Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XVII. PROGRESSO NELLA PREGHIERA (1)
*** Sentirlo questo. Perché se voi lo sentite, è nuovamente impegnativa. Si chiede che noi possiamo corrispondere a tutta la volontà di Dio, cioè <dargli> dargli gloria, santificare l'anima nostra, arrivare a quella santità a cui il Signore ci ha chiamati. E compiere santamente l'apostolato.
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Questo significa che nella parte ultima degli esercizi, anche prima se si vuole, ma specialmente nella parte ultima [ci sia] questo impegno: glorificar Dio. Arrivare alla santità [a] cui Dio ci ha destinati e compiere santamente l'apostolato. Così da guadagnare i due meriti, o diciamo la duplice serie di meriti, e della vita contemplativa e della vita attiva.
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Vi è la vita contemplativa, quella che in generale è riservata alle suore claustrali ed è una vita buona, santa. Tuttavia se si aggiunge al primo comandamento: "Amerai il Signore Dio tuo, con tutte le forze, con tutta l'anima, con tutta la volontà, con tutto il cuore" se si aggiunge: "Amerai il prossimo come te stesso" [Mt 22,37-39], ecco l'apostolato. Quindi la duplice serie di meriti. Infatti avete una parte importante che riguarda la pietà, le pratiche di divozione. Sì, certamente, non raggiungete la quantità di orazione che deve fare il sacerdote, ma vi avvicinate.
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Allora in questa parte degli esercizi, venire ai propositi e pregare per l'osservanza dei propositi. Si riassumono poi tutti questi propositi in quello che è la santificazione e il progresso spirituale che è la stessa cosa, e il compimento cioè della volontà di Dio: la piena conformità alla volontà del Signore. Conformità dimostrata con l'esatto compimento dei doveri e col continuo adempimento dei doveri: esatto e continuo compimento dei doveri /del proprio/ (a) stato.
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Ecco, quando si è arrivati alla professione, quando si è arrivati specialmente alla professione perpetua, l'impegno qual è? Quello dei due articoli delle costituzioni che sono all'inizio delle costituzioni stesse, e cioè: la santificazione, la perfezione spirituale intima, e secondo: l'apostolato. Vuol dire che, facendo la professione, si è arrivati sul campo del lavoro, vi siete messe sulla strada della vostra santificazione. E quale? Religiosa e apostolica.
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Anime che sono tutte tese a questo: "Oggi comincio" quando emettono la professione specialmente perpetua. E anime che considerano il punto di arrivo. Cioè: e l'entrata nell'istituto e la vestizione e la professione dopo il noviziato, cioè la prima professione: punto di arrivo: "Eh, adesso sono già a posto! Devo dire che basta che viva cosi". Punto di arrivo, come quello fosse già il paradiso. No!
Si arriva a mettersi sulla strada: sulla strada della santificazione, sulla strada per giungere alla perfezione, per giungere al cielo, al paradiso senza fermata in purgatorio.
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Perciò il vero lavoro incomincia dalla professione. Questo richiede il nutrimento quotidiano per camminare. Perché l'autista, se deve partire con la macchina, vede se nella macchina c'è l'olio e c'è la benzina. E se non c'è, provvede. E siccome noi siamo sempre deboli, allora ogni mattina: provvedere!
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Rifornire la nostra vita spirituale con la pietà: messe ben ascoltate, meditazioni sempre più profonde, comunioni sempre più intime. E la giornata iniziata bene, per il cammino da fare nella giornata, sempre meglio di ieri: oggi meglio di ieri. Ecco. Ogni giorno fa scuola all'altro. Cioè oggi devo considerare che ieri son caduto in questi inconvenienti, oppure non ho progredito abbastanza. Oggi allora userò più mezzi, sarò più vigilante, ecc. Voglio camminar bene nella giornata.
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E poi nella giornata, ecco, rivedere un po' il nostro animo, la nostra anima: mio cuore, come sei orientato adesso? In questo momento sei con Dio? Parli con il tuo amor proprio, o parli secondo l'amore a Dio? Così il comportamento.
Poi l'adorazione, il rosario, le preghiere varie, perché la macchina non esaurisca il carburante, la benzina. Ma di tanto in tanto un nuovo rifornimento, specialmente l'ora di adorazione. Così che propriamente il primo dovere della religiosa e dei religiosi è questo: di progredire! Non fermarsi, ma camminare.
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E cioè più fede. Quella fede che ci merita la contemplazione di Dio in paradiso.
Più speranza, più sicurezza cioè del paradiso, appoggiati ai meriti di Gesù Cristo, giacché non ne abbiamo noi. E tutto quel che facciamo ha merito in quanto si aggiunge la grazia di Gesù Cristo.
E più amore! E più amore a Dio! Sempre più il cuore unito col Signore, sempre più abbondante la grazia!
E amore alle anime, non solo come te stesso, no!
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Noi non possiamo amarci soltanto come noi stessi. Questa è la legge dell'antico testamento che Gesù Cristo ha ricordato. Ma quando ha dettato la legge dell'amore verso il prossimo, che cosa ha detto? Sicut dilexi vos [Gv 15,12], amare come io vi ho amato. E come ci ha amati Gesù? Morendo sulla croce.
Tu fatichi, consumi le energie fin che sarai esausta, fin che qualche male metterà la fine alla tua esistenza. E offrire ancora la vita, accettar ancor la morte come Gesù: per le anime. Che è morto sulla croce. E allora: Sicut dilexi vos [Gv 15,12], Gesù ci ha amati più di se stesso, perché è morto per noi. Poteva salvar la sua vita! Non gli costava niente liberarsi dai suoi nemici, come aveva fatto varie volte che cercavano di ucciderlo. Ma voleva lui andare a morire per le anime.
Quindi: come Gesù ci ha amati, così amare noi: Sicut dilexi vos [Gv 15,12], come Gesù Cristo ci ha amato.
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Il progredire. In che cosa? Sempre migliorar la preghiera.
Ieri pregavi già un po' bene, oggi anche un po' meglio, domani meglio ancora... Non fermarsi! "E non basta così?". Così hai incominciato. Allora bastava. Ma dopo un anno, due, cinque, dieci dalla professione, non basta più, sei indietro! E cioè non hai camminato. E allora non hai fatto il dovere religioso che è di progredire.
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Progredire nell'osservanza delle costituzioni. Non allargare! E non dispensarsi perché: "Eh, ormai ho già tanti anni, posso regolarmi un po'. E poi in questo momento ho la tal ragione!". Eh, diciamo tale scusa, però. E così il dispensarsi da qualche cosa.
La meditazione delle costituzioni: per osservar sempre meglio. Ma non per farle osservare agli altri soltanto, ma per noi osservanza esemplare! Così che possano gli altri dire: se imito vado bene.
Ma se invece gli inferiori guardano e si meravigliano che non siamo esemplari, cosa dicono? Generalmente e insensibilmente abbandoneranno un po' e si intiepidiranno nell'osservanza. E quindi, parole, azioni, comportamenti, che finiscono con assomigliare ai secolari.
E c'è l'obbligo allora anche per il dovere di esser di esempio. "Se faccio così, si fa bene!" che possa dire la suora giovane.
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Progredire nell'apostolato. Il catechismo: meglio fatto. Studiare la pedagogia col bambino, con la fanciulla, con la giovane, con la donna. Studiare i mezzi e inventarne sempre di più, e sempre meglio usati i mezzi che abbiamo a nostra disposizione.
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Progredire anche umanamente. Aver sentimenti di bontà: l'amore alla famiglia religiosa, che deve sostituire l'amore alla famiglia naturale. Se no, non si è lasciata la famiglia. Il voto di castità cosa implica? E il voto di obbedienza che cosa implica? Il distacco da tutto per essere intimamente uniti a Gesù buon Pastore e nello stesso tempo portare le anime!
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Amare l'istituto: quando lo si interpreta bene, quando si accettano bene le disposizioni, le circolari. Quando si chiede qualche cosa, quando si ricevono avvertimenti, consigli: non giudicare e condannare. Ma: quando è che si cessa di mormorare? <Dobbiam> Quando è? <Sì> Quando c'è l'umiltà: "Non so tutte le ragioni. Non ho la grazia di giudicare". Perché? "Eh, perché non sono in quella posizione! Non ho quell'ufficio! Se domani avessi quell'ufficio, eh, <potrer> potrei aver i lumi".
E può essere che si debba osservare e si deve fare chi è sottomesso, ma non la stessa posizione spirituale davanti ha chi poi ha l'incarico di dirigere anche te!
Quindi la docilità, l'umiltà, sempre la nostra posizione giusta!
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E progredire anche /nella stessa osservanza/ (a) dei doveri naturali: rispetto a tutti, non giudicare per non esser giudicati, amare la verità, la veracità, l'osservanza interiore, purezza!
Purezza riguardo all'umiltà, riguardo alla benevolenza, riguardo alla carità interiore, riguardo quindi a tutto quello che è l'osservanza dei comandamenti.
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E i pensieri e i sentimenti. L'umiltà e il distacco, non l'invidia, non l'ira. La serenità e sapere continuamente comportarsi in quella maniera che va bene in società. Che va bene in società, in quanto è necessario e in quanto si osservano quei doveri che sono secondo la legge naturale.
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Poi la cura di noi stessi. Quello che non ci appartiene, le notizie che non ci son necessarie: lasciamo da parte! Riserviamo il tempo per noi, quanto è possibile, sì. Perché il Signore vuole che prima curiamo il nostro interno. Quindi, anche se una persona deve muoversi in tante direzioni perché molti doveri ha, non deve distaccarsi con la mano destra dal Signore. No! Deve star sempre unita col Signore.
E si lavora come se non si lavorasse. Cioè si lavora conservando l'unione dello spirito, il pensiero al Signore! E allora si parla come ispirati da Dio, secondo Dio, sì. Oh!
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Più esemplari nell'osservanza, appunto in quanto siamo obbligati anche a dare il buon esempio. Progredire.
Questo riguarda le quattro parti: cioè lo spirito, il sapere, lo studiare sempre, terzo l'apostolato, quarto la formazione sempre migliore, la formazione umana e religiosa. Umana e religiosa.
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L'attaccamento alla congregazione. Attaccamento a chi guida la congregazione. Attaccamento agli usi, le abitudini. Ora per questo - ho detto - ci vuole ogni giorno il rifornimento per aver la forza, per camminare, progredire. Il rifornimento della pietà.
E' la pietà che rifornisce la nostra macchina - diciamo - il nostro organismo spirituale.
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Vi è in noi un organismo spirituale, sovrapposto all'organismo umano, che è da nutrirsi. E come si nutre? Con la pietà. Le meditazioni ben fatte, l'esame di coscienza preventivo, la messa, la comunione e poi tutte le opere di pietà. Da noi non abbiamo la forza.
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Noi siamo come una macchina <che non è> che, se non si rifornisce, eh non [si] muoverà. Anche che ci sia il migliore autista, non [si] muoverà. Occorre che vi sia la benzina, che ci sia l'olio. E con cura. Non andare all'estremo perché ti fermi a metà strada, perché ormai sta esaurendosi la benzina. Ma si provvede prima che sia esaurita, perché se dovessi fermarti a metà strada, può essere in un luogo solitario e dove non troveresti modo di rifornirti. Ecco: mai esauriti!
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Non andare fino al punto che la preoccupazione, l'affetto così ad altre cose, a persone, a chiacchere ecc. /esaurisca/ (a) te stessa! No. Tanto quanto dobbiamo: e darlo tanto, meglio che possiamo. Ma [in] primo luogo siamo noi da santificarci e da salvarci. Questo egoismo diciamo - che qualcheduno <lo> chiama *** (b) - ma è egoismo necessario: cioè la santificazione [in] primo luogo, e sapendo anche che noi facciamo del bene in quanto siam santi. Non illuderci. Non illuderci. Non illudersi!
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Facciamo del bene soltanto in quanto siamo santi, sia perché il Signore interviene sempre coi santi, aumenta la grazia a loro, e secondo: perché la santità ottiene dei buoni risultati, cioè: parlare santamente, operare santamente, vivere santamente, e apostolicamente compiere i nostri uffici vari, vari. E si troverà il modo di far come i santi, i quali erano zelantissimi, ma in primo luogo provvedevano a se stessi. E quando provvedevano a se stessi (cioè la pietà per la <maggior par> maggioranza) aumentando le grazie, ecco: i risultati buoni.
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E poi si inventano anche tante industrie di bene. Cosa star lì a giudicare e condannare il male?! Ah, no! E non rimproveri! E non stare a giudicare malamente! Ma invece: aiutare! Compatire! Parole di bontà! Incoraggiamento! Che cosa sono certi discorsi, se non scoraggiamento? Cosa ha fatto il buon Pastore? "Io sono il buon Pastore" [Gv 10,11], non un pastore qualunque! Non potete essere una pastorella qualsiasi, ma la buona pastorella, come Gesù è il buon Pastore. E questo è ciò che maggiormente si fa sentire dal papa Giovanni XXIII l'industria, la bontà, l'incoraggiamento in tutto.
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Se una sta fino a tardi alla televisione o alla radio, quella si riempie di pensieri divaganti. Il raccoglimento se ne va. La meditazione e la comunione dell'indomani non saranno così perfette, perché la fantasia è disturbata: rimane impressionata da certe cose. Così non conversazioni e non lettura e non tanti <nazio> notiziari che non interessano. Abbiamo altro, e altro. Ci interessano le cose che riguardan la gloria di Dio, la nostra santificazione e l'apostolato, cioè la cura delle anime.
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Oh, giacché vi siete consecrate a Dio: vivere la consecrazione. Viverla, non a metà! In pienezza! Perché Gesù ha sempre detto: "Tutta l'anima, tutto il cuore, tutte le forze, tutta la mente". Non a metà!
Non basta certamente che noi amiamo un poco il Signore, ma la nostra professione è quella che importa quel primo dovere di santificazione.
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Allora, quando c'è questa pietà, tutto progredisce. Quando casca un po' la pietà, un po' casca tutto l'insieme delle cose. Si perde un po' la letizia, la unione nella casa. Si sente che i pensieri sono altri. I sentimenti, i desideri, le preoccupazioni sono altre. Allora, chiediamo <il do> questo: progredire. Allora si ha la piena conformità al volere di Dio e con questo mezzo della pietà, e pietà viva e sentita, non come quella di ieri, dell'altro ieri, dell'anno scorso: migliorata!
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Anime che migliorano. E come a poco a poco san parlare di cose spirituali! E come a poco a poco san dire le parole giuste alle anime! E il buon modo perché Gesù Cristo è il vero Maestro. Ed è l'unico Maestro. Allora imparare da lui come egli si è comportato. Leggere, leggere il santo Vangelo e penetrarlo nelle singole parti, nei singoli versetti.
Perciò progredire, ma facendo progredire la pietà.

Ariccia (Roma)
17 ottobre 1962

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(1) Ariccia (Roma), 17 ottobre 1962

524 (a) R: dello.

537 (a) R: nello stesso osservar.

544 (a) esaurisci.
(b) sembra dica l'ego.