Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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19. ESSERE BUONI CRISTIANI E BUONI RELIGIOSI1


...quindi, perché \fede, speranza e carità/ stabiliscono la vita divina in noi. Queste virtù si chiamano divine, perché sono infuse direttamente dallo Spirito Santo nel Battesimo. Nel Battesimo viene infusa la grazia che è la vita divina, e questa vita divina si compone della fede in Dio, della speranza in Dio e della carità verso Dio. Quindi, hanno principio da Dio. Il bambino appena nato non merita ancora nulla, eppure allora la vita divina è infusa in lui mediante la grazia che porta con sè la fede, la speranza e la carità. Questa vita divina si riflette nella mente e allora c’è la fede, si riflette sul sentimento e allora c’è la speranza e si riflette sulla volontà e allora c’è la virtù, c’è la vita buona, la vita praticamente cristiana, praticamente religiosa.
Prima ci sono queste virtù, poi verranno le virtù e i voti religiosi. Ma le virtù religiose, i voti religiosi di povertà, castità e obbedienza sono tanto robusti in noi quanto in noi c’è di fede, speranza e carità. Certamente nella vita religiosa si insiste tanto sull’osservanza dei tre voti. E si deve insistere e si devono spiegare le Costituzioni che danno la notizia, la cognizione vera dei voti. Queste tre virtù servono ad adempiere i tre voti che è il fine della vita religiosa, cioè «Si vis perfectus esse: Se vuoi essere perfetto»3. Però bisogna che queste virtù siano precedute e sgorghino dalle tre virtù teologali. In una casa non si può elevare il terzo piano o il secondo senza aver messo il primo. Non sta in aria il secondo, non sta in aria il terzo piano, è necessario che prima si stabilisca un buon fondamento, si stabilisca il primo piano e lo si metta a base del secondo e del terzo, ecc.
Si fa bene a insistere molto sui santi voti, però prima insistere sulle virtù teologali. Allora dalla carità sgorga la castità,
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da un grande amor di Dio viene l’amore, la delicatezza alla bella virtù. Dalla fede viene l’obbedienza, si crede che tutto quello che procede da Dio ci venga comunicato e cioè che i superiori rappresentino Dio e ci comunichino la volontà di Dio. E poi la povertà la quale sgorga dalla speranza. Quando si spera nei beni soprannaturali: l’aumento di grazie, i meriti, il paradiso, allora delle cose naturali, delle cose della terra si fa l’uso che si deve fare in ordine a Dio per mantenersi nel servizio di Dio, mantenersi nell’apostolato. Però se ne fa uso e non ci si attacca il cuore, non si dice più: Questo è mio, ma si dice: Questo è di mio uso.
Quindi diventare prima cristiani, allora sarà facile diventare religiosi. Nostro Signore, in primo luogo, al giovane che chiedeva come salvarsi non ha proposto la perfezione, ma gli ha proposto l’osservanza dei comandamenti. Allora non è certamente buono dimenticare l’esame di coscienza sui comandamenti. Non è certamente buono e non si arriva a scoprire ciò che manca riguardo alle virtù religiose, riguardo alle virtù morali, se non c’è prima l’esame sui comandamenti. Se non c’è l’abitudine a osservare il quarto comandamento si potrà sperare che ci sia poi l’abitudine a obbedire per il voto dell’obbedienza? Obbedire nella religione, nelle Congregazioni, negli Ordini? Se non si osserva il quinto comandamento si arriverà poi all’esercizio pratico della carità nella vita comune? E se non si osserva il sesto comandamento, si arriverà e si osserverà il voto di castità? Se non si osserva il settimo comandamento si potrà praticare la virtù della povertà? No, non sarebbe possibile.
Quindi, fare gli esami di coscienza sulle virtù religiose e sui santi voti, però tenere presente ciò che è in primo luogo l’osservanza del comandamento che corrisponde al voto. Allora, quando c’è l’osservanza del comandamento si esamina se arriviamo alla perfezione e cioè se non solo osserviamo il settimo comandamento, ma anche la virtù della povertà, il distacco, l’uso santo delle cose, ecc. Se osserviamo il sesto comandamento, allora è facile che stimiamo, vogliamo, desideriamo e lavoriamo per la delicatezza di coscienza. E se non si osserva il quinto comandamento, come si praticherà la carità in comunità? La vita comune diventerebbe molto difficile, perché
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non ci sarebbe comunione di pensieri e quindi di sentimenti, di abitudini, di usi e di tutto quello che è la vita comune. E così riguardo al quarto comandamento. Sì, la perfezione nell’obbedienza è nell’osservare il voto di obbedienza, ma prima vedere se c’è già l’abitudine di obbedire, se si obbediva già in famiglia, ad esempio, se si obbedisce anche per il comandamento oltre che per il perfezionamento.
Fermarci molto su questo: diventare buoni cristiani. Buoni cristiani che osservano il primo comandamento: la preghiera, il vero culto, il vero amore a Dio, la vera pietà. Buoni cristiani che osservano i giuramenti, rispettano il nome di Dio, osservano i voti, le promesse, gli impegni. Buoni cristiani che osservano, santificano le feste, i giorni comandati come festivi. E così il nono comandamento: i desideri; il decimo comandamento, ancora i desideri, perché ci sia la santificazione interiore. Hanno importanza tutti gli orari, ha importanza l’abito religioso, tante cose hanno importanza, ma questo è per il perfezionamento. Prima di perfezionare una cosa bisogna che esista, e cioè che ci sia il cristiano. La religiosa, il religioso poi sono qualche cosa che vuol dire: un più cristiano, più cristiano che i cristiani soliti. Una volta il vescovo, quando mi ha mandato a parlare alle suore domenicane, mi ha detto: Guarda che ci siano buone cristiane e cerchino di fare un po’ meglio dei buoni cristiani. E basterà, perché non si attacchino a cose accidentali, ma ci sia la sostanza della vita: in Dio, per Dio, ordinata a Dio, stabilita sull’aiuto che viene da Dio e sulla buona volontà che deve derivare come dono di Dio dalla preghiera, e che il cuore sia veramente in Dio, riposi in Dio.
E si ordini tutta la giornata al paradiso, a Dio, tutte le minime cose ordinate a Dio, perché questo è ciò che è più importante nella vita: pensare che noi siamo nati, creati da Dio per il paradiso e le giornate e i momenti ci sono dati per guadagnarci il paradiso. Il concetto fondamentale della vita eccolo: viviamo non per altro ma per il paradiso. Questo è il concetto profondo della vita cristiana, sul quale si svolge tutta la stessa vita cristiana. Domandiamo sempre di essere buoni cristiani e nell’esame di coscienza fermiamoci sulla fede, speranza e carità. E fermiamoci sulla preghiera e fermiamoci sui comandamenti.
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Come riceviamo i sacramenti, la Confessione, la Comunione? Come ascoltiamo la Messa, come penetriamo il senso della Messa, l’azione che si compie nella Messa? E poi di tutto quello che riguarda la vita cristiana. Non pensiamo di essere veramente religiosi se prima non siamo veramente cristiani. Cristiani prima!
Adesso, in pratica, sempre la recita degli atti di fede, speranza e carità, e il Credo per l’aumento della fede. E per l’aumento della speranza dobbiamo presentare al Signore tutte le suppliche che sono comprese nelle nostre orazioni, nelle pratiche di pietà. E riguardo alla carità, che amiamo proprio Dio, e che non viva in noi l’egoismo. L’egoismo tira tutte le cose a sé e invece l’amor di Dio ci porta a donare noi a Dio. Quindi far Dio centro di tutto. Vita cristiana perché sia veramente vita religiosa.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 6 luglio 1959. Trascrizione da nastro: A6/ an 67a = ac 115a.
2 Mancano frasi iniziali.
3 Cf Mt 19,21.