Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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9. FARE BENE LE PRATICHE DI PIETÀ1


Venendo a San Paolo2 vi siete messe sotto il patrocinio, la custodia materna di Maria Regina Apostolorum. Voi avete corrisposto bene alla voce di Dio, generosamente, e il Signore ha corrisposto bene alla vostra buona volontà seminando finora nella vostra vita molte grazie. E vi darà ancora altre grazie, anche più grandi, se voi continuate nella vostra generosità.
Nelle Costituzioni vi è un articolo che dice una cosa fondamentale: Non si ammettano alla professione le aspiranti che non hanno ancora appreso bene la teoria, e soprattutto la pratica dell’esame di coscienza, della meditazione e della Visita al SS. Sacramento3. Apprendere la pratica, ma questa pratica portarla fino a formarsi l’abitudine, anzi arrivare più avanti: sentirle come un gusto, assaporarle queste pratiche in modo da provarne come un bisogno. Quando una suora un giorno non può fare la Comunione, le sembra quasi che le manchi qualcosa, che la giornata non sia bella e che non la passi con il Signore. Quando si avrà il gusto e si assaporeranno le tre pratiche dell’esame di coscienza, della meditazione, della Visita al SS. Sacramento, si proverà la medesima impressione interna. Quando voi farete bene queste tre pratiche, sarete sicure di fare bene anche le altre pratiche di pietà, cioè la Messa, il rosario, e tutto quello che si fa nella giornata, nella settimana, nel mese o nell’anno, come pratiche di pietà prescritte dalle Costituzioni.
La tiepidezza, come pure lo scontento, lo scoraggiamento di una suora, comincia dal trascurare queste pratiche o nel farle con tiepidezza, con superficialità. La Congregazione non vi assicura una vita religiosa felice, una vita piena di meriti se voi non fate
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bene queste pratiche. Sono condizioni. Quindi le suore che stanno per fare la professione perpetua, si impegneranno in modo speciale su queste tre pratiche; e le suore invece che già hanno fatto la professione perpetua anche da anni, potranno esaminare se il loro fervore o la loro tiepidezza o qualche scontento della vita religiosa non dipendano proprio da lì. Anzi, dipende da lì, perché si comincia dal lasciare, in primo luogo, generalmente l’esame di coscienza, poi si fa la meditazione con tiepidezza e la Visita si riduce o a una lettura o a delle preghiere che non sono propriamente la Visita, anche se si passa un’ora in chiesa, perché la Visita è Visita! Non è un’altra pratica o un complesso di pratiche. È Visita! Come se si andasse a trovare la mamma e si entrasse in parlatorio, e poi si cominciasse a guardare i quadri del parlatorio e non si intraprendesse la conversazione con la mamma per scambiarsi i saluti, le notizie, ecc.
La Congregazione richiede queste tre pratiche e assicura una vita serena, una vita santificante, un progresso continuato fino alla morte, poiché anche durante una malattia molto seria l’esame di coscienza non si deve mai lasciare, mai. La meditazione si farà con dei pensieri semplici soltanto, ma sarà una meditazione, forse ancor più efficace, sentendo l’unione con Dio. E concludere: Sia fatta la volontà del Signore.
Poi la Visita. La Visita è fatta molto bene se si sente che Gesù si è immolato sulla croce, e lì sul letto noi stiamo immolando la nostra vita con le intenzioni con cui Gesù è passato in questa vita visibile, e le sue intenzioni riguardavano la gloria di Dio e la salute delle anime.
Dunque, in primo luogo l’esame di coscienza. Che cosa è l’esame di coscienza? È una presa di coscienza o di conoscenza delle nostre situazioni. Se questo appare difficile, riflettiamo: le mie posizioni, io come sono davanti a Dio? Io ho ricevuto delle grazie, io sono stato creato, io devo andare a Dio, questo è il mio fine, il cielo; quella è la mia abitazione. Io come sto davanti al Signore? Cammino veramente sempre, in tutto, con coraggio verso il paradiso? Sì. E come sto di fronte alla Congregazione? Sono utile? Sento di dover dare tutto alla Congregazione, perché attraverso la Congregazione va tutto a Dio? E come sto con le sorelle, com’è il mio comportamento? Vi è
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carità? Dove vado io porto pace e bontà? Come sto riguardo ai fedeli nella propaganda, nella redazione, nella tecnica, nella libreria? Le mie posizioni come sono? Io sento di dovermi donare, donare a Dio e donare alle anime? Sento che non devo lasciar niente di quello che posso fare? Che non devo lasciarmi dominare dall’egoismo, non dall’io, ma servire Dio? Esame sulla posizione in cui uno si trova.
Dopo, i miei propositi, i miei desideri. Dopo quel giorno in cui con tanta generosità ho fatto i miei voti e ho preso l’impegno di camminare nella perfezione, ho compiuto questo dovere fondamentale? Sentire la propria posizione nella vita. Questo è l’esame di coscienza che si compone particolarmente di due parti: la prima parte è considerare le grazie di Dio, e la seconda parte è considerare la corrispondenza alle grazie di Dio.
Considerare nella prima parte le grazie ricevute dal Signore per ringraziarlo ed eccitarci ad amarlo sempre di più. E considerare la nostra corrispondenza, se abbiamo fatto bene: Dio sia benedetto. E se c’è da migliorare: Voglio migliorare; e qualcosa invece non va bene, voglio correggerla. Quindi queste due parti. Non è una semplice ricerca delle mancanze, no. È considerare prima le grazie e poi la corrispondenza, perché ognuno di noi ha da rendere conto delle grazie ricevute, e ha tanti obblighi quanti vengono dalle grazie ricevute.
Se una vive solo quarant’anni e l’altra cinquant’anni, ci sono dieci anni di diversità: quella che passa all’eternità con quaranta anni soltanto, risponde dei quaranta anni, perché ha ricevuto solo la grazia fino lì. E quella che invece passa all’eternità a cinquanta anni, risponde per cinquanta anni, perché ha ricevuto dieci anni di grazie in più, altri dieci anni di vita. Quindi: Vi ringrazio di avermi conservato. Sì, ringraziare, ma dobbiamo rispondere: Come ho impiegato questi giorni in più, questi dieci anni?
Poi, l’esame di coscienza ha delle condizioni. Le condizioni sono: prima, pregare il Signore che ci illumini a leggere nella nostra coscienza, leggere bene! A volte si sanno tante notizie, si leggono libri e non si legge il libro della propria coscienza! Si conoscono altre persone, magari i loro difetti, e non conosciamo noi stessi, perché manchiamo di esame.
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L’esame di coscienza dev’essere fatto, come sapete, prima sui pensieri, sui sentimenti, prima l’interno: se pensiamo secondo Dio, se c’è vera fede, profonda fede. Poi l’esterno: come parliamo, come operiamo.
L’esame di coscienza deve portarsi sopra due punti: Come sta la mia preghiera? Come prego? E come sono di volontà? Volontà ferma o volontà labile, volubile? Vi è tiepidezza, indifferenza? Sono sempre con buona volontà o sono senza volontà? Io ho coscienza o poca coscienza?
E un’altra cosa da guardare, da chiedere a noi stessi: Ho mancato in questo? Se mi manca quell’altra cosa, qual è la ragione? Forse manco, perché sono orgoglioso? E allora non obbedisco, e allora tratto male gli altri? Forse manco per indifferenza, tiepidezza, perché sono pigro? Cercare le cause e cercare anche le ragioni per cui si progredisce. Che mezzi ho adoperato per trovarmi così contenta e sentire che sono con Dio, sentire che cammino nella via della perfezione risolutamente? Generalmente sono sempre due cose: volontà ferma e preghiera buona.
Quindi la pratica dell’esame di coscienza. Se uno non si esamina è un cieco che non sa neppure come cammina. C’è una bella strada diritta che va al paradiso, ma non ha nessun programma: va un po’ a destra e un po’ a sinistra. È un cieco che non traccia bene la sua giornata: Oggi farò questo. Quindi la sua giornata alla sera arriverà un poco vuota e sarà insoddisfatto, e allora si spiegano gli scoraggiamenti, gli sconforti. Invece, come leggiamo precisamente oggi nel Breviario, noi, se abbiamo vera pietà, troveremo delle difficoltà, ma con la pietà le supereremo.
Seconda pratica da farsi in comune: la meditazione. La meditazione serve a rafforzare la volontà. E cioè: la lettura spirituale illumina e la meditazione fortifica la volontà a compiere, a mettere in pratica quello che abbiamo imparato nella lettura spirituale. La nostra volontà ha bisogno di fortezza, cioè della virtù cardinale. E vi è anche una fortezza naturale: vi sono persone di carattere, decise, e invece vi sono persone sempre indecise, oppure che scelgono un programma, fanno dei propositi, ma sono indecise e quindi non c’è quella risolutezza di seguire
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quello che è l’ideale proposto. Ma la fortezza cristiana è una virtù cardinale. Fortezza è la terza virtù cardinale4, dobbiamo chiederla al Signore. Poi vi è il dono della fortezza5 che perfeziona la virtù cardinale, come la virtù cardinale perfeziona la fortezza naturale. Allora, per portare l’esempio, S. Stefano protomartire discuteva con gli ebrei, i quali impugnavano la dottrina di Gesù Cristo: «Plenus gratia et fortitudine: Era pieno di grazia e di fortezza»6. Era già arrivato al dono della fortezza! Ed ecco che lapidato, dice il Breviario, le pietre gli diventavano come dolci, non perché le sassate fossero dolci alle spalle7, ma perché egli era infiammato di amor di Dio, felice di dare la sua vita per Gesù Cristo.
La meditazione ha tre punti: primo, la lettura, oppure il ricordo di un fatto sul quale si vuole meditare. La lettura, perché la meditazione può avere innumerevoli argomenti: tutto ciò che c’è in teologia dogmatica, in teologia morale, tutto ciò che c’è nella teologia liturgica e ascetica può essere soggetto di meditazione. E specialmente possono essere soggetto di meditazione i fatti, ad esempio: la vita di Gesù Cristo, la vita di Maria, la vita di S. Giuseppe.
Il secondo punto riguarda il sentimento. Dopo aver letto si deve pregare. E dobbiamo sentire il gusto, sentire il desiderio di quella virtù su cui si è meditato, sentire il gusto di quelle preghiere su cui si è meditato. Sentire nel cuore il desiderio di santità, di migliorare. E vi saranno poi i propositi. Vi sarà da domandare perdono della vita passata, vi sarà ancora da eccitarci con i motivi che riguardano specialmente le verità eterne, per praticare quello che si è meditato. Ogni articolo delle Costituzioni può essere una meditazione, quando si ha la posatezza, la riflessione di penetrare non solo le parole, ma il senso delle parole, lo spirito che sta dietro a quelle parole, sotto quelle parole.
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La meditazione quindi ha sempre una parte che riguarda la mente, una parte che riguarda il cuore, una parte che riguarda invece la volontà. E questo è il risultato della meditazione. Può essere anche che, qualche volta, lo spirito sia un po’ distratto, e allora si possono dire più abbondantemente preghiere per compiere quello che il libro suggeriva, quello che si è letto.
Il dono del raccoglimento si ottiene con due mezzi: uno negativo, togliere le distrazioni volontarie. Vuol dire: non occuparsi di quello di cui non dobbiamo occuparci; non pensare a ciò che non è proprio della vita religiosa; non procurarsi notizie che ci distraggono; non pensare ai fatti altrui, pensare ai nostri. Allontanare in sostanza tutto quello che ci distrae da Dio e dalle cose che sono di volontà di Dio. Se si vuol guardare tutto, se si vuole sentire tutto quel che viene detto di notizie, se si vuole assistere ad ogni spettacolo e si ha sete di quello, se si fanno certi discorsi, se si fanno certe letture, allora come si può avere il raccoglimento? Le cose che si sono lette, che si sono sentite, specialmente se sono fatti o rappresentazioni che si fissano di più nell’anima, quelle cose ci portano via le forze, ci portano via le impressioni sante ricevute dopo la Comunione.
Quindi, un lavoro da fare in senso negativo e un lavoro da fare in senso positivo, chiedere al Signore la grazia di essere raccolte. Chiedere, specialmente quando si comincia la preghiera, di mettersi bene alla presenza di Dio. Questo è di grande aiuto per la meditazione. Tuttavia se per debolezza di salute o per altro motivo, non si riesce a raggiungere il raccoglimento voluto, non c’è da disperare. Mettersi a pregare e il Signore premierà la buona volontà, e il frutto sarà uguale. È la negligenza che allontana i frutti! Siamo risoluti: lì si tratta di parlare con Dio e di parlargli di noi.
Terza pratica prescritta con forza dalle Costituzioni è la Visita al SS. Sacramento8. Andare a trovare Gesù. L’Eucaristia da una parte è sacrificio della nuova legge e dall’altra parte è Comunione, è anche presenza reale. Perché è sacrificio, ecco andiamo a Messa; e perché è Comunione ci nutriamo di quel pane celeste; e perché Gesù è sempre presente, noi andiamo a
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lui. «Cum hominibus conversatus est»9, «Verbum caro factum est et habitavit in nobis»10, abita con noi e noi andiamo a lui. Abita con noi. Vedete come abita anche sensibilmente, perché nelle nostre case vi sono i tabernacoli. Si può dire che Gesù entra in ogni casetta e lì è ospite: «Magister adest et vocat te»11, Gesù è lì ospite e ti chiama. La Visita al SS. Sacramento non è la maggiore delle opere di pietà, perché la maggiore opera di pietà in sé è la Messa, poi viene la Comunione, poi viene la Confessione, ma è la pratica che alimenta le altre, illumina le altre pratiche, dà forza e ci orienta per le altre pratiche. È un grande dono che ha fatto il Signore alla Congregazione stabilendo la Visita al SS. Sacramento.
Vedete, prima di scrivere le Costituzioni si sono ben confrontate le pratiche di pietà che avevano altri Istituti, tanto maschili come femminili. Tra le varie pratiche, secondo i vari Istituti, fra tutte si è trovato che il meglio è questo: andare direttamente a Gesù vivo e vero in mezzo a noi. Sta bene la Via Crucis, com’è stabilita in tanti Istituti, sta bene il Breviario, com’è stabilito in tanti Istituti. Ma la nostra conversazione è con Gesù, andare a lui: «Io sono Via, Verità e Vita»12. Ecco, Via, cioè ci insegna la strada per andare in cielo, al Padre; presenta al Padre le nostre suppliche e dà alle nostre opere il valore soprannaturale: ci ha aperto il cielo. Ed è la Verità: per mezzo della Visita si ottengono tanti lumi, si capiscono tante cose! Tu parli a Gesù e Gesù risponde! Quando si sente la risposta di Gesù alle nostre difficoltà o alle nostre necessità, si resta più profondamente persuasi e incoraggiati più di quando si riceve una visita dagli uomini. Lì è Gesù che accompagna la sua ispirazione con la grazia. Poi nella Visita si onora Gesù Vita, perciò si domanda l’aumento di grazia, l’aumento di santità.
Allora nella prima parte sta specialmente bene la lettura spirituale, quindi stanno bene gli atti di fede. Nella seconda parte l’esame di coscienza, e quindi ci accusiamo direttamente a Gesù e siamo sicuri che Gesù comunica la sua grazia. Poi vi
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è da pregare, e particolarmente si reciterà il rosario, si farà la comunione spirituale e si rinnoverà la professione religiosa. Allora si esce dal contatto con Gesù sereni, incoraggiati, decisi ad andare avanti, ad amare sempre di più Gesù. Ecco, tutta la giornata sarà illuminata e tutte le altre pratiche saranno compiute meglio.
In questi santi Esercizi chiedete tanto la grazia che tutte le sorelle e tutti i membri della Famiglia Paolina possano proprio fare bene queste tre pratiche: l’esame di coscienza, la meditazione e la Visita al SS. Sacramento. Non togliamo mai un minuto. Ma, ho fretta. Ma ho le occupazioni. Ma devo arrivare là.... Non togliete niente al Signore, perché togliere al Signore vuol dire diminuire le grazie, vuol dire togliere a noi.
La pietà è la sorgente di ogni bene, perché vi sono promesse per la vita eterna e per la vita presente. Non perderete nulla, né per lo spirito, né per il sapere, né per l’apostolato, né per l’amministrazione e l’economia della casa, né per la buona organizzazione, né per la pace in casa. Non perderete niente, mai, dando a queste tre pratiche il tempo necessario; anzi ne guadagnerete in tutto! In tutto!
Oh, il grande tesoro che vi ha dato il Signore! Non sciupiamo niente di questo tesoro, niente! Siamo fedelissimi fino alla morte. E alla morte penseremo così: il tempo più prezioso della mia vita è stato quello consumato, impiegato in queste tre pratiche. Sarete serene! Se poi noi ci giudichiamo facendo bene l’esame di coscienza, non saremo giudicati e ci presenteremo al Signore già giudicati, perché se scopriamo del male e lo detestiamo, ecco è scancellato. Avanti dunque con serenità! Terminate bene i vostri santi Esercizi e concludeteli in unione più intima con Gesù.
La Congregazione vostra va progredendo di giorno in giorno; ma progredisce secondo che progredisce ogni suora, perché la Congregazione è costituita da voi, da ciascuna di voi. E Gesù vi benedica tanto.
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1 Meditazione tenuta a Roma il 14 marzo 1959 nel pomeriggio, durante un corso di Esercizi spirituali. Ci è pervenuta solo questa meditazione. Trascrizione da nastro: A6/an 62a = ac 105b. Riprende e sviluppa alcuni concetti che sono i medesimi della meditazione precedente.
2 Si intende: entrando nella Famiglia Paolina.
3 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, art. 196.

4 Prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.
5 Il dono dello Spirito Santo.
6 Cf At 6,8. Antifona ripetuta più volte nella Liturgia delle Ore del 26 dicembre, festa di S. Stefano.
7 “Lapides torrentis illi dulces fuerunt…”. Cf Breviarium Romanum, 26 dicembre, Lodi.

8 Cf Cost’53, art. 196.

9 Cf Bar 3,38: “Ho vissuto tra gli uomini”.
10 Cf Gv 1,14.
11 Cf Gv 11,28: «Il Maestro è qui e ti chiama».
12 Cf Gv 14,6.