Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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X.
I. VARI GRADI DI VOLONTA'
II. IL RELIGIOSO INFEDELE ALL'INFERNO
I.

Gli Angeli sulla capanna di Betlemme hanno annunziato il grande programma di Gesù Cristo, il programma che il Maestro Divino si era proposto di svolgere entrando nel mondo e cioè: dare la massima gloria a Dio e dare pace agli uomini di buona volontà. Ed ecco il programma che dobbiamo farci noi per chiudere poi bene gli esercizi: la massima gloria a Dio, nell'anno, non al nostro io, - e beati noi se immoliamo tutto a Dio -, e poi la massima pace... prima di tutto a noi stessi. Chi è però che avrà la pace? Avrà la pace, colui che è di buona volontà.
Vi sono nel mondo tre sorta, tre categorie
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di persone: quelle di cattiva volontà, quelle di nessuna volontà e quelle di buona volontà.
Di cattiva volontà sono coloro i quali combinano inganno e peccati, e quindi i loro cuori sono tutti immersi nella menzogna e dalla mattina alla sera sono occupati di spuntarla in una di queste tre cose: o soddisfazione propria, personale, dei sensi, o esaltazione del proprio io, oppure attaccamento alla comodità, all'avarizia, allo spirito di soddisfazione.
Quelli di nessuna volontà chi sono? Sono quelli i quali si prendono un programma e non lo svolgono: si dichiarano, per es., studenti e non studiano; protestano cinquanta volte alla coroncina della sera, «Voglio farmi santo» e non prendono i mezzi; vorrebbero servire a Dio e fatti i voti non li osservano: obbedienza, purché sia sempre secondo le proprie viste; purezza, ma evitano solo ciò che è parte negativa, cioè il vero peccato grave, ecc.; vanno all'apostolato ma non lo fanno; si dànno poi alle cose che riguardano il proprio andamento materiale e non lo curano... In sostanza: vogliono e non vogliono. Qui si riferiva Santa Teresa quando diceva: l'inferno è lastricato di buone volontà, è pieno di buone volontà, e cioè di volontà
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che hanno dei giorni buoni, nei momenti, ad es., dopo gli Esercizi, dopo la Comunione, quando conferiscono con un Superiore... Volontà in qualche punto, ma finisce lì. Ora questa è la nessuna volontà e vuole dire buona volontà senza efficacia. E se li osservate dicono l'atto di dolore sempre con lo stesso dolore, ma senza nessun vero proposito: il «non voglio più commetterne per l'avvenire» per loro non ha alcun significato: intanto sono sempre gli stessi: mancanza di volontà. Che cosa volete che siano certi propositi quando dopo si continua a togliere la fama agli altri, quando si continua a giudicare di tutto, quando si vuole essere giudici prima che discepoli, maestri prima che scolari, quando si pretende e non si fa?
E andando avanti: vi sono gli uomini di buona volontà. Quali caratteristiche ha la buona volontà? La buona volontà non vuol dire impeccabilità, ma «Septies cadet justus et resurget» (Prv 24,16): anche colui che ha buona volontà cade di frequente, ma si alza e combatte. La buona volontà è la lotta spirituale, è il coltivare la parte positiva.
La lotta spirituale: e vuol dire sapere che abbiamo passioni e di tutte le sorti
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di passioni, ma non coprirle con cenere perché non si veda il fuoco che continua ad ardere sotto la cenere: bisogna proprio spegnere il fuoco della passione nel cuore, non scusare il difetto e cercare che non sia scoperto. «Iustus, prior est accusator sui» (Prv 18,17); colui che è giusto prima di tutto accusa se stesso e le correzioni quando vengono le accetta con gran cuore. Egli lotta e vede in chi lo corregge un alleato che gli vuol bene e non un avversario che lo rimprovera. La lotta spirituale la conoscete specialmente dal proposito, dal modo con cui attende a se stesso: altro è la superficialità che aggiusta sempre le cose e altro è la sostanza del lavoro spirituale.
Se voi confrontate queste Case di San Paolo con certe case che sono qui attorno, queste case sembrano quasi brutte; ma guardate che materiali! E invece certe case sono un po' di calce messa insieme, coperte con un po' di colore... Quindi non c'è la buona volontà quando se si è avvisati si cerca solo di fare in maniera che non ci scoprano un'altra volta. E invece «Iustus, prior est accusator sui»: ma voi non vedete tutto, risponde poi al fine; si vede che se conoscete solo quello, è segno che non avete scoperto le principali
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cose: «Iustus, prior est accusator sui».
La buona volontà è caratterizzata inoltre dal lavoro positivo. Chi ha buona volontà si butta dentro agli studi, è tutto occupato di Dio. Il «fateci santi» lo dice anche lui, ma lo dice con una volontà che ha 24 ore occupate nel proposito, col fastidio di farsi santo. Parte positiva: cioè lo spirito religioso, che è il primo criterio per giudicare di un'anima che vuol seguire Gesù, e lo spirito di sacrificio. Inoltre si butta nell'Apostolato con zelo, si butta nella povertà con slancio, lavora: questa povertà che è fatta della cura minuziosa del tempo: se aveste utilizzati tutti i ritagli di tempo, avreste fatti miracoli a quest'ora, e qualcheduno li ha fatti!
E che cosa voglio dire con questa introduzione? Voglio dire: primo: che chi ha cattiva volontà... «lingua tua concinnabat dolos» (Sal 49,19), è tutto inganno per sé e per gli altri e peccato; il suo cuore medita il male, le piccole vendette, le astuzie; secondo: che la nessuna volontà consiste in una volontà di parole, ma non di opere; terzo: la buona volontà è caratterizzata dalla lotta spirituale e dal lavoro nella parte positiva.
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Ebbene, chi ha la buona volontà, non si spaventi, non si scoraggi: perché il ripulire l'orto e il levare le erbe cattive è amore alle piante buone. Il giardiniere che ama davvero il suo orto e le piante buone è molto diligente in questo: continuamente le zappetta, toglie le erbe che ne mangerebbero i succhi vitali, poi le stesse piante buone va potandole, ripulendole, togliendo i rami e i germogli inutili, innestandole con le gemme buone, con Gesù Cristo stesso... «Ut fructus plus afferat» (Gv 15,2). Voi siete buoni, diceva Gesù, ma non intieramente ancora: «sed non omnes» (Gv 13,10). «Ut fructus plus afferat», bisogna pulire. Dunque, quei che hanno buona volontà, non si spaventino, stiano tranquilli, con coraggio e con serenità.
Volevo dire questo in sostanza: che voi, diciamo così, faceste saggio della vostra volontà e distinguere se la botte è piena o se è vuota, percuotendola. Ma guardate però che la cattiva volontà alle volte apparisce più buona di quello che è veramente buona, e tanto più poi la nessuna volontà apparisce più buona di quello che è.
Vigiliamo perciò e scrutiamo bene noi stessi, se vi sia in noi la buona volontà.
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II.

Adesso volevo entrare a parlare di un argomento molto serio e cioè: il religioso infedele alla sua vocazione, all'inferno. Questo religioso infedele alla sua vocazione lo abbiamo lasciato ieri al giudizio finale, dove aveva ricevuto la sua estrema sentenza. E adesso lo seguiamo un momento nell'inferno a considerarlo in quella dolorosissima ed eterna prigione. Vediamolo bene, affinché diventiamo saggi noi: «Descendamus in infernum viventes, ne descendamus morientes», ci dice San Bernardo. Per questo andiamo colla nostra considerazione all'inferno, affinché non abbiamo poi da discendervi con il corpo e coll'anima dopo la nostra morte, dopo il giudizio.
Che cosa dobbiamo considerare quindi? Considereremo i supplizi speciali del religioso infedele. Il religioso dannato soffrirà nell'inferno, come tutti i dannati, due sorta di pene, ma in modo più speciale: la pena del danno e la pena del senso.
I.­ La pena del danno: egli è distaccato da Dio. Figuratevi un'anima che non avrà mai più quell'unico oggetto dei suoi desideri, Dio: splendore di verità; Dio: somma bontà; Dio: infinito amore; Dio: somma ed unica felicità. Dopo la morte
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attirerà a sé con potenza il cuore, la mente, la volontà; ma una mano irresistibile caccerà lontano questo religioso infedele... Ah, poveretto! Condannato a mai più vedere quel Dio che egli doveva amare, quel Dio a cui doveva stare tanto vicino, quel Dio a cui egli tante volte ha protestato amore, di volere scegliere a sua eredità... Buttato là egli coi ladri, coi diavoli, con la ciurmaglia, con la peggior roba del mondo! Povero infelice!
Supplizio dell'intelligenza: la intelligenza capirà che con le grazie che aveva, doveva essere una stella lucente del cielo. Sì, perché Iddio Padre ai religiosi, a voi chiamati, ha dato un'intelligenza sufficiente, una volontà robusta, un carattere buono, inclinazioni, ambiente, case, denari, cibo, aria, salute... Cosa vi manca come doni di natura? Ha dato doni soprannaturali: il Figliuolo, morendo sulla Croce, istituendo i sacramenti, dandoci la Chiesa, i suoi consigli, una vocazione... Ha dato lo Spirito Santo nel Battesimo, nelle Confessioni, nelle prediche, nelle esortazioni, nei consigli, nelle ispirazioni interne, nelle mozioni della grazia, nelle divozioni, nell'ambiente in cui vivete... Che cos'è che non ha fatto Dio per voi? Padre e Figlio e Spirito Santo si sono adoperati
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a formare un'anima bella e buona per natura, per redenzione e per grazia... E tu continuamente ti sei ostinato ad adoperare i doni di natura malamente, trascurando la Redenzione e i mezzi di grazia e lasciando da parte quello spirito di vocazione che ti era dato!
Ah, che rimorsi eterni! L'ha un po' di rimorso un figliuolo che non abbia studiato durante l'anno e che agli esami sia rimandato; ma questo spera di rimediare, ridarà gli esami. Ma laggiù non si spera più. Quale disperazione! «Unusquisque carnem brachiis suis devorabit»: il dannato si morderà i pugni per rabbia. Infelice! infelice! Potevo non nuocermi... non volli! Adesso che vorrei, non posso più. «...Liberati non estis», è passata la vita e non vi siete salvati.
Supplizio della memoria: la memoria ricorderà che altri hanno avuto meno grazie: la madre, i parenti, gli amici si sono salvati, quanti forse tra i pagani stessi... E tu, dove sei? Il povero e infelice soldato che rinnegò Gesù Cristo, là dei quaranta martiri di Sebaste, cosa dirà se, nell'ultimo momento della sua vita, si è dannato? Potevo pure per un momento ancora soffrire... e mi son dannato! E così pensa questo infelice religioso: Mi sono
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privato di tutto, non godevo il mondo e con un po' di sforzo mi sarei fatto un gran santo... e mi sono dannato, soffrendo, sempre rimproverato, non godendomi consolazioni, «odiato da Dio e dai nemici sui».
Inoltre: supplizio della volontà. Perché supplizio della volontà? Perché avrà tutti i mali addosso. Vedete, non è solo la privazione della vista di Dio, ma con la privazione della vista di Dio, ogni male senza alcuna sorta di bene.
Immaginate sulla terra i mali che possono succedere: l'ingratitudine degli uomini, l'abbandono da parte degli amici, tristezze, tentazioni... Certi Santi alle volte dimagrivano, penavano per essere male compresi. Pensate a tutti i mali che potrebbero accadervi addosso, i disgusti morali interni... Avrà tutto, tutto il male. E questo senza mai nessuno che lo conforti; dubbi e fantasie spaventose, tormenti e spaventi continui, timore di morte senza mai morire... e da tutti sarà odiato senza avere una sola parola di conforto. Vi sono persone che sono morte di malinconia e di tristezza: un figliuolo si era ribellato al padre, l'aveva percosso. Quel padre dopo quel giorno diceva solo: «Ho amato tanto e sono stato ripagato
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con tante ingratitudini: questa è la mia morte». E andò ogni giorno di tristezza in tristezza, finché nel giro di un anno si consumò la salute e davvero morì.
Quante volte invidierà i compagni che egli disprezzava: «Ecce vitam illorum aestimabamus insaniam, et finem illorum sine honore: ecce quomodo computati sunt inter filios Dei» (Sap 5,4-5); credevamo che fossero stupidi e invece sono messi ora coi figli di Dio... «Nos insensati!» abbiamo sbagliato noi invece! Ah, come le cinque vergini stolte invidieranno la sorte delle cinque vergini prudenti! Perché questo mondo passa e si chiude, e beato chi ha fatto bene, perché la morte viene. Povero me che ho sprecati tanti bei doni! tanto tempo! La morte viene; beato chi avrà passati i suoi anni, ammucchiando meriti e meriti.
II. - E poi pena del senso. Il corpo andrà con l'anima al castigo.
Peneranno gli occhi che saranno pieni di fumo e di fuoco, penerà il gusto che sarà travagliato da una fame continua, da una sete ardentissima; tutto il tatto penerà perché è immerso nel fuoco.
Fuoco accesissimo prima di tutto. Il nostro fuoco è come il dipinto, sui cui si può passare la mano senza scottarsi, al
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paragone dell'accesissimo fuoco della Divina Giustizia. Fuoco sapiente perché brucerà le parti che avranno più peccato e brucerà secondo il numero dei peccati, secondo fu la malizia dei peccati, l'intensità del peccato. Fuoco inestinguibile: «Ignis non estinguitur» (Mc 9,43), l'ha detto Gesù per tre volte in quel discorso: «ignem aeternum».
Non oso quasi descrivere questo stato infelice di un religioso infedele alla sua vocazione. Ma in che compagnia si troverà egli: non di innocenti e santi, ma fra dannati e diavoli che l'odiano e che hanno tutte le malizie! fra i ladri, gli ipocriti, gli omicidi e i demoni che fanno vendetta e lo calpestano sotto i piedi...! E questi mondani dannati lo prenderanno in ischerzo. Capite, un abito sacro, un rocchetto là dentro! È come un abito sacro, un rocchetto coi nemici, coi bestemmiatori, coi ladri, con gli ubriachi: figuratevi che scempio ne farebbero! Come han trattato Gesù quella notte, quando rimase là, dopo la prima condanna, aspettando la mattina del Venerdì Santo: gli strappavano la barba, i capelli, lo velavano, lo sputacchiavano, gli bendavano gli occhi e poi lo schiaffeggiavano, dicendo: indovina! Che notti, che notti!
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«Haec est hora vestra, et potestas tenebrarum» (Lc 22,53). Figliuoli, adesso avete l'ora di Dio e della sua misericordia, ma se noi lasciamo passare l'ora, verrà l'ora del demonio e della potestà delle tenebre, e Dio lascerà liberamente che si scatenino le ire e le furie dei dannati sopra quest'infelice che doveva amare il Signore. Ah! «Bonum erat ei si natus non fuisset homo ille!» (Mt 26,24). Gli scandali vengono, ma guai a colui per causa del quale viene lo scandalo! «Necesse est ut veniant scandala: veruntamen vae autem homini illi per quem scandalum venit!» (Mt 18,7).
Dunque approfittiamoci della misericordia di Dio. Che cosa ci vuole dunque? Buona volontà, ecco, niente altro. Che il cuore sia di Dio: il cuore, non la vanità, l'inganno, ma che il cuore sia di Dio. Ecco ciò che ci vuole: la buona volontà. E quando c'è buona volontà il Signore vi darà la sua grazia, e il suo spirito.
Si arriva però in certi momenti in cui bisogna raccogliere tutte le forze per potere ancora resistere alle pene, sopportando per amor di Dio: bisogna raccogliere tutte le forze della natura e invocare tutte le forze della grazia. E concludiamo.
(Seguono alcuni avvisi).
Sia lodato Gesù Cristo.
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