Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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22. PREPARAZIONE AL MESE DI OTTOBRE1


La preparazione al mese di ottobre: mese del rosario, mese delle anime che amano Maria e mese della misericordia di Maria. Il rosario è legato a innumerevoli grazie, sia pubbliche che riguardano la Chiesa e la società civile, e anche ad ogni individuo, ogni anima. Maria a Lourdes insistette tanto sulla recita del rosario2. Ella medesima faceva scorrere la corona, non poteva dire le Ave Maria, e arrivata al Gloria Patri faceva un bell’inchino alla SS.ma Trinità. L’eco di Lourdes, meglio ancora, la voce unica e concorde fra Maria e il Papa Leone XIII3 con le sue varie e molte encicliche sul Rosario, tutto ha invitato al rosario. Questo invito di Maria fu ripetuto anche a Fatima4; l’invito al rosario venne ripetuto tante volte da Pio XII5 e dall’attuale Pontefice6, il quale ha detto che egli usava recitare il rosario intero ogni giorno. Non possiamo dire di essere troppo occupati, quando colui che regge la Chiesa intera con innumerevoli difficoltà e con tante iniziative piene di responsabilità [lo dice], e neanche dire che abbia meno lavoro di noi. È che noi siamo scusati facilmente dalle troppe occupazioni per dispensarci da questa recita.
Preparare l’animo al mese di ottobre. Primo, credendo al valore di questa preghiera, credendo all’invito del Papa e di
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Maria. Secondo, migliorare i nostri rosari, prima in qualità e poi, se è possibile, in quantità. Quando è possibile, arrivare al rosario intero quotidiano. Non che sia una specie di vanteria dirne molti, ma in primo luogo l’impegno è dirli bene. E dirne anche meno, perché qualche volta si arriva a dire anche così: In una festa solenne ho sentito quattro Messe. Occorre che prima si assicuri la qualità! Possono anche essere due e possono valere per quattro. Allora prima la qualità: dire bene il rosario.
In terzo luogo, proporsi le grazie che vogliamo ottenere. Le grazie che vogliamo ottenere individualmente sono comprese nel primo articolo delle Costituzioni: Osservanza dei voti e della vita comune; osservanza delicata, continua, con spirito soprannaturale di obbedienza, povertà e castità. Poi le grazie che sono necessarie per la Congregazione, che sono comprese e indicate nel secondo articolo delle Costituzioni: che sia santificato l’apostolato, perfezionato nei tre elementi di redazione, tecnica e propaganda.
Accompagnare la Chiesa nelle sue speranze, nelle sue pene, nelle sue gioie, e allora il rosario passa ad un campo vasto quanto il mondo, e cioè domandare le grazie indicate dai pontefici per tutta l’umanità, specialmente per la Chiesa. Oggi, in modo particolare, pregare per il Concilio Ecumenico, per il quale Papa Giovanni XXIII ha anche preparato una preghiera particolare con l’invito a recitarla, arricchendola anche di molte indulgenze.
Il rosario si può considerare nel suo complesso. Primo mistero: inizio della vita del Figliuolo di Dio che si incarna; quindi la vocazione di Maria, l’inizio della missione e della vocazione di Maria che doveva dare Gesù al mondo; e alla fine: il Figlio di Dio che con il Padre e lo Spirito Santo incoronano Maria, regina del cielo e della terra, dispensiera delle grazie. Quindi dobbiamo considerare tutto il corso della vocazione, tutta la vita di servizio a Dio. Il primo mistero indica l’inizio della nostra vita e della nostra vocazione, e l’ultimo mistero è la gloria: «Corona iustitiae7. Ecco, come Maria: se nella vita abbiamo imitato Maria, abbiamo compiuto tutta la nostra missione.
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Il rosario nel suo complesso, e anche in particolare in ogni mistero, serve a imprimere nell’anima la devozione a Maria e a Gesù Maestro Via, Verità e Vita. Sempre si è detto e sempre abbiamo imparato a ricavare da ogni mistero una verità, un dogma, un insegnamento della Chiesa: l’ossequio della mente. Ricavare poi un principio di morale, cioè una virtù, qualcosa da fare, particolarmente ciò che riguarda la vocazione e il nostro stato; e terzo la grazia da chiedere, poiché Gesù è Via, Verità e Vita, e allora attraverso Maria onoriamo Gesù Maestro completo, Via, Verità e Vita.
Si inizia il rosario con il primo mistero gaudioso: quale verità, quale virtù, quale grazia! L’incarnazione, il mistero dell’incarnazione: «Exinanivit semetipsum formam servi accipiens»8, colui che era Dio si fece servo. Il padrone si è fatto servo, et in unum Dominum Jesum Christum, Dominum nostrum9. Ecco, il nostro Signore si è fatto servo di tutti, obbedientissimo a Maria e Giuseppe, lavoratore, maestro della verità, ostia e sacerdote, redentore. Vi è persino qualcuno che sdegna il lavoro tecnico per non sporcarsi le mani. È entrato l’orgoglio? Il Padre celeste ha mandato il Figlio suo a fare il falegname!
Allora? L’orgoglio umano ci può accecare! Vedere quando si cercano gli uffici più umili, l’abito più modesto e meno esigenze. Il Padre celeste manda il suo Figlio Dio, Deum de Deo, lumen de lumine10, a fare il bambinello, a portare la legna alla Madonna per accendere il fuoco e a fare il falegname per tanti anni. Il resto poi è ancora più penoso: «Oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis11. L’orgoglio, l’orgoglio! Sì, abbassare la testa; l’orgoglio! Allora diventiamo vuoti! [Sono] capaci a nulla: si dicono sapienti e sono insipienti; si dicono maestri e poi non sanno fare ciò che è la prima parte del maestro: Io sono la via, cioè do l’esempio12.
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L’incarnazione del Verbo: «Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis, et vidimmus gloriam eius, gloriam quasi unigeniti a Patre plenum gratiae et veritatis»13, simile a noi in tutto, fuorché nel peccato. Farsi simili, amare gli uffici umili. Ma questo è per gli altri, io ho cose più importanti!. Non ci sono cose più importanti che l’umiliarti. Per umiliarti e glorificare Dio non ci può essere altra missione più importante per l’uomo creato: «Exinanivit semetipsum» e poi avanti come servitore, fino a lavare i piedi. C’era stata una persona la quale si credeva offesa da un’altra, perché si riteneva migliore, maggior dignità, maggior sapere, maggior posizione, ecc. È andata a lamentarsi con un padre che era molto, molto di spirito, ed espose le sue ragioni. Allora la risposta sapientissima è stata questa: Come uomo puoi avere delle ragioni, puoi vantare di avere almeno delle ragioni o dei pretesti. Come religiosa mettiti ai piedi e lava i piedi a quelli che ti stanno sotto o che tu credi inferiori.
L’insegnamento dell’incarnazione ci porta a un grande amore al Figlio di Dio che parte dal cielo e viene a sollevare l’uomo dai suoi errori, dai suoi vizi, dai suoi peccati, dalla sua condizione infelice quando le porte del cielo erano state chiuse per lui.
Secondo, imparare da Maria. Imparare da Maria che cosa? Non ci sono virtù che non siano state esercitate da Maria nell’episodio dell’annunciazione. Quasi sempre, quando si parla delle virtù di Maria, si fa accenno o si porta una prova ricavata appunto dal primo mistero gaudioso. Tuttavia che cosa dobbiamo imparare? Lì c’è l’umiltà: «Ecce ancilla Domini»14, altro che madre, si dice serva! Se non si impara a servire, non si impara né ad amare né a fare del bene. L’umiltà è il fondamento della vita religiosa, perché solo allora ci può essere obbedienza, sottomissione. L’obbedienza poi è la custode e la madre delle virtù religiose. L’ultimo Concilio della
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Chiesa15, il Concilio Vaticano, ha detto: L’obbedienza è la madre delle virtù, la custode delle virtù, della stessa castità. Quando c’è l’orgoglio il Signore ha tanti modi per darci delle lezioni e lasciarci cadere in errori e, in qualche occasione, arrivare a rovinarci il naso con le nasate. Specialmente: «Chi si umilia sarà esaltato16.
L’inizio della vocazione, cioè il fondamento della vita religiosa, è l’umiltà. Non crediamo di entrare e di dare un grande apporto all’Istituto, andiamo a ricevere! Sì, l’apporto: apporto di preghiera, di buon esempio, di servizio, di collaborazione, ecc. Ma non crediamo di dare altri apporti. Una si vantava che entrando avrebbe fatto questo, quello, sapeva la lingua tale, aveva studiato, aveva un diploma... Eh, ne hai troppi per entrare qui! Non sei fatta per noi che siamo povera gente. Non bisogna con questo difendere l’ignoranza, sempre deve esserci l’impegno a imparare e progredire anche nel sapere, ma sempre ritenerci buoni a nulla! E guardare che per nostra causa non vengano mali alla comunità; che per i nostri esempi, la nostra freddezza, la nostra poca osservanza non si abbassi il livello morale nell’Istituto.
L’inizio e il sostegno della vocazione è sempre l’umiltà; il segreto di riuscita è sempre l’umiltà; il segreto della santità è sempre l’umiltà che sta alla base. Poi viene la fiducia in Dio, il quale ha dato certe facoltà, certe attitudini e qualità, e vuole che noi lo serviamo in quelle qualità che ci ha dato. Tutto quello che noi facciamo viene da Dio, perché ci ha dato le qualità e ci ha dato la grazia di metterle in uso. E allora? Non essere un ladro, diceva un santo, per rubare a Dio la gloria!. Quindi nella vita religiosa dopo avere considerato la grande verità, il secondo insegnamento è ancora l’umiltà: il mistero dell’incarnazione, al quale seguirà poi il mistero della passione e morte e risurrezione di Gesù Cristo. E la grazia da chiedere? La grazia
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da chiedere è proprio ancora questa: l’umiltà. Che sia all’inizio di ogni opera.
Quando io ero chierico, ed eravamo ritornati dalle vacanze, alla sera, all’inizio dell’anno si era recitato il rosario, come si faceva sempre. Quel giorno capitavano i misteri gaudiosi, quindi il primo mistero gaudioso. Dopo la cena, un mio ottimo compagno mi disse: Stasera mi si è dilatato il cuore. E perché?. Perché il primo mistero che abbiamo recitato è il mistero dell’umiltà. Ecco, il mistero dell’umiltà cioè il primo mistero gaudioso. Sempre mansueti e umili di cuore. Il cuore umilissimo di Maria, il cuore misericordiosissimo di Maria, meditare l’umiltà di Maria in quella sua espressione… ma insieme meditare il Magnificat. Maria riconosce i beni e le grazie ricevute e tutto attribuisce a Dio: «L’anima mia loda il Signore, respexit humilitatem ancillae suae17. Sì, l’umiltà, la bassezza, la nullità.
Allora, vedere in questo mistero la grazia da chiedere ancora: l’umiltà. L’umiltà del Figlio di Dio che s’incarna, l’incarnazione si compie in questo grande atto: il Figlio di Dio si annienta, scompare, perché in lui, chi si avvicinava così dall’esterno non ci vedeva nessuna gloria. Manifestò poi la sua gloria nella sua vita pubblica a servizio del Padre, secondo la volontà del Padre, per la redenzione del mondo.
Secondo, l’inizio della vocazione e la vita religiosa è tutta informata all’umiltà. E terzo, chiedere questa grazia come l’inizio di ogni azione, di ogni impresa, di ogni apostolato, di ogni studio, e di tutto quel che c’è da fare nella giornata, nello spirito di Maria. Noi abbiamo tante qualità e tanti doni quanto Maria? Certamente siamo immensamente distanti, e se Maria ricava il pensiero della gloria di Dio, noi miriamo a questo: riconoscere la nostra nullità e domandare che tutto il nostro lavoro vada a gloria di Dio.
Ma Maria non aveva peccati, neppure il peccato originale, non ha potuto dirsi peccatrice, noi sì. Bisogna che aggiungiamo: Io non solo sono un niente, ma sono meno del niente, perché il niente almeno non ha offeso Dio, non ha peccato. Io
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invece sono carico di colpe, di miserie positivamente volute. E se mi trovo in questo stato di poca virtù, poco fervore, poca fede, poco amor di Dio, a chi si deve attribuire se non a me stesso?. Conservare sempre questo: mai guardare se l’ufficio è distinto o se è umile, e sentire la parola di S. Agostino. Si sa che fra i religiosi, se guardiamo la storia delle canonizzazioni, per esempio parlando dei Cappuccini, dei Benedettini, si canonizzano più i laici che non i sacerdoti. Allora, sempre una verità di fede, sempre un insegnamento morale, sempre una grazia da chiedere: Umiltà!
Conclusione: prepariamoci al rosario. Secondo, pensiamo a recitare bene ogni mistero. Primo, la qualità dei nostri rosari; secondo, la quantità; terzo, allargare le nostre intenzioni, come quelle di Maria in cielo, quelle di Gesù che si immola sugli altari, quelle del Papa che, come vicario di Cristo, interpreta i desideri di Gesù Cristo stesso. Poi i bisogni della Congregazione, le grazie necessarie per chi la guida. In conclusione, venire ad avere un cuore largo, un cuore conformato al cuore di Maria. Propositi.

Ave Maria....
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1 Meditazione tenuta a Roma il 28 settembre 1960. Trascrizione da nastro: A6/ an 86b = ac 145b.

2 L’11 febbraio 1858 la Madonna raccomandò la preghiera del rosario quando apparve a Bernadette Soubirous (1844-1879) nella grotta di Massabielle vicino a Lourdes (Francia).

3 Leone XIII (1810-1903), Papa dal 1878. Con undici encicliche e altri undici documenti, raccomandò ai cattolici la preghiera del Rosario.

4 Dal 13 maggio al 13 ottobre 1917 la Vergine apparve per sei volte a tre pastorelli: Lucia dos Santos (1907-2005), Francesco (1908-1919) e Giacinta Martos (1910-1920) a Cova da Iria, presso Fatima (Portogallo).

5 Pio XII (1876-1958) nell’enciclica Ingruentium malorum (1951) presenta il rosario come “il compendio di tutto il Vangelo”.

6 Papa Giovanni XXIII nell’enciclica Grata recordatio (1959) parla dell’efficacia del rosario e invita i fedeli a recitarlo per le missioni, per la pace e per il Concilio Vaticano II.

7 Cf 2Tm 4,8: «Corona di giustizia».

8 Cf Fil 2,7: «Svuotò se stesso assumendo una condizione di servo».

9 Credo in un solo Signore, Gesù Cristo. Cf Credo Niceno-Constantinopolitano.

10 Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Cf ibid.

11 Cf Fil 2,8: «Facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce».

12 Cf Gv 13,15.

13 Cf Gv 1,14: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità».

14 Cf Lc 1,38: «Ecco la serva del Signore».

15 Il Concilio Ecumenico Vaticano I, iniziato l’8 dicembre 1869, fu sospeso il 18 luglio 1870 a causa delle truppe di Vittorio Emanuele II in movimento verso Roma, e non fu più radunato. Fu chiuso ufficialmente nel 1960, prima dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.

16 Cf Lc 18,14.

17 Cf Lc 1,48: «Perché ha guardato l’umiltà della sua serva».