Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VIII
VOCAZIONI - CASE ESTERE - POVERTÀ

[85] Avete cantato: Mio dolce Signor1, e sta bene perché infatti il Signore è quel grande tesoro che il vostro cuore ha cercato e trovato.
Dice il Vangelo che il regno dei cieli è simile ad un gran tesoro che un uomo aveva scoperto in un campo per cui, rinascostolo, andò a vendere tutto giulivo ogni suo avere e comprò quel campo2.
A tutti sembrò che avesse pagato il campo troppo caro, ma non a lui, che appena ne fu padrone, andò a scavare ove sapeva essere la sua ricchezza e la trovò.
Voi avete acquistato lo stato religioso e il | [86] regno dei cieli, e per esso avete rinunziato a tutto: ai beni materiali, a quanto vi prometteva il mondo, ai vostri gusti e specialmente alla vostra volontà mettendo tutto a disposizione del Signore per arricchirvi di grazia in questa vita e di gloria nell'altra.
La gloria corrisponderà alla grazia: ecco quindi che lo stato religioso con la pratica dei voti e delle beatitudini evangeliche è un paradiso anticipato. Ma avete davvero lasciato tutto, per conquistarvi tale tesoro? S. Gregorio dice così: «Veramente è poco dare via ciò che si possiede, ma è molto dare via ciò che si è». Poco è dare le cose esterne, molto invece è rinunziare all'amor proprio per prendere quanto viene dato di idee, avvisi, disposizioni senza opposizione alcuna.
E noi abbiamo davvero lasciato tutto? Cose esterne e cose interne?
Quando però si rinunzia come si deve all'esterno, più facilmente si ha la grazia di rinunziare anche all'interno perché è sempre così: un sacrificio compiuto con amore e generosità attira le benedizioni del Signore e quindi si acquista maggior forza per un secondo.

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I. LE VOCAZIONI

Nella scelta delle vocazioni abbiamo sempre presente che al Signore convengono le cose più belle e non lo scarto. Alcune figliuole, nel mondo, sono veri fiori di campo, anime verginali, semplici e schiette, aperte alla grazia e con intelligenza pronta a comprendere quanto viene insegnato. Queste anime sono la fortuna | [87] di tutte le Congregazioni. Le giovanette di città vanno soggette a tante cose e se qualcuna, in città si è conservata un bel fiore, mostra di aver compiuto sacrifici speciali e di aver avuto grazie speciali.
Ma intanto è un fatto che la popolazione della città va sempre più diminuendo e le famiglie hanno pochi figli, mentre va su l'elemento dei campi. Quindi cercate in città quelle giovani che hanno superato certe difficoltà ed hanno perciò meriti speciali, ma nello stesso tempo ricordate che il giglio di Nazaret, Gesù, si degnò salire da un'umilissima famiglia, ai fastigi del sacerdozio.
Gesù, Maria e Giuseppe col loro esempio c'insegnano a scegliere le vocazioni dal popolo. Abbiamo dunque la massima cura delle vocazioni fiori di campo, da offrire al Signore! Assecondiamo i disegni della divina Provvidenza: anche in ciò Gesù ci è Maestro perché povero lui, volle circondarsi, nella sua vita pubblica, di poverissimi discepoli. Noi lo imitiamo e per suo amore cerchiamo le vocazioni più belle, i fiori migliori d'intelligenza, di salute, di cuore. Mente aperta almeno da comprendere i voti, buona salute, cuore docile e gentile sono gli importanti contrassegni d'una vera vocazione.
Abbiamo detto: mente aperta almeno da poter comprendere i voti e con ciò intendiamo affermare che il voto non è come un abito che s'indossa, ma qualcosa da comprendersi a fondo, e che deve entrare nell'interno dei pensieri e della volontà di colui che lo emette.
Infatti molte volte i voti richiedono dei forti | [88] sacrifici e questi non tornano strani per chi li chiese con piena coscienza, mentre sono inammissibili per coloro che fecero le cose superficialmente e con poca consapevolezza.
Se poi, oltre alle altre doti suddette, il fiore potrà disporre di beni esterni e di presenza, maggiore ne sarà la gloria di Dio.

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II. LE CASE ESTERE

Voi finora avete veduto il nascere, il crescere, e lo sviluppo della vostra Congregazione e cioè come intorno a un piccolo gruppo di figliuole se ne radunarono altre e poi altre ancora, fino a diventare un bel nucleo, che si sparse nelle varie regioni d'Italia, impiantando dei piccoli centri di luce e di bene. Naturalmente, essendo agli inizi, le cose si sono fatte molto imperfettamente, ma che farci? Pazienza. Voi non siete ancora, nemmeno in Italia, nel vostro pieno sviluppo, quindi troverete tanti che fanno meglio di voi. Battete loro le mani; va molto bene che sia così; che importa se è questo o quello? Purché Dio ne sia glorificato. Nei primi tempi che esisteva la Piccola Casa della Divina Provvidenza, rimproveravano il Cottolengo perché le infermerie non avevano ancora tutti i comodi e mancavano tante cose. Ma il santo rispondeva: Datemi dei soldi ed io le farò diventare belle3. Così potremmo dir noi in simili occasioni. Del resto, nessuno negherà il grande bene compiuto dalla Piccola Casa in quei primi tempi in cui, sebbene fossero tante le deficienze, pure i malati venivano amorosamente assistiti, curati, confortati.
| [89] La storia della vostra Casa Madre in Italia dovrà ripetersi in tante altre nazioni e con ciò voglio dire che le altre case all'estero si troveranno in sul principio come si trovò la Casa di Alba. Ma poi dal centro nazionale, che noi chiameremo Nazionalità, le suore si spargeranno in tutte le varie città per fare quanto si è fatto in Italia. Quindi queste saranno Case Madri da una parte e dall'altra case filiali. Dette Nazionalità si estenderanno a tutto quel complesso di territori limitrofi in cui si parla la medesima lingua e si hanno press'a poco i medesimi costumi.
Ad esempio, la casa di Buenos Aires ha una nazionalità più estesa di tutta l'Argentina perché comprende anche la Bolivia, il Cile, la Colombia4, il Paraguay5, ecc. Gli stati insomma dell'America meridionale in cui si parla spagnuolo.
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Quelle che vanno nelle case all'estero pensino, preghino, si preparino al sacrificio per essere efficaci nel loro ministero. Ad esse è necessaria la massima unione con la Casa Madre. O buone Figlie di San Paolo, è tempo per alcune di dilatare il cuore, di assurgere alla dignità di madri, alla responsabilità di altre anime e specialmente delle vocazioni. Tutti dovete e dobbiamo pregare perché da alcune ciò non è molto ben compreso. Ma la grazia il Signore la dà, la dà di certo; sta a noi il riceverla. Sarei contento se quanto ho detto venisse trascritto e mandato all'estero per essere di conforto e di luce.
Io ho fede, anzi la certezza che riceverete questa grazia.
| [90] Quindi non è ancor tempo che facciate dei pettegolezzi, avete troppo da fare! Svelte, svelte, fate, fate, non vi perdete a guardarvi in viso l'una coll'altra; non vi perdete in chiacchiere.
Quando Gesù annunziò a Pietro la sua missione, egli che non stava mai zitto, vedendosi daccanto Giovanni, il discepolo prediletto, domandò: «E di lui che ne sarà?». Sembrava che avesse paura che l'altro facesse di più. Ma Gesù pronto a rispondergli: «Che te ne importa? Pensa a te»6.
Avete fatto anche voi così? E questa dove va? E quell'altra per dove è destinata? Abbiate più semplicità; Gesù dal tabernacolo pulsa alla porta dei vostri singoli cuori e li nutre. Nutre le sue colombine col corpo e sangue suo.
State attente ai pettegolezzi, per carità. Non imitate S. Pietro col dire: E costei? Gesù vi risponderebbe: Lascia fare, tu segui me. S. Pietro, essendo il più vecchio, si credeva proprio in dovere di prendersi cura di Giovanni che era giovane. Egli aveva sempre qualcosa da dire con quel suo carattere schietto e generoso, generoso fino a morire in croce per il Maestro, e il Signore avrà permesso tante obiezioni7 per insegnare a noi, per avere più occasioni di istruirci, di farci meglio comprendere. Bando dunque ai pettegolezzi perché a lui non piacciono, perché sono la morte della pace e dello sviluppo della Congregazione.
Il vostro stradale, quello che da Alba mena fin qui è tanto comodo perché asfaltato; i veicoli vi corrono che è un piacere,
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ma se fosse tutto ghiaioso, che fatica! I pettegolezzi | [91] rendono precisamente la via scabrosa. Bando ad essi dunque! E specialmente non prendiamo in buona parte quelle che guardano sempre le altre. «Attende tibi»8. Bando ai pettegolezzi! Facciamo la volontà di Dio.
Ma questa mattina dovevamo parlare della povertà.

III. LA POVERTÀ

Che cos'è la povertà per noi? È il terzo voto che si emette nella vita religiosa. Esso importa la rinunzia all'amministrazione di ciò che si possiede, di ciò che si potrà avere in avvenire ed anche di tutte le comodità della libera vita individuale, per adattarsi il più possibile alla vita comune. Ciascuna dà alla Congregazione il frutto del proprio lavoro e da essa riceve le cure necessarie in vita, da sana e da malata, e in morte sepoltura e suffragi.
Per tutte le religiose poi, e in particolare per voi che siete agli inizi, il voto sarà molto più meritorio se alla parte negativa aggiungerete la parte positiva, e ciò procurando di aiutare la Congregazione fornendole mezzi, il più possibile, onde possa svilupparsi come il Signore vuole. Ciascuna le dia quanto più ha di forze intellettuali, di forze fisiche, di tatto. Contro la povertà possiamo portare tante obiezioni, ma se consideriamo il vangelo di S. Marco tutte le nostre obiezioni cadono. Un giovanetto si presentò al Signore dicendo: «Che cosa debbo fare per possedere la vita eterna?». E il Signore: «Osserva i comandamenti». Ma il giovanetto | [92] ribatté: «Queste cose le pratico già, ora dimmi che altro debbo fare».
Quel giovane aveva diciotto o vent'anni circa, voleva scegliersi uno stato. Si trattava dunque d'una vocazione e Gesù gli volle dare la più bella: «Va', vendi quanto hai e dallo ai poveri e ne avrai un tesoro nei cieli, poi vieni e seguimi»9.
Il divin Maestro indicò a quell'anima il primo passo per la perfezione, la condizione senza la quale non possono sussistere i due voti più perfetti di castità e obbedienza. Infatti finché uno può dire: Questo è mio, non è ancor religioso. Che importa,
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diceva S. Francesco di Sales, che l'uccello sia legato anche solo per un filo? Esso non può volare10.
Ecco dunque che chi ha rinunziato intieramente ad ogni bene materiale ha già fatto una bella cosa, stante il proverbio: «Chi ben comincia è alla metà dell'opera».
Generalmente questo primo passo è il più costoso, come è più costoso l'incamminare un motore spento che lasciarlo funzionare quando è già avviato.
È la partenza che richiede il sacrificio maggiore, quando poi si è per via si continua, se si prega. La benda è dolorosa a staccarsi quando è attaccata alla piaga. Vi sono dei cuori che spesso sanguinano e gridano: Ahi! di fronte a certi distacchi, ma spesso tali grida sono grida d'amore a Gesù.
Quel giovane del Vangelo non divenne religioso e apostolo, appunto perché non ebbe il | [93] coraggio di fare il primo passo. Egli essendo ricco non volle saperne.
Allora Gesù sentenziò in modo tanto terribile: «O quanto difficilmente i ricchi entreranno nel regno dei cieli!»11.
Ecco la povertà esaltata e fatta condizione indispensabile per diventare perfetti!
Ed è un fatto: le Congregazioni conservano lo spirito finché sono povere. Quando la povertà viene meno, vien meno anche il sostanziale, sia pure a poco a poco e quasi insensibilmente.
Guardate: quelle suore trovano che in parlatorio starebbe bene un gingillo, e appena ne ricevono uno in dono ve lo collocano. Ma quel gingillo da solo non è estetico: ce ne vuole uno di sopra e uno di sotto, poi uno di qua e uno di là, e si fora il muro per piantar cinque chiodi. Ma ahimè, nello stesso tempo con cinque chiodi quelle religiose tornano a fissare in terra il loro cuore.
La povertà invece impegna la divina Provvidenza ad aiutarci.
E perché con le labbra promettere al Signore una cosa ed esaltarla tanto per poi farne un'altra? Andiamo avanti secondo il santo Vangelo. Quando Pietro ebbe veduto il giovanetto andarsene, chiese a Gesù: «E a noi che abbiamo lasciato tutto, che cosa darai?». E Gesù: «Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo e possederete la vita eterna»12;
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non disse cento altre barche (essendo pescatori), ma cento volte di merito di grazia e il Paradiso.
Andiamo a Betlemme e comprenderemo meglio il significato della parola: povertà. | [94] Figuriamoci di essere a quei tempi, in quella notte beata, che fu la fortuna dell'umanità, e di udire la voce dell'angelo annunziante la nascita del Salvatore; come i pastori corriamo ad adorarlo. O povera capanna che racchiudi sì grandi tesori! Gesù, Maria e Giuseppe, le persone più sante e più care al cielo ed alla terra, in un antro, in una misera caverna, all'umidità, al buio, al freddo intenso d'una notte invernale.
Un bel pavimento? Mai più: paglia e sterco, lasciato dalle pecore ricoveratesi colà, il giorno innanzi. Riscaldamento? L'alito d'un bue e d'un asinello. E Gesù dove si trova? Nella greppia, tutta sconquassata, perché fra le stalle quella è la peggiore. Maria gli sta dappresso inginocchiata e lo ricopre con miseri pannicelli e così pure S. Giuseppe.
Osserviamo i primi adoratori del Dio nascosto. Scarpe di vernice? Tutt'altro: pastori scalzi. E la corona di quel Re dei re dov'è? Chi gliela porta? Non davvero i pastori. Essi portano al santo Bambino doni proporzionati all'umile loro condizione: un po' di latte, formaggio, ricotta.
Se ancora vogliamo andare a Nazaret, che cosa troviamo? La misera casetta che alcune di voi, andando a Loreto13, avranno veduto.
Gesù in Egitto, come viveva? D'un po' di carità e probabilmente in quel periodo non ebbe nemmeno una casa in muratura, ma una capanna formata col ricco fogliame di alcune piante del luogo, ove il Bambino avrà sofferto non meno che a Betlemme esposto ai venti | [95] ed alle intemperie. Nella sua vita pubblica poi, Gesù fu più povero che a Betlemme ed in Egitto, ove essendo nell'età dello sviluppo, avrebbe avuto bisogno delle cure maggiori. Negli ultimi tre anni il divin Maestro poteva esclamare contento: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli dell'aria il loro nido, ma il Figlio dell'uomo non sa dove posare il capo!»14. Ecco la vera povertà! Stasera se piacerà al Signore, continueremo.
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1 Lode popolare, che si trova nei libri di pietà del tempo: cf Un segreto di felicità, Propaganda mariana 1935, p. 758.

2 Cf Mt 13,44.

3 Cf Piano L., San Giuseppe Benedetto Cottolengo…, o. c.

4 Originale: Culumbia.

5 Anche se si è dovuto aspettare dopo la guerra, fu proprio l'Argentina che sostenne e favorì la presenza delle Figlie di San Paolo in altre nazioni, come Cile (1948), Perù (1960), Bolivia (1963), Uruguay (1964).

6 Cf Gv 21,21-22.

7 Originale: obbiezioni.

8 1Tm 4,16: «Vigila su te stesso».

9 Cf Mc 10,17-21.

10 S. Francesco di Sales, Trattenimenti, IV, Sulla disappropriazione.

11 Mc 10,23.

12 Cf Mt 19,27-29.

13 Città in provincia di Ancona, dove sorge il santuario che racchiude la “Santa Casa”, proveniente da Nazaret.

14 Mt 8,20.