Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

9. «DIO MIO, DIO MIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?»*
Sesta parola di Gesù in Croce

Il Vangelo attesta che dall'ora sesta all'ora nona si fece gran buio sulla terra e verso l'ora nona Gesù, che aveva quasi compiuta la sua agonia, gridò con gran voce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»1.
Che cosa vogliono dire queste parole? Anzitutto esse non significano da parte di Gesù lo sdegno contro Dio che lo aveva lasciato in tante pene. No. Queste parole non indicano neppure che l'anima di Gesù in quel momento fosse abbandonata dal Padre poiché come Dio era impossibile tale separazione. Non indicavano neppure che l'anima di Gesù in quel momento fosse priva della visione beatifica, no.
Pilato l'aveva presentato al popolo dalla loggia del suo palazzo, col corpo lacero dalle battiture, col capo coronato di spine. Questo non bastò ai suoi nemici. Gesù fu allora condannato a portare il duro legno della croce sotto del quale cadde tre volte, finché, crocifisso, sospeso tra cielo e terra fu ancora ricoperto di insulti. Con quelle parole di lamento Gesù vuol manifestare al Padre quanto la sua carne gemesse. Egli aveva detto ai suoi nemici: «Questa è l'ora vostra e del potere delle tenebre»2; ed a Pietro che voleva difenderlo, disse: «Credi forse che io non possa pregare il Padre, che mi darebbe più di dodici legioni di Angeli?»3.
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Queste parole significano: Signore, mi hai abbandonato nelle mani dei miei nemici; ecco quanto è profondo il mistero del peccato, quanto terribile la dannazione di un'anima, quanto sei degno
~
d'onore se per salvare le anime io ho dovuto essere ridotto allo stato d'un verme della terra. Questo voleva dire Gesù al Padre.
Fino a quel punto aveva sofferto in silenzio e solo pochi minuti lo separavano ancora dalla morte. Gesù voleva anche dire agli uomini: Ricordate la preziosità del mio sangue, ricordate quanto è costata4 la redenzione e non gettate questo sangue dietro le vostre spalle. «Quae utilitas in sanguine meo?»5.
Quel lamento di Gesù è istruttivo per noi. Erano passate tre ore dacché era in croce e non aveva dato un lamento. Sappiamo anche noi essere così silenziosi; tuttavia, quando bisogna manifestare il dolore si faccia pure con semplicità.
Così Dio amò il mondo da dare il suo Figlio Unigenito. Gesù manifestò il suo dolore perché comprendessimo il prezzo della redenzione.
Oh, non buttiamo via i meriti, non trascuriamo la nostra anima! «Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e che nulla per essi ha risparmiato»6. Parole misteriose ma istruttive.
Gesù ha bevuto fino all'ultima goccia il calice della sua passione; bisogna che anche noi beviamo fino all'ultima goccia il nostro calice. Gesù ha dato tutto il suo sangue per redimerci; questo c'insegna quanto dobbiamo fare anche noi.
Allorché certi momenti di scoraggiamento e di tenebre ci assalgono e tutto sembra voglia abbandonarci, non perdiamoci di coraggio. Bisogna che sappiamo soffrire fino all'agonia, per l'anima nostra.
Non ci paia troppo duro qualche piccolo abbandono, qualche pena interna, qualche trascuratezza a nostro riguardo. Sia tutto sofferto in santa silenziosità affinché possa giungere fino al profondo dell'anima nostra il lamento del Crocifisso: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
~

* Meditazione stampata in un ottavo con numerazione di pagina progressiva, rispetto all'ottavo precedente (pp. 12-13). Comprende cinque meditazioni: “Oggi sarai meco in Paradiso” (pp. 9-10), “Tutto è compiuto” (pp. 11-12), “Padre, nelle tue mani, raccomando il mio spirito” (pp. 14-15), “San Giuseppe modello di obbedienza” (pp. 15-16).

1 Mc 15,34.

2 Lc 22,53.

3 Mt 26,53.

4 Originale: ha costato.

5 Sal 30,10: «Quale vantaggio dalla mia morte?».

6 Messaggio contenuto nelle rivelazioni del Cuore di Gesù a S. Margherita M. Alacoque.