Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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25. ATTENDE TIBI*

Stamattina raccogliamoci sulle parole dell'apostolo Paolo: «Attende tibi, et doctrinae; insta in illis. Hoc enim faciens, et teipsum salvum facies, et eos qui te audiunt»1. Noi ci fermiamo su questo pensiero che significa: Bada a te stesso, fa' l'esame di coscienza, cura la tua santificazione.
«Attende tibi»: che cosa significa; come si pratica e quale importanza ha.

1. Cosa significa? Significa curare l'anima propria. Vi sono di quelli che non la curano mai, altri un poco, altri molto.
Quelli che non la curano mai sono sempre distratti dalle cose del mondo, dai pensieri e dalle preoccupazioni della terra. Non si sono ancora alzati al mattino che hanno già la mente alle cose della terra. Si deve anche pensare alle cose materiali, ma sempre come mezzo per raggiungere il paradiso, il nostro ultimo fine; vi sono molte cose utili a cui badare, ma il necessario è salvarsi.
Vi sono delle anime che ci pensano poco, lo fanno in chiesa con sforzo o per alcuni istanti e con poco risultato. Povere anime! Delle ventiquattro ore della giornata, per badare a sé, a quel che dicono, a quel che fanno, per ricordarsi del Signore, spendono appena una mezz'ora! Anime sempre distratte!
Altre pensano molto a se stesse, perché custodiscono mente e cuore e sensi. Il cuore pensa bene, è tranquillo, è raccolto, non ha [sentimenti] dispettosi, vanità, è sempre con buoni sentimenti, ama bene? Pensano sempre così tali anime, sono come angeli custodi che sempre assistono e guidano il cuore; come l'angelo che dà la mano all'anima e la guida: adesso è occasione di pregare, dunque raccoglimento; è occasione di carità, dunque carità; è occasione di ricreazione, dunque sii lieto, ma attento; qui vi è un pericolo da fuggire, là un merito da acquistare. Custodiscono
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l'anima come la pupilla dei propri occhi, per i quali si ha ogni cura, essendo l'occhio così delicato. Queste sono le anime che curano se stesse; si può dire che non perdono mai di mira il proprio cuore, sempre attente, hanno sempre un occhio al loro cuore. Qui un pensiero buono, qui una vigilanza, un'offerta alla Madonna, qui il dovere, là una rinunzia; andando a letto, nel lavoro, per la strada, prendono ogni occasione per ricordare la meditazione, per qualche aspirazione, per evitare un pericolo, ecc. Sempre l'occhio a se stesse: «Attende tibi».

2. È importante guardare noi stessi? Sì, perché giova ciò che resta per l'eternità, il resto è una distrazione, una vanità passeggera. Ciò che serve è guardare a noi stessi. Se tu avessi curato te stessa! Cosa importa se hai guardato questo e quello, se hai fatto bella figura, di persona intelligente, accorta, anche santa, se non hai saputo farti santa? A che vale? Che rovina è questa!
Se abbiamo cura dell'anima siamo i buoni costruttori che edificano case per il paradiso, [siamo] come i negozianti diligenti che trovano da fare qui un piccolo guadagno, lì un altro, e intanto accumulano e a fine d'anno si trovano una bella somma. Queste anime sono come una diligente ricamatrice che cura ogni filo, ogni particolare, e che bel ricamo risulta alla fine!
Veramente sono negoziatrici attive2 queste anime! Vi prego di curare tanto l'anima. Se non è così, se non è per l'anima è tutto perso. Vi sono delle anime che sono attive con semplicità, si occupano del loro lavoro, imparano presto tutto perché hanno il cuore lì e non si curano mai degli altri.
Bada a te stessa! L'apostolo Paolo lo ricorda quattro volte.
Ed ora siamo capaci a scrivere quante ore della giornata pensiamo a noi stessi? Quante ore della giornata posiamo l'occhio su noi stesse e quante sugli altri e sulle altre cose? Proviamo a farlo alla Visita, per amore dell'Immacolata, proviamo a scrivere quante ore della giornata occupiamo a pensare a noi stessi. È difficile? Vi mette nei fastidi? Ma è meglio averli adesso che in punto di morte i fastidi, quando non ci sarà più tempo.
Se non vi abituate adesso, diventerete così distratte che mai più vi raccoglierete.
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Se sarete abituate a riflettere su voi stesse, non vi dissiperete più, neppure in mezzo alle distrazioni più forti. Se non vi abituate da adesso, sarà poi una preoccupazione mandarvi fuori. Quella figlia è così raccolta, così abituata all'esame di coscienza, che non sarebbe distratta in qualunque posto venisse mandata: queste sono le anime abituate a vigilare su se stesse. Tante volte sappiamo perfino ciò che è avvenuto a Calcutta e non aumentiamo i meriti della nostra anima, perché sappiamo tutto fuorché quello che riguarda noi stessi. Vedi che hai avuto una distrazione, che non hai badato al tuo dovere, che sei sempre distratta? Badiamo a noi stessi, al nostro apostolato, a ciò che riguarda la nostra anima. [Non essere come quella figlia] che era sempre distratta, nessuno la voleva vicino a tavolino perché rovesciava l'inchiostro, scarabocchiava i quaderni a tutte, aveva sempre da dire e da brontolare per questa e per quella, e alla fine dello studio non sapeva niente per sé.
Il Signore vi dia mille grazie e benedizioni. Attendiamo al nostro apostolato, ma come si fa?
Si fa bene il noviziato, perché se non si impara allora, non si impara più. Si fanno bene gli Esercizi e specialmente l'ultima parte di essi. Si fa bene nella giornata.
Quelli che lavorano nella fornace, ogni dieci minuti mettono un po' di carbone, ma come fanno a ricordarsi a tempo debito? Mettono l'orologio che richiama con il suono.
Bisogna che anche noi mettiamo un richiamo: la vista del Crocifisso, un quadro della Madonna, la mano che tocca in tasca il crocifisso, la vista del cielo che ci ricorda la patria celeste, le giaculatorie che si recitano in comune, ecc. Vi sono di quelle che si propongono in un'ora di ricordarsi tante volte del Signore, la chiesa vicina ricorda loro Gesù sacramentato, tutto è un richiamo. Abbiamo tanti mezzi e grazie a cui corrispondere, serviamocene bene.
Altre anime sembrano fatte apposta per mettersi in vista e pensare sempre agli altri, ma: «Attende tibi!».
«Ma, obietta il Padre Segneri, allora bisogna star sempre raccolti, sempre vigilanti su se stessi?». Sì, e non vi siete fatte suore per non aver più le distrazioni del mondo? Allora: «Attende tibi!». Se S. Paolo lo dice quattro volte a Timoteo, sacerdote anziano, se lo dice Gesù, se lo dice S. Bernardo al Papa: «Attende tibi, et
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doctrinae»3, vuol dire che prima di tutto dobbiamo badare a noi stessi.
Vedete dunque stasera, quante ore pensate a Gesù e come appena tornate a casa raccontate ciò che avete visto, ciò che vi hanno detto; raccontate a Gesù cosa avete visto nel vostro cuore, cosa avete trovato.
Che l'Immacolata ci illumini perché pensando a noi stessi si bada di più ai doveri, all'ufficio che è la volontà di Dio per noi.
Badiamo proprio all'anima nostra? La veste spirituale dell'anima nostra è già bella? L'andiamo adornando di fini ricami e di pietre preziose?
[Facciamo] un po' di esame di coscienza per vedere se pensiamo all'anima nostra: De profundis4. Passiamo una giornata per vedere se pensiamo proprio a noi stessi. Consegniamo l'anima nostra al Signore, perché stia unita a lui, sempre nelle sue mani: così fece Gesù prima di morire, e teniamola sempre lì.
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* Meditazione, in dattiloscritto, fogli 2 (21x31), tenuta ad Alba il 30.11.1931, dal Primo Maestro. L'originale porta come titolo: “Meditazione del Primo Maestro”.

1 Cf 1Tm 4,16: «Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano».

2 Originale. curose

3 S. Bernardo nel suo scritto De consideratione si rivolge al discepolo diventato papa Eugenio III (? -1153), beato.

4 Cf Sal 130,1: «Dal profondo».