Il Capitolo generale del 1957 non volle determinare nessuna percentuale a titolo di contributo e anche il Primo Maestro non volle stabilire cifre che potevano avere l'aspetto di una tassa alla maniera dei vari governi civili.
Questo non fu fatto perché non se ne sentiva la necessità per vari motivi, ma il motivo principale era quello della forte centralizzazione della nostra Società. Negli Istituti religiosi moderni la centralizzazione economica è molto forte. L'Istituto, le province e le case possiedono beni per proprio conto, però l'intervento del regime generale e di quello provinciale nell'amministrazione rispettivamente delle province e delle case è assai più sensibile che in passato.
Prima del Codice di diritto canonico il diritto esigeva che ogni casa religiosa avesse sufficiente garanzia economica di sostentamento mediante una dote. Anche nel Codice (can 496) si dice : «nulla domus religiosa erigatur nisi iudicari prudenter possit vel ex reditibus propriis, vel ex eleemosynis vel alio modo... sodalium congruae sustentationi provisum iri»; ma la garanzia più comune prima del Codice era costituita dalia dote. Dopo il Codice le cose sono cambiate perché nel can. 496 si dice «vel alio modo».
Una innovazione di notevole importanza in materia economica fu quella dovuta al cosiddetto sistema della
«proprietà subordinata". Con questo sistema tutto quello che appartiene alle case, appartiene anche alle Province e tutto quello che appartiene alle Province, appartiene anche, a titolo di proprietà, alla Società. Uno degli effetti più interessanti di questo sistema è che il Superiore generale può disporre dei beni delle province e il Superiore Provinciale può disporre dei beni delle singole case. In questa maniera i vari interventi del Superiore generale o del Superiore provinciale non ledono mai il diritto dei subalterni, perché vi è un condominio su tali beni. È questo un sistema che risponde in modo mirabile alle esigenze dell'apostolato moderno che ha bisogno di muoversi con molta snellezza e celerità. Se ad es. una casa possiede una bella Biblioteca e in quella casa non vi sono studenti, conviene che il Provinciale possa intervenire e possa dire: quella biblioteca va trasferita nello studentato provinciale, e se nella Provincia non vi sono studentati, va trasferita fuori provincia in case di studio importanti, a giudizio del Superiore generale.
Nelle nostre Costituzioni, all'art. 406, n. 11 si dice che il Provinciale «contrae debiti e altre obbligazioni e
impegna i beni della Provincia, salve sempre le norme del diritto comune e, se fosse necessario, il permesso del Superiore generale a norma dell'art. 326». Le norme del diritto comune esigono per contrarre un debito oltre ad una determinata somma, la licenza del Superiore generale e quella della S. Sede.
Nel Capitolo generale del 1957 si stabilì: «La somma che i Provinciali e gli altri Superiori maggiori possono spendere
senza il consenso del loro Consiglio è di L. 3.000.000 (5.000 dollari)».
Non vi può essere dubbio che il Provinciale può intervenire sulla destinazione dei beni delle case della sua Provincia e che se il Superiore generale dovesse dire ad un Provinciale: «Provvedete alle necessità urgenti della casa x», il Superiore Provinciale lo può e lo deve fare, anche se la casa di cui si tratta è posta fuori Provincia.
Don A. Poggi
Procuratore Generale
AVVERTENZAPer i Sacerdoti, che sono in case fuori d'Italia, ed hanno l'obbligo degli Esami quinquennali: dovranno essere esaminati dal rispettivo Provinciale o Regionale con il medesimo programma per l'Italia.Don T. Dragone
per gli Studi