Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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1. [SENTIMENTI DI DOLORE - AMORE - DOMANDA PER L'ANNO NUOVO]*

I. UTILIZZARE IL TEMPO - DOLORE PER I PECCATI COMMESSI

Ci ritiriamo questa sera nella capanna di Betlemme, c'inginocchiamo umilmente davanti al Bambino, la santissima Vergine e S. Giuseppe e li preghiamo perché ci diano lume, grazia, contrizione, buona volontà in questo santo Ritiro.
Che felici ore quelle di Maria e di Giuseppe in quella grotta che fu la prima basilica del mondo! La grotta, la mangiatoia non avevano uno stile architettonico tanto scelto, non ornamenti preziosi, ma contenevano colui che ha creato ogni bellezza ed ogni preziosità, Dio. «Veniet ad templum sanctum suum Dominator»1, Gesù vivo e vero, in corpo, sangue, anima e divinità.
Chissà che bei propositi avranno fatto S. Giuseppe e la Madonna, quanti atti di fede, di amore in quei primi giorni in cui ebbero la grazia di contemplare il loro figliuolo, Figlio di Dio e Dio stesso!
Poche parole si facevano in quel luogo, ma quanto accesi erano quei cuori di Gesù, Giuseppe e Maria! Dinanzi a loro, vicini a loro noi vogliamo eccitarci a tre sentimenti:
1) Un sentimento di dolore (per questa sera).
2) Un sentimento di amore e di riconoscenza (per domani mattina alla prima predica).
3) Un sentimento di umile domanda (all'ultima predica).
Stasera eccitiamoci al dolore. Abbiamo molti motivi per dolerci. Quanti peccati, quante mancanze nel 1936! Umiliamoci profondamente e chiediamone perdono al Signore!
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Consideriamo la grazia che egli ci ha fatto dandoci un anno. Noi l'abbiamo visto correre, abbiamo sfogliato giorno per giorno il calendario, abbiamo scritto ogni giorno una data nuova nell'intestazione delle nostre lettere, l'orologio ha camminato, e il sole è andato trecentosessantacinque volte da levante a ponente. Basterebbe un giorno a fare un santo. Ma a noi forse non sono bastati trecentosessantacinque! (Il buon ladrone si fece santo in poche ore!2).
Dandoci il tempo, il Signore ci ha fatto un dono che compendia tutti gli altri doni: grazie, Comunioni, Messe, preghiere, esercizio dell'apostolato, tutto! E certamente il Signore non ci ha dato a caso un anno!
Il tempo si può raffigurare in un torrente la cui superficie è continuamente ricoperta da monete d'oro. L'acqua scorre, scorre e le monete pure scorrono. Il pescatore attento, dall'alto di un ponticello, ne raccoglie in abbondanza mentre i passanti pigri si lasciano sfuggir di mano la fortuna.
Chissà certe anime, se facessero ora la somma delle opere buone compiute in un anno, chissà che cumulo di meriti potrebbero riscontrare.
Il tempo è la somma delle grazie perché in un momento si può acquistare Dio (con un atto di dolore) e prepararci un grado di gloria più alto in Paradiso. Il tempo è ancora un dono non a tutti concesso. Non tutti coloro che incominciarono il 1936 lo finirono. È passata la falce della morte ed ha mietuto!...
Il tempo è ancora una grande responsabilità. Se un'anima avrà occupato sempre bene il tempo si troverà contenta al giudizio, altrimenti Gesù le dirà: Ti ho dato tanti anni e non ti sei fatta santa, mentre tante anime con meno tempo ed in peggiori condizioni delle tue sono andate tanto avanti.
E allora quale rimorso!
Beate le anime che sanno usar bene della grazia insuperabile del tempo! In punto di morte, nostra unica pena sarà il pensiero: Non ho più tempo per riparare. Avrei potuto far tanto di più!
E ci spiacerà di non aver approfittato dei singoli anni, dei mesi, dei giorni e dei momenti.
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E che cosa dovremmo fare in questo nuovo anno? I doveri sono diversi a seconda dell'età. Non si richiede ugualmente da una fanciulla di sette o dieci anni e da una giovane di venticinque o trenta. Le più grandi debbono proprio essere più buone!
In questi giorni del ciclo natalizio e in quei che seguiranno, meditiamo la frase del Vangelo: «Et Jesus proficiebat aetate, sapientia et gratia apud Deum et homines»3.
«Puer crescebat et confortabatur et gratia Dei erat cum illo»4.
A Gesù passavano i giorni, ma egli cresceva nei meriti e nell'amore. E noi? Anche per noi tempo e virtù dovrebbero andar di pari passo. Dobbiamo crescere e dovevamo esser cresciute nell'obbedienza nell'anno terminato! Qui tutta la Casa è religiosa e quindi è animata da spirito religioso. Esaminiamoci su questa virtù. La nostra obbedienza è divenuta più pronta, più compita e cordiale? Abbiamo obbedito sempre più volentieri? Ci siamo modellate su Gesù Bambino?
È progredito lo spirito di povertà? Usiamo meglio del tempo? Abbiamo più cura delle cose della Congregazione, siamo più distaccate da quegli oggetti che a guisa di funicelle tengono legato il nostro cuore alla terra? Abbiamo progredito nella castità, voglio dire nella delicatezza e custodia dei sensi, in un amore sempre più profondo per questo nostro Dio, sino a poter dire con verità: Vi amo con tutto il cuore? Abbiamo progredito nella fede, nella speranza, nella carità? Crediamo meglio? Consideriamo il tempo come un dono di Dio, vediamo le cose tristi e liete come venienti da Dio? Crediamo nel bel Paradiso che ci aspetta? Abbiamo progredito nell'amore verso il prossimo? Sentiamo di aver più pazienza, più delicatezza, di essere più misurati in tutto il nostro comportamento? Diamo buon esempio, siamo ferme e benigne?
Sentiamo di amare maggiormente Dio con la mente, la volontà ed il cuore? Amiamo tutto ciò che è bene e odiamo il peccato? Ogni cosa buona eccita in noi un'attrattiva ovvero ci lascia fredde e insensibili? Siamo più unite a Gesù? Vi sono anime abituate ad operare dando mano a Gesù. Quando nel giorno
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si vive del pensiero della Comunione, si ripensa al proposito della meditazione, si dicono frequenti giaculatorie, si rinnovano spesso le comunioni spirituali, allora si è uniti al Signore e si vive veramente per lui. Siamo uniti così? Ecco: se la mente cerca Dio, se il cuore lo ama più fortemente, più fervorosamente, se il nostro cuore pulsa accanto al cuore di Gesù, certo abbiamo progredito. Se invece constatiamo che nell'anno finito noi abbiamo mancato sulla povertà, l'obbedienza, la castità, se sentiamo di aver commesso mancanze circa la fede, la speranza, la carità, se la nostra mente poco si cura di conoscere Dio nello studio del catechismo, del Vangelo e delle sante Regole, se ci sentiamo dissipati e tiepidi, poco conformi alla volontà di Dio, umiltà e dolore! Dolore, riparazione e proposito! Tre cose quindi:
I. Riparare il passato. Con [il] sentir bene la Messa di domani onde cancellare tutte le nostre colpe, offrendo al Padre le piaghe santissime e i dolori del suo divin Figliuolo.
Sì, avessimo pur molti debiti con Dio, fossero pur tanti i nostri misfatti e i peccati commessi in un anno, non spaventiamoci! Mettiamo gli occhi sulle santissime piaghe, sul cuore di Gesù squarciato dalla lancia per accoglierci!
Abbiamo fiducia in Gesù e fiducia grande, anche perché domani si festeggia il Nome suo santo. Domani è adunque l'onomastico di nostro Signore!
Diciamo al Padre celeste: Signore, sono pieno di debiti verso te e verso gli uomini. Per tanti debiti, ti offro Gesù in croce. Abbi pietà di me!.
Gran fiducia nella santa Messa che è il Calvario portato sui nostri altari! Aggiungiamovi l'acquisto delle indulgenze, specialmente dell'indulgenza plenaria lucrabile dopo la Comunione con la recita dell'orazione Eccomi, o mio amato e buon Gesù.
II. Oggi e domani siamo molto delicati nell'esame di coscienza su tutto il 1936! Ci servirà ad eccitarci ad una più grande volontà, ad un più fermo proposito. Umiliamoci dicendo: Signore, voi mi avete aumentato i giorni, ma io ho continuato a mostrarvi la mia ingratitudine. Signore, che cosa ne dite di un'anima così ostinata? Oh, convertitemi una buona volta! Almeno adesso che ho capito la mia grande miseria! Nel '37 io
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non voglio far nulla, pensar nulla che vi disgusti in qualche modo, non voglio dire una parola, né fare un gesto che non avrebbe fatto la Madonna.
E incominciamo subito stasera.
III. Promettiamo di passar santamente questo nuovo anno. Non sappiamo se ne vedremo o no la fine. In ogni caso dovremo rendere conto a Dio non del tempo che egli non ci ha dato, sibbene di quello avuto. E a che ci varrebbe anche un secolo se non lo spendessimo unicamente per il Signore?
Per il 1937 adunque, grande buona volontà, accompagnata da profonda umiltà. Sì, sì, diciamo: Ora amo Gesù, ma... «peccatum meum contra me est semper»5. Ho sempre dinanzi agli occhi quell'occasione in cui offesi il Signore, quel luogo, quella compagnia!. Imitiamo in ciò S. Pietro il quale anche da vecchio non finiva di piangere il suo peccato, tanto che sotto gli occhi gli si erano formate come due borse. Oh, quanto è importante il camminare in un continuo spirito di umiltà nella via della perfezione!
Vi sono alle volte persone che vogliono illuderci nella vita spirituale. Dare segno di stima ad un'anima che ha poca virtù è un metterla nel rischio di commettere gravissimi peccati.
Camminiamo con umiltà! Ci dà l'esempio il nostro padre S. Paolo. Egli diceva: «Nihil enim conscius sum, sed non in hoc justificatus sum»6. Non ricordo di avere offeso il Signore, ma non per questo mi reputo giusto. Chiediamo al santo Bambinello che stenda stasera la sua manina per darci un'assoluzione generale. E poi ci tocchi il cuore affinché per sua particolare misericordia non abbiamo mai più da offenderlo, fino alla morte!

II. DOVERE DELLA RICONOSCENZA VERSO DIO

Ieri sera abbiamo considerato l'umiltà e il dolore che dobbiamo serbare nel nostro cuore. Stamane ci fermeremo sulla riconoscenza e sull'amore.
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Dobbiamo essere riconoscenti a Dio per tutti i benefici ricevuti nell'anno passato e nella vita intiera. S. Francesco di Sales dice ch'è «molto utile fermarsi di tanto in tanto a considerare le grazie da Dio a noi concesse, sia in genere, sia in specie»7. Questo pensiero ci eccita all'amore. Noi veniamo ad amare il Signore perché constatiamo che egli da gran tempo ci ha preceduti. Mi amasti dall'eternità, o Dio di carità!. Il bambino prima dell'uso di ragione non sa comprendere l'amore della mamma per lui, né sa valutare i suoi sacrifici per ringraziarla. Ma una volta grande, se ha il cuore ben fatto, questo ragazzo dovrà riamare la mamma sua!
E noi ora siamo grandi, quindi possiamo e dobbiamo esclamare riconoscenti: «Praevenisti nos, Deus, benedictione dulcedinis!»8. Sì, riamiamo il nostro buon Padre, l'amico tenerissimo, lo sposo premuroso che ci ha amati dall'eternità.
Dobbiamo essergli riconoscenti pei moltissimi benefici spirituali. Nell'anno terminato quante Comunioni, Messe, letture buone! Quante Visite al santissimo Sacramento e rosari! Il nostro sguardo si posa specialmente su ciò che è più soprannaturale e cioè sulle Messe che furono circa quattrocento, sulle Comunioni in cui ricevemmo nel nostro cuore Gesù vivo e vero, le Confessioni in cui tante e tante volte ci furono rimessi i peccati. Inoltre, che dire della formazione spirituale e religiosa da noi ricevuta nel 1936? Vi par poco? Ah, non è poco quel che vi ha fatto il Signore dandovi la vocazione, non è poco da parte sua l'aver accettato il vostro cuore e la vita vostra nella professione! Iddio vi ha amate con vera predilezione!
Ringraziate il Signore anche per i benefici intellettuali: prediche, istruzioni particolari, studio del catechismo o della sacra teologia, letture pie.
Iddio si è degnato di illuminare la vostra mente onde riusciste a penetrar meglio non solo i princìpi di nostra santa religione, ma anche i doveri e le preghiere. Benefici tutti assai grandi invero! Deh, non siamo come quelle persone materiali che capiscono solo il pane ed il piacere. Noi però dobbiamo anche
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essere riconoscenti per tutti i benefici temporali. Dio Padre ci ha sempre provveduto il necessario: pane, alloggio, vestito. Quel Dio che ha cura e provvidenza dei gigli dei campi e degli uccelli dell'aria9 ha provveduto anche a noi, suoi figli.
E se ora godiamo di una buona salute, se fummo liberati da malattie e da pericoli possiamo dirgli: grazie!
Ringraziamo il Signore dei benefici concessi a noi in particolare, alla Congregazione, alla nostra famiglia. Oh, sì, il Signore è il nostro buon padre premuroso e amante!
Vi sono quattro forme di orazione: l'adorazione, il ringraziamento, la propiziazione e l'impetrazione. S. Ambrogio mette il ringraziamento per primo perché lo considera un dovere fondamentale. D'altra parte se non fossimo riconoscenti al Signore non potremmo neppure adorarlo.
Riconoscenza: significa capire che quel che abbiamo lo abbiamo da Dio e quindi «Soli Deo honor et gloria»10. «Quid habes quod non accepisti?»11. Chi trasgredisce i doveri di riconoscenza dimostra un cuore ben poco sensibile. La gratitudine è una virtù dei cuori gentili. Ogni mamma dice al suo bambino, per quanto piccino: «Di'grazie!».
Gesù aveva sanato i dieci lebbrosi. (I lebbrosi sono gli affetti da una malattia terribile che corrode membro per membro lentamente ed inesorabilmente. Ieri leggevo su un giornale missionario, di suore partite per recarsi in lebbrosari che accolgono da ottocento a milleduecento malati, pur sapendo di contrarre anche loro la malattia e di morire deformi, vittime della carità).
Egli aveva detto loro: «Andate dai sacerdoti e fate l'offerta prescritta dalla legge». E andando, si sentirono sanati. Ma di dieci, uno soltanto tornò da Gesù a fare il suo dovere. E Gesù disse: «Come mai? Non ne furono guariti dieci? Di tutti, solo questo straniero è venuto a ringraziare?»12.
Ecco il lamento di Gesù. Non si è abbastanza riconoscenti! Tanti mangiano, ma pochi ringraziano. Tanti recitano il Pater (la
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seconda parte specialmente), pochi il Vi adoro, in cui si ringrazia il Signore per averci creati, fatti cristiani e conservati in vita.
Prima di ricevere le grazie, quante preghiere si fanno, quanti voti a S. Rita13, a S. Antonio14 o a S. Zita15, ma poi, a grazia ottenuta, quanti si ricordano di essere grati a questi santi e al Signore?
Sono relativamente pochi coloro che l'ultimo giorno dell'anno si accostano ai sacramenti e cantano il Te Deum.
Alcuni, pur ricevendo celesti favori, si lamentano di non riceverne di maggiori, fanno come quel povero che stendeva la mano ai passanti e poi, invece di ringraziare, guardava la moneta. Se la moneta era piccola egli diceva tristemente: Cinque centesimi!.... Ma bravo! Non avrebbe meritato altro, davvero!
La riconoscenza, inoltre, torna in nostro vantaggio. Dio ci darà altre grazie! Chi è riconoscente pel 1936, riceverà con abbondanza nel 1937. Chi è riconoscente d'essere venuto in Casa, riceverà la grazia di restarvi. Ho veduto dei bambini così contenti e grati al Signore per la grazia della vocazione, da mostrarsene indegni! E Dio li ha benedetti perché, crescendo, hanno fatto grandi progressi nello spirito e nell'apostolato. Quante volte la vocazione si perde per l'ingratitudine! Quando si è riconoscenti per la vestizione, facilmente si va fino al noviziato e quando si è riconoscenti pel noviziato, si arriva alla professione temporanea prima, e poi alla perpetua e finalmente alla professione eterna in cui Gesù dirà all'anima religiosa: «Veni, sponsa, accipe coronam!»16. [La] riconoscenza per la Comunione di oggi ci otterrà un'altra Comunione domani. Riconoscenza per il pane di oggi ci otterrà il pane per domani.
Quanto rimproverava il S. Cottolengo quando non si ringraziava con le parole Deo gratias! Egli diceva: Se la gratitudine piace tanto a me che sono uomo imperfetto, quanto piacerà
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al cuore di Gesù!. E sgridava chi prendeva il cibo senza pregare prima e dopo, chi si comunicava uscendo presto di chiesa.
Apprezziamo adunque le grazie del 1936. Baciamo la mano del Padre celeste che, oltre al pane quotidiano, ci ha somministrato anche il pane della vita per la mente, la volontà, il cuore!
Baciamo la mano della Madonna che tante volte ci ha liberati dal peccato; baciamo l'Ostia santa, baciamo i piedi al nostro angelo custode!... È ottima l'abitudine che avete presa di dir sempre Deo gratias anche dopo le prediche. Dicendo grazie, voi la fate da furbi, perché grazie significa: Ne voglio avere ancora. L'ingratitudine serra la mano e il cuore del donatore.
Come dimostreremo a Dio la nostra riconoscenza? Offrendogli Gesù in corpo, sangue, anima e divinità insieme al sacerdote nella Messa.
Il celebrante dice ad un certo punto: «Quid retribuam Domino pro omnibus quae retribuit mihi?: Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha concessi?». «Calicem salutaris accipiam et nomen Domini invocabo: Prenderò il calice della salute ed invocherò il nome del Signore»17. Nell'atto stesso di pronunziare queste parole, egli afferra il calice e si accinge a comunicarsi, mentre sale fino al cielo un ringraziamento degno e gradito al Padre, perché offerto dal suo stesso carissimo Figlio: «Hic est Filius meus dilectus»18.
Voi conoscete bene la storia di Tobiolo. Di ritorno dal suo lungo viaggio, egli disse al padre Tobia: «Che cosa potremo dare in compenso a questo mio compagno (l'arcangelo S. Raffaele)? Egli mi ha custodito lungo il cammino, mi ha difeso dal pesce, mi ha fatto riscuotere il danaro da mio zio, mi ha ottenuta una sposa e finalmente mi ha ricondotto a casa sano e salvo ed ha reso a te la vista. Che cosa gli daremo?»19.
Che cosa darete voi al Signore? La vita che gli offrite nei santi voti è ancor poco! Offrite, al Padre, Gesù stesso e sarà un degno ringraziamento! Dimostrate ancora la vostra riconoscenza facendo bene nel 1937.
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Trascorrete questo anno con una maggior delicatezza, senza peccati, con molti meriti. L'avrete tutto o in parte secondo che piacerà al Signore. Ma in ogni caso servite Iddio con grande amore, con quell'amore delicato che gli piace tanto. Non voglio parlare di peccati, ma di delicatezza sì. Siate sempre più delicate!
Vi ecciti all'amore il pensiero delle moltissime grazie che avete ricevute, dei lumi, delle ispirazioni, delle infusioni di grazie speciali, dei frequenti inviti a farvi sante, dei molti aiuti per vincervi, per guadagnare meriti. Pensate sempre: Non fui io, «sed gratia Dei mecum: Non fui io, ma la grazia di Dio in me»20. Così, giorno per giorno, sarete più ricche, e l'anima vostra progredirà nelle vie dello spirito, avvicinandosi sempre più alla luce piena. Amiamo, sì, amiamo il Signore! Egli, come diceva S. Agnese, fu il primo ad amarci!

III. LA MORTE

Tutta la nostra vita è preparazione alla morte. Ecco perché giorno per giorno, mese per mese, noi dobbiamo procurare di accumulare meriti. Li ritroveremo poi tutti ad attenderci sulle soglie della beata eternità. Il momento della morte non è tempo destinato al lavoro, non ci si può illudere di concludere molto, allora. I meriti ce li facciamo in vita. Alla morte li raccoglieremo e partiremo. Sarà finito il tempo; disgraziato chi avrà ancora da comperare l'olio per la lampada!21. La sacra Scrittura ci raccomanda di star preparati: «Sint lumbi vestri praecincti et lucernae ardentes in manibus vestris»22. Passiamo quest'anno come se dovesse esser l'ultimo della nostra vita e così la morte, venendo, ci troverà preparati. Beati noi se saremo trovati in stato di fervore! Beati noi se con fatti più che con parole, sapremo dimostrare costantemente a Dio il nostro amore e la conformità della nostra volontà alla sua!
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In riguardo alla morte, tre sono le grazie da chiedersi:
1) La grazia di viver bene per morir bene.
2) Di essere aiutati dalla misericordia di Dio a far bene quel passo.
3) La grazia di essere (se piace al Signore) liberati dalla morte improvvisa onde possiamo premettere a quell'ora suprema, oltre alla preparazione remota, anche una preparazione prossima.
La terza predica del Ritiro dev'essere, più che una predica o meditazione, una vera e propria preghiera vocale, per impetrar direttamente da Dio la grazia di una buona morte.
La Messa per implorare questa grazia è a pag. 207 del Messalino nostro. Nell'Introito si legge: «Illumina, o Signore, gli occhi miei, affinché io non m'addormenti mai nella morte e affinché il mio nemico non dica mai: L'ho vinto!»23. Questo Introito ci trasporta sul nostro letto di morte perché possiamo sentire e provare ciò che sentiremo e proveremo in quel terribile punto. Gli interpreti dicono che nell'Introito il celebrante intende chiedere a Dio la liberazione dalla morte improvvisa.
Questa, in certi casi, può essere una grazia; però, in generale, le anime buone preferiscono premettere all'ultimo passo una preparazione immediata.
La morte può essere improvvisa in due sensi: improvvisa moralmente e improvvisa materialmente. La prima è da temersi! Disgraziato chi viene colpito dalla morte mentre vive nella dissipazione o nel peccato, ovvero nella tiepidezza, mentre tramanda di giorno in giorno la Confessione! Questa è la più grande disgrazia! All'arrivo della morte si deve essere in regola, si deve aver fatto un po' di penitenza pei peccati commessi, si devono aver acquistate delle indulgenze. E i meriti devono essere pronti.
Guai a chi non ha provveduto per tempo a tutto! Che pena proverà! Allora i meriti o si hanno o non si hanno. E se si hanno, la morte non può dirsi improvvisa. Se non ci sono i meriti però, avessimo pure cento anni, la morte ci coglierebbe alla sprovvista.
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Beato l'uomo che sta sempre preparato!
Dice il Vangelo: «Videte, vigilate et orate»24, questi tre verbi sono tre regole, tre raccomandazioni, tre avvisi.
Leggiamo ora attentamente l'Oremus, l'Epistola e il Vangelo. Stanno a dirci: Ricordati che solo chi vive bene muore bene.
Orazione: «O Dio onnipotente e misericordioso, che hai dato al genere umano i rimedi della salute e il dono della vita eterna, riguarda propizio noi tuoi servi e conforta le anime da te create; affinché nell'ora della loro dipartita possano meritare di essere presentate senza alcuna macchia di peccato per mano degli angeli, a te loro Creatore. Per il Signore nostro...».
L'Epistola sta a ricordarci che dobbiamo presentarci al giudizio di Dio il quale è giudice dei vivi e dei morti, ossia dei giusti e dei peccatori.
Epistola di S. Paolo ai Romani: «Fratelli, nessuno di noi vive per se medesimo, né per se stesso muore; ma se viviamo, viviamo pel Signore e se moriamo, moriamo pel Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. Perché appunto Cristo è morto e risuscitato per essere Signore dei vivi e dei morti. Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? O perché tu disprezzi il tuo fratello? Tutti invece compariremo davanti al tribunale di Cristo. Sta scritto infatti: Io sono il Vivente, dice il Signore, e davanti a me si piegherà ogni ginocchio ed ogni lingua darà gloria a Dio. Così, adunque, ognuno di noi renderà conto di se stesso a Dio»25.
E il Vangelo dice: «Vegliate su voi stessi affinché i vostri cuori non siano depressi da crapula, da ubriachezza e dalle cure di questa vita, ché all'improvviso non vi colga quel giorno, il quale come un laccio sopravverrà a quanti abitano la faccia di tutta la terra. Vegliate, adunque, pregando in ogni tempo di essere fatti degni di evitare tutto quanto sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo»26.
È di nuovo il giudizio che ci vien messo davanti. Bisogna vegliare e pregare in ogni tempo, star pronti e non dormire, non
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tramandare! Eh, chissà!... Nel '36 sono passate all'eternità tante persone anche a noi carissime. Orbene, nel '37 a chi toccherà? Chi partirà? Questo è un segreto di Dio. Egli ci lascia nell'incertezza proprio perché operiamo e non tramandiamo e stiamo all'erta, giacché «Venit nox in qua nemo potest operari: Verrà poi la notte in cui non si potrà più operare»27.
L'anima poco previdente si troverà in fin di vita in condizioni simili a quelle di una figliuola la quale dopo aver sprecato tutta la sua giornata, si accorge di non aver fatto i compiti per l'indomani. Essa va a piagnucolare dalla Maestra chiedendo di vegliare per farli, ma la Maestra le dice: Basta, non è più tempo, va' anche tu al riposo!
Leggiamo ora la Segreta: «Ricevi, te ne preghiamo, o Signore, l'Ostia che ti offriamo per il punto estremo della nostra vita, e fa' che per essa vengano tolti tutti i nostri peccati, in modo che, provati in questa vita dai flagelli della tua provvidenza, otteniamo nella futura l'eterno riposo».
E nel Communio è detto: «Signore, ricorderò soltanto la tua giustizia; o Dio, mi hai ammaestrato fin dalla mia giovinezza ed anche nella vecchiaia e nella decrepitezza, o Dio, non mi abbandonare»28.
Finalmente chiediamo al Signore che ci assista negli ultimi momenti in cui il diavolo, pur di rovinarci, non lascerà di tentare ogni mezzo.
«Preghiamo la tua clemenza, o Dio onnipotente, a degnarti di fortificare con la tua grazia, in virtù di questo Sacramento, noi tuoi servi, affinché nell'ora della nostra morte non prevalga il nemico contro di noi ma coi tuoi Angeli meritiamo di passare alla vita eterna. Per il Signore...».
Il diavolo è sempre all'erta, e noi dormiremo?
Ah, vi sono figliuole che non dormono nell'indifferenza o nella tiepidezza! Esse sono sempre attive e vigilanti, lavorano costantemente per vincersi, compiono la divina volontà.
E anche andando al riposo sanno far fruttificare quelle ore, offrendo il sonno e i palpiti del cuore al Signore.
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Nel punto della nostra morte il demonio moltiplicherà i suoi sforzi e chi tenterà di disperazione per aver fatto male o non aver fatto abbastanza in vita, e chi tenterà di presunzione.
Per carità, se assistete una moribonda, guardatevi dal metterla nel pericolo d'insuperbirsi. Non dite: Fa' coraggio perché sei stata buona, no! Dite piuttosto: Guarda il Crocifisso e spera!. Oh, se anche in tutta la vita si fossero commessi due soli peccati veniali, come S. Luigi, vi sarebbe di che piangere e chiedere perdono! Ah, se sapessimo che cos'è l'offesa di Dio!
Sappiate condurre le anime nell'umiltà. E in punto di morte eccitatele a sentimenti di umiltà, di pazienza, di fiducia nel Crocifisso, nel Sacro Cuore, nei santi sacramenti.
Su quel letto di dolore noi sentiremo il bisogno di essere assistite da persone che ci amano sinceramente, da persone che ci suggeriscono gli atti di fede, di speranza e di carità onde possiamo perseverare sino alla fine. In teologia si studia che la grazia della perseveranza è la più difficile ad ottenersi e nessun santo può meritarla de condigno29. Chiediamola dunque sempre!
Adesso recitiamo tre volte la seconda parte dell'Ave Maria per ottenere la grazia di morir bene. E se il Signore vorrà che moriamo di morte improvvisa, sia almeno quando ci troviamo in grazia e in un momento di fervore, come, ad esempio, dopo la Comunione. E poi recitiamo un Pater per quella fra noi che morrà per la prima. Pater noster...
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* Ritiro di tre prediche. Stampato in sedicesimo (pp. 1-12), insieme ad un'altra meditazione, tenuta il primo gennaio. In alto a sinistra è riportato il motto: G.D.P.H. Al centro come titolo è posto: “RITIRO MENSILE (Gennaio 1937)”. Dal contesto si deduce che il Ritiro è stato tenuto a Roma, iniziato il 31 dicembre 1936 e terminato il 1° gennaio 1937. L'autore è indicato nel modo seguente: “Primo Sig. Maestro”. Le tre meditazioni di cui si compone il ritiro hanno come titoli solo la parola: “predica”. I titoli inseriti rispondono a quelli di un ciclostilato successivo.

1 Mal 3,1: «Entrerà nel suo tempio santo il Signore».

2 Cf Lc 23,39-43.

3 Lc 2,52: «E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».

4 Lc 2,40: «Il bambino cresceva e si fortificava e la grazia di Dio era sopra di lui».

5 Sal 51,5: «Il mio peccato mi sta sempre dinanzi».

6 1Cor 4,4: «Anche se non sono consapevole di colpa alcuna, non per questo sono giustificato».

7 Cf S. Francesco di Sales, Filotea, parte III, cap. 5.

8 Cf Sal 21,4: «Gli vieni incontro, o Dio, con larghe benedizioni».

9 Cf Lc 12,24.27.

10 1Tm 1,17: «All'unico Dio onore e gloria».

11 1Cor 4,7: «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?».

12 Cf Lc 17,11-18.

13 Rita da Cascia (1381-1457). Nata a Roccaporena (Perugia), sposa, madre, poi monaca agostiniana, visse nel monastero di Cascia.

14 Antonio da Padova (1195-1231), nato a Lisbona. Frate minore francescano, visse in Italia dal 1227. Eccellente predicatore, Dottore della Chiesa.

15 Zita (1218-1272). Nativa di Mansagrati (Lucca), fin dall'età di dodici anni e per tutta la vita fu domestica presso una ricca famiglia.

16 «Vieni, sposa [di Cristo], ricevi la corona [che il Signore ti ha preparato]». Breviarium Romanum. Comune delle Vergini. Antifona al Magnificat.

17 Sal 116,12-13.

18 Mt 3,17; 17,5: «Questi è il mio Figlio prediletto».

19 Cf Tb 12,2-3.

20 1Cor 15,10.

21 Cf Mt 25,10.

22 Lc 12,35: «Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese».

23 Cf Sal 13,4-5.

24 Cf Mc 13,33: «State attenti, vegliate e pregate».

25 Rm 14,7-12.

26 Lc 21,34-36.

27 Gv 9,4.

28 Cf Sal 71, 16-18.

29 «Di diritto».