Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE IV
SEGNI DI PROGRESSO SPIRITUALE

[39] Abbiamo parlato del progresso, il quale si constata nel far l'esame di coscienza paragonando un giorno con l'altro, una settimana con l'altra, un mese con l'altro, un anno con l'altro. Possiamo ora domandarci: Ma quali sono i segni da cui possiamo riconoscere se veramente progrediamo nella via della perfezione?1. Vi sono due segni molto chiari, e altri quattro che non sono così chiari come i primi due.
Primo segno di fervore: quando si opera per far piacere a Dio, alla Madonna; quando si fanno le cose per il sacro Cuore, | [40] per il Crocifisso; per dar gusto alla santissima Trinità, e specialmente per aumentarne la gloria. Se noi nella giornata abbiamo spesso di questi atti compiuti proprio per far piacere a Dio, è segno che viviamo nel fervore e progrediamo.
Ad es. una piccola mortificazione per piacere a Dio, un atto interno di ribellione subito represso con uno sguardo al Crocifisso, un piccolo atto di carità per dar gloria a Dio, sono atti di fervore. «Alla maggior gloria di Dio» è il programma ignaziano, ed è lo stesso programma di Gesù: «Gloria Dei»2; «Quae placita sunt ei facio semper»3; «Il mio cibo è fare la volontà del Padre»4; «Christus non sibi placuit»5. Quando un'anima ha questo di mira, è segno che progredisce, perché ciò è puro amor di Dio e più è intensa l'intenzione, più è intenso l'amore.
Così si progredisce per un'altra ragione e cioè: quando l'anima opera per piacere a Dio, si può dire che apre la porta del cuore di Gesù e ottiene ciò che vuole.
Il Signore si compiace di queste anime e corrisponde con grande larghezza a questa generosità concedendo certi lumi, certe ispirazioni e grazie speciali, per cui non sembrano più creature terrene, e parlano | [41] poi in una maniera così elevata, così efficace, che guadagnano le anime a Dio.
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Noi ci lasciamo guadagnare da coloro in cui vediamo che è Dio che parla; abbiamo l'intuizione che queste anime sono investite dallo spirito di Dio e ci lasciamo guadagnare.
Secondo segno di progresso, e quindi di fervore in un'anima, è il desiderio di rendersi utile al prossimo: «Et in terra pax hominibus bonae voluntatis»6. Questo desiderio dimostra che in noi è così mortificato l'egoismo, da non pretendere che gli altri e le cose tutte servano a noi, ma siamo noi a servir gli altri, a voler fare del bene a tutti.
Quella persona sa portare il sorriso ovunque vada: sa dire una parola di luce a tutti, portare il conforto a un'anima afflitta, la serenità a un'ammalata che soffre assai; sa portare la gioia, la pace, il bene; sa rendersi utile a tutti, moltiplicandosi per diffondere il bene e salvar le anime e, se non può far altro, prega!
Questo è segno di fervore, mentre l'egoismo è il contrario: tutto per sé.
La carità vera dimentica se stessa per gli altri, e se un'anima la possiede, ve ne accorgete dappertutto: in ricreazione, a tavola, nel modo di salutare, di conversare; vi | [42] accorgete in tutto che non cerca se stessa, ma il bene degli altri. Coopera così alla redenzione delle anime in unione a Gesù, che per noi ha dato tutto se stesso, tutto il suo sangue ed ha voluto annientarsi nell'ostia, tanto da andare a finire a volte nel cuore dei peccatori così attaccati al loro peccato, che lo muovono a nausea. Gesù lo sapeva tutto questo, quando istituì la SS. Eucaristia, eppure per rendersi utile alle nostre anime, volle lasciarsi ugualmente nel Sacramento dell'altare.
E noi cosa sappiamo fare per renderci utili? Sappiamo scomodarci? Alzarci una mezz'ora prima? Sorridere a chi ci ha fatto un po' soffrire? Sopportare con pazienza una persona che ci è molesta? Sappiamo renderci utili alla Congregazione, ai membri che la compongono, ai benefattori e ai cooperatori?
Altri quattro segni di progresso: 1) quando si cessa dal commettere peccati veniali deliberati. Quando un'anima arriva al punto di dire «no» davanti a qualunque peccato ancorché piccolo: una finzione, una bugietta, una parola secca, ecc., se non è ancora perfetta, è in cammino verso la perfezione. Di S. Giovanni
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Crisostomo7 si diceva: «Quest'uomo non teme che il peccato». | [43] L'anima che sa resistere a tutte le lusinghe del senso, al suo orgoglio, alla sua pigrizia, alla sua sensibilità, alla curiosità, e non acconsente mai a nessun peccato, è in progresso. E quando le colpe veniali deliberate ci sono ancora, ma diminuiscono, è segno che ci si dirige alla via del progresso.
2) Altro segno di progresso è il mantenere l'unione con Dio lungo il giorno. Vi sono molti modi, per es.: camminare alla presenza di Dio, e questo è tanto prezioso: «Ambula coram me et esto perfectus»8; ricordarsi della meditazione durante il giorno; oppure fare spesso la comunione spirituale. Quando questo si fa in comune è cosa buona, ma quando lo facciamo di nostra iniziativa, anche durante una conversazione interessante, durante un viaggio, e specialmente nelle tentazioni, questo è segno di progresso. Segno di progresso sono pure le vittorie positive, cioè quando davanti ad un'occasione uno dice: Voglio vincere, e vince.
3) Altro segno di progresso è il desiderio sincero, efficace della perfezione; quando cioè un'anima fa un vero sforzo positivo: c'è da ricevere un torto, lo riceve; bisogna umiliarsi e si umilia; vien calunniata e lo | [44] sopporta; se c'è da fare uno sforzo per stare raccolta lo fa, ecc.
Vi sono persone che dicono: Io vorrei amare tanto il Signore. Se questo desiderio è sincero, lo amano già. Le anime che vogliono proprio amare il Signore, vogliono veramente progredire, fanno i loro propositi piccoli, semplici, ogni mattina, li rinnovano (e i propositi sono sempre atti di amor di Dio, ancorché poi si cada), si esaminano con costanza, e la costanza nell'esame di coscienza significa costanza nell'amor di Dio.
Queste anime che hanno grande desiderio di progredire, ogni settimana si dolgono dei loro peccati, li detestano, si rammaricano di commettere ancora tante mancanze, e se queste sono involontarie si umiliano, si consigliano, sono fedeli alle loro pratiche che cercano di migliorare; si impongono qualche penitenza volontaria, secondo il consiglio del confessore e gli ubbidiscono: queste anime sono in progresso.
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Notiamo però questo: non bisogna pretendere di non aver più difetti, i santi sono morti con dei difetti.
Facendo bene l'esame di coscienza, riconosceremo sempre meglio i nostri difetti; | [45] chi riconosce i propri difetti e se ne umilia e li combatte, è in fervore.
Non è necessario conoscere a che punto si è arrivati: questo può essere una specie di vanità, ma voler conoscere se davvero noi lavoriamo, se ci sforziamo per giungere all'amore di Dio e del prossimo, è doveroso, bisogna farlo. Ricordiamo che il fine principale della nostra Congregazione è la santificazione dei membri9.
Come conclusione aggiungiamo: allorché si arriva alla professione perpetua si è nella pienezza delle grazie che il Signore ci dà e nella pienezza dei mezzi che possiamo avere per farci santi. Allorché si è fatta la professione perpetua, o l'anima si santifica e progredisce, oppure deve essere sincera e dire: Non ho voglia di farmi santa. Si dirà: Ma c'è questa difficoltà; quest'altra.... Le difficoltà ci santificano, sono queste che ci fanno esercitare l'amor di Dio!
Se il Signore permetterà che moriamo di malattia, accanto al nostro letto avremo un sacerdote che, raccomandandoci l'anima, dirà al Signore di non ricordare i nostri peccati di gioventù10. Ma in realtà i peccati che ci daranno più rimorso non saranno quelli della gioventù, frutto forse di ignoranza o di debolezza, ma saranno i peccati commessi | [46] dopo la professione perpetua, nell'età virile, dopo aver avuto la pienezza della formazione religiosa: buoni esempi; aiuti di sacerdoti e di sorelle; facilità di ricevere i sacramenti e di preghiera.
Più tardi si può ancora progredire, ma dopo la professione perpetua, si è nella pienezza delle forze, nel pieno sviluppo dei mezzi, tanto che se una allora non progredisce, deve almeno confessare a se stessa: Io mi lusingo, ma non ho ferma volontà di farmi santa, ho solo una velleità.
Il Signore ci dia la grazia di lavorare intensamente, specialmente quando si ha tanta abbondanza di mezzi e tanta ricchezza di doni di Dio.
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Nessuna però si sconforti, anche se dovesse dire di essere in uno stato molto desolante. Il cuore di Gesù è aperto: la nostra Madre celeste ci attende per aiutarci; vi è a nostra disposizione la Confessione e la Comunione.
Chi vuole si fa santo! Ma, è la volontà che mi manca!. Allora va' in chiesa e chiedi a Gesù questa volontà, ed egli te la darà. Preghiamo affinché tra noi non regni mai il peccato, l'offesa di Dio, preghiamo perché il Signore abbia da trovarsi sempre bene in mezzo a noi: si trovi come in un | [47] giardino in cui fioriscono le viole della santa umiltà, i gigli della purezza e le rose della carità.
Vi sono anime profondamente tristi poiché pensano di non aver corrisposto alla grazia, ai disegni che Dio aveva su di loro, e forse alla vocazione stessa. L'idea della infedeltà e forse del decadimento dallo stato di fervore le turba e dispone ad una specie di disperazione: ne soffrono, ma perché? Può essere o per orgoglio ferito, ed è una ripercussione naturale che produce una depressione. Bisognerebbe piangere sulle rovine del proprio orgoglio; mentre l'anima crede di farsi un merito piangendo per l'umiliazione, ha lacrime spremute dalla superbia. Questo pianto è dannoso, non porta la risurrezione, ecco come conseguenza l'accasciamento, il disgusto di tante cose buone, e finalmente la tiepidezza.
Altre anime hanno un pianto che riabilita, ripara, porta la risurrezione e la vita. È il pianto che sgorga dalla umiltà: pensano che hanno tolto gloria a Dio, che hanno lasciato Gesù e le sue intimità, perduto meriti, che il tutto è accaduto per la loro superbia e negligenza. Ma è pianto che spera, che ama, che ripara. Queste anime hanno la più ampia | [48] possibilità e di diventare buone e di camminare verso la santità. Esse traggono profitto dalle loro colpe; leggano, se vogliono, il libro L'arte di trar profitto dalle proprie colpe11.
Dio ha permesso la loro umiliazione con fini di amore e per la sua gloria: ciò non toglie la responsabilità, è vero. Ma ora queste anime hanno messo il fondamento negativo della perfezione: la umiltà. Vi aggiungano il fondamento positivo: la confidenza.
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Guardino al buon Pastore, al cuore di Gesù, al Crocifisso, all'Ostia: «Io sono la risurrezione e la vita»12. Guardino a Maria «nostra speranza». Ricordino gli esempi di S. Pietro, di S. Paolo e degli Apostoli; ricordino la Maddalena, S. Agostino, S. Gabriele dell'Addolorata... e mille altri santi.
Perché dubitare di Dio? Non può egli forse aprirci una nuova via verso la vetta della perfezione cristiana e religiosa?
È solo e sempre questione di umiltà, confidenza e buona volontà. Non è mai tardi. Il buon ladrone era agli estremi della sua vita, aveva commesso tanti delitti, non ebbe né battesimo né altro sacramento, ma fu umile nel riconoscere se stesso, confidò nel crocifisso Gesù, pregò: fu salvo! Anzi ebbe la più consolante promessa: «Oggi sarai con me in Paradiso»13. Dunque: né Inferno | [49] né Purgatorio, ma gloria e felicità eterna. Gesù otteneva il primo frutto della sua passione santificando un peccatore.
Umiliatevi dunque, ma con pace; e lasciatevi santificare da Gesù.
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1 Don Alberione si ispira ancora a L. Beaudenom, Pratica progressiva della confessione, vol. I, “Segni di progresso”, pp. 159-160, che però sviluppa in modo personale.

2 Lc 2,14: «Gloria a Dio».

3 Gv 8,29: «Io faccio sempre le cose che gli sono gradite».

4 Gv 4,34.

5 Rm 15,3: «Cristo non cercò di piacere a se stesso».

6 Lc 2,14: «E pace in terra agli uomini di buona volontà».

7 Giovanni Crisostomo (347-407), è uno dei maggiori Padri della Chiesa orientale, commentatore di san Paolo.

8 Gen 17,1: «Cammina davanti a me e sii integro».

9 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo (1944), art. 1.

10 Cf Sal 25,7.

11 G. Tissot, L'arte di trar profitto dalle proprie colpe secondo S. Francesco di Sales, SEI, Torino 1944. La prima edizione italiana è del 1897. Don Alberione richiama alcuni concetti presenti nel V cap., pp. 175-208.

12 Gv 11,25.

13 Lc 23,43.