Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XIII. MEZZI DI CRESCITA (1)
San Pietro dice: "Crescete in grazia, e crescete nella cognizione di Gesù Cristo" [cf. 2Pt 3,18]. Cioè crescere in santità e conoscere sempre meglio Gesù, il nostro Salvatore, Gesù buon Pastore.
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Santificar la mente vuol dire: sempre più cognizioni. Cognizioni di cose umane: è la ragione. E cognizione di cose soprannaturali, che è la fede. E il Signore, che ci ha dato il lume della ragione, vuole che la usiamo bene la nostra mente e vuole perfezionare la nostra mente con la fede. La quale fede può crescere ogni giorno. E per crescere, ci vuol la cognizione: conoscere Gesù, conoscere Dio. E cioè: conoscere bene il catechismo e conoscere bene le costituzioni e conoscere bene il Vangelo, conoscere ben tutto quel che forma la educazione.
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Il Signore ha creato quel che è la natura, e quindi la terra, tutte le piante e tutti i minerali, tutti gli animali, tutti gli astri: tutte le scienze sono sue! E così come ha creato le cose secondo natura, ha pure egli - come maestro - ha pure dato la cognizione delle cose spirituali, cioè la fede. Le cose divine, quindi le cose che servono per la nostra santificazione e che servono per istruzione religiosa alle anime.
Crescere quindi in santità e crescere nella conoscenza di Dio e delle sue opere.
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Ora ricordiamo ciò che è stato meditato poco fa: la vita soprannaturale, vita di grazia, vita divina in noi. E poi le virtù che procedono da questa vita divina: fede, speranza e carità; quindi la virtù della religione, le quattro virtù cardinali. Le quali sette virtù noi specialmente le pratichiamo in modo più generoso quando ci sono i doni di Dio, cioè i doni dello Spirito Santo. E allora si praticano più facilmente.
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E se progrediamo sempre nel praticare questa virtù, si può venire alla beatitudine: beatitudine che è sopra la terra mentre siamo qui viventi, beatitudine quale si può avere e godere su questa terra; e la beatitudine celeste, eterna: lassù dove Gesù buon Pastore ci aspetta, dove la Madre del buon Pastore ci aspetta.
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Ma come si cresce in questa grazia, questa vita spirituale in noi?
Per crescere il bambino deve mangiare, nutrirsi. E quindi la mamma comincia a dargli il latte e poi, a poco a poco, lo avvia <al> a un nutrimento più confacente all'età. E qui poi abbiamo il fanciullo, abbiamo il giovane, abbiamo l'adulto, l'uomo fatto.
Il Signore ha procurato il cibo per la nostra /crescita/ (a), per il nostro sviluppo, per la nostra salute umana, terrena, corporale. "Da' a noi il pane quotidiano". E per l'anima c'è anche l'alimento? Per l'anima c'è l'alimento: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete, questo è il calice del mio sangue" [cf. Mt 26,26-28]: alimento divino.
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Oltre poi all'alimento divino dell'eucaristia, vi è l'alimento che procede dalla pratica dei doveri quotidiani, e cioè dal merito; con i meriti la vita spirituale allora cresce.
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I due elementi principali perché cresciate in santità sono il sacramento della confessione e il sacramento della comunione.
La vita religiosa porta il dovere, l'impegno di attendere alla perfezione: a crescere in santità. Questo è il dovere della vita religiosa. Mai fermarsi. Progredire un tantino ogni giorno. Crescere.
Ma per crescere, come ha da fare il religioso? Il Signore ci ha preparato due sacramenti: l'uno per togliere il male, l'altro per portare l'aumento di grazia.
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E' vero che c'è anche aumento di grazia nella confessione, ma la confessione ha /come/ (a) primo frutto questo: scancellare il peccato passato; togliere i difetti, togliere la freddezza, l'indifferenza, le cattive abitudini, le imperfezioni. Chi si confessa bene ogni settimana, [a] poco a poco qualche cosa lo toglierà dalla sua anima.
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Non possiamo pensare che dopo cinquantadue confessioni di un anno non si sia ancora rimediato proprio a niente. Supponiamo non si sia ancora tolta la freddezza, non si sia ancora <trascurata la> tolta la trascuranza della preghiera, certe abitudini che saran venialità o imperfezioni o di parole o nelle azioni o /nel/ (a) compimento del proprio dovere nella giornata o /nelle/ (b) relazioni con gli altri. Quando ci sono imperfezioni: togliere! La confessione è in primo luogo per togliere.
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E ci sono da regolare meglio gli sguardi, alle volte, e guardare più Gesù. Anche se costa fatica, leggere il catechismo, le costituzioni.
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E dominare il nostro udito: non ciò che dispiace a Gesù, no, non ascoltarlo; ma ascoltare volentieri la predica, gli avvisi, i consigli, le esortazioni e le spiegazioni <in cla> in scuola, oppure le predicazioni che vengono fatte. E quindi non ascoltare ciò che dispiace a Dio: possono essere critiche o mormorazioni, ad esempio. Non ascoltare. Perciò togliere ciò che può essere meno santo nel nostro orecchio, nel nostro udire.
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E così togliere le imperfezioni della lingua. La lingua, dice la Scrittura, è il principio di tanti mali. E se invece si usa bene la lingua: "Colui che non manca nella lingua, è un santo" [cf. Gc 3,2], dice la Scrittura. Perché, in realtà, tutto quel che c'è dentro vien fuori nel discorrere, nel parlare: o in un caso o in un altro vien fuori. E allora se dentro vi è qualche cosa di guasto, se la digestione è mal fatta, il fiato è fetente. E così riguardo alla parte spirituale: se vi sono certe invidie, se vi sono tendenze non buone, se vi son sospetti, se vi è orgoglio: eh, vien fuori dalla lingua.
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Così dobbiamo correggere quel che può esser mancanza circa il cibo, mancanza circa il tatto <il tra> il tratto, tatto e tratto, e quello che è poi l'osservanza della regola, l'osservanza delle costituzioni, il compimento dell'ufficio che è stato assegnato.
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Quindi la confessione particolarmente per togliere il male e le conseguenze del male. Eh, già si era fatto l'abitudine a parlare un po' di tutto e anche fuori di tempo. Ci vuole un po' di fatica a correggere perché ci si è fatta l'abitudine. E allora, ecco: togliere anche le conseguenze del peccato o delle cattive abitudini.
La confessione porta la grazia che si dice sacramentale, oltre alla grazia santificante; la grazia sacramentale che è l'aiuto che viene dal sacramento per praticare la virtù, per progredire nella santità.
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Secondo mezzo - per la santificazione - diretto è il cibo dell'anima, Gesù eucaristico. Pensare: E chi l'avrebbe mai pensato che Gesù figlio di Dio incarnato si faccia nostro cibo, un cibo divino. Neppure han potuto [e] voluto credere quelli che sentivano annunziare l'eucarestia: "La carne che io vi dò, è il cibo per voi" [cf. Gv 6,51]. E andavano via, dicendo: "E' pazzo costui". Non potevano credere! Ma ciò che non possono credere gli uomini e inventare gli uomini, lo ha inventato l'amore di Gesù: "Io dò la mia vita per loro" [cf. Gv 10,15].
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E di che cosa nutre, il pastore, il suo gregge? Il pastore ordinario, eh, conduce le pecorelle al prato. E Gesù ci conduce dove? Alla balàustra a prendere il suo corpo.
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Gesù presente nell'ostia: corpo, sangue anima e divinità! Porta sempre aumento di grazia. Aumento di grazia. Perché anche se il bambino <non fa> non pensa a far la digestione, la digestione si compie anche che il bambino non ci pensi. E intanto che si compie la digestione quel cibo si cambia in sangue, e il sangue fa crescere i muscoli, fa crescere le forze al bambino, le ossa. Fa crescere il bambino in statura.
Così la comunione, ancorché noi alle volte non la facciamo proprio come si dovrebbe. Ma se si è in grazia di Dio e c'è la retta intenzione, un frutto lo porta sempre. Non è mai come [se] si mette l'ostia nella pisside e la pisside ne fa nessun frutto. Ma se il sacerdote mette l'ostia sopra la tua lingua, un nutrimento c'è sempre, un aumento di forze e di grazia c'è sempre.
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Però vi è una grande differenza tra soltanto ricevere Gesù e <non far far> non fare precedere la preparazione buona e far seguire il ringraziamento buono. Come son preziosi i momenti della preparazione! Come son preziosi i momenti del ringraziamento!
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San Alfonso voleva che ci fosse un'ora di ringraziamento. Ma poi, vedendo che non era possibile ai suoi religiosi: mezz'ora. Noi ci siamo ridotti a un quarto d'ora. Ma almeno questo quarto d'ora si fa bene? proprio quando viene Gesù in casa, anzi viene <più> più intimamente che in casa, perché entra nel cuore! E se venisse in casa, lo lasceremmo lì in parlatorio senza neppur scambiare una parola? senza neppur inginocchiarsi e dirgli un grazie perché è venuto?
Vi sono persone che son diligentissime in questo: del prepararsi e del ringraziare, /riguardo/ (a) all'eucarestia.
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Oh, quindi, il primo mezzo per crescere questa vita spirituale, che vuol dire santificazione, primo mezzo sono i sacramenti. E per chi è religioso, per chi ha fatto i voti, considerare come mezzi per l'osservanza del primo articolo delle costituzioni: confessione e comunione ben fatte.
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Secondo: l'accrescimento della grazia viene dal fare i doveri propri. Ecco. Mi pare di averlo spiegato qualche tempo fa, non molto tempo fa. In che cosa allora sta la santità? La santità sta nella piena conformità al volere di Dio. Piena conformità al volere di Dio.
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E come si dimostra, come si prova che c'è davvero la conformità nostra al volere del Signore? Dice il Papa: "Si conosce dall'esatto e continuo <comp> compimento dei doveri dello stato. Esatto: e, ad esempio, se una è una studentessa: esatto il suo dovere di studio. Se una è suora: esatto il dovere di suora. E sono, questi doveri, contenuti nelle costituzioni. E continuo, non a sbalzi: esatto e continuo compimento dei doveri di stato.
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E non perché si passano tre giorni bene dopo la confessione, e poi gli altri tre giorni un po' raffreddamento. Non perché si è fatta la confessione e poi <si va> ci sono <gli al> gli alti e i bassi. E si è fatto il ritiro mensile, e fin quanto dura il frutto? E si è fatto il corso di esercizi: e il frutto dura per due mesi, sei mesi, dieci mesi, dodici mesi... E questo frutto non è solamente uguale, sempre. Non basta. Bisogna che sia in aumento.
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E cioè: se hai fatto il proposito sulle pratiche di pietà: che duri dodici mesi il proposito. E sempre migliorarle, non come quando sei uscita dagli esercizi, dopo aver fatto questo proposito di far bene le pratiche di pietà. Ma non farle solo bene come allora, come l'indomani degli esercizi. Ma dopo un mese, cinque mesi, dieci mesi, dodici mesi: progredito un tantino ogni giorno! E ogni giorno ho migliorato un po' la meditazione, un altro giorno ho migliorato un po' la visita, e i doveri di stato, sì
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I doveri di stato. Siete nelle parrocchie buona parte. E i doveri di stato quali sono? Sono quelli che sono compresi nell'apostolato parrocchiale: servizio pastorale. Ora, ecco l'impegno: la santificazione sta nella piena conformazione al volere di Dio, provato e dimostrato con l'esatto e continuo compimento dei doveri di stato.
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Ora si fa bene a pregare: comunione, confessione, visite, rosari e tutte le pratiche. Ma questo, che è santissimo, non deve finire lì: deve estendersi poi ai doveri. Finita la meditazione, vai a studio: vai e studia bene! Finito il ringraziamento alla comunione; ma dopo hai i bambini: e come ti comporti? Ecco i meriti.
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Nella preghiera abbiamo ottenuto la grazia per far bene le opere. Facendo <le buone> le opere buone, il merito. Tutte le opere buone che si fanno in grazia di Dio, meritano un aumento di grazia e di gloria, quindi un aumento di santità e poi di premio in paradiso. E' il merito questo!
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E chi fa male? E chi fa male merita il purgatorio se è un peccato veniale, se è una trasgressione, se ha fatto i suoi doveri malamente. E se poi è una trasgressione grave merita l'inferno. Ma tutto il bene che si fa in grazia di Dio aumenta la santità interiore, la vita spirituale di grazia.
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Quando si arriva alla sera, se anche due figliuole al mattino si sono alzate insieme, han ascoltato insieme la stessa messa, fatto la medesima meditazione e poi tutti i doveri della giornata assieme: è uguale alla sera il guadagno dei meriti? E' uguale l'aumento di grazia e di santità in quell'anima? No! Non sarà uguale, quasi mai.
Da che cosa dipende? Dipende da due principi: il primo: quanto è retta l'intenzione, cioè quanto è vivo l'amor di Dio per cui si fa una cosa. E secondo, vuol dire: aumenta il merito. Cioè la vita spirituale, la grazia aumenta secondo il capitale di santità che c'era già prima. Secondo il capitale, e cioè secondo <la> la virtù interiore, cioè la forza della grazia che c'è dentro; la quantità di meriti già acquistati vuol dire.
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<Supponiamo l'inten> . Ci vuol l'intenzione retta e cioè l'amore verso Dio, l'amore per cui si fa una cosa buona: supponiamo fai la scuola, o lavi la biancheria, ecc., fai la cucina, fai i mestieri che faceva Maria in sostanza. Ma come li faceva lei? Con quanto amore al Signore! Cercando unicamente la sua gloria!
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Qualche volta [non] si guadagna niente: lo fa per ambizione, soltanto perché sia lodata, soltanto per la promozione all'esame che sta studiando, soltanto perché arrivi alla professione, ma in senso un po' vano. Il Signore vede il cuore e le intenzioni. Quanta diversità fra anima e anima!
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Retta intenzione, cioè per la gloria di Dio, o per la santificazione, o per il battesimo, o perché si vuol preparare meglio alla comunione: son tutte intenzioni rette. Le più rette, le più sante sono: la gloria di Dio e il paradiso. E quando questo si sente! perché non basta dire: "Vi offro le azioni della giornata". Ma vi sono persone che le offrono con gran cuore e si muovono e fanno le cose soltanto per l'obbedienza, quindi per sottomissione a Dio, alla volontà di Dio, che infine vuol dire: per la gloria del Signore e per l'aumento di meriti per noi.
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Che differenza fra anima e anima! C'è sempre da fare un buon esame. E l'esame negli esercizi è come sempre in primo luogo sull'interno: i pensieri, i sentimenti: "Eh, quello era mosso da invidia, e questo invece è mosso da carità".
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Secondo: dal capitale di grazie e di santità e di meriti che c'è già. La spiegazione, perché si faccia in modo un po' comprensivo, può essere un po' semplice. E d'altra parte, san Tommaso parla anche in questo senso. E cioè: se c'è già una ricchezza interiore di grazia, il nuovo merito moltiplica il bene che c'era già prima. Vi può essere che in un'anima ci sian già cento di meriti; un'altra che abbia centomila di meriti, un'altra che abbia centomilioni già di meriti e di grazia interiore: pensiamo a Maria santissima ad esempio. "Adesso hai scopato, la casa l'hai fatta bene. Guadagnerai due. Ma il due moltiplica il cento che già c'era prima; quindi due per cento son duecento. E se c'era centomila, due per centomila fa duecentomila. E se c'era centomilioni, due per cento son duecento milioni". Viene la moltiplicazione, e allora il risultato? Ecco l'aumento continuato di vita spirituale, di grazia, di merito presso il Signore.
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Allora riassumiamo perché sia più chiaro. In noi c'è la vita spirituale. Il Signore ci ha dato tanti cibi per la vita del corpo: e vi è il pane e vi è la carne, vi è la verdura, ci son le frutta, ecc. E per l'anima? Per l'anima ha pure provvisto il nutrimento, anzi un nutrimento divino, soprannaturale. Ecco.
Allora i due mezzi sacramentali, che quindi han una forza speciale perché ci entra Gesù - quando si tratta del merito ci entriamo noi -. Ci entra Gesù: confessione e comunione.
Uno serve a togliere ciò che è imperfetto, ciò che è debolezza, ciò che è peccato. L'altro [serve] per dare invece la vita, l'aumento di grazia e l'aumento di forza per praticare poi le virtù e cioè le tre teologali e le quattro cardinali che si esercitano. Oh.
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Questi meriti che si acquistano con il lavoro, il compimento dei doveri, ecc. saranno tanto più grandi, questi aumenti di grazia e di vita in noi, di vita spirituale, quanto più sarà retta l'intenzione. Cioè: per amor di Dio le cose. E aumenta il capitale di grazia - quanto c'era già di capitale di grazia - che viene moltiplicato.
Oh, allora: ecco la santificazione. Dobbiamo quindi pensare ad essere riflessivi: si tratta di conquistare momento per momento delle grandi ricchezze soprannaturali.
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Dice san Francesco di Sales (che la prima volta che l'ho letto mi ha fatto impressione; ma adesso si comprende come il merito dipenda in gran parte dalla retta intenzione), dice: "C'è una suora che scopa, ha fatto la pulizia alla casa; e c'è un sacerdote che celebra: chi guadagna di più di merito? Chi ha fatto il suo dovere con maggior retta intenzione, con più purezza d'intenzione".
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La messa è di valore infinito [in] quanto innanzi a Dio: sì, è di adorazione, ringraziamento, soddisfazione e supplica. Quello che riguarda Dio; ma il merito nostro che ricaviamo? Secondo il fervore con cui si dice! Secondo l'intenzione con cui si celebra!
E tu: secondo l'intenzione con cui scopi, fai la pulizia, o lavorerai in cucina, o lavorerai in giardino. E se sono occupazioni umili, è più facile aver retta intenzione!
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Quante volte è più facile che si faccia santa una suora che ha gli impieghi, gli uffici <più> più umili. Eh, siam così! Ché la superbia vuole un po' entrare e infiltrarsi anche nel bene!
Che sia retta l'intenzione, che sia pura. Che la fiamma che sale a Dio sia senza fumo! Senza mistura di fumo.

Albano Laziale (Roma)
28 agosto 1962

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(1) Albano Laziale (Roma), 28 agosto 1962

383 (a) R: crescenza.

386 (a) R: il.

387 (a) R: il.
(b) R: le.

397 (a) R: in riguardo.