Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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L' AMMINISTRAZIONE DEI BENI

L'amministrazione dei beni nella nostra Congregazione ha importanza capitale, sia perché i beni economici sono necessari per lo sviluppo dell'apostolato e il sostentamento dei membri dell'Istituto e sia perché i capitali che sono affidati all'amministrazione dei Superiori e degli economi sono notevoli.
Affinché non debbano sorgere polemiche e non si debba intralciare il sano e progressivo sviluppo dell'apostolato delle edizioni è necessario non rinchiudersi negli stretti orizzonti di sviluppo di una casa o di una provincia, ma allargare i panorami su tutto il complesso di bisogno e di presenza della Pia Società San Paolo nel mondo, con quella mentalità apostolica che è stata ormai canonizzata dall'attuale Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa di Cristo non va considerata come rinchiusa nei limiti territoriali di una diocesi o di una nazione, ma imperniata su visuali di universalità senza esclusioni di razze, di confini, di popoli. Le nazioni ricche di beni materiali o di vocazioni debbono aiutare quelle povere.
Questa visuale universalista è rispecchiata in modo chiarissimo nella strutturazione dottrinale e giuridica della nostra Congregazione.
Alle volte possono sorgere perplessità e tentennamenti di fronte a un aiuto materiale da prestarsi ad una casa religiosa che si trova in uno stadio di sviluppo; occorre superare ogni ostacolo e inquadrare il problema economico sull'aspetto di vita e di espansione del nostro Istituto.
Parlando del problema dell'amministrazione economica va tenuto presente quanto è stabilito nelle Costituzioni e quanto ha precisato il Capitolo generale dell'aprile 1957.
Nell'art. 326 delle Costituzioni è detto: «spetta al Capitolo generale stabilire le norme circa i contributi delle province e delle regioni per le necessità comuni della Società; determinare la somma che i Superiori maggiori possono spendere senza il consenso del loro Consiglio...».
Nella seduta pomeridiana del 12 aprile 1957. durante il Capitolo generale, si decise: «Oltre ai contributi delle Ss. Messe (2.400 Messe) si dà potere al Superiore generale di stabilire anche una somma determinata per ogni provincia e regione, che dovrà essere inviata alla Casa Generalizia e che servirà a far fronte alle necessità comuni della Società».
Questo sistema delle contribuzioni delle Province e delle case al sostentamento delle spese di interesse comune e per il bene di tutta la religione è quello più in voga negli Istituti religiosi. Nelle «Norme» del 1901 della Sacra Congregazione dei Religiosi, all'art. 294 si diceva che la provincia deve contribuire alle spese della religione nella proporzione di un terzo del suo attivo, dedotte le spese; parimenti le case devono provvedere alle spese della provincia in ragione di un terzo del loro reddito. Attualmente, però, il sistema normalmente seguito è che ogni ente subordinato debba versare all'ente superiore non un terzo, ma due terzi dei suoi redditi.
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Il Capitolo generale del 1957 non volle determinare nessuna percentuale a titolo di contributo e anche il Primo Maestro non volle stabilire cifre che potevano avere l'aspetto di una tassa alla maniera dei vari governi civili.
Questo non fu fatto perché non se ne sentiva la necessità per vari motivi, ma il motivo principale era quello della forte centralizzazione della nostra Società. Negli Istituti religiosi moderni la centralizzazione economica è molto forte. L'Istituto, le province e le case possiedono beni per proprio conto, però l'intervento del regime generale e di quello provinciale nell'amministrazione rispettivamente delle province e delle case è assai più sensibile che in passato.
Prima del Codice di diritto canonico il diritto esigeva che ogni casa religiosa avesse sufficiente garanzia economica di sostentamento mediante una dote. Anche nel Codice (can 496) si dice : «nulla domus religiosa erigatur nisi iudicari prudenter possit vel ex reditibus propriis, vel ex eleemosynis vel alio modo... sodalium congruae sustentationi provisum iri»; ma la garanzia più comune prima del Codice era costituita dalia dote. Dopo il Codice le cose sono cambiate perché nel can. 496 si dice «vel alio modo».
Una innovazione di notevole importanza in materia economica fu quella dovuta al cosiddetto sistema della «proprietà subordinata". Con questo sistema tutto quello che appartiene alle case, appartiene anche alle Province e tutto quello che appartiene alle Province, appartiene anche, a titolo di proprietà, alla Società. Uno degli effetti più interessanti di questo sistema è che il Superiore generale può disporre dei beni delle province e il Superiore Provinciale può disporre dei beni delle singole case. In questa maniera i vari interventi del Superiore generale o del Superiore provinciale non ledono mai il diritto dei subalterni, perché vi è un condominio su tali beni. È questo un sistema che risponde in modo mirabile alle esigenze dell'apostolato moderno che ha bisogno di muoversi con molta snellezza e celerità. Se ad es. una casa possiede una bella Biblioteca e in quella casa non vi sono studenti, conviene che il Provinciale possa intervenire e possa dire: quella biblioteca va trasferita nello studentato provinciale, e se nella Provincia non vi sono studentati, va trasferita fuori provincia in case di studio importanti, a giudizio del Superiore generale.
Nelle nostre Costituzioni, all'art. 406, n. 11 si dice che il Provinciale «contrae debiti e altre obbligazioni e impegna i beni della Provincia, salve sempre le norme del diritto comune e, se fosse necessario, il permesso del Superiore generale a norma dell'art. 326». Le norme del diritto comune esigono per contrarre un debito oltre ad una determinata somma, la licenza del Superiore generale e quella della S. Sede.
Nel Capitolo generale del 1957 si stabilì: «La somma che i Provinciali e gli altri Superiori maggiori possono spendere senza il consenso del loro Consiglio è di L. 3.000.000 (5.000 dollari)».
Non vi può essere dubbio che il Provinciale può intervenire sulla destinazione dei beni delle case della sua Provincia e che se il Superiore generale dovesse dire ad un Provinciale: «Provvedete alle necessità urgenti della casa x», il Superiore Provinciale lo può e lo deve fare, anche se la casa di cui si tratta è posta fuori Provincia.

Don A. Poggi
Procuratore Generale


AVVERTENZA

Per i Sacerdoti, che sono in case fuori d'Italia, ed hanno l'obbligo degli Esami quinquennali: dovranno essere esaminati dal rispettivo Provinciale o Regionale con il medesimo programma per l'Italia.

Don T. Dragone
per gli Studi

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