene, e specialmente poi se le rinnoviamo, qualche volta, con le intenzioni con cui Gesù è nato nel presepio, o, meglio ancora, quello che diciamo sempre: «con le intenzioni con cui Gesù s'immola sugli altari».
Per quanto sia lunga la giornata, nelle 24 ore, continuamente, da una parte all'altra della terra, si eleva l'ostia consacrata verso il Padre. E noi, entrare in quello spirito con cui viene a celebrarsi il sacrificio della Messa. Entrare nelle intenzioni. Purificare le intenzioni. Quante volte senza accorgersi s'infiltrano altre intenzioni che sono ispirate dall'amor proprio: per evitar quest'inconveniente, e per ottenere quel vantaggio materiale o quel vantaggio che soddisfa l'amor proprio ecc.: Che la fiamma salga a Dio pura, non coperta da fumo3. E per questo detestiam, fin dal mattino, ogni intenzione non santa, non retta, che non va a Dio e protestiamo di cercare sempre, solo e in tutto la gloria di Dio. Ecco allora, quanto più noi entreremo in questo spirito, tanto più ci rivestiremo di Gesù Cristo, non solo dei suoi pensieri, ma dei suoi sentimenti, dei suoi desideri, entreremo proprio nel suo cuore. E allora quante grazie spirituali si riceveranno. Entrare nelle intenzioni di quel cuore del Bambinello, quel cuoricino, quel cuore che cercava solamente la gloria del Padre.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 26/d (= cassetta 56/b.1). - Per la datazione, cf PM: «Quando gli angeli hanno accompagnato il Signore nel presentarsi fra gli uomini, hanno cantato: Gloria... Pax... Prima intenzione da aversi sempre, dunque: la gloria di Dio...». - dAS, 19/12/1958: «Alle 6 va [il PM] in via Portuense dalle PD». - VV: «PM: Preparazione al Natale 1958»

2 1 Bar 3,38.

3 Lc 2,14.

1 Cf Gv 8,50.

2 Cf Rm 16,27.

1 1Gv 2.16.

1 Mt 6,2.5.16.

1 Cf Gv 8,50.

2 Missale Romanum, «Ordo Missae», Dossologia finale della Preghiera eucaristica o canone.

3 Cf Imitazione di Cristo, libro III, 49,2.