Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6-LA RETTA INTENZIONE1 *
Le azioni che compite nella giornata sono tutte azioni buone segnate dall'orario e secondo il vostro spirito. Al mattino, le pratiche di pietà, poi le occupazioni dell'apostolato, gli studi, e le stesse ricreazioni, prendere il cibo, il riposo, tutto è segnato dall'obbedienza. Quindi, per sé, deve arricchire l'anima di meriti in continuità. Certamente perché siano meriti, le nostre azioni devono essere fatte in grazia di Dio e poi devono esser fatte bene, queste azioni.
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Ma importanza particolare merita la retta intenzione. E allora, adesso, meditiamo sopra questo argomento importantissimo.
Che cosa sia la retta intenzione, già lo sapete. La retta intenzione significa fare le cose per Dio, per l'eternità, nello spirito di fede. L'intenzione è retta quando va a Dio. E l'intenzione, invece, non è retta quando non va a Dio. L'intenzione può essere anche che ci allontani da Dio, quando, cioè, quello che noi abbiamo in mente nell'operare non sia buono, cioè, che abbiamo in mente fini cattivi. Retto significa quello che va senza curve, senza voltare a destra o a sinistra. Una retta congiunge due punti. Quando le azioni partono da noi e sono dirette verso il Signore, allora sono sulla retta, e la nostra intenzione si dice retta. Invece bisogna dire che sulla retta possono esserci tanti punti. Una può fare le sue azioni per il paradiso; un'altra può fare le sue azioni specialmente per Gesù eucaristico; una può fare le sue azioni per le anime del purgatorio; un'altra può fare le sue azioni e offrirle per la conversione di un peccatore; una può fare le sue azioni per rendersi più perfetta, più santa, per guadagnar meriti continui, per fare un ossequio alla Madonna. Ma tutte queste intenzioni sono come tanti punti che stanno sulla retta. In realtà, vanno, in ultimo, a Dio, a Dio, quindi...
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Ci possono poi esser delle intenzioni che non sono rette? Sì. Le intenzioni proprio contrarie alla rettitudine, sono quelle cattive. Ad esempio: per farsi vedere; per schivare qualche cosa che ci è penoso oppure per avere una soddisfazione. Le intenzioni possono essere perverse, anche, quando si sa, si semina scandalo; si dicono cose che tolgono lo spirito religioso, la pace nella comunità e il buon sentire, l'amore all'apostolato, la carità fraterna e creano delle divisioni. Ecco, allora le intenzioni sono cattive.
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Vi sono delle intenzioni per sé indifferenti, ma non rendono meritoria l'azione: mangiare sol per sentire il gusto e, quindi, distinguere tanto fra cibo e cibo; riposare solo perché è la pigrizia che domina e riposare, quindi, più abbondantemente per soddisfare il piacere e la sensualità. Queste cose possono essere indifferenti. Ricrearsi solo per il gusto di ricrearsi.
Ora, la retta intenzione che cosa fa? La retta intenzione rende sante le azioni indifferenti. Vi sono azioni che son, per sé, buone, come la comunione; e vi sono azioni che, per sé, sono indifferenti quanto al valore morale. Ad esempio: il far ricreazione, il passeggiare, il riposare. Ora, quando c'è retta intenzione, anche il mangiare, anche il riposare, anche il far la ricreazione, il sollevarsi, è meritorio. Fatto per Iddio, fatto per l'obbedienza alla regola, fatto per il paradiso, ecco, rende quelle azioni meritorie. Quindi San Paolo dice: sia che mangiate, sia che beviate, omnia in gloriam Dei facite1: fate tutto a gloria di Dio. Quindi, retta intenzione. Azioni, che per sé indifferenti, divengono tante gemme per il paradiso, fatte per il Signore, indirizzate al Signore.
L'intenzione può essere più intensa o meno intensa. Più l'azione è fatta sotto l'intensità dell'amore, dell'amore a Dio, oppure del desiderio della conversione di un'anima, oppure della santificazione di tutta la Congregazione, ecc., quanto più è intensa questa intenzione, tanto maggiore è il merito.
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L'intenzione, poi, quando è cattiva, può rendere cattive anche le opere migliori. Se, ad esempio, si facesse la comunione solo per essere veduti, solo perché non si vuole essere notate che non si va alla comunione, solo per questo, fa sì che la comunione sia un peccato. E' ben difficile che capiti, ma se fosse fatta proprio soltanto per ambizione, per farsi vedere veramente pie, farsi notare, allora si adopera la comunione per un fine di amor proprio e quindi è peccato, è peccato. Quando le azioni sono veramente buone divengono più buone se l'intenzione voltata verso Dio è forte, è pura. Forte e pura, l'intenzione.
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Oh, allora, abbiamo sempre da chiedere la rettitudine di intenzione, perché può avvenire che noi ci compiacciamo del bene che abbiamo fatto e allora perdiamo tanti meriti. E può avvenire che si facciano tante cose nella giornata soltanto per l'amor proprio, ecco, e allora di nuovo si perdono tanti meriti. L'intenzione retta santifica anche le migliori azioni, nel senso che aumenta il merito. Ma l'intenzione retta santifica anche le minori cose, le minori azioni. E tanto vale che una adoperi la scopa come adoperi il pennello, per sé. Possono, tutte e due le persone, guadagnare ugual merito, purché abbiano uguale amore e cioè uguale rettitudine di intenzione. Può essere che un'azione sia quasi trascurata, indifferente, per sé, e tuttavia, indirizzata a Dio, ecco che costituisce una nuova gemma per il paradiso. Rettitudine di intenzione.
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Questa rettitudine di intenzione facilmente ci sfugge, e le intenzioni, se non cattive, almeno vane, inutili, possono infiltrarsi, insinuarsi nel nostro cuore. Allora che cosa bisogna fare? Occorre che al mattino offriamo tutte le azioni della giornata con grande cuore. Vi è il «Vi adoro», che è un'occasione per offrir tutte le azioni della giornata. E vi è la preghiera «Cuore divino di Gesù, io vi offro in unione col cuore immacolato di Maria tutte le mie orazioni e azioni e patimenti, ecc.». Questa offerta è bellissima, preziosissima perché si mettono le stesse intenzioni che ha Gesù nell'immolarsi sugli altari. Le intenzioni di Gesù sono santissime e tantissime, allora mettendo le sue intenzioni noi veniamo a guadagnare tantissimo; le nostre azioni acquistano un grande valore davanti al Signore, un grande valore innanzi al Signore. Intenzione retta, costantemente retta. Quando, senza che noi ci avvediamo, passa per la nostra mente una qualche intenzione non retta, quando, ad esempio, si racconta una cosa in ricreazione, si fa un certo discorso in ricreazione, solo per mostrare di sapere certe notizie, oppure si ha il desiderio di scoprire, sentire notizie, ecco, questo rende già l'azione cattiva? No, perché non si può dire che questo distrugga l'intenzione del mattino, eccetto che una lo faccia appositamente, con chiarezza, accorgendosi. La retta intenzione messa al mattino viene tolta solamente da un atto contrario e cioè: adesso intendo di operare per questo altro fine, che può essere un fine di ambizione, un fine di amor proprio, un fine di invidia, un fine sensuale, ecco. Solo un atto contrario alla retta intenzione può toglier l'intenzione del mattino, un atto contrario fatto ad occhi aperti, sapendo quel che facciamo, ecco. Retta intenzione nell'operare.
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Oh, persone che, finita la giornata, dicono: «Ho lavorato tutto il giorno e ho guadagnato poco». Che pena! Quando nella vita si opera con altri fini che non sono divini, alla fine della vita si dovrà confessare: «Molto ho faticato, ho fatto questo, ho fatto quello, ma ho messo tutte le mie opere in un sacco vuoto, senza fondo, bucato, e tutto si è perduto». Che disgrazia, allora, che disgrazia! Perdere il merito dopo tanta fatica. Oh, allora, condanniamo, fin da oggi, tutte le intenzioni vane, tutte le intenzioni perverse, tutte le intenzioni cattive che possono passar per la nostra mente nella vita intiera, anzi, particolarmente in quest'anno di spiritualità che incominciate, questo lavoro di spiritualità che cominciate. Oh, allora, condannare tutte queste intenzioni che non sono buone e fissare intenzioni rette.
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Si deve rinnovare spesso l'intenzione retta? Non è necessario. Facendola al mattino l'offerta rimane per tutta la giornata. Però, se la si rinnova qualche volta nella giornata, le azioni sono anche più meritorie; sì. Allora basta uno sguardo al Crocifisso: tutto per te, Gesù; basta uno sguardo all'immagine di Maria: voglio operare con le intenzioni di Maria, ad esempio; voglio unirmi alle intenzioni, alle suppliche che sta facendo Gesù nell'Ostia santa, nel tabernacolo. Questo è modo di intensificare, render più preziosa la nostra attività della giornata. Allora, molti meriti in più acquistiamo.
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Anime che sono umili e che operano tutto per amor di Dio. Ricordiamo sempre il fatto di San Bonaventura, che era dottore della Chiesa, superiore del suo Ordine, era cardinale e vescovo. Ora, un giorno, un frate laico che stava scopando il corridoio del convento, lo avvicina e gli dice: «Beato voi, padre Bonaventura, che avete studiato tanto, sapete tante cose, vi potete fare molto santo, molti meriti potete fare». E l'altro rispose: «Oh! se una vecchierella amasse il Signore più di padre Bonaventura, si farebbe più santa di padre Bonaventura».
L'amor di Dio che ci guidi, ecco, nelle cose. Tanto, che cosa vogliamo ancor noi sulla terra? Perché vi siete consacrate a Dio, donate a Dio? Solo per amore suo, solo per amore del paradiso. E allora, tutto per il Signore. Quid hoc ad aeternitatem? che cosa mi serve questo per l'eternità? Quaerite primum regnum Dei et justitiam eius et haec omnia adicientur vobis1. Quante vergini stolte che lavorano, ma non per Dio, non nella obbedienza, non nell'amor di Dio. E quante vergini prudenti che lavorano nell'obbedienza, nell'amor di Dio e guadagnano meriti innumerevoli, riempiono tutta la loro esistenza di ricchezze celesti.
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La prudenza ha tante applicazioni: vi è la prudenza della carne, vi è la prudenza umana e vi è la prudenza cristiana, religiosa. Ma il punto essenziale della prudenza, di questa virtù che è cardinale, il punto più importante è questo: pensare che la vita è per l'eternità e far tutto, in questa vita, per l'eternità. Poiché che cosa vale per un uomo, per una persona se guadagnasse anche tutto il mondo, cioè la stima di tutti? e fosse detta intelligente, abile, capace e di lei si facessero tante lodi, se poi perdesse, non dico l'anima, ma perdesse i meriti?1 Anche solo perdesse i meriti. E quanto più un'anima ha dei talenti, tanto più deve governar se stessa perché non s'infiltri l'amor proprio e non si finisca con l'operare per altri fini che non sono Dio. Il diavolo tenta molto su questo punto delle intenzioni, si insinua, si infiltra nelle azioni con astuzia. Preghiamo il Signore che ci liberi dalla disgrazia di faticare e rimanere a mani vuote. Giacché tanto lavorate, riempite le vostre giornate, ecco. Almeno ricaviamo il massimo frutto da ogni azione. Esaminarci qui sopra e fare dei buoni propositi.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (15-23 gennaio 1957) alle Pie Discepole del Divin Maestro
Roma, Via Portuense 739, 16 gennaio 1957*
* Nastro 10/d (=cassetta 25/a). - Per la datazione, cf PM: «Importanza particolare merita la retta intenzione. E allora, adesso, meditiamo sopra questo argomento importantissimo». dAS (cf c37 e c58). - VV (cf c16).

1 1Cor 10,31.

1 Mt 6,33.

1 Cf Mt 16,26.