Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

Via, Verità e Vita. L’iniziativa, secondo il Fondatore, si sarebbe dovuta estendere nel tempo a tutti i membri della FP.
Il Fondatore si dimostra molto attento all’ambito redazionale e promuove tra le Figlie di San Paolo soprattutto la redazione catechistica per contribuire al rinnovamento della catechesi. Dalle sue parole, si nota la premura per la preparazione di un Convegno catechistico che si terrà nei primi giorni di gennaio del 1960. Contemporaneamente, anticipa l’organizzazione di un anno biblico che si realizzerà in tutta Italia al ritmo dello slogan: La Bibbia in ogni famiglia.
Nel 1959 le Figlie di San Paolo iniziano la pubblicazione della collana per religiose: Alere flammam. È allo studio la collana Orientarsi per signorine, con scopo formativo e vocazionale. Sarà pronta nel 1960. L’impegno redazionale per la rivista Così si va affermando ed è promettente.
Il Centro Ut unum sint esce con una collana specifica e si prepara a lanciare, nel 1960, i Corsi biblici per corrispondenza.
La diffusione capillare nelle famiglie si trasforma progressivamente in diffusione collettiva. Nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici, nelle parrocchie si promuovono mostre, convegni, settimane, giornate mariane, catechistiche, bibliche. La sintesi annuale, documentata, di queste iniziative diventa il dono che le Figlie di San Paolo offrono al Primo Maestro nel giorno del suo onomastico (med. 10).


II. ATTUALE EDIZIONE

1. Fonti, linguaggio, criteri seguiti

La predicazione alberioniana del 1959 comprende: 16 meditazioni varie tenute ad Albano, e altre a Roma alla comunità delle Figlie di San Paolo o alla Famiglia Paolina riunita nel Santuario Maria Regina degli Apostoli. Inoltre vi sono alcune meditazioni tenute da Don Alberione in occasione di corsi di Esercizi spirituali alle superiore, alle novizie e alle giovani professe che si preparano alla rinnovazione dei voti, organizzati a Grottaferrata, a Roma, ad Ariccia. Nell’archivio generale Figlie di San Paolo si trovano due meditazioni alle Annunzia-
~
tine già pubblicate nel volume: Giacomo Alberione, Meditazioni per consacrate secolari, Edizioni Paoline, Roma 1976, pp. 219-237.
Nella quasi totalità le prediche sono registrate su nastro. Alcuni testi all’epoca sono stati anche stampati immediatamente per inviarli alle comunità. Si considera come originale la trascrizione da registrazione che viene corredata da note di contesto e bibliche, da indici vari che ne facilitano l’uso e la comprensione.
I temi delle Meditazioni varie sono occasionali, sollecitati dal calendario liturgico (Conversione di San Paolo, San Giuseppe Lavoratore, Messa in Coena Domini, Ascensione, festa di Sant’Ignazio, Addolorata, Cristo Re, Avvento, ecc.) o dalla particolare celebrazione di Famiglia Paolina, ad es. la festa del Divino Maestro, o da un’occasione particolare come l’incontro con le studenti e le insegnanti (med. 26).
Si avverte che al Primo Maestro sta particolarmente a cuore l’approfondimento dello spirito paolino e la necessità che le pratiche di pietà, come la Visita, la meditazione e l’esame di coscienza, siano comprese e praticate fedelmente, nello spirito proprio dell’Istituto (med. 8, 9,…). A questo proposito, ribadisce la convinzione che la nostra spiritualità è semplice, completa e quindi l’importanza di non cedere agli inviti di seguire altri indirizzi.
Don Alberione insiste sull’amore all’Istituto, anima della propria vocazione, e desidera che tutte le case delle Figlie di San Paolo siano come una fotografia della Casa generalizia o di Casa Madre (III Grottaferrata, 21 gennaio 1959). Alle novizie e alle juniores che si preparano alla rinnovazione dei voti, conferma: L’anima della vocazione è l’amore all’Istituto. E se non c’è questo amore che costituisce, non c’è la casa e non ci si può abitare (I Roma, 22 giugno 1959).

Nelle meditazioni tenute a Grottaferrata, il Primo Maestro sottolinea la volontà che questa casa diventi realmente la casa della redazione, del catechismo e si qualifichi per la vita spirituale, comunitaria, apostolica.
Negli Esercizi alle superiore, tenuti a Grottaferrata (19-21
~
gennaio) e a Roma (6-12 aprile), ribadisce un principio valido ovunque e in ogni situazione, ma forse più necessario in quel momento: Mettere tutto il cuore in Congregazione. Per i familiari bisognosi, pregare e non lasciarsi prendere da preoccupazioni eccessive (III Grottaferrata, 21 gennaio 1959; IV Roma, 7 aprile 1959) perché questa è ora la nostra famiglia.
Nelle prediche dettate ad Albano, ha presente l’uditorio formato non solo da FSP, ma anche da suore di altre Congregazioni degenti in ospedale, e invita, con chiarezza, a essere cristiane, vere religiose e a offrire pene e sofferenze per le anime,
per la fecondità dell’apostolato paolino.

2. Tematiche fondamentali

Nella predicazione dell’anno 1959, vi sono alcune tematiche che attraversano come un filo rosso gli interventi del Fondatore.

La centralità del Cristo Maestro…

Nell’opera formativa del Beato Giacomo Alberione, nelle esortazioni, meditazioni e circolari rivolte alle Figlie di San Paolo, si coglie sempre lo stesso filo conduttore: la persona del Cristo. E anche nel 1959 viene ribadita con forza la centralità del Cristo Maestro Via, Verità e Vita nella vita e nella missione.
Sollecitato dall’approvazione, da parte del dicastero vaticano, della Messa votiva a Gesù Divino Maestro (cf FSP58, pp. 42-48 e 472-474), il Fondatore dona indicazioni quanto mai feconde e orientative spiegando l’origine di tale devozione, sorta per divina ispirazione (med. 12). E afferma inoltre, con coraggio profetico, che nella fondazione della Famiglia Paolina si è cercato di riassumere tutto il meglio che c’era in altre Istituzioni: Si è fatto come un riassunto e si è scelto fior da fiore. Questo in particolare si vede nell’ora di adorazione che sostituisce l’ufficiatura. In questo si vede che la devozione centrale è Gesù Maestro. Uniformare il pensiero, i sentimenti, e la vita a Gesù Maestro (I Grottaferrata, 19 gennaio 1959). Questo è il dono che il Signore ha dato alla Congregazione
~
(med. 22), è la prima e principale devozione della Famiglia Paolina (med. 21).
Il vocabolario dell’Alberione si arricchisce di verbi e di aggettivi, nel desiderio di far comprendere la pienezza di un rapporto vitale che conduce al Cristo integro, intero, totale (med. 17). L’atteggiamento del discepolo è quello di stabilirsi, innestarsi nella persona di Cristo Gesù per uniformarsi a lui, vivere in lui e per lui fino al: «Vivit vero in me Christus» (med. 17).
La devozione al Maestro coinvolge ogni dimensione della vita, non si riduce alla preghiera, a qualche canto, ma investe tutta la persona e, praticata bene, dà culto completo al Signore (med. 21). ? una devozione che si applica alla vita spirituale e alla vita apostolica, persuase che il frutto dell’apostolato è proporzionato a questo: Presentare Gesù Cristo com’è: Via, Verità e Vita (ibidem). Dà inoltre colore particolare allo studio sempre orientato alla conoscenza di Gesù Cristo: Conoscere Gesù Cristo! L’argomento è il più sublime (med. 21) come Paolo che riteneva di non sapere altro che Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso.
La devozione al Maestro divino ha il grande obiettivo di far vivere tutto il mondo in Cristo. Siamo infatti chiamati a dare al mondo la vera ricchezza, dobbiamo portare agli uomini il massimo bene, e il massimo bene è dare Gesù Cristo Via, Verità e Vita.
Con cuore ammirato, il Fondatore esclama: Questa in Cristo è la vita più bella! È il centro della tua vita. Non si può dare di più. Allora avete il meglio. Apprezzare la Congregazione, amarla e collaborare adesso nel suo vero spirito: Vivere in Cristo, ognuna, perché la Congregazione viva in Gesù Cristo! (I Esercizi spirituali alle Superiore, 19 gennaio 1959).

…in un dinamismo integrale di trasformazione

Per assimilare questo spirito, per formare la personalità del paolino, della paolina, in Gesù Maestro, secondo l’esempio di S. Paolo, è importante incanalare, indirizzare tutte le attitudini, qualità, attività, forze in una personalità che è quella propria dell’Istituto. Allora ci si forma una personalità su-
~
periore che è in Cristo, nella Chiesa, in S. Paolo, secondo la protezione, le grazie di Maria Regina Apostolorum (med. 2). Si tratta di assumere il modo di pensare, di amare, di volere di Cristo Maestro, introducendo nella totalità della nostra vita i valori evangelici.
Allora la vita spirituale si delinea come un itinerario che orienta la persona nella pienezza delle sue facoltà, a divenire discepola del Maestro, fino a realizzare una piena configurazione a lui. Gesù è in noi, ma non è muto. Dio in noi parla, comunica alle anime che vivono in raccoglimento abituale, sentono la parola del Signore, sentono le ispirazioni di Dio. E allora i pensieri procedono da lui, dal Signore, e le parole che si dicono sono conformi a quello che vuole il Signore, e le opere che si fanno sono nello spirito e nel volere di Dio (med. 4).
La vita in Cristo è considerata da Don Alberione come una continua ascesa: Perfezionarsi vuol dire salire. Salire nello spirito di fede, nella speranza più ferma, nella fiducia più serena, nella grazia degli aiuti di Dio e nella carità che maggiormente unisce l’anima al Signore, giorno dopo giorno. Allora ci sono esami di coscienza più delicati, allora ci sono le meditazioni più profonde, i propositi si osservano e ogni giorno vi si ritorna sempre con maggiore desiderio di santità, di perfezionamento. Allora ci sono delle belle Visite al Santissimo Sacramento (med. 18).
Il cammino di trasformazione in Dio è orientato soprattutto dalle tre pratiche di pietà alle quali viene attribuito un grande valore perché lo spirito sia sempre vivo e il progresso sentito e veduto: l’esame di coscienza, la meditazione e la Visita eucaristica (med. 10). Bisognerebbe giungere a sentirle con gusto, ad assaporarle in modo da provarne come un bisogno (med. 9).
Nelle meditazioni del 1959, spiega ripetutamente e nei particolari questi esercizi di preghiera, considerandoli il tesoro che il Signore ha donato alla Congregazione, i pilastri della devozione. Sollecita: Non sciupiamo niente di questo tesoro, niente! Siamo fedelissimi fino alla morte. E alla morte penseremo così: il tempo più prezioso della mia vita è stato quello consumato, impiegato in queste tre pratiche (med. 9).
~
Il Fondatore insiste sull’integralità del metodo paolino che nelle diverse pratiche di pietà coinvolge la totalità della persona umana e favorisce l’accostamento a tutto il mistero di Cristo per poterlo vivere e annunciare. L’Istituto vuole vivere Gesù Cristo. La nostra regola massima è vivere in Cristo: «Vivit vero in me Christus» … sull’esempio di S. Paolo, il quale sentiva proprio che Gesù Cristo viveva in lui, nella sua mente, nel suo cuore, nella sua attività, nelle sue opere, nel suo apostolato (III Roma, 7 aprile 1959).
Della singolare e preziosa devozione, l’Alberione diventa esigente, chiedendo di seguirla, approfondirla e viverla non solo nella pietà, ma in ogni aspetto della vita: Orientare lo spirito, lo studio, l’apostolato e tutta la vita religiosa verso Gesù Maestro Divino. Devozione che non si restringe alla pietà… ma a tutta la vita, alla vita apostolica con la persuasione che il frutto del nostro apostolato è proporzionato a questo: presentare Gesù Cristo Maestro Via, Verità e Vita (med. 21).
Siccome questa devozione si innesta in Gesù Cristo, noi tanto siamo perfetti quanto viviamo Gesù Cristo, viviamo di Gesù Cristo, preghiamo per Gesù Cristo, ringraziamo per Gesù Cristo, chiediamo il perdono per Gesù Cristo, chiediamo le grazie per Gesù Cristo. Sempre, in tutto! Entra nell’intimità della preghiera, del tabernacolo, nella vita intima di Gesù nel tabernacolo! E vieni ad acquistare quella familiarità di amicizia fra te e Gesù con lo scambio di doni: tu ti dai tutta a lui, perché lui si dà tutto a te nella Comunione. Lui ti ha presa, accettata: sei sua! E lui si è dato a te: lui, Gesù, è tuo! È tuo! Tuo, individualmente tuo! (I Grottaferrata, 19 gennaio 1959).
Il Fondatore invita con forza a non cedere mai alla tentazione di sostituire questa devozione con altro, talora ben visto o consigliato da esterni: Incominciando la Congregazione non siamo partiti senza sapere dove andavamo, senza un programma ben chiaro e determinato, senza la certezza di camminare in Gesù Cristo e nella Chiesa, senza la sicurezza di aver scelto il meglio, sempre sicuri che il pane dato in casa era il pane più adatto per il nutrimento spirituale. Si possono sentire tante cose e si possono anche leggere, a volte, ma non seguirle. Lo spirito di cui si deve vivere, lo spirito da conservare nell’apo-
~
stolato è uno solo, lo spirito paolino, quello appreso in Casa (IV Esercizi spirituali alle Superiore, 7 aprile 1959).

Per irradiare Cristo, come vasi comunicanti

Anche nella predicazione del 1959, Don Alberione sottolinea la vocazione docente della Figlia di San Paolo: Insegnare! Noi dobbiamo dare la stessa scienza che viene predicata in Chiesa, dobbiamo insegnare le stesse verità. E quello che diciamo forma la caratteristica della Congregazione che è l’uso dei mezzi moderni, la carta, la pellicola e la radio, la televisione, e saranno anche i dischi e saranno anche le fotografie a volte, le pitture, le immagini, gli oggetti che servono al culto moderatamente, secondo lo spirito della Congregazione delle Figlie di San Paolo. L’apostolato abbia proprio il fine di far conoscere Gesù Cristo e diffondere l’amore a Gesù Cristo, far pregare Gesù Cristo e orientare le anime verso la Chiesa che è il corpo mistico di Gesù Cristo. Orientare le anime verso il tabernacolo dove è il corpo reale di Gesù Cristo e orientare ogni anima a una vita più interiore. Orientare le anime a sentire la responsabilità della vita nostra: Perché vivo? Che cosa devo fare sulla terra? (med. 21).
È questo un ministero che presuppone continuo progresso, per camminare per le strade del mondo, spargendo a destra e a sinistra la luce di Dio, compiendo quel ministero che rassomiglia al ministero di Paolo: seminare, seminare, «Semen est Verbum Dei: La semente è la Parola di Dio».
E a questo riguardo, il Fondatore sollecita: Tutte le pubblicazioni devono riflettere il pensiero di Gesù, il pensiero della salvezza, la via della salvezza e i mezzi della salvezza, poiché Gesù Cristo è insieme Via, Verità e Vita (med. 23).
La preoccupazione della Congregazione è quella di offrire a ogni paolina la possibilità di comunicare, con vero spirito pastorale, quanto ha appreso nel tempo dedicato allo studio: Bisogna essere vasi comunicanti, che comunicano la dottrina di Gesù Cristo e la comunicano efficacemente. Non quindi uno studio teorico, ma uno studio pratico che frutti per le anime (med. 26).
~
Con uno studio pastorale che prepari alla missione

Nella formazione delle Figlie di San Paolo, il Fondatore ha dato allo studio un’importanza fondamentale ritenendolo condizione indispensabile alla vocazione e alla missione. E ha sempre sottolineato: Lo studio ottiene il suo fine quando si consuma nell’apostolato. Uno studio perciò orientato alla missione: Il vostro studio deve diventare pratico, e quindi l’insegnamento e poi la corrispondenza, la reazione all’insegnamento. Vedete, vi sono due studi da fare: primo, la materia che si ha da dare alle anime e, secondo, la via per farla arrivare alle anime. Quindi c’è uno studio delle materie scolastiche e c’è uno studio da fare sulle persone a cui noi dobbiamo comunicare quello che abbiamo a suo tempo appreso (med. 26).
Si studia per gli altri. Studiano bene quelli che studiano per migliorare se stessi e quelli che vogliono migliorare gli altri, cioè in ordine all’apostolato… Impegnarsi a compiere veramente l’ufficio assegnato nella Congregazione: di redazione, di insegnamento, di scuola, di Maestre delle novizie. Oppure altri uffici, come fare le recensioni, come saper scegliere nelle librerie ciò che veramente è più utile per le anime, e così organizzare l’apostolato, le settimane e i tridui catechistici, oppure del Vangelo, oppure i tridui mariani. In queste cose noi serviamo Iddio e serviamo le anime.
In occasione dell’incontro con le insegnanti delle Figlie di San Paolo, il Fondatore insiste per inserire nelle scuole l’anno di pastorale: Come siete state le prime suore che si sono messe a studiare teologia proprio di proposito e in modo regolare, così adesso siate anche le prime suore che introducono questo modo pratico di utilizzare l’insegnamento. Noi lo chiamiamo pastorale, da Bonus pastor… (med. 26).
L’Alberione considera infatti molto importante imparare a comunicare perché riconosce che vi sono troppi talenti improduttivi. Si possiedono molti talenti, si sanno molte cose, tuttavia se non sappiamo come usare questi talenti, restiamo lì incerti e non si trovano le vie di comunicazione… (med. 26).
~