Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XVI
I BENEFICI DI DIO

[98] Per eccitarci all'amore verso Gesù Cristo, dice S. Francesco di Sales che giova considerare i benefici divini1 per conchiudere: Quanto mi ha amato il Signore! Ora, la considerazione dei benefici divini non ci porta solo ad amare e ringraziare il Signore, ma anche a comprendere i nostri doveri di corrispondenza.
In generale noi siamo fatti così: se abbiamo qualche male non finiamo più di rammaricarci e di lamentarcene; quando però siamo favoriti da Dio, come se fosse cosa naturale, crediamo che Dio sia obbligato a darci tali favori. Siamo quindi inclinati a dimenticare i benefici di Dio e a lagnarci dei mali che incontriamo. Quanti sono i benefici che Dio ci ha fatti? Sono quasi inesauribili, noi non riusciremo mai a contarli.
Osserviamo i benefici corporali: siamo qui ancora vivi, in grazia di Dio; quanti non vi sono più! Quanti hanno cominciato l'anno e non l'han finito! Quante case abbattute, quante persone raminghe, quante sofferenze per i poveri sfollati...; e noi per misericordia di Dio ci troviamo in una felice posizione: casa ospitale, vitto sufficiente, salute buona; non abbiamo la preoccupazione delle persone del mondo, abbiamo di che vestire, e di che nutrirci. E ne siamo davvero riconoscenti al Signore? Corrispondiamo a queste grazie? I giorni che il Signore ci concede li usiamo tutti | [99] per Dio? Ecco: sono passati undici mesi del 1944 e i giorni del dodicesimo mese procedono anch'essi rapidi: ebbene, abbiamo indirizzato a Dio tutti i minuti? Abbiamo perso tempo in cose inutili o in atti di amor proprio? Il tempo di Dio l'abbiamo speso tutto per lui? Le nostre forze le abbiamo impiegate per il bene? Cioè, abbiamo fatto da parte nostra tutto ciò che si poteva fare per fare il nostro dovere? Avendo salute, c'era forza per lo studio, l'apostolato, i vari uffici. Abbiamo preso il cibo per mantenerci nel santo servizio di Dio, o per soddisfare il gusto naturale? Questo gusto generalmente accompagna i cibi, e non è proibito sentirlo; però da parte nostra dobbiamo indirizzarlo al servizio di Dio. Come ci diportiamo nelle relazioni con le sorelle?
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Questo beneficio di vivere in società lo facciamo servire come mezzo per santificarci maggiormente? Noi dobbiamo vivere con dei superiori, con persone che ci stanno a fianco, con inferiori, con i più fervorosi, forse con persone che abbiamo o ci hanno offeso: abbiamo tutto utilizzato per Dio?
Gli uguali: abbiamo procurato con loro una convivenza buona, rispettosa, onorata? C'è stata sempre la carità, di modo che noi abbiamo fatto agli altri quello che ragionevolmente desideriamo che facciano gli altri a noi? Oppure abbiamo pensato, giudicato e parlato come non vorremmo facessero con noi? Abbiamo santificato la convivenza cogli uguali, la vita è stata gradita, e abbiamo promosso la carità di famiglia? È una grazia il convivere con persone religiose, perché da tutte si può imparare qualche cosa di buono. Le relazioni non buone le abbiamo evitate? Abbiamo cercato di dimenticare le parole che non ci facevano 100 del bene, gli episodi che non ci impressionavano | [100] santamente? Abbiamo riparato il male commesso da altri con Messe, Comunioni, Visite e sacrifici? Se altre persone facevano meglio, è sorto in noi il pensiero d'invidia o di santa emulazione?
Vi sono poi gli inferiori o per età o per uffici; ebbene: è forse stato in noi un sentimento quasi di disprezzo o di alterigia per la superiorità che abbiamo? Non siamo mica persone che strisciamo ai piedi dei superiori per cattivarsene la benevolenza? Ai più potenti e grandi noi dobbiamo portare onore e rispetto; ma non avvilire la nostra posizione o acquistare la loro simpatia con mezzi meno retti: tutto, solo, sempre Dio.
Ora consideriamo i benefici di Dio nell'ordine soprannaturale. Prima di tutto pensiamo alla grazia di vivere in religione, in un Istituto preparatoci dalla bontà di Dio, approvato dalla Chiesa, nel quale dobbiamo santificarci. Prendiamo allora bene lo spirito dell'Istituto: la pietà si faccia com'è indicata e sia costantemente mantenuta, perché ogni articolo delle Costituzioni è per noi mezzo di santità, e ogni anno dobbiamo leggerle interamente per non scordarcene e perché ci servano a raggiungere il cielo.
L'Istituto ha le persone che dirigono, che assistono; ha mezzi di apostolato, il regolamento, l'abito particolare, ecc.
Prendiamo tutto con volontà generosa dalle mani di Dio. La grazia della vocazione ne contiene molte altre. Quindi la storia della nostra vocazione è effetto della misericordia di Dio: noi lo riamiamo questo Dio? Corrispondiamo alle cure dell'Istituto?
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Se l'Istituto è separato dal mondo, noi non dobbiamo cercare di guardare più in là. Se bisogna stare in casa per non aver distrazioni, | [101] non procuriamocene delle altre con fantasie, letture, pensieri vani. Se la pietà è determinata come la dovete praticare, cercate di ricavare il massimo effetto dalla Comunione, dalla Messa, dalle Visite e dai rosari. Fate fruttare questi doni di Dio che ripetendosi spesso quasi non ci fanno più impressione. Quando Gesù morì sul Calvario, tremò il monte, apparvero le stelle, si aprì la terra; e noi assistiamo talora alla Messa senza badare, con deplorevole indifferenza. Cerchiamo di corrispondere anche a tutto il complesso di grazie che vi è nella vita comune. Se volessimo scendere al particolare non si finirebbe più.
E le grazie di ognuna? Forse in quest'anno il Signore ha mandato tanti inviti; abbiamo sempre risposto alla sua voce, alle sue grazie? Sono esse particolari, intime, che ci spronano a salire più in alto, e noi abbiamo aderito a questa voce? Abbiamo accettato il dono della grazia? Ognuna lo sa che dal Signore durante la Visita riceve ispirazioni, ognuna conosce quello che il Signore le dice durante la meditazione, l'esame di coscienza, il raccoglimento quotidiano: ha sempre obbedito al Signore? Ognuno sa quello che ha capito delle prediche, delle ammonizioni, e ha corrisposto alle intime chiamate di Dio? Ognuna conosce gli avvisi del confessore, i richiami di chi guida, le correzioni per la sua maggior santità: ha detto di sì al Signore? Anche le stesse tentazioni e difficoltà, tutto ciò che troviamo di aspro e di duro, tutto ciò che è spiacevole coopera al nostro vantaggio. E quale differenza v'è tra il santo e il non santo? Il santo raccoglie meriti da una parte e dall'altra; chi invece non è santo | [102] non approfitta di tutto e sa farsi pochi meriti; forse alla fine avrà le mani mezze vuote. Cosa concluderemo dunque? Tutto quello che il Signore dispone è per accrescere i meriti in ordine alla vita eterna, è la volontà di Dio che dirige tutto. E noi come accettiamo questa grazia? Come ci comportiamo in questa santissima occasione che il Signore ci offre per darci benedizioni, aiuti particolari? E poi se facciamo l'elenco delle grazie: meditazioni, Messe, Comunioni, Visite, dobbiamo ben dire: O Signore, perché mi avete tanto preferito? Quanti nel mondo non hanno un centesimo di quello che ho io...
Occorre ancora che abbiamo un grande timore: a chi molto fu dato, molto sarà richiesto; quando saremo al tribunale di Dio, se
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avremo ricevuto cinque talenti, ci sarà chiesto conto di cinque; e se li presenteremo al Signore, egli ci dirà: «Bene, vieni, servo buono e fedele...». Ma se noi dovessimo rispondere che il talento l'abbiamo nascosto per pigrizia o neghittosità, allora il Signore dovrà condannarci...2. Quindi:
1) Un santo timore: io faccio già qualche cosa, ma forse non
potrei fare di più, dato il numero grande di grazie ricevute? 1 945
2) Un grande amore per chi tanto ci ama. Serviamo bene e amiamo tanto questo Dio che ha tanto amore per noi. Sì, spesso siamo più pronti a lagnarci di quel che non lo siamo per ringraziare di ciò che già abbiamo dalla liberalità del nostro Dio. Siamo persone gentili e riconoscenti verso la bontà di Dio? Gentili, perché se una persona ci fa un favore diciamo: grazie; e a Dio abbiamo noi detto grazie?
3) Attente a fare qualcosa di più ogni giorno. | [103] Se ogni giorno il Signore mi fa benefici, io lo devo ringraziare ogni giorno in una maniera nuova, mostrandomi cioè silenziosa, raccolta, attenta alle ispirazioni e sensibile alla misericordia di Dio. Le anime raccolte trovano ogni giorno un motivo di più per amare il buon Dio. Quelle dissipate non sentono la voce di Dio, né gustano le finezze del suo amore. Il rimorso, la tentazione, il disgusto per le circostanze, uno sguardo espressivo a modo di correzione, una parola che ha fatto impressione, una frase più forte, ecc., sono tutte finezze che le anime superficiali non rilevano, ma le delicate le notano e vi trovano tratti particolari della bontà di Dio per loro. E si incoraggiano nell'amor di Dio con queste piccolezze.
Raccomandiamoci alla Vergine Immacolata affinché non lasciamo passare inutilmente le grazie di Dio, la vita, le occasioni di meriti: «Timeo Dominum transeuntem»3. Quando compariremo al giudizio di Dio egli ci farà vedere tutto il complesso delle sue bontà e misericordie, e conosceremo allora delle delicatezze che ora non abbiamo neppure immaginato, e allora canteremo in eterno le misericordie di Dio.
La Vergine Immacolata ci illumini: noi in questo ultimo mese intendiamo riparare tutto il male commesso nell'anno. Che il prossimo anno sia sorgente di molte grazie per noi, per i nostri, per l'Istituto, per tutta l'umanità.
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1 Cf S. Francesco di Sales, Filotea, prima parte, XI.

2 Cf Mt 25,14-30.

3 «Temo il Signore che passa» in S. Agostino, Sermones, Sermo 88.