Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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17. COME SARÀ DIVISA LA NOSTRA CONGREGAZIONE*

Gli Istituti religiosi sono per lo più divisi in province ed ogni provincia ha quanto occorre per la formazione dei soggetti, per lo sviluppo delle iniziative d'apostolato, per l'ampiezza del territorio in cui operare.
La Società Figlie di San Paolo sarà divisa in nazionalità per le varie iniziative apostoliche di più largo campo; e perché tanto deve contare su la lingua, i bisogni, gli usi, le condizioni religiose e civili delle varie nazioni.
Questa è una organizzazione a cui si mira; ma è ancora lontana.
Le varie nazionalità dovranno dipendere da un unico centro: la Casa generalizia. Ma ogni nazionalità deve formare un'unità in se stessa. Ove si parla una sola lingua, ivi sarà una direzione unica.
Ogni nazionalità ha grande responsabilità, perché deve formarsi un personale proprio; deve poter avere il suo noviziato e probandato; una propria casa di studi, un'amministrazione propria.
I frutti saranno in proporzione dell'obbedienza che presteremo al Signore nella persona di chi ha il grande peso di guidare: poiché le anime saranno nelle vostre mani docili in proporzione della docilità vostra: "Nessuno comanda sicuramente se non ha ubbidito volentieri".
Bisogna perciò pregare per le vocazioni; perché aumentino e si santifichino, onde si aderisca ai divini disegni.
Per un altro argomento preghiamo la nostra santa Madre: la bella virtù. La disciplina insegnataci dal divino Maestro e dai santi è via sicura, è precetto, è garanzia di grazia.
Ogni volta che si manifestano tendenze ed amicizie speciali, procediamo con fermezza: o correzione o dimissione; questo a cominciare dal probandato, ma tanto più negli anni che preparano ai santi voti. Non si ammetta alla professione perpetua chi nel periodo della professione temporanea fosse caduta gravemente.
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Si possono anche alquanto prevedere ed intravvedere certe debolezze; infatti l'accidia che porta al soverchio riposo, la golosità che è eccesso nel bere, nel mangiare, l'impurità che abbassa l'anima, sono tre sorelle che camminano a braccetto, d'ordinario. Anche una sola caduta, sebbene si possa compatire, può talora costituire il principio di una perversa infermità.
È necessaria l'osservanza della regola: presto a letto, presto fuori di letto, ovunque.
Mettiamo in vigore la regola di S. Giovanni Bosco: non toccare i giovani né per affettuosità né per castigo.
Sono tanto pericolose sia le antipatie che le simpatie, ma specialmente la confidenza nelle forze umane, la tiepidezza, il mettersi nelle occasioni; si dica, si vigili, si preghi.
Il dovere di aprirsi con la Maestra non importa quello di dirle le proprie mancanze. E per essere chiari: al confessore spetta la direzione in foro interno, cioè nella coscienza, come giudice del peccato commesso o di ciò che induce al peccato; alle Maestre invece spetta la direzione in foro esterno e cioè tutto ciò che riguarda lo studio, l'apostolato, la povertà, la condotta morale-religiosa, la salute, le occupazioni, le difficoltà, le ripugnanze, l'ammissione al probandato, noviziato, voti, vestizione, ecc.
In una parola: il confessore e le superiore hanno i loro doveri ed uffici, come sono determinati dal Diritto canonico; uniformiamoci alle prescrizioni della Chiesa.
Se fu commessa una mancanza, possono interrogarne i superiori? Sì, in quanto tocca l'esterno. Perciò quando si ritorna da fuori, si dicano le difficoltà, i pericoli incontrati: il dire è già mezzo vincere.
Vivere la vita di comunità. Voler lavorare molto non è tutto: bisogna osservar l'orario! E non è meglio fare una cosa? Il meglio possono cercarlo le persone che sono libere di scegliere; la religiosa deve ubbidire: è lì il suo meglio.
Non vi siano affatto, mai, relazioni epistolari che sotto pretesto spirituale disturbino lo spirito, l'andamento regolare della vita comune e specialmente la disciplina della riservatezza religiosa.
La Madonna vi guidi, ella che parlava poco ma operava molto, perché era tutta di Dio.
Con una Salve Regina chiediamole lo spirito religioso.
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* Predica stampata in EC, 6[1937]1-2. Cf nota introduttiva della Meditazione n. 16.