Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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4. IN MORTE DELLA MAESTRA COSTA*

Tante volte noi parliamo della morte. È stato nostro Signore stesso a ricordarci i Novissimi e cioè quanto ci attende alla fine di questa vita: morte, giudizio, inferno e paradiso. Talora egli ci dà delle lezioni più forti togliendoci da vicino, e spesso dalla stessa famiglia, persone con cui avevamo comunione di sentimenti e di preghiere.
Così è avvenuto ora con la morte della buona maestra Costa1. Sembrava che la sua esistenza dovesse ancora prolungarsi chissà quanto; dall'aspetto si sarebbe detto che godeva ottima salute. Ma spesso, anche quando sembra così, ci inganniamo. Alcuni che sono infermicci si direbbe che debbano partire molto presto, invece non partono.
La morte viene come un ladro. I ladri, quando vengono, sanno aggiustare le cose bene in modo da arrivare proprio quando nessuno li aspetta, senza far rumore, senza suonare il campanello. Così è della morte.
Beato l'uomo che ha fatto bene la sua prova sulla terra!
È scomparsa quella buona maestra. Ella si è portata appresso tutto il bene fatto in vita. Nella sacra Scrittura si dice: «Chi troverà una donna simile a questa, così forte? Essa ha un valore superiore all'oro ed all'argento»2.
La maestra Costa può essere posta a modello di tutte le persone perché essa fu prima nel mondo studentessa esemplare. Sapeva unire la pietà allo studio. Era umile, docile, ubbidientissima, cosicché il successo dei suoi studi coronò veramente le sue fatiche.
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Lo ricordino le studentesse, poiché è raro saper mettere insieme studio, virtù e pietà, e non sono molte quelle che sanno farlo: parlo delle figlie del mondo.
Anche come sposa la nostra maestra fu un modello di pazienza, di carità, di longanimità e fu esemplare per colui che le fu compagno. Le virtù domestiche talora costano molto di più delle stesse virtù religiose.
Non ci vuole molto a vivere da neghittosi, non ci vuole molto a viver bene da soli! Quando invece si uniscono ai doveri particolari quelli familiari, allora la vita riesce più difficile, ma indubbiamente più meritoria.
In terzo luogo essa ebbe i meriti dell'apostolato. Fu maestra ottima. Ho sentito di lei lodi sopra lodi per la puntualità con cui si recava in iscuola, per la pazienza nel sopportare le leggerezze e le divagazioni degli alunni. Come li esortava ad essere timorati di Dio, come li assisteva in chiesa, come li avviava ai sacramenti! Con quale pazienza e costanza! Indubbiamente la buona maestra raccolse molti meriti nell'apostolato poiché, secondo S. Giovanni Crisostomo, coloro che educano i fanciulli sono superiori ai pittori e agli scultori3 che dipingono e scolpiscono con arte, dato che questi lavorano su tela o su pietra, mentre quelli lavorano sulle anime.
Essa sapeva adattarsi tanto bene alle bambine, in cui infondeva non soltanto le virtù da esercitarsi in classe, ma anche nella vita. Queste maestre sono le vere imitatrici del divin Maestro.
Ogni cosa essa faceva con la massima semplicità, eppure quanto è difficile unire l'umiltà al sapere! È facile dire che non si sa quando non si sa realmente, ma quando invece si hanno tante buone qualità di istruzione, di tratto ecc., è ben difficile restare umili ed affabili. Consideriamo le difficoltà accanto alle virtù e sapremo comprendere meglio i meriti di quest'anima4.
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* Testo stampato in EC, 3[1935]4. In EC il titolo è: “Meditazione tenuta dal Sig. Primo Maestro per la morte della maestra Costa”.

1 La maestra Costa Caterina, vedova Grazia, appartenente al gruppo delle Giuseppine, è morta il 23 febbraio 1935 nella casa di Alba. Per ulteriori informazioni cf UCAS, aprile 1935, p. 21.

2 Cf Pr 31,10.

3 Cf San Giovanni Crisostomo, Omelie su Matteo, Om. 59; PG 57, 579-584. Breviario, Ufficio delle Letture, dal Comune dei santi educatori.

4 In EC a questo punto è scritto: (Continua). Tuttavia la continuazione non è stata trovata.