Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE III
LA POVERTÀ

[114] Vi è una santità che si chiama comune ed è quella che si può conseguire nella pratica dei precetti e dei santi comandamenti. Vi è una santità che si chiama evangelica, più perfetta, che si può conseguire attraverso la pratica dei santi voti o consigli evangelici: povertà, castità, obbedienza. Vi è una santità eroica che trascende, cioè supera il modo comune, ma si può ottenere tanto nel mondo da coloro che osservano i precetti, come nella vita religiosa da coloro che si danno alla pratica dei consigli evangelici.
L'aver professato non vuol dire che uno arriva alla santità delle anime eroiche. Però la via che rimane per noi è quella dei consigli evangelici, nella quale si può ottenere l'eroismo, come si può ottenere nel mondo da tante anime che hanno praticato i precetti e i comandamenti in | [115] modo eroico, pur non avendo ottenuto l'onore degli altari. Ringraziamo il Signore dunque, per averci chiamate ad una santità.
Meditiamo ora la povertà evangelica.
La vocazione a praticare la povertà evangelica è una chiamata a seguire Gesù più da vicino, cioè ad imitare Gesù anche in questa sua virtù, e una persona chiamata alla vita religiosa deve considerare come questa sia una vocazione di predilezione. Gesù com'è vissuto? Ecco, dalla sua nascita alla sua morte di croce abbiamo come i due punti estremi di una via che ha percorso: è cominciata a Betlem fra lo squallore di una grotta, posto in una greppia sopra un po' di paglia. Terminata sulla croce: un letto più duro della paglia. La povertà che Gesù aveva abbracciata salì con lui fin sulla croce. Egli morì senza neppure avere i ristori ordinari che si danno ai morenti. E la vita che si stende tra Betlemme e il Calvario è tutta una vita di povertà: fu poverissi-mo nella fuga in Egitto; poverissimo nella casetta di Nazaret, ove egli lavorava, ed il suo lavoro era più duro di quello che avete voi, un lavoro assiduo, quotidiano; poverissimo nella vita pubblica, accettando il ristoro dei discepoli o di alcune pie donne; poverissimo, e spesso mancante anche del necessario. Si riposava dormendo sulle sponde di una barca, sotto una pianta o a
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cielo addirittura scoperto, poverissimo tanto che potè dire: «Gli uccelli dell'aria hanno un nido, e le volpi si sono scavate una tana, ma il Figlio dell'uomo non ha | [116] neppure di suo un sasso ove posare la testa»1. Quale mai fra gli stessi santi e religiosi è ridotto a una povertà così estrema, che assomigli proprio a quella di Gesù? Neppure i santi, come S. Antonio abate, S. Francesco d'Assisi ebbero una vita così povera come quella di Gesù! E nessuno amò tanto la povertà come l'amò Gesù. Ciò che forma la povertà, non è tanto l'affetto esterno, quanto l'affetto interno, cioè la povertà di spirito, e per capire meglio, lo spirito di povertà, il distacco da tutto ciò che è terreno.
Qual è l'anima che la pratica bene? È l'anima che volge l'occhio verso il cielo, butta via tutte le cose per correre più liberamente. S. Paolo dice che quelli che corrono nello stadio non si caricano di fagotti e valigie, ma vestono solo il necessario per essere più spediti nella corsa2. Le anime che amano veramente la povertà, corrono più spedite verso il cielo, perché accompagnano Gesù. Molte anime amano l'umiltà, ma non l'umiliazione, altre amano la povertà, ma non le privazioni, e se devono fare un sacrificio non ci sono più, amano il far nulla, che è contrario alla povertà. Gesù ci ha insegnato la povertà non tanto con le parole, quanto con l'esempio.
La pratica della povertà dura dalla sua entrata nel mondo fino alla sua uscita, mentre le raccomandazioni di praticare la povertà furono ripetute alcune volte nel corso del suo insegnamento. Ad es.: «Va', vendi quello che hai: dallo ai poveri, poi vieni e seguimi»3. Oppure | [117] «Chi non rinunzia a tutto non può essere mio discepolo»4. Agli Apostoli disse: «Venite dietro di me»5: e Gesù non possedeva nulla. Ecco la povertà pronta, generosa degli Apostoli. Abbandonate le barche, senza tornare indietro a farsi il fagotto o a salutare i parenti, lo seguono e partecipano così all'esercizio della povertà di Cristo.
Gesù era partito da casa senza chiedere nulla, senza farsi né il fagotto, né la valigia, era partito così.
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L'anima povera che va in cerca di Gesù ha fede che Gesù provvederà. Disse Gesù: «Se il Padre celeste veste i fiori del campo di vari colori e procura il cibo agli uccelli dell'aria, quanto più provvederà a voi, gente di poca fede! Voi siete da più dei passeri e dei gigli del campo. Cercate dunque prima il regno di Dio e la sua giustizia e il rimanente vi sarà dato per giunta»6. Ecco che tutto è dato a chi ha veramente lo spirito di povertà e questa fiducia in Dio.
Bisogna che l'Istituto viva come è nato e, essendo nato senza possedere nulla, deve vivere col lavoro proprio.
È necessario che anche noi viviamo nello spirito di povertà, perché abbiamo fatto i voti. Procuriamo che i voti non ci servano poi di accusa nel giorno del giudizio, ma ci servano di prova che abbiamo cercato Dio solo. Per amare veramente la povertà, è necessario che non la sopportiamo come un peso, ma come uno dei | [118] mezzi principali per acquistare meriti e premio eterno. Per amare veramente la povertà è necessario pensare che quanto più un'anima è distaccata dalla terra, tanto più diventa ricca di fede, di speranza, di amor di Dio, di sapienza celeste, dei doni dello Spirito Santo; mentre rinunzia a qualche filo od a qualche piccola proprietà, e mentre chiede i permessi ed è tutta intenta ad occupare bene il tempo, diventa ricca di Spirito Santo, di grazie spirituali, di sapienza di Dio, delle Beatitudini evangeliche, dei frutti dello Spirito Santo, e che splendore avrà in cielo! Quanto più è povero il luogo dove state, tanto più sarà adorno il vostro luogo in Paradiso.
Nella povertà vi è la pratica negativa e quella positiva.
La pratica negativa consiste nel privarci dell'amministrazione libera dei beni e nel privarci di ciò che non è necessario: mortificazione della gola; vita comune in quanto è possibile: nel vitto, nel vestito, nell'alloggio; saperci adattare volentieri a qualche piccola privazione, conoscendo che non arriveremo mai alla povertà di Gesù. In Betlemme Gesù era riparato, ma il necessario com'era ridotto! Non la culla, ma una greppia, non un soffice materassino, ma un po' di paglia, non vestiti o pannilini per il divino Infante, ma il ruvido mantello di S. Giuseppe, non il fuoco, ma il fiato di animali, non in una stanza pulita, ma in una stalla insieme alle bestie! E la stalla non era di loro proprietà.
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Poteva | [119] arrivare il padrone da un momento all'altro e mandarli via per mettervi dentro gli animali. Vi era il necessario così stretto e ridotto a cui noi non ci sapremmo mai adattare.
E come è morto il Salvatore? Spogliato di ogni cosa, perfino del vestito che indossava. E che letto! Due tronchi d'albero disposti in forma di croce! Gesù non ebbe neanche il necessario ristoro dei morenti. Neppure la Vergine SS. poté asciugargli il sudore e dargli un sorso d'acqua per rinfrescare le sue labbra riarse dalla sete. Consideriamo ai piedi della croce a che punto è arrivato il nostro spirito di povertà.
La pratica positiva della povertà consiste nel procurare, per quanto sta da noi, la gloria di Dio! Usare bene il tempo d'apostolato e ricorrere a sante industrie perché riesca più proficuo. Adoperare bene quello che è di nostro uso, fidandoci di Dio che non ci lascerà mancare nulla. Chiedere le offerte necessarie per lo sviluppo dell'apostolato. Vediamo fin dove arriva la nostra povertà ed esaminiamo se il nostro cuore è trattenuto dall'attaccamento a qualche piccola cosa, non fosse altro che un filo. Ma più che l'esterno, esaminiamo l'interno: se amiamo la povertà proprio per il Paradiso e per Gesù, e se per amor suo vorremmo anche privarci del necessario. Vi sono anime che hanno sante industrie per imitare più da vicino la povertà di Gesù: anime delicate, che considerano spesso la vita del Salvatore, perché hanno sentito e seguito la voce: «Vieni e seguimi»7.
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1 Mt 8,20.

2 Cf 1Cor 9,25.

3 Mt 19,21.

4 Lc 14,33.

5 Mt 5,2.

6 Cf Mt 6,26-33.

7 Mt 19,21.