Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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23. GESÙ A NAZARET ESEMPIO DI VITA COMUNE *

Stamattina faccio la meditazione sulla vita comune; recitiamo un Pater al divino Maestro per poter intendere sempre meglio la preziosità della vita comune.
Pochi sono quelli che onorano Gesù Cristo nella sua vita comune dai diciotto-venti ai trent'anni, ed è proprio lì che ha dato gli esempi più belli della vita religiosa, della vita comune.
Gesù è stato il primo frate, il più amante devoto della vita religiosa e ne ha segnato la via. Però ha sempre fatto l'esercizio della vita comune, e anche prima ne ha esercitato tutte le virtù in modo perfetto. A noi sembra normale che un bambino debba attenersi alla vita di famiglia, ma dai dodici ai trent'anni la sua vita diventa proprio esemplare.
La vita religiosa è per la santificazione mediante i tre voti e la vita comune. È scegliersi un mestiere, una professione: la professione di farsi santi. Non dite: Io sono legatrice, sarta, ecc. La religiosa sceglie il mestiere, cioè la professione di farsi santa: né sarta, né cuoca, né maestra, ma la santificazione più alta. Tutti sono tenuti alla santificazione mediante l'osservanza dei comandamenti. Anche voi, chiamate a una vocazione più alta, è segno che avete dato prova di aver osservato fin da bambine i comandamenti, fino a quando siete venute in Casa, da lì è incominciata la scelta del mestiere di farsi santi. Ora bisogna darne prova fino alla professione, ma non per dire: Sto buona fino alla professione, ora che sono novizia, ma poi comando io. Il noviziato è la preparazione immediata alla professione, il probandato è la preparazione remota, ma fatta la professione incomincia il vero lavoro. Chi studia da maestra non dice: Sarò maestra fin che studio, poi preso il diploma lascio tutto. È dopo il diploma che incomincia l'esercizio della professione.
Non state a dire: Ma dopo... [Dopo] sempre più tentazioni, uffici più difficili, croci più grosse, ecc. Ma hai preso quel mestiere, è il tuo mestiere.
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Gesù ha scelto il suo mestiere a dodici anni, quando andò con i genitori al tempio dove i fanciulli, giunti a quell'età, dichiaravano il mestiere che intendevano prendere. Il sacerdote li rivestiva della divisa propria del mestiere, come la suora prende la divisa propria della congregazione scelta, benediceva i giovanetti, le loro aspirazioni e consegnava loro gli arnesi del mestiere scelto, come a voi si consegna la corona, ecc.
Gesù si presentò e dichiarò, come uomo, che avrebbe preso il mestiere di falegname. Gli furono consegnati gli arnesi e nessuno gli chiese che mestiere avrebbe scelto come Dio, perché non sapevano con chi trattavano. Ma Gesù fece la sua scelta1: lasciò partire Maria e Giuseppe, si appressò alla cattedra dove disputavano i dottori della Legge e si mise dapprima a interrogarli, poi a rispondere e a spiegare, parlando del Messia che egli conosceva bene, in modo da far stupire tutti per la [sua] profondità nella conoscenza della Legge.
Ecco scelto il mestiere come Dio! Ma egli ne scelse uno più intimo, quello della sua santificazione e da allora «proficiebat sapientia et aetate et gratia et erat subditus illis: E da allora progrediva ogni giorno in età, sapienza e grazia»2. La sua vita fu perfetta ubbidienza, delicatissima purezza, povertà più austera e, proprio in quell'età in cui molti dicono: «Ho vent'anni, faccio da me», egli ha impiegato quei diciotto anni a vivere la vita religiosa. Obbediva a S. Giuseppe anche se dava ordini sbagliati3. Peccati non ne faceva, ma sbagli materiali a cui tutti sono soggetti [sì], e Gesù sapeva che erano sbagli, tuttavia per praticare l'esercizio assoluto dell'obbedienza, obbediva. Praticò la delicatezza più santa. Il pericolo, per la gioventù, è dai dodici, diciotto fino ai trent'anni; egli ci dà l'esempio della vita ritirata. Oh, che vita santa!
Egli ci ha dato l'esempio della povertà. I giovani, quando incominciano a guadagnare qualche cosa, ci tengono molto ad ornarsi e ad ornare la casa; Gesù non cambiò la sua scodella, né il cucchiaio di legno, né il lettuccio, non mutò l'abito tessuto dalla Madonna che portò sempre finché se lo presero i soldati.
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Non cambiò niente, né per la vita pubblica, né per la vita privata. Dei suoi guadagni spendeva ciò che bisognava al mantenimento della famiglia, ciò che occorreva a S. Giuseppe, ormai inabile al lavoro, e il sopravanzo lo consegnava alla Madonna che lo spendeva per comprare il latte ai bambini poveri, dare aiuto ai vecchi e ai bisognosi.
Come è bella la devozione alla vita privata di Gesù! La vostra anima si rivolga spesso a Gesù Salvatore in quell'età, prendendolo ad esempio, sebbene sia più facile considerarlo crocifisso, nelle sue virtù eroiche. Ma in croce è rimasto tre ore, la sua passione è durata solo qualche ora, mentre la vita privata, durata per trent'anni, è il vero modello della [vita] religiosa.
Come è bello vedere un quadro che rappresenta la Madonna che insegna a leggere le Scritture a Gesù, e vedere il giovinetto docile e attento!
La vita religiosa non è andare a fare la signora madre, né una vita [solo] di preghiera, né di un lavoro o di un altro, è il mestiere di farsi santi, una vita di continuo progresso.
Non c'è nessuno al mondo che possa fare questo peccato speciale, che nessuno dei preti secolari, nessun cristiano può fare. È un peccato grave non attendere alla propria santificazione, ed è proprio dei religiosi, perché essi scelgono il mestiere della personale santificazione.
Gesù dice all'anima che deve entrare in probandato o in noviziato: «Si vis!: Se vuoi essere perfetta»4. E l'anima deve dire di sì se lo vuole ma, una volta scelto, deve fare quel mestiere. Non conta la vestizione, l'ufficio, sono cose accessorie queste: l'anima deve considerarlo bene prima di entrare in probandato o in noviziato, e mettersi di buona volontà perché poi verranno i voti, prima annuali e poi perpetui che obbligano sotto pena di peccato mortale.
La vita religiosa è lì: mestiere di farsi santi, osservando i consigli evangelici e le Regole. Queste cose sono il midollo della vita religiosa, l'essenza, il mestiere che si sceglie, la professione che si elegge, tutto il resto è accessorio, conseguenza.
Il divino Maestro, nostro divino modello, ci ispiri, ci illumini, ci conforti, affinché l'anima nostra sia santa.
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Non dite più: Ma costa, è difficile... Basta, si è scelto un mestiere, bisogna farlo. Se considerate, ognuno si lamenta del proprio lavoro: il contadino per i lavori di campagna, l'artigiano per il suo mestiere faticoso, un anno va male, un altro non sono contenti, sempre così.
Verrà anche per la religiosa il giorno in cui si sentirà stanca, sentirà disgusto del mestiere scelto, ma è proprio allora che ha bisogno di pregare di più e con l'aiuto della divina grazia riporterà la più bella vittoria. È tempo di meriti quello! Beate voi se avrete seguito più da vicino Gesù!
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* Meditazione, in dattiloscritto, fogli 2 (21x31), tenuta ad Alba il 23.11.1931, dal Primo Maestro. Nell'originale il titolo è: “La vita comune”.

1 Originale: se lo prese lo stesso.

2 Cf Lc 2,52.

3 Originale: negli sbagli.

4 Cf Mt 19,21.