Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XXI. IL DONO DELLA MENTE
Ieri sera leggevo in un libro queste parole: Oggi i genitori si lamentano perché i figli non obbediscono più come loro genitori quando erano /piccoli che obbedivano ai loro genitori. E' vero che si obbedisce meno? Io non lo so. Può essere che oggi questo spirito di libertà soffi un po' troppo forte, eh, questo spirito di indipendenza, e allora, quando il vento è forte, cosa si fa?/ (a).
State lì in casa a prendervelo o chiudete la finestra? Non so se si obbediva di più una volta o più adesso. Una volta si obbediva più come una specie di infantilismo, così, senza rendersi proprio cosciente del merito e del sacrificio che si fa a Dio con l'obbedienza. Oggi invece si ha più coscienza nel sottomettersi, nell'eseguire quello che è detto e quindi, avendo più coscienza, facendo maggior sacrificio, risulta un maggior merito, un maggior merito, sì!
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Perciò abbiamo da dire che l'obbedienza non è una virtù in cui devono esercitarsi solamente gli stupidi, gli sciocchi. A darci l'esempio è stato Gesù: Erat subditus illis [Lc 2,51], obbediva a san Giuseppe, obbediva a Maria, ecco. Così quando era a cinque anni, quando era a sette anni, quando era a dodici anni, quando era a quindici anni e più avanti, finché è stato nella vita privata; e poi dopo obbediva al Padre celeste, e poi ha obbedito finanche ai carnefici quando gli hanno ordinato di stendersi sulla croce.
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Voi obbedite?
Preferite dir di sì? Eh?
Mica solo con la parola, coi fatti neh? Sì?
E se ci sono qui le maestre, quelle che vi fan scuola, le madri, dicono anche: «Sono obbedienti?». Devo domandarglielo? E' meglio di no (a). Ma credo che siete buone, obbedienti e che volete essere di più, no? Sì? Sì! E' il principale voto che si farà nella professione, è il principale, l'obbedienza. Quindi se aspirate un giorno a donarvi al Signore, in primo luogo bisogna donargli la testa, cioè la libertà, ecco. Donargli la testa. E le figlie sono sempre più pronte a dire: «Signore, vi do tutto il mio cuore». Vorrei che dicessero anche: «Vi do tutta la mia testa», e dicessero in primo luogo questo: «Vi do la mia testa, vi do la mia testa». Vorrei dire: sottomissione della testa, eh!
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E poi la testa che pensi in bene! Che pensi in bene. Per esempio che la memoria ricordi le risposte del catechismo, che la memoria ricordi gli avvisi che si son ricevuti, ricordi le lezioni di scuola, ecco. La mente: donare a Dio la mente. Sarete anche buone adesso a metterci qualche volta davanti: «Signore, vi offro tutto il mio cuore, *** vi offro tutta la mia testa»? Ma lo dite già in pratica: «Vi offro tutta la mia mente, poi il mio cuore, la mia volontà». Quel lì, la mente, è la testa. Lo dite già, solamente che non dite la testa, dite la mente, va bene? E allora avanti: l'obbedienza, che sarà quella che vi raccoglie maggiori meriti per l'eternità.
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Distacco dalle proprie idee! Mm... Finché è distaccarsi da certe cose è più facile: si parte dal Veneto, si prende il treno e si viene fino a Roma, poi si raggiunge Albano. Eh, un distacco dalla famiglia: facile, eh? Ma distaccarsi di qui? (indica la testa). San Filippo diceva: «La santità sta tutta in due dita, qui (indica la fronte) testa, idee, la volontà, le idee proprie. Vi sono di quelle che si piegano subito perché capiscono [che] ciò che vien detto è detto per il bene, e vi sono anche delle persone che vedono solo il loro modo di pensare ecco, sì. Ma voi dovete ricordare che per esser di Dio, bisogna dargli prima la mente. Sì! La professione comprende questo: dono tutta la mia mente, tutto il mio cuore, tutta la volontà.
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Va bene, e intanto avrete poi anche una benedizione se donate la mente a Gesù, la benedizione sullo studio, sull'imparare in generale. Non dico solamente lo studio quando siete a scuola o quando fate il compito, il problema per esempio, la traduzione, il componimento, - adesso dite il «tema», fa lo stesso, è sempre la stessa cosa - non solo per lo studio, si comprende; avrete la benedizione più larga se siete obbedienti. Il Signore illuminerà la mente che vuol esser di Dio: viene donata a lui e lui la perfeziona. E allora... ma anche sull'imparar le altre cose: imparare a fare la cucina, imparare a farsi gli abiti, imparare a essere ordinate; imparare la vita religiosa nella sua essenza cioè nella sua natura, in quello che è, in quello che è.
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Sì, abbiate fiducia anche in questo: il Signore è con voi che vi applicate a studiare perché non vi applicate per una carriera, non so una carriera civile, per un impiego, ma per far l'apostolato, per far un giorno bene l'apostolato, sì.
Quante volte mi viene parlato <delle pie, delle> mi vien parlato delle Pie Discepole, ma soprattutto mi vien parlato di voi pastorelle per il lavoro che avete da fare complesso nelle parrocchie, e allora ci vuole studio, sì. Bisogna saper far tante cose, in modo speciale poi l'apostolato, perché tutto quel che si acquista è in ordine all'amare il Signore e a esercitar l'apostolato. Abbiate fiducia che se date la mente al Signore, il Signore vi aiuterà di più a imparare! Abbiate fiducia che, siccome studiate per l'apostolato, il Signore vi aiuterà di più a imparare!
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Siete serene, tranquille perché... si domanda: «Nella congregazione, lei - mi dicono - ha introdotto molte penitenze, molti digiuni, veglia di notte, ecc.?». Niente di questo: l'apostolato, l'obbedienza e poi lo studio; lo studio, perché così un giorno progrediranno nell'apostolato e il loro studio servirà per le anime e sarà messo a servizio di Gesù buon Pastore. Abbiate serenità nello studio, tranquillità! Direte: «Ma, qualche volta è duro, non sembra che voglia entrare...». Mica dovete farci un buco nella testa per metterci il libro, eh no, questo non si può fare, ma poco a poco, con impegno, sempre insistendo, sempre insistendo eh, sì. E riuscirete a far entrare non il libro, cioè la carta del libro, ma ciò che c'è scritto nel libro, quello che insegna il libro. Avete voglia di imparare?
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Oggi il bene si fa, oltre che con lo spirito buono, anche secondo [quel che] si sa. E Gesù è con voi, sì, applicarsi come... Una vorrebbe fare una penitenza e digiunare; invece di digiunare mangiate il libro e cioè studiate! Ecco! Diceva il Signore là, indicando la scrittura: «Mangia questo /volume/» (a) [Ez 3,1]. Eh, mangiarlo qui si mangia con la mente, quindi non si mastica coi denti, così, va bene! Dunque, fiducia!
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E se voi camminate nel raccoglimento, nella serenità è anche più facile che spiritualmente facciate un lavoro profondo, profondo, proprio di riforma dell'animo, cambiamento delle idee, adattamento al modo di pensare della congregazione sia per quel che riguarda la vita interna religiosa, sia per quel che riguarda l'apostolato, sì.
Vedete questa santa docilità vi rende poi anche molto più disposte nelle parrocchie a trattare con tutti, far del bene a tutti, capire un po' tutti e quindi vedere i bisogni, intervenire, aiutare, consolare; tendere a visitare quei che sono bisognosi, quei che son poveri, aiutare i bambini, gli infermi, ecc., sì.
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Quando c'è questa profondità si capiscono anche gli altri oltre che capire meglio noi. Del resto questo è un segreto: studiare il libro della nostra coscienza vuol dire capire un po' anche la coscienza degli altri, quindi diventar abili nell'apostolato. Abili nell'apostolato, sì. Questa profondità del vostro dono a Dio vuol dire poi profondità anche nell'apostolato, quando si tratterà di lavorar con le anime, sì.
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Ieri sera facevo scuola ai sacerdoti nuovi, oh, e spiegavo come dare il catechismo, come insegnare il catechismo, e il pensiero era questo: volete farlo imparare a memoria, fare un concorso dove tutti recitano con esattezza le risposte e per quante domande facciano sian subito pronti e quindi sappiano anche tutto il libro con esattezza, tutte le domande e tutte le risposte? Sì.
Questo sì, ma questo non è fare ancora il catechismo; bisogna che si arrivi a dire: volete vivere come ha insegnato il catechismo? E cioè, il catechismo vi insegna le verità di fede: vivere le verità di fede, cioè credere profondamente. Il catechismo insegna a osservare i comandamenti: li volete amare e osservare? Il catechismo insegna a ricevere i sacramenti, a pregare: e vorrete pregare, e vorrete confessarvi, ecc.? E così la vostra vita: volete che sia cristiana davvero? E' allora che si sa il catechismo!
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Quindi l'istruzione della mente è una cosa, ma poi dopo, poi dopo se c'è ancora la volontà che vien mossa - voglio fare, voglio ascoltare il Signore, vivere secondo la sua legge, osservare i comandamenti - e se si arriva a pregare, pregare costantemente, la domenica la messa, poi le varie funzioni, e poi dopo le preghiere mattino e sera, e poi la frequenza alla confessione, la frequenza alla comunione, ecc. allora si forma veramente il cristiano, allora il catechismo ha raggiunto il suo fine. Se non si viene qui, è come studiare, supponiamo, il greco che dopo non si usa mai, si sa ma non si usa mai. Il catechismo si studia per viverlo, viverlo nella vita pratica, viverlo nell'interno, nell'intimo del cuore, sì. Questo vuol dire poi «fare» il cristiano.
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Così voi vedete che se siete abituate a approfondir le cose, a approfondire il vostro spirito, una fede intima, una dedizione, una donazione intiera al Signore, un amore perduto - diciam così - senza fine voglio dire, con tutto il cuore al Signore, allora non farete un catechismo solo per recita, ma farete un catechismo per la vita, per formare dei veri cristiani, dei veri cristiani, ecco. E so già che camminate così, no? E siete indirizzate in questa via, sì; tutte le cure che vi hanno sono a questo scopo: seguite, e vi va bene!
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Ora poi, se non venissi prima della novena dell'Immacolata, ve la ricordo fino adesso perché vi prepariate con un cuore tutto bello, tutto puro, immacolato, che darete a Gesù per mezzo di Maria.

Albano Laziale (Roma)
24 novembre 1959

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299 (a) Così T. Omette R.

301 (a) A tutte queste domande poste in tono sereno, le uditrici rispondono e insieme con Don Alberione ridono bonariamente. Il tono continua anche in seguito ad essere vivace ed arguto.

307 (a) V: libro.