Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE VIII
LA CARITÀ

[49] Il fine principale di questi Esercizi è l'acquisto della carità verso Dio e verso il prossimo. Infatti questi sono veramente i comandamenti base e fondamento degli altri, il Signore l'ha detto nel Vangelo: «Questo è il massimo e primo comandamento: Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze. Il secondo poi è simile a questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso»1. D'altra parte si fa press'a poco così: quando un'anima si mette al lavoro spirituale, prima di tutto sente il bisogno di scostarsi dal male ed ha gran desiderio di penitenza per togliere da sé preferenze, desideri, volontà umane, e allora va quasi spontaneamente a cercare penitenze e mortificazioni perché l'anima, essendo ancora agli inizi della vita spirituale, comprende le mortificazioni corporali; difatti fanno anche più impressione le azioni cattive che le disposizioni interne peccaminose, ma quante volte l'interno è più lontano da Dio che l'esterno! Però man mano che il Signore attira a sé queste anime e le illumina, esse acquistano il desiderio della mortificazione spirituale: ma ci vuole un certo tempo per capire la mortificazione della volontà, del cuore, dell'intelligenza, della memoria, della fantasia e di tutti i sensi esterni oltre che delle facoltà interne dell'anima (per cui si espelle tutto ciò che è indegno di Dio). Quando poi l'anima è arrivata | [50] o almeno più disposta alla pratica delle virtù e specialmente delle virtù esterne, prima dell'obbedienza, povertà, castità, uniformità alle disposizioni dei superiori, ecc., il Signore continuando a lavorare quell'anima e trovandola disposta e pronta come cera molle per ricevere qualunque impressione, la volge verso propositi sempre più perfetti, di vita maggiormente interiore.
E allora vengono i propositi di maggior fede, di fiducia in Dio, di immolazione e si procede così per un po'; indi se Dio permette che queste persone vivano altri anni, i propositi si riducono poi a uno: la carità. Però bisogna notare che non tutte le anime sono uguali, anzi non ve ne sono precisamente uguali,
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quindi questo che io dico è l'andamento generale; ma vi sono anime che rispondono meglio all'azione di Dio e comprendono che la carità è la virtù più bella e hanno già tolto tutti gli impedimenti al suo acquisto. Ecco S. Paolo che, convertito appena, dice subito: «Signore, che vuoi che io faccia?»2. Egli in poco tempo ha percorso una strada lunghissima. Però bisogna considerare che l'interno di Paolo era già preparato; egli combatteva il Cristo perché lo credeva contrario a Dio, della cui legge era zelante cultore, ma quando Dio gli rese nota la verità, egli fu subito pronto.
Ora l'amor di Dio è la virtù che le anime proficienti sentono il bisogno di avere, e le anime perfette davvero possiedono, non nella perfezione massima che in terra non si può dare, ma nella perfezione raggiungibile quaggiù.
Noi comprendiamo bene l'amore dei genitori, dei benefattori, delle persone che convivono con noi; il mondo poi contraddice e perverte così il vero senso dell'amore, che crede stia tutto in | [51] poche sensibilità che sono poi l'oggetto dell'amore. Ma il vero amore è spirituale, è creato da Dio e infuso nelle anime, ma le anime fanno una certa fatica a capirlo e vi impiegano un tempo notevole. Lo comprendono bene le anime che sono staccate da se stesse. Perciò fino a che non si è liberi da certe tendenze, pigrizie, attaccamenti non si comprende bene l'amor di Dio. E se anche voi sapeste la predica a memoria meglio di quanto la ricordi io per parlarvi, se leggeste tutti i libri più alti che trattano dell'amor di Dio, questo non è ancora carità; bisogna pregare Dio che ce la infonda perché la carità è spirituale. Leggere e sentire giova, e chi dirige gli Esercizi deve parlarne, ma io non ho nessuna fiducia nella mia parola, bensì in quella grazia dello Spirito Santo che sola illumina e accende il cuore. Il panettiere ci dà il pane ma non i vestiti, né la carta: quando si tratta di carità gli uomini sono tutti uguali; nessuno ce la può dare: è di Dio. Il sacerdote è solo ministro dei beni di Dio. Perciò abbiamo molto desiderio di possedere questa bella virtù: «Charitas Dei diffusa est in cordibus nostris per Spiritum Sanctum qui datus est nobis»3.
La carità ha tre parti: amore di benevolenza, di compiacenza e di concupiscenza. I teologi disputano se debba chiamarsi carità
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o amor di Dio. È lo stesso, purché s'intenda sempre la virtù che fa amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi.
1) Amore di benevolenza. In pratica è il desiderio della gloria di Dio. Ma vedete come si stenta a capire questo! A volte il cuore è pieno di amor proprio, di vedute che non sono di | [52] Dio. Non si comprende come gli angeli abbiano cantato: «Gloria a Dio!»4 e come i santi ripetessero: «Ad maiorem Dei gloriam»5. A Dio non manca altro che la gloria estrinseca la quale gli deve venire dalle sue creature che cantano la sua gloria. Noi siamo creati per conoscere, amare, servire Iddio, in una parola per dare gloria a Dio quaggiù e per glorificarlo poi in eterno nel Paradiso. È entrato nel nostro cuore il desiderio ardente di dar gloria a Dio? Che tutti gli uomini vengano al Vangelo, che i peccatori si convertano, che i bambini conservino l'innocenza, che i sacerdoti siano santi, che Cristo sia il re dell'universo, che tutte le leggi6 siano conformi alle leggi di Cristo, che la gloria del Papa ottenga più frutti, ecc.? Sono questi i desideri che abbiamo nel nostro apostolato? Vi sono anime che si chiudono in se stesse, diventano piccine e non vedono altro: esse perdono l'amor di Dio. Dobbiamo mostrare coi fatti e colle opere che abbiamo l'amor di Dio. Aderiamo proprio al secondo punto delle Costituzioni: per far conoscere la dottrina di Cristo siamo qui congregati? C'è questo nel cuore e nell'anima? Se c'è, è segno che è entrato l'amor di Dio in noi.
2) Amore di compiacenza. È ancora più spirituale, più difficile a comprendersi. Consiste nel compiacersi del bene che ha Dio. E cos'ha Dio? Ogni bene, anzi egli è il bene unico ed eterno. Infinita sapienza, bontà, eternità, immensità; egli ha infiniti attributi e ogni attributo è infinito: «Ego sum qui sum»7. Egli è tutto: il principio di ogni cosa che esiste e l'ultimo fine: «Universa propter semetipsum operatus est Dominus»8. Essere contenti che Dio sia Dio, che Gesù sia Gesù, che Maria sia Maria, e ciò significa | [53] rallegrarsi, adorarlo e ringraziarlo: «propter magnam gloriam tuam»9. Vi sono anime che si compiacciono se hanno dei soldi,
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se stanno bene, se sono fornite di belle doti, ma che Dio sia Dio non gliene importa. È vero che le cose esterne fanno più impressione e se uno ha freddo e riceve un mantello, sente più il caldo del mantello che l'amor di Dio. Noi siamo lontani dal fuoco interiore che sentivano i santi nel loro interno. Tuttavia non è difficile cominciare a fare un passetto per volta. Quelle che fanno bene l'atto di adorazione alla Visita e ringraziano Dio perché è grande, e non solo perché hanno avuto padre e madre e pane a tavola, queste hanno l'amor di compiacenza. Troppo spesso quest'amore è poco compreso e poco praticato. Bisogna chiederlo a Dio: S. Alfonso nei suoi libri non ha altra finale, per le preghiere, che quella di chiedere a Dio il suo santo amore.
3) Amore di concupiscenza. Non tutti l'ammettono, perché si può racchiudere in quello di compiacenza, ma c'è sicuro e consiste nel desiderio di stare volentieri col Signore. Chi va volentieri alla Visita o alla Messa, ha l'amore di compiacenza e così quelle che provano pena a stare senza Comunione; si deve però dire che la si può fare spiritualmente se non è possibile sacramentalmente. Vi sono persone che mettono l'immagine nel libro per incontrarsi spesso con lo sguardo del Signore. Molti si sollevano col pensiero durante lo studio e l'apostolato e sono contenti di stare con Dio. Questo stare con Gesù, questo desiderare la sua compagnia, il compiere i nostri doveri con lui, è amore di concupiscenza. Quest'amore va poi fino al desiderio del Paradiso. | [54] Tante anime vivono col cuore più di là che di qua nel desiderio di unirsi eternamente con Dio. Noi in generale sentiamo più appetito quando è mezzogiorno che non l'amor di Dio; e tuttavia l'appetito non si deve condannare, perché è segno che uno ha lavorato e fatto il suo dovere, ma l'amor di Dio raggiunge il «Cupio dissolvi et esse cum Christo»10, cioè il desiderio di star con la SS. Trinità, con la Vergine, di vedere questo Dio e di stare sempre con lui. La carità dunque è una virtù che si capisce difficilmente ed è impossibile ottenerla umanamente; la si può però acquistare con gli atti di carità uniti alla grazia dello Spirito Santo. La prima volta fu accesa dallo Spirito Santo nell'anima degli Apostoli e così deve accendersi ora nel cuore di tutti.
Cresciamo dunque nella carità, virtù delle anime perfette, anima di tutte le altre virtù e che durerà in eterno.
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1 Cf Mt 22,37-39.

2 Cf At 22,10.

3 Rm 5,5: «L'amore di Cristo è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato».

4 Lc 2,14.

5 «Alla maggior gloria di Dio», motto di S. Ignazio di Loyola.

6 Originale: Leggi divine. Omesso «divine» per il senso.

7 Es 3,14: «Io sono colui che sono».

8 Pr 16,4: «Il Signore ha fatto tutte le cose per se stesso» (Volgata).

9 Gloria, inno della Messa: «...per la tua grande gloria».

10 Fil 1,23: «Desidero essere sciolto dal corpo per essere con Cristo».