Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

ISTRUZIONE VIII
LA RICONOSCENZA

[79] Per il canto dei salmi vi sono otto toni, e uno di essi si chiama il «tono festivo». Giova tanto che quest'anno portiate nelle case il tono festivo, onde si senta la gioia della vocazione religiosa, la gioia di lavorare per il Signore. Grandi grazie ci ha fatto il Signore, dobbiamo quindi manifestargli la nostra riconoscenza.
Nella Confessione noi dobbiamo farci conoscere, riconoscerci peccatori ed emendarci: ma dobbiamo pure riconoscere i benefici del Signore.
La riconoscenza è riconoscere quello che è di Dio; quello che ha fatto per noi; quello che sono i superiori e quello che han fatto | [80] per noi; quello che sono le sorelle e quello che hanno fatto per noi; quello che sono i nostri benefattori e quello che han fatto per noi. Perché tanti uomini bestemmiano e si comportano male? Perché non hanno riconoscenza! Non riconoscono in Dio il loro creatore, il loro redentore, padre, amico, il loro più grande benefattore.
Riconoscere che Dio è tutto per noi; che noi abbiamo tutto da lui, e questo pensiero dovrebbe esserci così familiare, da non attribuire a noi nulla di ciò che abbiamo di bene. Mai dovrebbe venire il desiderio di compiacerci o di desiderare la stima degli altri; tutto ciò che abbiamo è dono di Dio: l'intelligenza, la salute, i sensi, la vita stessa. Possiamo riconoscere che noi abbiamo forze fisiche, attività, ma che tutto questo è dono di Dio. Una persona può darsi che faccia progresso nella virtù, che abbia pietà, buoni sentimenti; da chi procede tutto questo? Da Dio. La vita naturale procede da Dio, così la vita soprannaturale, e questa per doppia misericordia di Dio. Noi non abbiamo nessun diritto, neppure quello di essere esauditi nelle nostre preghiere: queste hanno diritto di essere esaudite solo in quanto sono appoggiate ai meriti di Gesù Cristo.
[81] Dobbiamo riconoscere che in noi non c'è un filo che non sia di Dio, e questa riconoscenza è dovere di giustizia. Attribuirci ciò che non è nostro sarebbe follia.
Oh, la riconoscenza è l'esercizio di una grande e bella virtù: la giustizia.
~
La riconoscenza ci porta ad adorare Dio, a pentirci di averlo offeso, sentendo tutta la nostra ingratitudine; allieta l'anima, perché ci fa vedere quanto sia stato buono Dio con noi.
La riconoscenza si estende pure alle creature, in quanto furono mezzi di cui Dio si è servito per beneficarci. Dio si serve dei santi, degli angeli, specie di Maria SS. per beneficarci e concederci le sue grazie.
Riconoscenza verso il cielo e riconoscenza anche verso gli uomini, che furono i nostri benefattori, e primi fra tutti i genitori. Riconoscenza verso il sacerdote che ci ha dato il Battesimo; la madrina che ci ha tenuto a Battesimo, e sempre un ricordo speciale e affettuoso per questa grande grazia.
Riconoscenza verso tutti gli altri benefattori spirituali: il babbo e la mamma che ci hanno educato; le catechiste che ci hanno istruite nella fede e preparato a ricevere la prima Comunione e la Cresima; il parroco, | [82] i confessori che abbiamo avuto; i predicatori che abbiamo sentito, e quanti ci hanno aiutato a ricevere le grazie del Signore.
Quando noi consideriamo queste cose restiamo confuse, cerchiamo qualche cosa che sia nostra e non la troviamo. Quante maestre, quante persone che ci hanno istruito, edificato, corretto, indirizzato! Quante persone forse hanno pregato e pregano per noi! Riconoscenza per queste preghiere, per le correzioni avute, per i buoni esempi, per l'istruzione avuta, ecc.
Talvolta questa riconoscenza si deve anche a persone inferiori, perché il loro candore, la loro semplicità ci hanno edificato, le loro preghiere sono più facilmente esaudite, specialmente trattandosi di bambini.
Alle volte però siamo così abituati a ricevere benefici che non ringraziamo neppure o non vi facciamo caso: ci sembra di averne diritto. Invece dobbiamo essere riconoscenti anche del sole che sorge ogni giorno ad illuminare e riscaldare la terra; della luce che abbiamo di notte; del pane quotidiano che il Signore ci dà. Quante volte siamo meno buoni, meno grati al Signore, proprio quando stiamo più bene! Non si apprezza né si ringrazia il Signore della salute | [83] che egli ci dà, e solo quando la perdiamo, riconosciamo quale beneficio essa sia!
L'ingratitudine è segno di un cuore superbo e miserabile: la gratitudine è segno di cuore gentile e umile. Inoltre la riconoscenza ci attira altri benefici: a chi siamo noi più inclinati a dare?
~
A chi si mostra più grato e riconoscente. La riconoscenza porta all'amore.
Se si pensa ai benefici speciali, individuali ricevuti dal Signore, si accende in noi l'amore. Come si può guardare il Crocifisso e non sentirsi accendere d'amore verso Gesù? Se siamo riconoscenti, pratichiamo anche l'amore e siamo portati ad avere vera carità verso Dio.
S. Giuseppe Cottolengo voleva che la parola più frequente e più comune nella Piccola Casa fosse il «Deo gratias». Grande virtù è la riconoscenza! Come bisogna dimostrare la nostra riconoscenza? In tutte le pratiche di pietà dare molta importanza alla parte del ringraziamento.
Ringraziamo il Signore dopo la Comunione, nella Visita, prima ancora di adorarlo. Mattino e sera nel Vi adoro sempre ringraziare il Signore di tutto cuore. Con quale riconoscenza noi dobbiamo accostarci al | [84] sacramento della Penitenza! Come faremmo noi senza questo sacramento? Così, pensate con quale riconoscenza dobbiamo accostarci al sacramento dell'Eucaristia: cosa sarebbero le nostre chiese senza l'Eucaristia? Delle sale fredde e senza vita, come quelle dei protestanti, i quali non conoscono la gioia della Comunione!
Siamo riconoscenti per la vocazione e a tutti quelli che hanno collaborato alla nostra vocazione.
Quanto dovete essere riconoscenti al Signore, per aver dato vita al vostro Istituto, in cui trovate dei beni che sono di un valore inestimabile, per la vostra santificazione e per far del bene.
Riconoscenza anche verso la Madonna: non soltanto chiedere delle grazie. Eppure sono pochi coloro che pensano a ringraziare la Madonna.
Nelle nostre preghiere, il sentimento predominante, sia quello della riconoscenza. È dovere inoltre essere riconoscenti ai confessori, ai predicatori, ai sacerdoti che celebrano la S. Messa, che ci danno la Comunione.
Riconoscenza inoltre, verso coloro che ci istruiscono, ci educano, che ci consolano, | [85] che ci correggono, che ci assistono, che ci danno buon esempio, che pregano per noi. E questa riconoscenza deve essere sincera, deve partire dal cuore; l'altero non sa essere riconoscente.
Potremmo fare su questa virtù un buon esame di coscienza. Tutto quello che sono, fisicamente, spiritualmente, naturalmente
~
te e soprannaturalmente, lo sono per bontà di Dio; sono io riconoscente? Ho l'animo gentile? Comprendo che vivo di misericordia? «Gratia Dei sum id quod sum»1.
Riconoscenza dunque, e ne verrà come frutto anche una grande consolazione e una grande confidenza in Dio.
Talvolta riceviamo dei benefici, che possono essere anche correzioni o esortazioni, e perché non ci piacciono ci mostriamo spiacenti.
Com'è il mio cuore a questo riguardo? Come sono le mie convinzioni? Come mi mostro riconoscente a Dio? Come mi sono comportata finora? Facciamo i riflessi qui sopra. Non si creda che la riconoscenza sia una virtù di poco valore, di poco conto! S. Ambrogio la considera la prima virtù, nel senso che se noi non riconosciamo che tutto viene | [86] da Dio, non possiamo neppur compiere il primo dovere, che è quello di adorarlo.
Chiediamo questa virtù allo Spirito Santo. Se c'è una cosa che ci umilia e che ci fa subito abbassare il capo, è il sentirci dire: Tu sei un ingrato! Tu non sei sensibile ai benefici che hai ricevuto! Non hai un bel cuore! Questo ci umilia; eppure noi tante volte non siamo sensibili, non siamo grati ai benefici che riceviamo da Dio. Ascoltiamo S. Paolo che ci dice: «Et grati estote!»2. Siate grati!
~

1 1Cor 15,10: «Per grazia di Dio però sono quello che sono».

2 Col 3,15.