Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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16. GLI ISTITUTI SECOLARI: LE ANNUNZIATINE
Istruzione alla comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 7 maggio 19581
Stamattina ancora due parole sopra gli Istituti Secolari. A questo riguardo, la circolare interna che ne parla sarà bene che sia considerata davanti al Santissimo Sacramento, nella Visita, quando siete due a due, onde ognuna possa farvi le riflessioni che suggerisce il testo e altre riflessioni che nel testo non ci sono. Avete letto, quindi, penso, l'introduzione: «Istituto Maria Santissima Annunziata». «Vi è un discreto numero di figliole che desidera consacrarsi al Signore in una vita di maggior perfezione e dedicarsi, nello stesso tempo, ad un apostolato per la salvezza delle anime; ma non amano l'abito religioso o hanno uffici in società che non conviene abbandonare o salute non adatta ad una vita pienamente comune o vorrebbero un apostolato moderno corrispondente ai bisogni attuali del loro ambiente od una vita ben diretta, ma di tanta libertà nell'iniziativa così da esplicare le tendenze e tutti i talenti propri od a maggiore agilità nell'intervenire alle necessità nuove, pur sempre sotto la sicurezza di operare con merito dell'obbedienza.
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Quindi abbiamo le parole del Papa che sono soprattutto quelle da notarsi. Dice il Papa: «Queste associazioni che d'ora in poi riceveranno il nome di «Istituti Secolari» cominciarono a fiorire non senza una speciale ispirazione della divina Provvidenza, nella prima metà del secolo scorso, per dedicarsi nel mondo alla fedele pratica dei consigli evangelici e per potere attendere più liberamente alle opere di carità, il cui esercizio, dalla malizia dei tempi, era impedito in tutto o in parte alle famiglie religiose. Avendo i più antichi di tali Istituti dato una buona prova di sé ed avendo comprovato sufficientemente ogni dì più con le opere e con i fatti che con una severa e prudente selezione dei suoi membri, con una accurata e abbastanza lunga formazione dei medesimi, con un adeguato ordinamento di vita, fermo ed agile insieme, anche nel secolo, con l'aiuto di una speciale vocazione di Dio e della grazia divina, si può ottenere certamente una consacrazione di se stesse al Signore abbastanza stretta ed efficace, non solo interna, ma anche esterna e quasi religiosa e che poteva ritenersi uno strumento molto opportuno di penetrazione e di apostolato. Per tutte queste ragioni, più di una volta le predette associazioni di fedeli furono lodate dalla Santa Sede, non altrimenti che le vere Congregazioni religiose»1
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Allora è utile che si legga quello schema di regolamento quello schema, sì, soltanto generale, non discende ai particolari. Quello che però è, forse, bene notare questa mattina, e che parecchie mi hanno domandato che venisse spiegato, riguarda la pratica dei voti. Come possono praticar la povertà, ad esempio, queste persone, che la maggior parte vivon nel mondo ed esercitano l'apostolato nel mondo e coi mezzi del mondo, pur non essendo del mondo, quanto a spirito, anzi, essendo piuttosto il lievito che deve fermentare la massa.
Oh, certamente la pratica dei voti, per queste persone è diversa dalla pratica particolare che si ha negli Istituti in cui c'è la vita comune per tutti e costantemente.
Primo, il voto di povertà. Come le Congregazioni religiose, oltre alla proprietà dei loro beni e la capacità di acquistarne altri, i membri della Pia Unione ne conservano pure l'amministrazione e l'uso. E in questo è diverso dall'Istituto propriamente religioso. L'Istituto propriamente religioso non conserva l'amministrazione e l'uso è dipendente; invece, questo conserva l'amministrazione. Tuttavia, a motivo del voto di povertà, le amministrazioni si considereranno come semplici depositarie. Sì, sono depositarie dei propri beni e non li amministreranno o ne faranno uso, se non nella debita dipendenza e controllo delle Superiori Maggiori. Quindi è un permesso più largo, e spiritualmente quello che fanno è fatto nell'unione e nello spirito di dipendenza dal loro Istituto, cioè dalle Superiori Maggiori. Pertanto, alla fine del noviziato, faranno il testamento.
Secondo: dopo l'emissione dei voti, presenteranno in iscritto, alla Superiora, lo stato patrimoniale e i proventi della loro vita professionale che può essere un semplice mestiere, può essere, invece, per esempio, insegnamento, vi sono delle maestre, vi sono persone che nella società occupano un posto distinto. Vi aggiungeranno un piano di amministrazione e di uso generale che la Superiora approverà o modificherà secondo che le parrà opportuno. In questo modo sono tracciate le linee generali di condotta da tenere a riguardo della povertà. E si capisce che amministrando esse, non potranno domandare alla Superiora precisamente e in particolare cosa dovranno oggi mangiare, supponiamo, o come dovranno oggi acquistare i vestiti, di quali colori e di quali forme. Non devono distinguersi dalla società, in generale, per le forme esterne e tuttavia conservare il distacco del cuore, dalle cose. Alla fine di ogni anno presenteranno un bilancio preventivo e consuntivo delle spese annuali, alla Superiora. Le Superiore non potranno autorizzare validamente una spesa che, tenuto conto delle condizioni sociali del soggetto, è evidentemente superflua o ispirata soltanto alla vanità o al lusso o alla sensualità, poichè dovranno sempre, pur scegliendosi il vestito, avere un vestito conforme alla società in cui vivono e secondo il loro stato, ma sempre un vestito ispirato alla modestia e così, tale che non vi entri la vanità o la sensualità. Questo è per il voto.
Ma quanto alla virtù della povertà si deve andar più avanti. E ognuna capisce subito che è più difficile praticare i voti in questo stato che non nella vita strettamente religiosa. Come è più difficile praticare la castità, vivendo nel mondo, che non stando nel convento, perciò si esige che la preparazione sia più lunga: due anni di noviziato e poi otto anni di voti temporanei.
Quanto alla virtù della povertà, si dice: Con la virtù della povertà ogni membro si spoglia di ogni affetto disordinato ai beni temporali e ne sopporta, con animo lieto, anche le privazioni per amore di Gesù Cristo. Quindi le Annunziatine tengano in grande conto la povertà volontaria che è fondamento, vigore e ricchezza di tutta la perfezione cristiana e dell'apostolato. Per amore alla virtù della povertà si astengano, quindi, dal superfluo e da tutto ciò che non è conveniente allo spirito di povertà: i vestiti, le suppellettili, le stesse case, siano conformi alla semplicità evangelica (perché devono disporre loro). Tuttavia essere illuminate e guidate dallo spirito di povertà nello sceglier la casa e le suppellettili della casa. Le Annunziatine siano persuase che il lavoro, assieme agli altri sussidi che la divina Provvidenza fornisce, è il mezzo ordinario e principale per provvedere alle necessità temporali e sostenere le opere di apostolato. Siano quindi diligenti nell'impiego del tempo. Vuol dire che occorre che abbiano un certo spirito di povertà e anche di astinenza in modo che possono dedicare ciò che hanno in più, alle opere di apostolato.
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Perché tutta la loro vita, anche la stessa vita religiosa coi suoi voti, è ordinata - come dice il Papa - all'esercizio dell'apostolato. Chi non fa l'apostolato non può essere accettato. L 'apostolato è scelto dalle persone, non è scelto dall'Istituto, è scelto dai singoli membri, ma bisogna che abbiano un apostolato. E una potrà, forse, organizzare l'adorazione al Santissimo Sacramento; un'altra potrà fare l'assistenza alla gioventù femminile; un'altra potrà, nella fabbrica in cui lavora, influire cristianamente sulle masse dei lavoratori, delle lavoratrici; e un'altra, nella scuola s'impegnerà a dare non solo l'istruzione, ma ancora la formazione cristiana ai giovani, agli scolari.
Affinché ognuna si renda familiare e possa coltivare intimamente la virtù della povertà evangelica, ripensi sovente agli esempi e agli insegnamenti del Divino Maestro: «Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli»1. Si sforzi di sradicare, poco per volta, ogni attaccamento alle cose temporali, si accontenti del necessario, anzi spontaneamente, almeno con l'affetto interiore e umiltà, preferisca ciò che è più povero.
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Ugualmente per il voto e la virtù dell'obbedienza. Non possono dipendere in tutti i permessi singoli come si fa nella vita religiosa, ma devono avere un permesso generale e sottoporre un regolamento di vita che potranno poi osservare e per questo acquisteranno il merito dell'obbedienza. Come una persona che fa, negli Esercizi Spirituali, i suoi propositi per tutto l'anno e li fa benedire, questi propositi, o dal confessore o, meglio, dalle Maestre, dalle Madri, allora il merito del lavoro spirituale, il merito dell'obbedienza in tutto quel lavoro che farà, sia per vincersi e sia per conquistare le virtù.
Col voto di obbedienza i membri della Pia Unione si obbligano ad obbedire alla Superiora Maggiore. Si pecca contro il voto solo quando le Superiori comandano, nei limiti del presente Statuto, in virtù di santa obbedienza. L'obbedienza dev'essere anche affettiva ed estendersi a tutti i legittimi comandi, secondo la virtù. Non si tenga tanto conto del proprio giudizio, ma si guardi a Dio solo al quale unicamente, nella persona di chi comanda, si obbedisce. Perciò ricordando le parole evangeliche: «Non vogliate giudicare e non sarete giudicati»1, le Annunziatine si astengano con ogni cura dal giudicare e tanto più dal biasimare le Superiore, anzi le aiutino e con filiale sottomissione e continua preghiera affinché possano santamente e ordinatamente governare nel Signore, la famiglia ad esse affidata.
L'obbedienza è esercizio quotidiano di umiltà, è via semplice, sicura e breve per giungere alla perfezione. È il mezzo per dimostrare più sinceramente l'amore a Dio. Non vivendo in comunità esse, un mezzo eccellente per poter vivere sempre nell'obbedienza e averne il merito, è quello di redigere il regolamento particolareggiato di vita e adatto alle esigenze dello stato e dell'ambiente in cui ognuna vive, da sottomettere all'approvazione della Superiora che potrà anche modificarlo.
Le Annunziatine che stanno abitualmente lontane dalle Superiore, dovranno ottenere dei permessi generali, non particolari. Per gli atti di maggiore importanza dovranno pure avere un permesso particolare come, per esempio, prima di accettare un nuovo ufficio, di preparare la pubblicazione di un libro, di intraprendere un viaggio che è utile per il loro apostolato, ecc. Quando le circostanze permettono loro di poter vivere più vicine alle Superiore, procurino di domandare i permessi particolari con maggior frequenza.
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Oh; ugualmente maggior difficoltà per l'osservanza della castità - ho detto - perché continuano a vivere nei pericoli.
Col voto di castità i membri si obbligano ad osservare il celibato ed evitare ogni atto interno ed esterno contrario al sesto e al nono comandamento. Invece con la virtù della castità, non solo stimano e amano la castità perfetta, ma diligentemente evitano quanto può anche solo minimamente offenderla e adoperano volentieri i mezzi che possono concorrere a custodirla intatta. Per conseguenza, siano prudenti nelle relazioni con persone, particolarmente di altro sesso, astenendosi da discorsi e relazioni non necessarie. La purezza della mente, del cuore, del corpo deve modellarsi ed elevarsi nell'amore, nell'imitazione del Maestro Divino, Gesù. Ciò si otterrà con l'allontanare le occasioni pericolose, con la pratica della mortificazione, la perseveranza nella preghiera, specialmente alla Vergine Santissima e l'uso dei santi sacramenti.
Vi è poi fatto un certo elenco di quello che riguarda l'ammissione e i requisiti necessari e lo schema di incorporazione o consacrazione a Dio. Più o meno si modellano sopra le cose che sono stabilite nelle Costituzioni delle Congregazioni religiose; sì.
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Questa mattina è un po' tardi, non posso fare altre riflessioni, ma ripeto, se si leggerà innanzi al Santissimo Sacramento, meditando e considerando ciò che ognuna può fare, e se ha delle vie aperte per fare, cominci dalla preghiera e poi operi con quella prudenza e nella dipendenza dalle Madri onde la cosa sia fatta santamente e secondo lo spirito religioso. Sì, avrete un merito di più.
D'altra parte, in questa maniera, la Congregazione, la Famiglia Paolina potrà operare molto più largamente, perché non avendo, l'Istituto, un apostolato suo, ma lasciando che i membri prendano l'apostolato a cui sono più portati e che trovano più necessario nell'ambiente in cui vivono. Possono esser cento membri ed esser cento apostolati. Perciò l'influenza che esercita la Famiglia Paolina diventa molto più vasta, molto di più. E per esempio, quante iniziative si potrebbero fare che riguardano l'apostolato liturgico, l'apostolato del servizio sacerdotale e l'apostolato eucaristico. E naturalmente voi nel consigliare terrete presenti questi apostolati affinché siano come cooperatori, cooperatrici nella vostra missione e cooperatrici efficaci e che possono fare, muoversi in quello che, alle volte, la suora non può fare e non può arrivare per causa degli obblighi propri della propria professione nella vita religiosa.
Ricordare che Gesù non elesse soltanto i 12 apostoli, ma i 72 discepoli, quindi non soltanto le religiose, ma tutte quelle persone che vogliono imitar la vita religiosa e dedicarsi, nel loro ambiente, all'apostolato.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 21/e (= cassetta 49/a). - Per la datazione, cf PM: «Stamattina ancora due parole sugli Istituti Secolari. A questo riguardo, la circolare interna che ne parla, sarà bene che sia considerata davanti al SS. Sacramento nella Visita». (La circolare interna, citata dal PM porta la data: aprile 1958). - dAS, 7/5/1958: «Va [il PM] a celebrare a C.G. delle PD in Via Portuense e tiene anche la meditazione». Il contenuto di questa istruzione è riportato dal San Paolo di aprile 1958, ripreso, a sua volta, dalla cost. apost. Provida Mater... così pure per le due istruzioni seguenti.

1 Pio XII, cost. apost. Provida Mater Ecclesia, sopra gli Istituti religiosi, 2 febbraio 1947.

1 Mt 5,3.

1 Mt 7,1.