Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IV.
ORIGINE DIVINA DELLO STATO RELIGIOSO

La Coroncina a San Paolo ha cinque parti: nella prima parte si chiede al Signore la grazia di rimanere fermi nella lotta spirituale, e combattere e vincere il difetto predominante, e si potrebbe, con altre parole, chiamare la parte che riguarda il combattimento interiore, l'esame di coscienza che forma il centro della cellula, quasi il nucleo della cellula della vita religiosa.
Di qui vi fate un'idea che cosa deve essere l'esame di coscienza nella vita spirituale.
La Coroncina a San Paolo inoltre ha altre tre parti che riguardano i tre voti:
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castità, obbedienza, povertà sull'esempio del nostro Padre S; Paolo, e infine viene l'ultima parte che si riferisce all'apostolato e allo zelo per le anime.
Ora veniamo a parlare dell'istituzione dello Stato Religioso. Niente di nuovo vi dico; ma negli Esercizi si hanno più grazie, si può meglio approfondire ed allargare... e poi è così bello dire: noi veniamo da Gesù Cristo! Noi siamo i suoi amici che abbiamo sentito le sue voci di predilezione, i suoi inviti più santi!..... Perché Gesù Cristo si è fatto tre sorta di seguaci: i cristiani; i Sacerdoti e i religiosi: come il cristianesimo e il Sacerdozio, così lo Stato Religioso viene da Gesù Cristo. Noi siamo istituzione divina. Possiamo mancare noi, come nella Chiesa può mancare ogni cristiano, come nella Chiesa può mancare ogni Sacerdote, peccare e perdersi; ma se guardiamo la parte che c'è di Dio, noi possiamo dire: l'istituzione è di Dio. Questo ci conforta, questo ci fa coraggio e questo ci fa dire a Gesù: «Ad quem ibimus? Verba vitae aeternae habes!» (Gv 6,69).
Noi non cercheremo altro, o Signore,
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stiamo uniti a Te, uniti e in vita ed in morte. Stiamo pur sicuri che Gesù non ci abbandonerà l'ultimo momento, quando si tratterà del premio, ma dirà ai suoi Angeli: «Voca operarios et redde illis mercedem, incipiens a novissimis usque ad primos» (Mt 20,8). Saremo i più umili e più poveri nella Chiesa, ma Gesù comincerà dai più umili la sua paga, e l'umiltà che avete adesso supplirà. Tutto è frutto di misericordia! E se io, dice il Signore, voglio essere misericordioso con questi ultimi, avranno i primi da lamentarsi? No!
Gesù ha istituito lo Stato religioso con il suo esempio, con le sue parole e con la sua grazia; e cioè Egli è per il religioso la Verità colle sue parole, la Via con il suo esempio, la Vita con la sua grazia: è per il religioso Via, Verità e Vita.
I. E noi preferiamo cominciare dalla Via. La sua vita è una legge: come Egli ha vissuto, così è legge che dobbiamo vivere noi: «Exemplum dedi vobis ut quemadmodum ego feci ita et vos faciatis» (Gv 13,15). «Quos praescivit et praedestinavit conformes fieri imagini
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Filii sui» (Rm 8,29). Quelli che vogliono essere salvi, bisogna che si modellino sull'esempio di Gesù Cristo, e beato chi segue le sue orme passo passo, minutamente: e questo è il religioso, il quale non fa come il cristiano che lo segue soltanto nella sostanza: il religioso invece nella perfezione: «Qui vult post me venire abneget semetipsum, tollat crucem suam et sequatur me» (Mt 16,24). E chi lascia la casa e la sua madre e i suoi campi e le sue cose e la sua vita, et dabit animam suam propter me, costui è mio discepolo, costui avrà un gran premio in Paradiso (Mt 19,29).
a) Gesù istituì lo Stato Religioso nella parte di vita contemplativa. Egli ha la più perfetta ed alta contemplazione: come Dio ebbe sempre l'occhio fisso nel Padre, godé sempre la visione beatifica, anche rimanendo sulla terra, e questa visione partecipò all'umanità nella misura che allora era conveniente.
Vita contemplativa nel presepio: chi può dire la contemplazione di quel Bambino che vagiva nella greppia e lodava Iddio con cantici inenarrabili in Paradiso? Vita contemplativa quando fu portato al Tempio, quando stava là silenziosamente
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ritirato nella casetta di Nazareth: non lo sentivano gli uomini, lo sentiva solo il Padre: quali conversazioni intime in quella casa! Quali dolcezze di colloquio con il suo Padre e con lo Spirito Santo! Come ammirava le bellezze del Padre! Contemplazioni nelle notti serene in cui Gesù si ritirava sotto una pianta e lasciava libero sfogo al suo cuore e alla sua anima di contemplare... Contemplazione, anche, nei quaranta giorni nel deserto in cui si trovava privo del cibo, perché l'anima fosse più libera a contemplare il Padre. Contemplazione altissima nell'Orto del Getsemani, sul Calvario....
Gesù istituì e diede l'esempio della parte di vita contemplativa specialmente con le virtù. Perfettissima castità: non osiamo neppure nominarla, tanto ci sembra di fare un'ingiuria a Dio che qui sopra non volle neppure l'ombra dell'accusa. Tutto in Lui era perfetto e purissimo amor di Dio! Tutto il resto ci sembra quasi che ci faccia ricordare il pesante fardello di umanità e di tentazioni e di bassezze che noi riportiamo dal nostro padre Adamo.
E andando avanti... Esempio di povertà,
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la più estrema: dal presepio alla Croce: dal presepio: una greppia imprestata, e solo con animali; alla Croce: anch'essa imprestata e solo con i ladroni. Che volete di più povero? Se è vero che «le volpi hanno le loro tane e gli uccelli il loro nido, il Figlio dell'uomo non ha una pietra su cui posare il capo» (Mt 8,20).
Obbedienza: «Quae placita sunt ei facio semper» (Gv 8,29), tanto che viveva della volontà del Padre: «Cibus meus est ut faciam voluntatem eius» (Gv 4,34). È obbediente prima di nascere all'editto di Cesare Augusto, e, morendo, alla condanna di un delegato dell'Imperatore di Roma, Pilato, il quale lo condanna... lo condanna ed egli abbassa la testa: «Oboediens usque ad mortem» (Fil 2,8).
Ecco la vita religiosa contemplativa, cioè preghiera e virtù.
b) Ma Gesù ci diede ancora esempio di vita attiva: e quindi è anche l'istitutore col suo esempio della vita attiva. Quale zelo più ardente sulla terra che quello di quel Cuore, il quale ardeva di amore e di zelo per la gloria del Padre e di amore e di zelo per la gloria delle anime?
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«Misereor super turbam» (Mc 8,2). - «Ignem veni mittere in terram» (Lc 7,49). - «Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini» (Gesù a Santa Margherita). - «Zelus domus tuae comedit me» (Sal 68,10), lo zelo della tua casa mi divora... E morì di zelo veramente difendendo l'onore del Padre e le opere di Dio... e per il bene delle anime, dando il suo sangue per liberarle dall'inferno e condurle in cielo: vittima di amore!
Quindi Gesù istituì lo Stato Religioso col suo esempio.
II. Verità: Lo istituì colle sue parole: e noi ci fondiamo bene sulle sue parole. Noi amiamo di più il Signore Gesù Iddio nella sua Eucaristia, perché lui è lì vivo e vero, ma adoriamo pure la sua parola.
Con le sue parole istituì la vita religiosa invitando ad una preghiera continua: «Oportet semper orare et non deficere» (Lc 18,1). Ecco la contemplazione: bisogna che viviamo sulla terra col cuore fisso a Dio e che ogni nostra azione sia fatta così che con una mano lavoriamo e con l'altra siamo attaccati
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al Padre, ci sosteniamo per mezzo di Gesù Cristo; con una mano raccogliamo i frutti e con l'altra siamo attaccati all'albero della vita. Dobbiamo vivere sulla terra una vita divina, con un occhio rivolto al cielo e l'altro alla terra dove passiamo per compiere la nostra strada, la strada di Dio, la strada del Paradiso, che è stretta e che ha dei ciotoli e che ha delle spine. Dobbiamo vivere così sulla terra: così significa per il religioso vivere in perfetta unione con Dio. Perché come in Paradiso vi è un coro incessante di lodi, così sulla terra bisogna che il Padre stabilisca tanti piccoli cori che sono gli Ordini religiosi: e Gesù Cristo li ha stabiliti. Il Padre celeste non può reggere a tanti peccati e a tante nefandezze che dalla terra salgono verso il cielo, e va cercando di posare il suo sguardo su qualche oasi: gli Ordini religiosi, le famiglie religiose, anime vittime in cui Dio si compiace: «Qui diligit me, ad eum veniemus et mansionem apud eum faciemus» (Gv 14,23).
E voi chiamati, sentite la parola di Gesù: «Si quis diligit me, ad eum veniemus...» come in un'oasi pare che venga a rifugiarsi il Signore: «Ad eum veniemus
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et mansionem apud eum faciemus»: e abiteremo lì, in quel cuore in quell'anima! Lodate, o religiosi, il Signore, cantate a lui incessantemente notte e giorno: «Benedicam Dominum omni tempore» (Sal 33,2); «Magnificat anima mea Dominum» (Lc 1,46). È dunque il Signore Gesù che ha voluto questa contemplazione.
b) Gesù, oltre al «semper orare», ci ha insegnato, inculcato la castità perfetta. Pietro aveva capito bene: Ma allora! è troppo difficile, e chi potrà?... Gesù rispose: «Ciò che non è possibile agli uomini, è possibile a Dio» (Lc 18,27); «Sunt eunuchi, qui seipsos castraverunt propter regnum caelorum» (Mt 19,12): e a Gesù bastava una parola, non ce ne volevan tante: perché tutti capivano: il suo esempio era chiaro. «Vieni e seguimi»: ecco qui la castità: togliti cioè dalla famiglia, e vieni e seguimi. E gli Apostoli l'hanno inteso bene, e tutti si sono uniti a Gesù.
Gesù inoltre ci ha insegnato la povertà perfetta: «Beati i poveri»; Dio non ha una pietra su cui posare il capo: non l'ebbe; e posò il capo sulla croce, e sopra la paglia che doveva servire agli animali,
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e sopra il margine della barca, appoggiandolo sul gomito, e riposando così sul letto della nave... «Fatigatus ex itinere» (Gv 4,6). La povertà perfetta ci ha insegnato: «Se vuoi essere perfetto lascia tutto, dàllo ai poveri... e vieni e seguimi» (Mt 19,21). «Colui che lascerà il padre e la madre - castità - et domus et fratres - povertà - e mi avrà seguito... - obbedienza».
E ci insegnò la perfetta obbedienza: «Quae placita sunt ei facio semper». - «Seguimi»: Il seguimi che cosa significa? Dedizione completa, totale, quale quel giovane poteva vedere negli Apostoli, i quali non erano più a casa loro, e seguivano Gesù e lo obbedivano. E quindi Pietro, subito nello stesso giorno, dopo aver sentito l'ammonimento di Gesù disse: «Reliquimus omnia... - padre, madre, tutto - et secuti sumus te» (Mt 19,27). Sequere me: obbedienza totale senza chiedere ricompensa al Signore: la ricompensa la diede a Pietro in quel giorno in cui, per disposizione divina, si mostrava come scoraggiato affinché il suo scoraggiamento e le sue domande fossero per noi di schiarimento, - perché tutto ciò che è succeduto nel
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Vangelo, è succeduto per nostro ammaestramento, perché la Scrittura divina, serve per ammaestrare, a correggere, a redarguire, affinché l'uomo di Dio, il religioso, sia istruito in ogni opera buona (2 Tm 3,16-17), in tutte le opere di misericordia di Dio.
Così Gesù istituì lo Stato Religioso con le parole.
III. Vita. E veniamo alla grazia. Dopo che noi avessimo visto Gesù a vivere da perfetto religioso, dopo che noi avessimo sentito le sue sante parole, avremmo già la forza di seguirlo? No! Adamo con tutti gli insegnamenti, peccò. Tanti sentirono Gesù; quel giovane stesso si rattristò dopo aver sentito l'invito di Gesù a farsi religioso, e lo lasciò, e provocò, diciam così, col fatto, la sentenza di Gesù: «Oh, quanto è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli!» (Mt 19,23). Non bastava tutto questo: ci voleva la grazia. E per avere la grazia poi non basta che noi guardiamo in alto, come Gesù, il Padre, ma bisogna che noi abbiamo la stessa vita di Gesù; ed ecco che Gesù si è fatto la nostra vita, la vita del religioso:
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«Qui manducat meam carnem et bibit meum sanguinem habet vitam aeternam» (Gv 6,55). In Gesù c'è la vita religiosa: Gesù diede sì la sua vita per tutti i cristiani in generale, perché tutti i cristiani devono osservare certe virtù; ma in modo speciale per il religioso, che ha poi virtù speciali da praticare, diede la sua vita Gesù Cristo. Ed ecco perché egli con tanto affanno e sudando sangue accettò il calice della sua passione: «Fiat voluntas tua» (Mt 6,10); non per sé, ma per noi egli va a morire, per la salvezza nostra: siamo noi che abbiamo meritato di patire e morire, perché abbiamo mancato. È questo un consenso, che ha voluto scegliere liberamente il Figlio di Dio, che al Padre disse: «Ecce ego, mitte me» (Is 6,8); «Corpus autem aptasti mihi» (Eb 10,5). Padre, eccomi, vado io a salvare gli uomini. E tu, o Padre, mi hai preparato un corpo per patire e soffrire, un cuore perché fosse trafitto, i piedi e le mani perché fossero confitte, un capo perché fosse crivellato dalle spine: «Corpus autem aptasti mihi». Quando Gesù è flagellato, ottiene la grazia della castità: la merita lui col patire. Quando Gesù
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arriva sul Calvario, depone per ordine dei carnefici la croce per terra, viene spogliato, abbeverato di fiele e mirra; quando Gesù obbedisce ai suoi carnefici, stendendosi sulla croce, «factus oboediens usque ad mortem», allora ottiene per la vita religiosa la grazia dell'obbedienza. E morendo su quella croce poverissima, nell'estrema povertà, in cui ha bisogno di un letto così duro, di una posizione così terribilmente dolorosa, di essere sostenuto con i chiodi, e che la Vergine gli copra la nudità col suo velo, stando egli in un mare di dolori ottiene a noi la grazia della povertà, e la abbondanza delle grazie. Perché per salvare gli uomini avrebbe bastato una goccia del suo Sangue3; ed Egli, come aveva indicato a certe anime la via dei consigli, così Egli ha sparso tutto il suo Sangue, perché fosse abbondante la sua Redenzione e copiosa. E se in principio era possibile farsi santo con Adamo, il quale aveva la sua famiglia che possedeva e disponeva, ora dove aveva abbondato il peccato, sovrabbondò la grazia. Di qui si forma e fiorisce lo Stato Religioso che è il vivere senza famiglia, in perfetta povertà e castità, pienamente uniti a Gesù Cristo:
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questa è la vita religiosa, è la vita del religioso.
E guardate: il sostegno del religioso è il Crocifisso, l'Eucaristia; coi Novissimi. E quindi dappertutto dove vi sono almeno quattro religiosi si può aprire una Cappella, perché non è bene che questo religioso sia solo: bisogna che la sua vita sia con Gesù e Gesù vuole portarsi là: «Ubi enim sunt duo, vel tres congregati in nomine meo» (Mt 17,20), dove cioè sono radunati in nome di Gesù Cristo, con le sue stesse intenzioni, con la sua stessa vita, in spirito di carità, per amare solo il Signore. Chi è che prega meglio «in nomine meo», che il religioso? «Vos dixi amicos»: a voi do le mie confidenze, a voi ho manifestato tutto quello che il Padre ha rivelato a me: «Jam non dicam vos servos» (Gv 15,15). Ecco dunque: Gesù è il principio della vita religiosa.
Figliuoli, chiamati da Gesù al suo amore, alla sua vita, e a quel premio grande, fatevi coraggio! Sentiamo di avere tante tentazioni, tante passioni e bassezze: alle volte ci basta un capello per diritto per farci perdere la tramontana, non è vero?
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Un occhiale oscuro, o una scarpa appuntita... Oh, poveri figliuoli! «Filii hominum usquequo gravi corde? Ut quid diligitis vanitatem et quaeritis mendacium?» (Sal. 4,3). Siete chiamati alla vita divina e vi perdete dietro ad una scarpa? Oh, figliuoli, siete chiamati alla vita religiosa! Alzatevi dunque con coraggio, seguite Gesù, non con la malinconia e la tristezza; non spaventandovi della croce e del sacrificio, come ha fatto quel giovanetto, ma con coraggio, con forza, con costanza, fino a poter seguire interamente Dio. Quindi la prima pratica e conclusione è di non scoraggiarsi. «Venite post me» (Mt 4,19), dice Gesù, ma non bisogna scoraggiarsi. Il primo e il secondo giorno degli Esercizi il diavolo tenta di scoraggiamento. Dobbiamo dunque perderci di coraggio? No! Ci tenta poi di presunzione: Oh, adesso comincio... adesso non cado più...! «Ego dixi: nunc coepi» (Sal 76,11). E dopo viene la sconfidenza... Abbiamo un diavolo per capello! Che cosa bisogna dunque fare? Oggi vincere lo scoraggiamento, pregare affinché colui che ha cominciata l'opera: «Qui coepit in vobis opus bonum, ipse perficiet, consolidabitque» (Fil 1,6):
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la perfezionerà e la consoliderà questa opera che egli ha cominciato.
Seconda applicazione: «Summum igitur studium nostrum sit in vita Christi meditari» (Imitaz.) Studiate tante materie: geografia, algebra, greco, storia, storie... ma «summum studium nostrum sit in vita Christi meditari».
Fate il proposito adesso: la prima parte della Visita sia leggere il Vangelo. Il lume del religioso è la Scrittura, ma specialmente il Vangelo. Vedete, se studiate così il Vangelo, che è proprio lo spirito del religioso, come vi sentirete illuminati!
Poi non basta; il sommo esemplare, il perfetto religioso è Gesù Cristo, e nella seconda parte della Visita, con l'esame di coscienza, studiare il modello, il nostro specchio perfetto Gesù Cristo e, specchiandoci in Lui, vediamo proprio la differenza in cui sta proprio l'esame di coscienza, e vediamo ciò che manca per arrivare a Gesù, per essere perfetti come Lui. Bisogna confessare cioè se abbiamo un po' di buona volontà e un po' di capricci, se il cuore è un po' di Dio e un po' dell'io: e così andare avanti: guardare come ha fatto Gesù: e uno sguardo al perfetto modello e poi una pennellata sulla tela, cioè sull'anima nostra.
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Vita: se c'è uno che abbia bisogno di vita, è il religioso; se c'è uno che abbia bisogno di sentir Messa, è il religioso: Gesù è la nostra vita. Dunque la terza parte della Visita, la terza parte della Messa, della Comunione sia specialmente applicarci ad attirare in noi la vita di Gesù Cristo. «Ego sum resurrectio et vita et qui credit in me etiam si mortuus fuerit vivet» (Gv 11,25). Vita dunque, vita: Egli è la vita. Cantate pure a Gesù Cristo: «Vita in eterno»; applauditelo e lodatelo per tutti i secoli. Perché se vi è uno che merita acclamazioni, è proprio Lui, che è la vita, non è vero? Fategliele, preparategliele e poi cantategliele. Ma prima di tutto bisogna vivere, cioè esser noi una perfetta, una perpetua vita che si spenga proprio per Gesù Cristo.
Riflettete su questi punti e sono certo che vi incoraggerete tutti e direte: ebbene, fui cieco, ma Gesù Cristo adesso mi illumina; fui zoppo, «claudus», ma Gesù adesso mi rinforzerà con tutta la sua forza per camminare sulle sue orme; ero stanco, stentavo, ma Gesù fu la mia vita, il mio coraggio.
Sia lodato Gesù Cristo!
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3 Meglio: “sarebbe bastata una goccia del suo Sangue”.