Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XXI. UN PIANO DI LAVORO (1)
Ieri abbiamo ricordato che i propositi nel tempo di aspirandato e nel tempo di noviziato si riducono pressoché a uno, cioè prendere tutto e fare tutto, con amore a tutto, quello che viene insegnato: che riguardi la pietà o che riguardi lo spirito o che riguardi la buona formazione o che riguardi il buon apostolato o che riguardi anche la vita umana, poiché avete da tener molto conto di questa vita umana.
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Non siete suore di clausura le quali sono separate dal mondo. Voi avete da andare nel mondo come il Padre celeste ha mandato il suo figlio Gesù nel mondo, e sapere trattare col mondo: sapere vivere nel mondo senza prenderne lo spirito, conservando lo spirito religioso e portando lo spirito soprannaturale, lo spirito di fede nel mondo.
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Diceva Gesù nella sua ultima preghiera, quella che chiamiamo preghiera sacerdotale: Padre prego per loro, cioè gli apostoli, non perché li tolga dal mondo, no, ma perché li preservi dal male /Et ipsi/ (a) de mundo non sunt, sicut et ego de mundo non sum/ (b) [Gv 17,14]. Andare /nel/ (c) mondo come Gesù, ma senza aver lo spirito del mondo e cioè [senza] quel modo umano, quei pregiudizi, quelle dottrine, quelle teorie, quegli usi, quelle abitudini umane. Oh.
Allora questo per la formazione.
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Quando però si va avanti, ecco, in generale considerare Gesù buon Pastore come colui che insegna, che ci precede con l'esempio e che ci dà la grazia. Considerare il Vangelo in particolare, con le lettere degli apostoli. Considerare la Bibbia intiera. Il Signore è il direttore delle anime. Benedetto chi è lettore di un solo libro, perché... Guardatevi da un lettore di uno solo libro perché è uno sapiente che lo ha meditato, che lo ha pensato tutta la vita. Questo si può applicare a chi continuamente legge la Scrittura. Ecco.
Ma il Vangelo è generale, le costi[tu]zioni sono il Vangelo applicato al genere di vita particolare che ogni <istitu> istituto ha da condurre.
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Tuttavia vi è ancora qualche cosa che poi è di particolare nella vita. E questo vuol dire: scegliere il lavoro spirituale e seguirlo, svilupparlo, condurlo avanti con ordine. Questo consiste in due punti: proposito particolare per la santificazione, cioè quello che riguarda la virtù che vogliam praticare oppure che riguarda l'ufficio che si ha da fare, ecc. E poi il programma generale, le relazioni, gli uffici che son dati e tutto quello che riguarda la missione particolare di ognuna.
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Un proposito, particolare e un programma generale che tocca più gli uffici, le attitudini, l'ambiente in cui si è, i doveri particolari di ognuna, gli impegni e gli apostolati che sono assegnati. Questo si può chiamare il piano della vita.
Piano della vita.
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Cosa s'intende per nome: piano della vita?
E' un formularsi, con la guida di [una] persona saggia, quel complesso di cose che si vorranno sviluppare nella vita.
Quando la maestra fa l'introduzione nella scuola in principio di anno, fa il piano di quello che svolgerà, sì. E questo si può dire il programma per l'anno.
E invece <per> il piano della vita non è riservato ad un anno di studio, neppure è riservato ad un anno di spiritualità soltanto. E' proprio un lavoro da scegliersi nella vita. Formarsi un regolamento, stabilire dei punti di arrivo, quello a cui si vuol riuscire. E' sempre però questo da farsi dopo molta preghiera e con <molto> molti consigli. Il piano della vita.
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Partendo dalla parte spirituale ognuna deve aver conosciuto se stessa. Che carattere ho? Un carattere flemmatico, un carattere sanguigno, un carattere collerico? Come devo dominarmi, regolarmi così da formare un carattere buono, che sia buono per vivere in comunità e che sia buono per vivere nell'apostolato? Più avanti ancora: sono più travagliato dall'orgoglio o sono più travagliato dalla pigrizia o dall'ira o dalla golosità o dall'attaccamento alle cose, alle persone? Quale è la passione predominante in me? Ognuna deve pensare.
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La passione predominante è quella che noi amiamo di più, che difendiamo di più. Se ci correggono riguardo ad altri punti, eh, forse si accetta abbastanza facilmente; ma se ci toccano su quello che noi amiamo di più, che è la passione predominante, allora è come toccare la piaga, mettere il dito sulla piaga. Eh, allora si sente il dolore. E se invece avessero /messo/ (a) il dito in altro posto: invece che mettere il dito sulla mano destra l'avessero messo sulla sinistra, non avrebbe recato fastidio, pena.
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Vedere come è la propensione, l'inclinazione più cattiva in noi e quindi quale sia la virtù che è più necessaria a noi. E la virtù più necessaria è quella contraria alla passione predominante. /Contraria/ (a) alla superbia è l'umiltà, contraria all'ira è la dolcezza, contrario alla pigrizia è il fervore, /contraria/ (b) alla sensibilità è la robustezza dello spirito, ecc. Contraria ai capricci c'è la obbedienza e contraria all'egoismo, c'è la carità. E' ancora meglio dire: voglio acquistare l'umiltà che non dire: voglio combattere la superbia. Quindi fare di preferenza la parte positiva. Perciò il lavoro spirituale.
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Quando poi si è fatto questo lavoro spirituale in questa maniera, preparato in questa maniera, allora si prendono i mezzi per vincere e conquistare: vincere il male e conquistare la virtù contraria. Sì. Oh. Anche se poi la persona ha da lavorare venti anni lì sopra, non è esagerata perché una virtù che si pratica bene trascina con sé le altre. Trascina con sé le altre. E le altre sono come l'ombra che segue la persona.
[Ho] letto i propositi di un santo sacerdote. [I] propositi dal 1904 al 1924 erano quasi gli stessi. E così ha fatto san Francesco di Sales. E così deve fare una persona quando si traccia un programma, un regolamento interiore. Oh.
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Però come si farà ad acquistare questa virtù? Vi sono tre cose da fare. La virtù non consiste in parole. Per esempio la pietà non consiste in parole, consiste in una devozione vera, sì. Perché <la vi> la virtù che si vuol conquistare si procuri che sia completa in noi, deve penetrare tutta la mente e penetrare tutto il cuore e penetrare tutta la volontà.
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Ad esempio se si prende l'umiltà, e si sceglie un libro che insegni l'umiltà, l'umiltà vera, per esempio il bel libro Formazione all'umiltà - poi ci sono molti altri libri, e ci può essere la formazione all'obbedienza, la formazione alla povertà, sì, ecc. - in maniera che la mente divenga umile, si nutra di pensieri umili. Concetto basso di noi stessi e persuasi che l'umiltà è la base su cui si può lavorare.
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Se si ha da fare una casa prima fan gli scavi per trovare il terreno solido. E se si ha da erigere un edificio alto di santità, prima si fa il fondamento, scava e cioè fundamentum videlicet humilitatis il fondamento della umiltà di pensiero. Poi l'umiltà di sentimenti: desiderare più le umiliazioni che le lodi, sentir fastidio quando ci approvano esteriormente mentre noi sappiamo che non meritiamo proprio approvazioni e lodi.
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Quelle lettere in cui si fa l'elogio della persona altrui si scrive e che <fa venir> delle volte fan venire la nausea e che per lo più <non> son anche cose che escano dall'intimo, eh, per lo più. Ma fin che non si arriva ad amare l'umiliazione, come si fa ad amare l'obbedienza che è sottomissione? Amare la povertà del presepio, amare la bontà con tutti anche con i nemici e con quei che ci crocifiggessero.
Tener sempre migliori gli altri più di noi. E non essere ancora arrivati a credersi maggiori peccatori, i più miseri fra i servi di Dio?!
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Arrivare quindi a quella bontà di animo nel pregare. Quando la persona si presenta davanti al Signore come indegna e sente il bisogno di tener la testa china o di guardare il Signore con occhio supplichevole, guardare il tabernacolo con occhio supplichevole. Quando quello che è dato da fare è sempre fin troppo, il posto è fin troppo distinto: "Non lo merito, <non non> non ne son capace". Quando noi siam sempre pronti a tacere piuttosto che a parlare.
Quando nelle cose indifferenti siamo piuttosto inclinati a cedere agli altri che a noi, piuttosto seguir l'opinione altrui e il desiderio altrui che non il nostro, ecc. L'umiltà del cuore, ma <dev> vera!
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[Et] discite a me, quia mitis sum, et humilis corde [Mt 11,29], imparate da me che son mansueto ed umile di cuore. Io ho fatto tanti torti al Signore, l'ho disgustato tanto, l'ho offeso tanto. E poi se mi dicono una parola che mi pare che sia offensiva, mi risento. E il Signore invece sopporta me con tutte le mie miserie. E con tutte le mie miserie vorrei che tutti mi approvassero e riconoscessero. E guai se mi fanno una correzione, allora scatto e rumino per parecchi giorni: e chissà chi gliel'abbia detto. E non è un'esagerazione? E non hanno veduto male? E /avanti/ (a)... La umiltà del cuore: quella di Gesù.
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Terzo poi, l'umiltà della volontà. Preferire a ciò che è ricco, preferire ciò che è povero, anche gli abiti meno, meno - diciamo - buoni e gli abiti anche quando son rattoppati, che si curano per conservarli meglio. Tener cura persino dell'immagine, del libro. Amore alla povertà, sì.
Sottomissione verso i superiori, carità verso gli eguali e servizio verso gli inferiori. E farci come i bambini: "E se non vi farete come questo bambino - ha detto Gesù agli apostoli - per voi non ci sarà posto nel regno dei cieli" [cf. Mt 18,3].
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Non si arriva alla salvezza se siamo superbi, orgogliosi fino <a un> a un certo eccesso, a un eccesso. Sapere considerare che le nostre forze son poche.
Attenti alla volontà: fuggire le occasioni o di persone fredde, indifferenti, tiepide, fuggire le occasioni di persone pericolose.
Custodire gli occhi, sapendo che la debolezza nostra è tanta e che Gesù ha detto: "Se il tuo occhio ti /scandalizza/ (a), cioè ti porta al peccato, strappalo, buttalo via, è meglio che tu vada in paradiso con un solo occhio piuttosto che andare con due nell'inferno" [cf. Mt 5,29].
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L'umiltà che cerca le correzioni per emendarsi. L'umiltà la quale [non] prende mai atteggiamenti di imporsi anche se è in autorità. Atteggiamento umile, ma sincera, schietta e dicendo a tutti quel che conviene. Dire per dovere e tacendo quello che non convien dire perché è più conforme allora la cosa alla carità. <La>
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Una volontà umile. Certi progetti che si fanno, certi sogni che non sono ispirati all'umiltà. Negli stessi propositi: pochi perché uno diffida. Pochi, ma quelli che sono necessari e che sono alla radice della pianta perché, risanata la radice, ecco che la pianta si sviluppa e produrrà rami e fiori e frutti. Umiltà in tutto: nello stesso studio, nello stesso atteggiamento, nello stesso mettersi a tavola, <andar> [nell']uscire. Diffidenza mai scrupolosa, ma diffidare di noi, sì.
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Quindi, ecco un esempio. Se scegliete quel <prog pro prog> proposito: lavorare sulla mente che ho detto può essere sull'umiltà; e invece /potrebbe/ (a) essere sulla fede, sulla carità, sulla fiducia in Dio, sopra l'osservanza religiosa in generale, ecc. Bisogna istruir la mente, conformar la mente.
Conformare il cuore particolarmente a mezzo di rosari e di preghiere.
E poi conformare la volontà, invocando lo Spirito Santo, guardando sempre agli esempi che ci ha lasciato Gesù buon Pastore, [a]gli esempi che ci ha lasciato Maria <buona> madre del divin Pastore e che ci han lasciato gli apostoli Pietro e Paolo. Gli esempi. Oh, questo per noi.
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Quanto poi a quello che è esteriore il programma riguarda l'apostolato: <che si> come si vuol raggiungere, a quale perfezione portarlo. Lo studio: che cosa si vuol raggiungere, a quale perfezione portarlo. Poi la formazione: a quale perfezione si vuol portare. E così tutto quello che riguarda le comunicazioni, il trattare con le persone esterne, l'atteggiamento, il comportamento nelle parrocchie, in società, ovunque si sia, affinché, come disse san Paolo per chi legge la Scrittura, [af]finché l'uomo divenga perfetto e preparato a tutto il bene che deve fare [cf. 2Tm 3,17].
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Escludere poi ciò che <non> non ci riguarda. Cosa ci importano certe notizie, cosa ci importano le cose che non sono assegnate, non sono comandate, non entrano nella nostra missione? Quanto più uno guarda le altre cose, tanto di meno farà per sé e migliorerà se stesso. Oh!
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Fissarci sul programma, sulla nostra missione e voler raggiungere le vette, cioè le altezze: le migliori catechiste, le suore più esemplari nella pietà, le migliori conferenziere, le migliori - diciamo - nella bontà che si deve vivere in casa, nella bontà e riservatezza che si deve vivere fuori.
Mirare alle altezze! Non fermarsi, mai! Gli esercizi servono per guardare indietro quale è stato il cammino fatto o che è mancato. E servono gli esercizi per guardare in avanti la strada che ci rimane da fare.
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Allora, ecco: il piano di vita! Sempre però sotto la guida di chi ha dal Signore la missione di guidare, ha le grazie per guidare, ha la bontà, la carità per guidare e [ha] anche il modo di controllare fuori. Perché se il confessore non controlla o chi dirige lo spirito non controlla, manca un elemento per camminare più sveltamente e più sicuramente. Bisogna che ci siano anche i controlli.
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E quando si fa un viaggio lungo ad un certo punto l'autista mi dice: "Eh, son già trecento. Se permette dò uno sguardo alla macchina". Dà <tutto> lo sguardo pieno: vede come sta di acqua, come sta di olio, come sta di benzina, come stanno le gomme, ecc. Un controllo.
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Non solamente rivederci noi, ma proprio avere <la s> questo, che è prudenza, che è veramente la scienza dei santi: di servirci degli altri, quelli che il Signore ha messo sulla nostra strada per guidarci.
Svolgerete così il piano di vita e allora cursum consummavi [2Tm 4,7] alla fine.
Ho fatto bene il mio cammino, quello che è chiamato sacra itinera (a) [Sal 83,6] che è il viaggio <della missio> della missione, della vocazione in sostanza, il viaggio della perfezione e il viaggio dell'apostolato.
Sacra itinera, i santi viaggi.
Sempre in cammino!

Albano Laziale (Roma)
1 settembre 1960

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(1) Albano Laziale (Roma), 1° settembre 1960.

607 (a) V: Omette.
(b) V: non sum de mundo.
(c) R: del.

613 (a) R: parola poco chiara, ma deducibile dal contesto.

614 (a) R: contrario.
614 (a) R: contrario.

621 (a) R: all'avanti

623 (a) R: scandolezza.

626 (a) R: poteva.

632 (a) Cf. nota 596 (a).