Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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X. PROBLEMA VOCAZIONARIO
In tutti i tempi e in tutti i luoghi è sempre vivo il problema vocazionario.
Prima ancora di incominciare l'apostolato pastorale già si può mettere l'occhio sopra qualche figliuola o qualche giovane che diano segni di vocazione.
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Dico anche qualche giovane perché anche il formare sacerdoti è cosa che appartiene alle pastorelle. Se nella parrocchia si curano di tutti: i bambini, i fanciulli, massimamente sono da curarsi quelli che danno qualche segno di vocazione, che sarebbero la parte eletta, la parte cioè che Iddio ha scelto per sé. E allora la pastorella contribuisce ad avviarli, questi fanciulli, agli istituti, ai seminari; poi potrà anche in qualche misura, secondo i casi, procurare benefattori perché possano, questi aspiranti alla vita religiosa o al sacerdozio, possano seguire la loro vocazione.
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Quindi la pastorella starà daccanto al sacerdote cooperando nella maniera che è possibile, specialmente al sacerdote pastore di anime, come assisterà anche il sacerdote infermo e saprà suffragarne l'anima dopo che sarà passato all'eterno riposo. E' una collaborazione, ecco, che si presta alle vocazioni del clero secolare.
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Ma parlando propriamente delle vocazioni vostre, è più facile che sappiate scoprirle ed è più facile anche che possiate coltivarle e accompagnarle sino ad entrare nell'istituto, che è il primo passo: il reclutamento.
Secondo passo è poi la formazione e terzo passo l'assistenza affinché, specialmente nei primi tempi, possano corrispondere, compiere le opere della loro vocazione.
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Primo, il reclutamento.
Ho già detto altra volta che sempre bisogna prender l'esempio da Gesù buon Pastore.
Egli è il Pastore universale delle anime - Ego sum pastor bonus [Gv 10,11] è scritto qui a caratteri grandi sull'altare - . Egli è il Pastore universale, ma ha voluto, quando doveva uscire dalla vita presente e cioè chiuder la sua giornata della vita presente, ha voluto lasciare dei continuatori ed ecco perciò che egli si è cercato gli apostoli, continuatori; e si è cercato i settantadue discepoli e ha voluto che poi, questi apostoli, ordinassero degli altri, buoni giovani, uomini che avevano buona stima di rettitudine e di pratica di vita cristiana.
[Ha] voluto che li ordinassero sacerdoti e siccome generalmente non si potevano prendere giovani che, alle volte, sono ancora volubili, aspettavano a ordinarli quando avevano già una certa età. Così il nome «presbiteri» vuol dir vecchio, anziano, e il sacerdote in latino si chiama appunto con quel nome. Oh.
Ma anche Gesù aveva scelto per apostoli uomini già formati, anzi Pietro era già arrivato ad una certa età. Oh.
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Egli, Gesù, prima di iniziare il suo apostolato, la sua predicazione, si cercò dunque le vocazioni. Fece il primo gruppo, costituì il primo gruppo di apostoli: Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, poi Bartolomeo, Filippo, ecc...; perché? Perché questi dovevano imparare da lui.
Non poteva mica egli, al fin della vita, quando era in croce, chiamarsi un gruppo di uomini e dire: «Andate e predicate» [Mc 16,15]. Questi dovevano già avere sentito lui a predicare, che cosa diceva; e dovevano anche aver veduto che cosa egli faceva, come e quando perdonava i peccati, come e quando consacrava il pane, quindi celebrava per la prima volta la messa nell'Ultima Cena, ecc.
Dovevano sentirlo e vederlo, sentire quel che insegnava e vederlo come operava e conoscere i mezzi di grazia che adoperava.
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Quindi: ecco: «Venite /con me/ (a), 2 [e] vi farò pescatori di uomini» [Mt 4,19] e li scelse in generale semplici, il che significa che in una parrocchia sempre si ha da avere presente il problema <della> delle vocazioni, come si deve aver presente qui, nella casa madre, e di qui deve partire tutto l'insegnamento a questo riguardo e deve partire specialmente l'attività vocazionaria per l'istituto.
Questo è grande missione, missione molto meritoria.
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In secondo luogo il Maestro divino, Gesù buon Pastore, ci ha insegnato a cercare coloro che erano buoni non i ricchi, non i sapienti, non quelli di alta posizione sociale: pescatori! E se chiamò Matteo - Matteo il quale era un esattore di imposte - lo scelse da quelli che avevano poca buona fama: pubblicano, e cioè coloro che il popolo quasi detestava perché gli esattori son mai graditi, ma si aggiungeva anche che sovente gli esattori commettevano ingiustizie, erano avari. Oh.
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Mostrò anche con questo che si può talvolta prendere una vocazione la quale non ha sempre seguito la via santa, una giovane che magari può avere per qualche tempo un po' abbondato nel divertimento e nel seguire magari la moda e quello che è umano; ma poi quando viene il ravvedimento. e in Matteo ci fu il ravvedimento immediato, Gesù lo chiamò ed egli lasciò il banco di esattore e invitò i suoi compagni, che erano stimati pubblicani e peccatori, li invitò subito ad un desinare, ad un pranzo con Gesù, tanto che subito l'accusarono: «/Ecco/ (a) il vostro Maestro mangia [coi pubblicani e] coi peccatori». [Mt 9,11].
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E vi sono alle volte giovani le quali sembran troppo vivaci e mostrano anche a un certo punto, forse, di aver un poco abbondato nel seguire la mondanità. Occorre avere l'occhio penetrante, diremmo quasi l'occhio clinico delle vocazioni, che significa: scoprirle!
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S'intende che generalmente sono quelle di modesta condizione, sono quelle giovani che sono sempre state rette e han mostrato pietà, han mostrato di non amare il mondo con le sue vanità, hanno condotto vita pia, hanno condotto vita innocente, vita di pietà. Si, sì; tuttavia può esserci una vivacità esterna la quale si mostra, così, ma intanto sotto si scopre che c'è un'attività e una disposizione all'obbedienza, una disposizione a compiere quello che richiede maggior generosità; si vede un'anima che, ben avviata, sarà fervorosa e sarà attiva nell'apostolato.
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Stiamo molto umili quando si tratta della decisione nelle vocazioni, abbiam tanto bisogno di lume di Dio.
Essere guidati dallo Spirito Santo. Scoprirle quindi con i soliti segni che abbiamo noi uomini e cioè: l'amore alle pratiche di pietà, la delicatezza di coscienza, l'intelligenza aperta, la tendenza allo zelo, l'amore al lavoro, <la> il carattere buono, socievole, la docilità alle disposizioni e ai comandi... E forse, molte volte, si scoprono fra quelle figliuole le quali già in qualche maniera davano la loro opera al parroco o nell'azione cattolica o nelle opere caritative o nel curare i bambini, nel fare i catechismi, ecc.
Allora vi sono già i segni.
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Notare però che man mano che l'istituto si allarga occorre sempre più questo carattere di socievolezza, di docilità perché i caratteri difficili fan poi soffrire, i caratteri strani sono poco graditi a coloro che devono convivere assieme. Vi sono persone così attaccate al loro parere che non accettano nessun consiglio; anche se tutti dicessero che è bianco, e, loro dicono che è nero, o viceversa.
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E quando l'istituto è piccolo qualcheduna si può sopportare, ma quando l'istituto si ingrandisce, se invece di qualcheduna ce ne sono parecchie, dovremmo vivere in continui litigi oppure si dovrebbe sempre dire: «Ma quella lì lasciala stare, non toccarla, se no, morde».
Come si fa! Questa non la vogliono in una casa, quell'altra non la vogliono... - Ma, è buona!
- Eh, ma che carattere!...
E in questa fissazione delle loro idee non fan neppure più le pastorelle... fan qualche cosa... relazione con una famiglia, vanno in giro per un'altra cosa... Eh!... si stia ritirati!
Ritirati e mostrarsi quando si porta la Parola di Dio, quando si fa il catechismo, quando si tengono i bambini...
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Quando poi una persona, specialmente una suora, si mette in relazione con una, due, tre famiglie, con una, due, tre giovani, si può dire che bisogna cambiarla di posto perché il suo apostolato non è più in generale per la parrocchia, non è più così utile.
Ma, si dirà: 'cambiarla di posto'; in un altro posto ripete quel che ha fatto qui, purtroppo! Tante volte può avvenir questo. Oh.
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Di conseguenza badare molto al carattere, alla docilità, all'arrendersi, a seguire quel che è detto.
- Quella bisogna prenderla com'è - si dice allora. Sì, si prende com'è ma, se si facesse bene, se la sua maniera di fare e la sua condotta fosse buona. Ecco. Oh!
Quindi scegliere bene!
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Poi, oltre che sceglierle bene, saperle indirizzare, aiutare a giungere alla loro vocazione, arrivare all'istituto.
Allora le giovani si trovano in tante circostanze diverse. Qualche volta capita che da molto tempo aspettavano una voce più chiara che Dio le voleva e sentendosi invitare e vedendosi aprire una strada mandano come un gran respiro, si sentono piene di riconoscenza al Signore e a chi fa loro l'invito.
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Altre volte invece forse non avevano mai pensato, eppure in fondo in fondo c'eran tutte le disposizioni; qualche altra volta vi avevano pensato ma non avevan mai osato dirlo, poi vedevano per la loro vocazione degli ostacoli o insormontabili o in famiglia o all'esterno, oppure considerando l'avvenire che <essi> esse avevano sempre pensato.
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Poi avviene anche che si trovino in difficoltà per la famiglia. Figlie uniche in generale non conviene abbondare, occorrono particolari condizioni, ecco, particolari condizioni per accettarle e se poi queste particolari condizioni si verificano, allora forse faranno del gran bene queste figliuole. Oh.
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Forse la difficoltà sarà l'opposizione, sì, l'opposizione: «Piuttosto ti vedrei morta che vederti vestita da suora...» Eh, là!... Se vogliono passare al matrimonio, andassero anche a rompersi il collo, aprono loro la strada, ma per darsi al Signore...
Però, quando vi è vocazione, la giovane prega, vince con la grazia di Dio. E se non vince? Si arriva a vent'un anni, si è liberi. - Ho atteso finora con sacrificio, ora non solamente ho la libertà da Dio - perché la libertà di seguire la propria vocazione una l'ha con la nascita, col battesimo.
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Gesù la mostrò subito, quando aveva dodici anni. Se Maria lo interrogò: «Perché ci hai fatto così? - ed egli pronto - Non sapevate che io devo occuparmi delle cose che riguardano il Padre mio?» [cf. Lc 2,49].
E così può dire la figliuola: «Oh, devo occuparmi delle cose di Dio, del Padre che è nei cieli».
Ecco. Questa libertà la si ha col battesimo, la scelta dello stato.
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Ma quando si arriva a vent'un anni si ha anche la libertà civile, la libertà civile, per cui i genitori non possono più presentare alcuna opposizione. Tuttavia si ostinano: «...e, ci son tante strade da prendere!...».
Ci sono tante strade da prendere. Va a sapere perché Gesù a dodici anni ne ha preso una, strada! Maria pensava che fosse con Giuseppe perché gli uomini si accompagnavano insieme, e Giuseppe pensava che Gesù fosse con Maria perché le donne si accompagnavano insieme e i fanciulli erano liberi di andar di qua o di là: prese l'occasione, non andò né con uno né con l'altro. Ecco! (a).
Così ci son tante strade nel mondo e, fece bene? Fece bene! Oh. Ma quando ritornò a casa: Erat subditus illis [Lc 2,51], obbediente.
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Vi è però un punto in cui dovete essere inesorabili, specialmente per le suore pastorelle, perché voi avete da vivere e collaborare coi parroci, coi sacerdoti: inesorabili sulla delicatezza di coscienza, sulla purezza. Questo bisogna che sia conservata a tutta prova, 'a prova - diciamo oggi - di bomba', cioè innanzi a qualunque lusinga. Sempre liete, disinvolte, delicate, svelte e semplici, ma svelte. Quando vi sono conversazioni lunghe si comincia a fare un pasticcio, ecco; si sta rovistando o girando acqua e farina, si fa un pasticcio, oh, che però è immangiabile eh!
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Dunque... Unite alle opere, non unite nelle relazioni e nelle confidenze, e dov'è possibile, neppure confessarsi dal parroco o dai sacerdoti del posto, cioè quelli con cui si deve lavorare, perché vi son paesi dove non c'è soltanto una parrocchia ma più parrocchie e allora si può andare a confessarsi da quei sacerdoti coi quali non si deve cooperare nelle opere.
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Facilitare l'entrata.
Qualche volta anche il corredo bisognerà cercare. Sì, non hanno dote ma hanno le doti, cioè hanno le virtù, le doti di virtù, le doti di buon carattere, la dote dello zelo..., hanno tante doti e allora bisogna ad ogni costo.
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Il denaro, oppure... non deve indurre mai ad accettare una figlia perché è ricca, mai! Se ha anche quello è un aiuto come un altro ma non è certamente quello che è decisivo. E se non ha denaro, neppure deve mai avvenire che, punto perché è povera, non accettarla, mai!
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E allora cosa avrebbero fatto di Gesù che veniva da Nazaret ed era povero! Oh! Dicevano: «Che cosa ci può venire di buono da Nazaret?»[cf. Gv 1,46].
Nazaret era un paese sperduto che non aveva nessuna stima, oh, e invece sappiamo chi era Gesù.
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Dunque... e si cercano aiuti materiali. Quando vi è la generosità in un'anima occorre sempre vedere in quello un segno di vocazione e operate quanto è possibile per dare aiuto. Sì.
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Naturalmente quando si viene, entra, nell'istituto non sempre si trova quello che si attendeva.
- Perché vuoi farti suora? - Eh, per non lavorare - E invece trovano che c'è da lavorare da mattina a sera, non è vero?
E' una bella vocazione quella? Per non lavorare! Sì; la vocazione alla pigrizia è quella, eh, dunque non può essere un segno di vocazione.
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Ma tuttavia anche ben accolte in casa madre come si fa sempre, bisogna dire che tante volte restano ai primi giorni un poco... un poco disilluse oppure un po' scoraggiate, sconfortate, per la separazione dai loro cari.
E qualche volta trovano difficoltà subito da principio nell'orario, nel modo della pietà; qualche volta persino nel vitto, qualche volta per altre cose che riguardano la loro salute; qualche volta non sanno aprirsi, confidarsi.
Ci vuol tanta carità!
Allora bisogna essere padre e madre assieme, per saperle comprendere e aiutare in quanto è possibile.
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Tuttavia può essere che si mostri in quei primi giorni un tale complesso di inferiorità che si debba dire: «Questa ha sbagliato porta, non doveva entrare qui... non doveva entrare qui». E allora, con una certa bontà, la si aiuta a entrare nella porta che era fatta per lei, sì.
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Oh, dopo dobbiamo dire della formazione, ma questo dopo; formazione che si dà nell'istituto, alle figliuole che tendono a questa vita.
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Ora va sempre più allargandosi questo uso per gli istituti religiosi e i seminari: si accettano i ragazzi, i giovani nelle vacanze, a passare quindici giorni, un mese, nel seminario stesso o nell'istituto stesso. Lì si fan giocare, si fan pregare, si fan cantare, si fa qualche scuola...
In sostanza l'istituto li conosce; cerca di conoscerli, vede il loro carattere, le loro attitudini, le loro qualità intellettuali e morali; se son docili, se son generosi, ecc... e poi, finito il mese li rimanda a casa, ma intanto prendono nota di quelli che nel complesso sembra che dessero buone speranze di vocazione.
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Qualche cosa di simile fate bene a farlo e nella misura possibile; cioè quando una figliuola entra ma non si ha ancora tutta la persuasione, l'intera persuasione che sia fatta per l'istituto, tenerla nelle case filiali per qualche tempo.
Questo già in parte lo fate ed è una buona misura e una santa industria, <questo> questa. Così anche la figliuola se poi non [andasse] (a) avanti e la parentela o il paese non comincerebbe a dire: «E' andata suora e non c'è stata, quella è una ex suora»; quello farebbe disgusto, dispiacere alla famiglia della suora, dell'aspirante cioè e all'aspirante stessa. Oh.
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Ma vi sono anche altri modi di conoscere le aspiranti, cioè di vederle in famiglia, in parrocchia; e poi giova tanto il contatto prolungato e per questo a voi c'è una certa facilità: vedete quelle figliuole nelle parrocchie in cui siete, vedete come si comportano, <quali siano> quale sia il loro carattere, quale sia la loro tendenza, ecco, se in sostanza diano buona speranza di riuscita.
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Conoscerle bene e anche farsi conoscere, [che] cioè il nostro istituto è per questo: sempre per la santificazione, ma poi, il nostro istituto è per la cooperazione ai parroci. Ecco.
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Vi sono alle volte poi figliuole timide: vengono dai campi o dalla montagna; sono timide perché non hanno mai avuto un gran contatto con compagne o col mondo, ma si vede che sotto quella timidezza si cela una grande virtù.
Oh!... la spigliatezza, la naturalezza nel fare si acquisterà. Se giuocano per una settimana qui a casa madre, cambiano subito il modo di camminare e anche un po' il modo di trattare.
Semplicità, naturalezza, sveltezza...
Santa libertà, ma sempre <s> fondata su due punti: semplicità e sveltezza.

Albano Laziale (Roma)
6 agosto 1957

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268 (a) V: dietro a me.

270 (a) V: Perché (interrogativo).

283 (a) Don Alberione, come in altre espressioni seguenti e precedenti, si esprime con arguzia e suscita partecipazione ilare nelle uditrici.

295 (a) R: andesse