Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. IL NOSTRO APOSTOLATO*

Abbiamo considerato l'apostolato in quanto è propaganda ed abbiamo concluso dicendo: «Beati pedes evangelizantium pacem! Evangelizantium bonum!»1. Dio vuol salvare le anime, ma si serve in ciò, degli uomini, come cooperatori alla verità. Dio vuol salvare le anime e il diavolo vuol perderle e anche lui cerca i cooperatori nel suo lavoro e ne trova tanti! Noi invece siamo i cooperatori di Dio.
Consideriamo il merito del nostro apostolato, per prendere coraggio nel compiere quella missione che Dio ci ha affidato, e di cui dovremo rendere conto. Chi avrà operato e insegnato, sarà chiamato grande nel regno de' cieli2.
La redenzione di Gesù Cristo fu compiuta: egli acquistò la grazia, la quale era per nostro conto ed insegnò agli uomini la sua dottrina, in cui vi è la nostra salvezza.
La redenzione dunque fu compiuta, ma non fu applicata a tutti, come non è ancora conosciuta da tutti la dottrina di Gesù Cristo.
I sacramenti furono istituiti, ma non danno la grazia agli uomini se non vi sono i sacerdoti che li amministrano. La salvezza degli uomini deve essere operata dagli uomini. La dottrina di Gesù Cristo c'è nella S. Scrittura, nella Tradizione, negli insegnamenti della Chiesa, ma bisogna che gli uomini conoscano questa dottrina e l'accettino: questa è la salvezza. E chi arriverà a questi uomini, a portare loro la salvezza? Essi sono sempre intenti a procurarsi il benessere materiale; chi ricorderà loro il cielo? Chi ricorderà loro che non hanno qui una dimora stabile?3. Beati coloro che aiuteranno questi uomini a volgere i loro occhi al cielo! Oh! le Figlie di San Paolo possono considerarsi come le postine di Dio, che fanno conoscere agli uomini le verità da lui rivelate: esse si possono ancora considerare come le
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postine della Chiesa4 che comunicano ai fedeli le verità da lei proposte e insegnate.
E esaltata, e con ragione, la suora che cura gli ammalati negli ospedali, ma è più meritorio, più necessario curare le anime che non i corpi poiché: «Non di solo pane vive l'uomo»5.
Come conclusione, domandiamoci: Siamo riconoscenti al Signore per averci condotte in questa Casa? Siamo orgogliose (in Gesù Cristo), della grande missione che ci è stata affidata?
Talora può darsi che passi nella mente qualche pensiero di scoraggiamento riguardo alla nostra missione; questa è una tentazione da cui non dobbiamo lasciarci vincere, che anzi non bisogna neanche ammettere.
Per ogni missione il mondo ha i suoi sarcasmi e i suoi disprezzi. Gesù aveva una missione molto bella, eppure come fu trattato? Congiurarono contro di lui e dopo di averlo calunniato e disprezzato lo giudicarono in tre tribunali e lo condannarono a morte. Il mondo ha riserbato anche per noi le satire, i disprezzi, le ignominie: saremo noi degne della croce? Ci vuol poco a star buone e mostrarci contente quando tutto va a favore, ma qui non c'è molta virtù. Non bisogna rallegrarsi delle lodi, neppure quando vengono date alla Congregazione: rallegrarsi solo della possibilità di fare maggior bene, perché se è accolta la parola di Dio ne deriverà a lui maggior gloria, maggior bene alle anime e maggiori meriti a noi.
Il segno più sicuro che l'opera è gradita a Dio, è sempre quello della croce, cioè le disapprovazioni del mondo: questo è il sigillo eterno, che Dio ha posto anche all'opera di Gesù.
Siamo dunque riconoscenti a Dio per la missione a cui ci ha chiamate: parliamone con entusiasmo, con convinzione, quando dobbiamo parlarne e poi siamo contente sempre: «Hilarem datorem diligit Deus»6; allontaniamo dunque la tentazione dello scoraggiamento; sappiamo essere contente delle contraddizioni e disprezzi che possono venire a noi dal mondo. «Si hominibus placerem servus Christi non essem»7, diceva S. Paolo. Difatti il
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mondo e Gesù Cristo sono in opposizione: «Mundus totus in maligno positus est»8. «Non rogo pro mundo»9.
Il nostro apostolato è l'apostolato di Dio, poiché ha per predecessore Dio, gli Apostoli, gli uomini più eminenti nella Chiesa. Il primo libro è di Dio, il primo editore è Dio, la prima Casa editrice è presso Dio: «Scrivi e manda alle Chiese»10 dice la Sacra Scrittura.
Gesù Cristo ebbe quattro segretari, e poi ebbe degli autorevolissimi interpreti (specialmente S. Paolo), ma fin d'allora molti mettevano in ridicolo e ritorcevano a loro danno le Lettere di S. Paolo, come dice S. Pietro11; non c'è quindi da stupire se anche adesso sono criticati i libri buoni. Quando si riceve una lettera dal papà o dalla mamma se ne guarda il senso, il contenuto, non la calligrafia o gli errori che ci possono essere.
Nella Chiesa ci sono delle persone che si sono distinte per qualche benemerenza speciale e tra questi ci sono i Dottori, che non avevano una penna venduta per una somma di danaro, ma una penna loro affidata da Dio: anche questi sono i nostri predecessori.
Non gloriamoci dell'apostolato nel senso umano. Noi non abbiamo le macchine più belle, né i libri nostri sono stampati meglio degli altri, ma il loro contenuto è il migliore: sono le verità divine che vengono racchiuse in essi e queste verità divine le Figlie di San Paolo hanno la missione di far conoscere agli uomini, portarle a destinazione.
Noi siamo le figlie che intendono bene e seguono docilmente gli insegnamenti della Chiesa; noi ci accostiamo agli uomini più eminenti che furono in essa; partecipiamo ai desideri, alle intenzioni di Dio; la nostra missione forma una sola cosa con quella di Gesù.
È vero, ci vogliono degli elementi materiali nell'apostolato, come i soldi, (lo spirituale è sempre unito al materiale), ma bisogna vedere ciò che forma l'anima, la sostanza di questo apostolato. (Esempio della vecchierella povera, ma amata da Dio, e della regina che è in odio a Dio perché in peccato).
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Il nostro apostolato può sembrare meschino, ma solo in apparenza, mentre nella sostanza non è neppure da paragonarsi a ciò che fanno le altre Case editrici. Noi siamo la Casa editrice di Dio.
I migliori negozianti di oggetti religiosi sono ebrei, (almeno qui a Roma), ma non fanno certo dell'apostolato: cercano l'interesse. Noi invece cerchiamo di dare alle anime ciò di cui esse hanno maggior bisogno.
Bisogna che gli uomini lo sappiano. Se vogliono divertirsi, c'è il teatro, se vogliono libri sciocchi che rovinano l'anima, ci sono tante Case che li vendono, ma se vogliono salvarsi l'anima devono ricorrere ai libri buoni, sostanziosi, cioè quelli che diffondiamo noi. Ci può essere un veleno apparecchiato in un piatto d'oro, ma è sempre veleno; e ci può essere del buon pane presentato senza tanta eleganza e ricercatezza, ma non per questo perde la sua sostanza e cessa di essere utile e necessario.
Noi abbiamo le migliori edizioni, le più utili. Noi diamo Dio alle anime: il Paradiso.
Stiamo ferme in questi concetti che sono fondamentali.
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* Meditazione stampata in quartino. In calce è scritto: «Il Sig. Primo Maestro alle Superiore negli Esercizi del 1940». Tale corso fu tenuto dal 22 aprile al 1° maggio (cf CI, 3 [1940] 1; introduzione).

1 Cf Is 52,7; Rm 10,15 : «Beati i piedi dei messaggeri che annunziano la pace. Messaggeri di bene».

2 Cf Mt 5,19.

3 Cf Eb 13,14.

4 Questo suo pensiero il Primo Maestro lo compendierà in seguito (Natale 1946) nelle Beatitudini delle Figlie di San Paolo (Cf CVV 118).

5 Mt 4,4.

6 2Cor 9,7: «Dio ama chi dona con gioia».

7 Gal 1,10: «Se io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo».

8 1Gv 5,19: «Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno».

9 Gv 17,9: «Non prego per il mondo».

10 Ap 1,11.

11 Cf 2Pt 3,15-16.