Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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CAPO VII.
VERSO IL TRAMONTO

Aspira al cielo


Non credo che Maggiorino avesse un vero presentimento della sua morte. Ma bisogna però riconoscere che negli ultimi mesi passati nella Scuola Tipografica egli mostrava di sentire una nostalgia per il paradiso.
Nelle sue note parla sovente del cielo, come di una cosa vicina.
Copiò in un notes le poesie sul Paradiso. Tra le altre copiò e circondò di fregi quella che incomincia così:

«Io mi moio per desio
Di vederti, o mio Gesù:

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Già m'annoia, o mio bel Dio
Il più vivere quaggiù».


In fine si dipinse unA specie di tomba con una croce a rami intrecciati. Il Direttore aveva una sera notato che cantandosi la lode «al ciel, al ciel, al ciel» il suo volto aveva preso una espressione speciale.
Ricordava allora più spesso il Paradiso coi compagni in ricreazione.
I propositi di Gennaio 1918 terminano così: «Paradiso! Paradiso! Eterna felicità!! ecco ciò che mi aspetta».

Il primo male.


Lo sforzo continuo ed energico di Maggiorino per farsi santo indebolì assai la sua salute. Il Direttore se n'era accorto, ed aveva cercato moderarlo varie volte, ma non vi era riuscito guarì.
L'aspetto però si presentava sufficientemente buono, continuava l'appetito, la sua energia allo studio non non era punto scemata, continuava l'allegria solita.
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Soltanto nel lavoro pareva non sentirsi più in forze come prima e qualche volta si accorgeva di una certa stanchezza in tipografia ed a passeggio.
Egli taceva e soffriva in silenzio. Ricordava la massima di S. Teresa: «Sorelle, sappiate sopportare qualcosa senza che tutti lo sappiano».
Un giorno però non ne poteva più e disse al Capo-macchina: Senti, io non mi sento bene: non farmi più fare di tutto; ma non dirlo con alcuno. Il Capo-macchina promise e tacque.

Il male cresce


La malattia progrediva.
Vennero in quel tempo a trovarlo i suoi genitori. Egli accusò qualche malessere, ma tacque anche allora tutte le sue sofferenze. Temeva, disse poi, di dover andare a casa, interrompendo la vita sua.
Solo in una visita successiva egli si lasciò sfuggire qualche parola da cui trapelava qualcosa. «Non sarà, meglio, gli dissero i genitori, che ti facciamo visitare dal medico?»
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«A me è lo stesso, parlatene col Teologo: quello che egli dira io farò».
E fu condotto dal medico che riscontrò subito che Maggiorino era affetto da pleurite.
Il Direttore dispose tosto che secondo il consiglio del medico, fosse trasportato a casa in vettura.
Il cuore di Maggiorino sentì allora una stretta fortissima e le lacrime gli caddero dagli occhi.

A tutto.


- Caro fanciullo, gli dice il Direttore, vuoi tu fare la volontà di Dio?
- Sì, in tutto.
- Ebbene la volontà del Signore è questa!
- E allora io vado volentieri a casa: ma Lei preghi perche io torni presto.
- Sta tranquillo: pregherò io e pregheranno i compagni. Ma se tu dovrai soffrire anche un'operazione, sarai rassegnato? sopporterai in pace?
- Sì, io lo spero con la grazia del Signore.
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- E con quali intenzioni offrirai le tue sofferenze?
- Per far penitenza dei miei peccati, per questa casa, per l'Apostolato Stampa e per tutte le sue intenzioni.
- Sei disposto a tutto?
- Sì, a tutto.
- Anche ad andare in Paradiso se il Signore ti chiamasse ?
Sì, anche a questo!
Il Signore ti benedica. Prega. San Paolo.
E le lacrime gli caddero dagli occhi.
Salutò il Direttore, i compagni e partì sofferente, ma tranquillo, accompagnato dal suo maestro di scuola.

Sulla croce.


La malattia fu grave e lunga. Dovette anche subire l'operazione per l'estrazione del pus. Ma egli sopportò tutto con edificante rassegnazione.
La sua preghiera era questa: «Sia fatta la volontà di Dio!» Suo sollievo si era di fermarsi a guardare e disporre le immagini sacre, da cui ricavava tanti pensieri santi.
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Gli dispiaceva che non potesse in quel tempo comunicarsi ogni giorno. Ma egli sapeva assai bene che su di tutto sta la volontà del Signore: e faceva la Comunione Spirituale.

La vocazione.


Allorché il Direttore andava a trovarlo mostrava una sola preoccupazione: quando potrò tornare alla Scuola Tipografica?
Accadde fra lui e la mamma questo dialogo:
- Io desidero che tu manifesti a mio padre il desiderio che io ho di tornare al più presto.
- Ma e se la tua salute dovesse soffrirne di nuovo?
- Se sapessi anche di dover morire io tornerei.
La vocazione era il suo grande pensiero.
Si riebbe da quel male e sembrava che ormai fosse anche fuori pericolo di ricadere.
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Sua prima cura era stata quella di approfittare del miglioramento per portarsi in Chiesa a ringraziare il Signore e fare la Santa Comunione.
Scrisse allora una lettera, a1 Direttore in cui diceva: «Preghi e faccia pregare per me perché presto possa tornare alla cara Scuola Tipografica ed al lavoro per l'Apostolato Stampa».
Verso la fine di giugno, sentendosi sempre meglio fece anche una visita ai superiori e compagni.
Si fermò poche ore, ma furono ore di gran conforto. Rivide tutti: a tutti e con tutti ebbe qualcosa da dire: ma più di tutto egli provò una profonda commozione, sentì più forte nell'anima la sua vocazione. E lo espresse prima, di tornare in famiglia: «Come si sta bene qui! Credo di tornar fra pochi giorni: e intanto incomincerò a casa a studiare per guadagnare il tempo perduto». Il Signore tenne conto del suo desiderio ma non tornò più, neppur cadavere: egli non entrò più nella casa dove quel fiore era sbocciato così vago e profumato. Gli angeli del cielo lo
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invidiavano alla terra e fra poco sarebbe stato trapiantato lassù.

Peggioramento improvviso.


Per vari giorni non si scorse in lui peggioramento: ma il male continuava i suoi progressi occultamente.
Al 18 Luglio apparivano i primi sintomi della meningite più maligna ed inesorabile.
Il Parroco gli amministrava allora il Santo Viatico in forma solenne. Fu uno spettacolo commovente. Maggiorino steso sul suo letticciuolo bianco, sereno, quasi sorridente, attendeva quel Gesù che aveva tanto amato. Gesù andava a quell'anima tutta candore ed ardore. Il caro giovinetto recitò il Confiteor, rispose alle preghiere del sacerdote con divozione che commoveva il cuore dei presenti. Più d'uno ebbe a esclamare: «Quella scena di paradiso ci giovò più di varie prediche».
Domandò ripetutamente l'Olio Santo e la Benedizione Papale.
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Quando parve venuto il tempo chiese ancora una volta l'assoluzione, vi si dispose con lo stesso ardore che soleva mettere in ogni cosa, anche nelle minime. Pareva che per alcuni istanti il male fosse scomparso. Rispondeva alla formula, si raccoglieva per eccitarsi al pentimento più vivo.

Disposizioni sante.


Il Direttore gli fece allora una visita e passando al suo capezzale la notte si approfittò dei vari momenti di calma per trattenersi intimamente con lui.
- Desideri guarire o vuoi andare in Paradiso?
- Per me è lo stesso.
- Qui sulla terra potresti ancor farti dei meriti; ma c'è anche il pericolo di far dei peccati.
- Se il Signore vuole che io lavori ancora un poco io sono disposto: altrimenti muoio ben volentieri.
- Qual'è dunque il tuo desiderio?
- Di far la volontà del Signore. Ma mi dica: è meglio che chieda di guarire o di morire?
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- Chiedi soltanto che si faccia la volontà di Dio e intanto disponiti a morire.

* * *

Ripetè varie volte quest'ultima domanda, ma si ebbe sempre uguale risposta.
- Dài volentieri a Dio la tua giovinezza? la tua vita?
- Sì, son contento se vuole accettarla.
- E del tuo avvenire, dell'affetto ai tuoi cari, del desiderio di diventare buon Apostolo della stampa fai volentieri sacrifizio al Signore?
- Sì, spero che il Signore ne terrà conto.
- E per la stampa farai più nulla?
-Oh, se vado in Paradiso voglio pregare tanto, tanto.

* * *

- Ricordi i tuoi compagni?
- Sì, li ricordo e specialmente alcuni
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- Che cosa desideri da loro?
- Che me li saluti tutti, che preghino per me, che abbiamo da trovarci in paradiso, tutti assieme.
- Senti, Maggiorino, per te mi parrebbe più fortuna morire adesso: ma io non so se tale sia la volontà del Signore.
- Ebbene lasciamo fare al Signore.
Rimase quattro giorni in lunga e penosa agonia. I suoi compagni fecero un triduo di adorazione innanzi al SS. Sacramento succedendosi ininterrottamente per tre giorni. Intendevano di chiedere la guarigione se tale era la volontà del Signore. In caso diverso che la morte fosse quella dei santi.
Alle 18 del 27 Luglio finiva il triduo: tutti i compagni recitavano assieme il quarto Mistero Glorioso per lui: egli se ne volava al cielo.
Era giorno di sabato ed egli credeva due cose che ci confortano: che Maria SS. assiste in modo particolarissimo i suoi divoti nell'estrema agonia, che la Madonna del Carmine (alla cui compagnia era ascritto), apporti
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speciali aiuti alle anime sue divote in purgatorio se mai vi cadessero.
Aveva però adempite varie pratiche cui in morte è annessa l'indulgenza plenaria, specialmente per quella detta del Beato Cafasso.
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