Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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28. UMILTÀ VIRTÙ FAMILIARE*

S. Giovenale, vescovo di Saluzzo1, al principio della sua vita aveva intrapreso2 la carriera del medico e riusciva bene, curava tutti con carità ed amore ed era cercato da tutti. Egli però pensava solo alla sua carriera e nient'altro.
Una mattina, entrato per caso in una chiesa, sentì cantar Messa da morto e i cantori intonavano precisamente il versetto del Dies irae che dice: Quid sum miser tunc dicturus? Quem patronum rogaturus, cum vix justus sit securus?3: Quando giungerò al giudizio e vedrò l'inferno aperto sotto i piedi, i demoni che vorranno tirarmi ad esso, mentre gli angeli vorranno difendermi, a chi ricorrerò se non avrò dei meriti miei? Non a Gesù, che in quel momento sarà giudice inesorabile, non ai santi ché ciascuno si terrà per sé i meriti fatti; chi mi aiuterà se non vi ho pensato io?
Il medico abbassò la testa in meditazione profonda e prese una forte risoluzione, lasciò la sua carriera, si fece religioso, condusse vita ferventissima e penitente e fu fatto vescovo.
S. Francesco di Sales, incontratolo già vescovo, fu così ammirato e compreso della santità di quell'anima che lo salutò dicendo: «Tu vere sal et lux: Tu sei veramente luce e sale del mondo!»4.
Quanto fa pensare il ricordo del giudizio di Dio! Guardate, bisogna che ci facciamo tanti meriti prima di quel giorno, e se vogliamo trovarci ricchi, non pensiamo a grandi cose, ma a cose piccole, ai doveri quotidiani, familiari. Profittiamo del tempo
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presente per farci ricchi di meriti, non tramandiamo, o il tempo passa e ci accusa: Potevi, ora non puoi più. In punto di morte vorremmo ancora allungare il tempo, avere ancora un giorno almeno, ma non potremo. Ora, avessimo anche un giorno solo davanti a noi, possiamo farci ricchi perché, chissà quanti meriti possiamo aver accumulato prima di stasera! Anche in questo momento, mentre io predico per amor di Dio e per far sante le vostre anime e voi ascoltate con attenzione, e durante il giorno, con la delicatezza nel camminare per non far sentire troppo le scarpe, con la voce moderata, con le piccole attenzioni, quanti meriti possiamo farci! Dobbiamo farci ricchi santificando la giornata con le piccole virtù familiari.
Ieri abbiamo visto l'umiltà con i superiori e con gli uguali, oggi vedremo l'umiltà con gli inferiori.
L'anima santa non stima nessuno inferiore, perché in ogni anima vede la figura di Dio come la vede in ogni immagine. Rispetta e stima ogni anima, perché Dio ha detto: «Facciamo l'uomo ad immagine e somiglianza nostra»5. Ogni immagine, anche se meno bella o sciupata, la rispettiamo perché figura di Dio; il Crocifisso lo rispettiamo, ma chi è di più: la nostra anima o un crocifisso di legno o di metallo? La nostra anima che è immagine vivente di Dio. State davanti ad una sorella come davanti a un'immagine della Madonna o della santissima Trinità, con lo stesso rispetto.
Ma è più piccola! Ebbene, può essere più innocente di te, e poi Dio, di cui è figura, è più grande di tutti. Il beato Cottolengo stava davanti agli ammalati sempre con la berretta in mano, perché in essi vedeva Dio. Veramente il prossimo, per l'anima santa, è la figura di Dio. L'anima santa non ha inferiori.
È più giovane, è meno istruita, è più povera di me, ecc. È più giovane: e tu hai adoperato gli anni che hai in più per farti più santa, o per far più peccati? Bada che può essere assai più innocente di te. È meno istruita: e tu con maggior istruzione hai servito meglio il Signore? È più povera: e Gesù che non aveva una pietra su cui posare il capo, e trovò posto in una capanna dove gli animali si ricoveravano per il maltempo? È più povero chi ha meno meriti ed è più ricco chi ne ha di più.
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L'anima santa non ha inferiori, è come Gesù che ha dimostrato la sua predilezione per i piccoli. Passavano per le piazze i farisei superbi ed alteri e Gesù vedendoli diceva loro quasi piangendo: «Guai a voi, sapeste a quali castighi andate incontro!»6. E stringeva e accarezzava i piccoli che lo attorniavano, sebbene respinti dagli Apostoli, che gli pestavano i piedi, gli tiravano la barba, gli tiravano la veste, e Gesù lasciava fare e dava ad essi ogni benedizione dicendo: «Di questi è il regno dei cieli!»7. E li abbracciava, cosa che non aveva mai fatto con altri.
L'anima umile gode le predilezioni di Gesù. Guarda dunque, che quell'anima può essere tanto cara a Dio, quell'anima piccola può essere assai più cara di te, altera.
Oh, quanto si sente confusa8 l'anima umile vedendo i poveri contadini che servono il Signore in tanta semplicità! Ella pensa: Forse queste anime sono più care al Signore di quanto non lo sia io! Quell'anima può essere più cara al Signore di te che hai più anni, che hai già fatto qualche passo avanti nella virtù, ma che dovresti essere tanto migliore!9.
Chi può dire: io sono superiore, quello è inferiore? Anche con la ragione o con la filosofia, nessuno può dirlo, perché nessuno sa come si trova davanti a Dio. Quante volte siamo in pena per questo! È da pazzi il pensare di essere superiori agli altri, perché noi non conosciamo l'interno delle anime e neppure noi stessi.
S. Paolo dice: «Ora non ricordo nulla, ma chissà al giudizio di Dio...»10. E se S. Paolo ragiona così, chissà noi [come ci troveremo] al giudizio! Quante cose nascoste verranno fuori, sporcizie buttate là in un angolo nascosto perché neppure l'aria le veda, tutto sarà svelato, anche cose a cui non pensiamo neppure lontanamente.
È frutto di verginità il pensare come la Chiesa: Non è grande chi si stima, ma chi è considerato tale da Dio! L'anima che coltiva le virtù familiari, non crede nessuno inferiore a sé, capisce che può avere degli inferiori per gli anni, per l'ufficio, ma davanti
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al Signore pensa alla sua responsabilità, alla sua poca corrispondenza e si umilia riconoscendosi sempre inferiore a tutti. Tante volte si pensa così: Ho quindici, venti, trent'anni, oh, se fossi morta un giorno dopo il Battesimo, sarei stata sicura del paradiso! Ma ora, chi può essere sicuro? Quanti peccati, quante incorrispondenze alla grazia, quante mancanze ai doveri, quanti motivi per umiliarci!
Facciamo un po' d'esame di coscienza: Abbiamo avuto qualche volta un pensiero di disprezzo al vedere un povero, seduto su un paracarro, che aspettava l'elemosina, davanti a un cieco, a uno storpio, a un povero steso in un misero lettuccio, coperto di piaghe? Siamo passati davanti [a loro], gonfi, ritenendoci persone degne di rispetto e di ogni riguardo? Il Signore sa come siamo. Oh, il giorno del giudizio, altro che degni di riguardo! Degni di stare sotto i piedi dei demoni, nel fondo dell'inferno. Degni specialmente di rispetto? Ma quelle distrazioni volontarie, quei pensieri storti acconsentiti in chiesa, là proprio davanti11 a Gesù... Dite un Atto di dolore. Fate ora il proposito e dite un'Ave Maria, perché la santa Madonna ci ottenga misericordia dal Figlio suo, il Salvatore Gesù e ci dia l'umiltà con gli inferiori.

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* Meditazione, in dattiloscritto, carta normale, fogli 2 (21x30), tenuta ad Alba il 10.12.1931, dal Primo Maestro. L'originale ha come titolo: «Virtù famigliari: l'umiltà con gli inferiori».

1 Giovenale Giovanni di Ancina, beato ( + 1604), piemontese, sacerdote dell'Oratorio.

2 Originale: si era messo a fare.

3 «Che dirò allora misero qual sono? A qual difensore ricorrerò, se appena il giusto può sperare nel perdono?». Dalla Sequenza Giorno d'ira attribuita a Tommaso da Celano, propria della Messa dei Defunti.

4 Allusione alle due parole latine sal e lux che unite formano quasi Saluzzo, nome della città di cui Giovenale era vescovo.

5 Cf Gen 1,26.

6 Cf Mt 23,13.

7 Cf Mt 19,14.

8 Originale: Quante confusioni fa in sé…

9 Originale: più avanti.

10 Cf 1Cor 4,3-4.

11 Originale: sulla faccia.