Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XII. IL SIGNORE CHE PASSA (1)
La vita religiosa è una grandissima grazia che il Signore concede come segno di particolare amore alle anime che sono chiamate. Una vita allora che si può riempire di meriti. Ma anche questa vita va desiderata sotto un altro aspetto e cioè: la sicurezza che morendo in congregazione si ha il beneficio di suffragi abbondanti, suffragi offerti da fratelli e da sorelle che anch'esse amano il Signore. E i loro suffragi riescono più facilmente graditi al Signore. Perciò già avete certamente incominciato i suffragi alla vostra sorella defunta (a).
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E bisogna anche aggiungere che il letto <del> di un morente è sempre una cattedra che insegna: Lectulus morientis, cathedra docentis. Il letto di un morente ci insegna tante cose. Non solamente perché si tratterà forse di persona cara, ma si tratterà di fare noi medesimi un esame di coscienza: «Oggi a te, domani a me». E spontaneamente viene la domanda: ed io sono preparato per presentarmi al Signore? Ecco.
La vita religiosa è una grande grazia.
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Nel Vangelo di questa mattina si parlava - e come avete letto certamente - di Gesù che, arrivando a Gerusalemme e dando così un po' dall'alto uno sguardo alla città, pianse amaramente sulla città e uscì in quell'espressione: «Oh, se tu avessi conosciuta la grazia», avessi conosciuto che cosa significa la visita di Dio. E difatti Gesù stava per entrare nella città e già altre volte era entrato.
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Egli portava la luce, portava la grazia. Portava la sua dottrina, veniva a redimere il mondo. E come venne accolto? Gesù piangeva perché il popolo si ostinava. Anzi vi erano i capi del popolo che volevano disfarsi di lui e quindi cercavano ogni pretesto per farlo condannare e farlo morire, fin che vi sono riusciti. Ecco.
Così avviene tante volte di un sacerdote zelante e quanto più è zelante, alle volte, tanto più è contraddetto. Sì.
E Gesù entrò nella città e cacciò i profanatori del tempio. Quindi successivamente, quotidie stava predicando al popolo.
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La grazia. La grazia offerta, la grazia della salvezza. Sì. La grazia del Signore si può dire che vi è sempre in grado sufficiente. Tuttavia vi sono momenti in cui la grazia del Signore è più abbondante, come sono ad esempio i giorni degli esercizi, così in tempi della vita quando vi è qualche circostanza straordinaria, quando si è ricevuta la prima chiamata per mezzo della vocazione. Chi corrisponde e chi non corrisponde.
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E vi sono anche momenti della giornata che sono più importanti, che sono più pieni di grazia: il momento della messa, in particolare il momento della comunione, della visita al santissimo Sacramento, della meditazione: sono i momenti importanti della giornata. Chi corrisponde e chi non corrisponde.
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Coloro che corrisposero, coloro del popolo ebreo, coloro degli abitanti di Gerusalemme che corrisposero, ecco, divennero figli di Dio, quindi eredi del paradiso.
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Ma quelli che non corrisposero? Non tardò molto a cadere sopra di essi il castigo di Dio.
Perché non rimase pietra su pietra a Gerusalemme: il tempio distrutto, distrutta tutta la città, gli abitanti venduti come schiavi e poi la dispersione degli ebrei ostinati per tutto il mondo. E non ebbero più una nazione, ecco, più un tempio unico.
Oh! E sono ancora essi dispersi e ostinati.
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La grazia del Signore. La corrispondenza alla grazia del Signore. La grazia è certamente un gran dono. Ma ci vuole un secondo dono che abbiam da chiedere al Signore: la corrispondenza alla grazia.
Molti son chiamati, ma quanti rispondono alla grazia di Dio? Ecco il gran problema!
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Ciascedun'anima poi, se riflette, dovrà pensare alle grazie che in particolare ha ricevuto: grazie interiori di luce e di ispirazioni, inviti del Signore a maggior santità; anche certi richiami un po' forti: smettila con quel difetto, cambia il modo di fare, sii più prudente nel trattare, lascia quella cosa o quella persona che disturba il tuo cuore a cui sei troppo legato. Inviti della grazia del Signore!
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Poi ci sono gli inviti che vengono dai libri: le letture spirituali particolarmente la Bibbia, la lettura delle costituzioni e la lettura degli altri libri che son destinati alla meditazione o alla lettura spirituale.
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Grazie che vengono dall'esterno: le costituzioni son la grazia grande perché segna la via della santificazione, sì. Tutti, particolarmente nel corso degli esercizi, sentiamo la chiamata alla santità, la chiamata alla salvezza. Ma la via in particolare, per la religiosa, è quella delle costituzioni. L'osservanza esatta delle costituzioni è una via facile, una via sicura, ed una via che è accompagnata da molte altre benedizioni, da molte consolazioni.
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Cercare dei modi di santificarsi e non prender le costituzioni vuol dire aver la strada e cercarne un'altra: avere una strada bella, larga, asfaltata, piana, e andare a cercare dei viottoli a destra o a sinistra. Mezzi.
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Anche nelle confessioni il proposito deve sempre rivolgersi in qualche maniera alle costituzioni, non sempre direttamente, ma almeno indirettamente sì. Il che vuol dire: intendo di camminare sulla strada della perfezione.
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Poi ci sono le grazie che provengono dall'istituto.
L'istituto assiste
guida le persone.
L'istituto guida, incoraggia,
sostiene le persone nell'apostolato.
L'istituto assiste, istruisce,
incoraggia per la santificazione.
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Gli avvisi che ci vengono dal confessore, le prediche che vengono fatte, le conferenze varie, poi i richiami, gli avvertimenti, i buoni esempi che ci son nell'istituto, tutto è un complesso di grazie! Chi potrebbe avere adesso e pensare a un maggior numero di grazie? Sì.
Circondati dalla grazia di Dio, quasi perseguitati dagli inviti di Dio a incoraggiarci, a richiamarci! Corrispondere alla grazia.
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Ma quando si trascurano <le> gli inviti, quando si trascurano le grazie, a poco a poco la grazia di Dio si restringe. Sempre vi è la grazia sufficiente, ma <s> chi abitualmente non corrisponde non avrà poi tutta quell'abbondanza che prima aveva. D'altra parte chi corrisponde, ogni giorno si sente più portato e ogni giorno sentirà più facile la via della santificazione. E il Signore aggiungerà grazia a grazia.
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Corrispondenza alla grazia. Viene la morte, non c'è più tempo. <Il> La vita è una grande grazia: abbiamo veduto! Sì. E' un grande dono nel quale ci stan tutte le grazie. Ma se ogni giorno possiamo riempir la giornata dei meriti, venit /tempus/ (a) quando nemo potest /operare/ (b) [Gv 9,4], viene la morte quando più nessuno può guadagnare. Non potrà più perdere, ma non potrà anche più guadagnare.
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Allora il letto di una morente è una cattedra, è un pulpito che insegna, che ci richiama, che ci conferma nella via buona. Ecco: oggi a te, domani a me. E se il morente ha fatto una vita buona, una vita santa, il suo passaggio è sereno. Sì. E la vergine che ha amato Gesù, eh, finalmente s'incontra con lui per amarlo di un amore più alto, [di] un amore eterno.
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Ma se noi perdessimo le occasioni di arricchire la nostra anima di meriti, se noi lasciassimo passare inutilmente le grazie: responsabilità allora! Timeo Dominum transeuntem, temo il Signore che passi: ciascheduno desidera che passi! Ma qui vuol dire: che passi e che noi non ne approfittiamo. Come Gesù <è passa> è passato per le vie di Gerusalemme: quanta strada ha fatto per le vie della Palestina! E il numero di coloro che han corrisposto non è stato grande.
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Si può vivere assieme, possono vivere assieme due persone: e una con /le/ (a) stesse grazie dell'altra può camminare nella vita della santità e perfezionarsi e santificarsi, e l'altra può essere portata in una via di tiepidezza. Eppure si sta nella medesima casa, si ha il medesimo orario, si mangia alla stessa tavola, si hanno i medesimi esercizi di pietà. Tuttavia quale diversità tra chi è premuroso e chi invece è trascurato!
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La morte è la conclusione della vita. Sì. Ora abbiamo il tempo, ma il tempo, eh, finisce. La conclusione della vita: si raccoglie allora tutto il bene che si è fatto: Opera enim illorum sequuntur illos, le opere <dei> di chi passa all'eternità, le opere lo seguono. Sono opere sante? Lo seguono al premio. Sono tante le opere fatte, le opere buone? Lo seguono per un premio grande. Sono opere invece cattive? Eh, il ricordo, anzi i ricordi di queste opere saranno come tanti serpenti che morderanno, sì: Vermis eorum non /moritur/ (a) [Is. 66,24], il loro verme del rimorso non muore; punge l'anima, sì, sul letto di morte.
283
Oh, allora distinguere bene tra le vergini prudenti e le vergini stolte. Vergini tutte sì, ma tra le stesse vergini ci sono due categorie. La categoria delle vergini prudenti: Estote [ergo] prudentes sicut serpentes [Mt 10,16], cioè quelle che prevedono e che dispongono i mezzi e che fissano in mente una meta. Per esempio si fissano la meta della santità e poi ogni giorno vi ritornano sopra e vi ritornano più volte al giorno: meditazione, comunione, visita, rosari ecc.
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Quid hoc ad aeternitatem? Quello che sto facendo adesso, come mi gioverà in futuro? Se è buono quel che sto facendo, ecco: quid hoc ad aeternitatem? Al premio! Ma se quel che dico adesso: il mio discorso, i miei pensieri, le mie azioni non fossero sante ? per l'eternità ? come ci troveremmo?
285
Rispondere alla grazia perché la morte chiude il tempo. Chi tramanda fa un grande errore. Quello che puoi fare oggi, non tramandarlo a domani!
286
Se si tratta di una buona confessione da farsi, non dire: un'altra volta, in altra occasione. Oggi! «Se oggi senti la voce di Dio non fare il sordo» [cf. Sal 94,8], dice il salmo; non fare il sordo. Arrendersi! Quello che possiamo fare oggi non tramandarlo a domani. Oggi posso farmi dei meriti, perché ho ricevuto un dispiacere: utilizzarlo per la vita eterna. Oggi ho sentito un'ispirazione da Dio: oggi voglio farne profitto.
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Non tramandar alla sera quel che possiamo far al mattino di bene. Non trascurar le occasioni che il Signore ci manda. Quando vediam dei buoni esempi, prenderli; quando vediam degli esempi non buoni, una giaculatoria <a chi dà esempi meno buoni> per chi dà esempi meno buoni, ma poi non /prenderli/ (a). E chi si trova in un ufficio, in una casa dove le cose vanno bene e tutto sembra che sia a nostro favore e che piaccia; altre volte è il contrario. Ma chi è saggio: le vergini prudenti utilizzano e quel che va bene e quel che non va bene, e ciò che piace e ciò che dispiace. In ogni occasione raccolgono il massimo dei meriti. Sì.
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Approfittare delle occasioni: viene il tempo in cui nulla più si potrà fare. Perché? Eh, perché la grazia del Signore ha un limite. Ha un limite! Chi arriva a venti anni e chi arriva a quaranta. E nessuno sa cosa sarà per lui del domani. E chi è invitato alla santità, non tardi!
289
Quale impressione che ha lasciata con la sua ultima malattia e penso anche con la sua vita antecedente la suora che è defunta ieri (a) sera! Certamente che il suo letto fu un pulpito che predicava: gli esempi di pazienza, il fervore della pietà, l'abbandono in Dio, le sante sue parole. Tanto, che il sacerdote diceva: «Ah, non c'è fatica [ad] andare a trovare quella suora. Si va volentieri perché si hanno dei buoni esempi». Ecco. E poi, trovare un'anima che è fervorosa, che è abbandonata in Dio.
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Questa espressione: «Il Signore adesso mi chiama alla vita e gli son riconoscente perché ha preferito me a tante sorelle. Posso offrir la mia vita, adesso con piena cognizione» (e voleva dire anche con le sofferenze), sì. Ha preferito e riteneva il suo male, le sue sofferenze e la vicina morte come una preferenza di Dio, una grazia speciale.
291
Il parlare dell'incontro con Maria, il parlare dell'incontro con Gesù buon Pastore, con i santi apostoli Pietro e Paolo, con le sorelle che han preceduto /nell'eternità/ (a). Pensare che al di là si farà di più per l'apostolato di quel che si è fatto sulla terra, pure sacrificandosi, di là. Suscitar vocazioni all'istituto. L'istituto che si purifichi sempre di più dalle imperfezioni e cammini sempre più santamente nella sua via. E ogni suora nel suo apostolato sia accompagnata da una maggior abbondanza di grazia. Tutti pensieri edificanti. Edificanti!
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Vigilare però anche su questo: sulla salute delle suore. E quando le suore sono inferme, averne la cura - che già l'istituto le fa in abbondanza -. Tuttavia voglio dire: pensare per tempo alla confessione, l'ultima confessione; pensare per tempo al viatico, l'ultima comunione, l'ultimo incontro con Gesù; pensare per tempo all'estrema unzione, ricevuta in piena conoscenza. <Per> Queste grazie chiediamole sempre!
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Che l'ultima confessione valga a ottenere un perdono generale di tutta la vita scorsa, di qualunque occasione di bene che non si è utilizzata, anche delle incorrispondenze alla grazia. Una confessione, che non è necessario <che> per lo più che sia generale, ma una confessione che estenda il pentimento a tutte le imperfezioni e peccati della vita passata. Che possiamo fare una bella confessione!
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Ma chi è che farà bene /la/ (a) confessione in morte? Chi le fa bene in vita. Sì. E chi fa bene l'esame di coscienza, e chi vigila su se stesso, e cioè chi è sempre attento a quel che pensa, a quel che dice, a quel che fa, a quel che desidera. Sì!
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Secondo: domandare la grazia del viatico ben ricevuto. E d'altra parte tutte le persone dell'istituto sono impegnate a procurare che l'inferma possa essere assistita, aiutata il meglio. Per quanto è possibile, avvertire anche: il male è grave, perché <non si> non si perda la grazia più grande, che è l'accettazione della morte. Se s'illude il malato, non potrà fare l'accettazione piena della sua morte. Eppure la prima grazia è di morire nell'amor di Dio. La seconda <è la vocazio> è la professione religiosa. La professione religiosa è una grande grazia che è superata solo dalla santa morte, grazia conclusiva di tutte le grazie.
Quindi ricever bene le comunioni per avere la grazia di ricever bene il santo viatico.
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Poi: ricever l'estrema unzione e consigliarla per tempo. Ricevere l'estrema unzione. Voi potete anche consigliarla non solo nell'interno dell'istituto, ma quante volte nelle parrocchie, allorché si ha notizia di infermi. Hanno paura, sì! Ma la paura in quel tempo dovrebbe essere unica, cioè di non presentarsi al Signore abbastanza purificati. Quindi: purificazione completa.
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Purificazione finale: /dagli/ (a) sguardi non del tutto santi o letture non tutte sante, quando si ungono gli occhi; /dalle/ (b) parole udite, dai discorsi ascoltati non del /tutto/ (c) santi: l'unione agli orecchi. Che ci purifichi dai discorsi e dalle soddisfazioni di gola: l'unzione sulle labbra.
E ci purifichi anche dalla tendenza a cose che soddisfino, anche /dalla/ (d) soddisfazione dello stesso odorato.
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Quanto poi si arriva all'unzione delle mani: che abbiano solo fatto del bene, queste mani, lavorando in quello che è l'apostolato.
E l'unzione dei piedi: che i nostri passi siano sempre stati verso il bene, verso la santità, verso quello che è nostro dovere, e non passi falsi. E così: che tutto il tatto sia santificato, tutta la *** (a).
299
Ecco. Allora abbiamo cura dei malati e pensiamo noi stessi, quando siamo infermi, a pregare che ci parlino con sincerità che ci dican la verità, affinché siamo ben preparati e facciamo l'atto supremo.
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Non lasciare morire le sorelle senza che sappiano il gran passo che stan per fare e quindi il sacrificio. Ecco, diceva il canonico Chiesa (a) - è stata pubblicata la vita e fate bene a leggerla, sì - diceva là, all'estremo della sua vita: «Ecco, ho lavorato <per la> per i miei parrocchiani quanto ho potuto; adesso non ho più forze, ma mi resta la vita. Io son pastore; il buon pastore dà la vita; io la offro per le mie pecorelle».
301
Le pastorelle faranno così? Quante pecorelle incontrerete nella vostra vita passando da parrocchia a parrocchia! Ecco. E verrà il giorno in cui non avrete più le forze, eh! Allora l'offerta della nostra vita per le anime <che> con cui abbiam trattato e che portiamo ancora nel cuore. L'offerta della nostra vita in unione con l'offerta che Gesù ha fatto della sua vita là sul calvario per tutta la umanità. Sì.
302
E poi aver cura della sepoltura. Anche i cimiteri dovrebbero esser un po' guardati. Sì. Particolarmente i funerali della suora devono essere modesti conforme al voto di povertà, e così il sepolcro modesto. Però che ci sia abbondanza di suffragi, sì; che, quando è possibile, si visiti anche il cimitero, quando vi son circostanze adatte, sì, perché la visita al camposanto vale molte meditazioni. Sembra che da ogni tomba esca una voce: oggi a me, ma domani a te. Le anime che son già al di là ci attendono.
303
Camminiamo <sulla via, vita> sulla via buona. Rispondiamo alla grazia, a tutte le grazie che il Signore ci ha concesso.

Ariccia (Roma)
23 luglio 1961

304

264 (a) Suor Speranza Elisabetta Franchi sgbp - Cfr. n. 225 (a) - deceduta nella clinica Regina Apostolorum (Albano) il 22-7-1961, per tumore.

279 (a) V: nosc.
(b) V: operari.

282 (a) R: la.

283 (a) V: morietur.

288 (a) R: prendere.

290 (a) Suor Speranza Elisabetta Franchi. Cf. n. 225 (a).

292 (a) R: nel eternità.

295 (a) R: le.

298 (a) R: da gli.
(b) R: da le.
(c) R: tutti.
(d) R: da la.

299 (a) R: parola incomprensibile. Supposizione: vita o persona.

301 (a) Il sacerdote Francesco Chiesa nacque a Montà (Cuneo) il 2-4-1874. Entrato nel seminario vescovile di Alba, fece la vestizione clericale il 17-11-1889, fu ordinato sacerdote il giorno 11-10-1896. Laureatosi in filosofia a Roma, in teologia a Genova e in diritto a Torino, venne impiegato nell'insegnamento in Seminario e poi presso la Pia Società di San Paolo. Diresse spiritualmente il giovane Giacomo Alberione e lo assistette con il suo sapiente consiglio.
Fu canonico e parroco fin dal 1913. La sua parrocchia fu quella dei santi Cosma e Damiano in Alba. Morì in Alba il 14-6-1946. Monsignor Carlo Stoppa, vescovo di Alba, aprí ufficialmente il processo informativo sulla fama di santità di questo sacerdote e parroco che, dal 4-2-1959, gode del titolo di Servo di Dio.