Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

ESERCIZI, FUMO E GIUDIZIO PARTICOLARE

Dal 21 al 29 agosto si è tenuto ad Alba il Corso di Esercizi Spirituali dei Discepoli, tanto ben seguito e ricco di grazie. Si sa come vanno le cose in tempo di Esercizi: si rivedono le bucce che lungo l'anno si sono lasciate stare. E tra queste c'è stata anche la questione del fumo. Qui il predicatore si è sentito un po' a disagio, e forse non solo il predicatore, perché questa è una di quelle questioni di cui Dante direbbe: «Le leggi son; ma chi pon mano ad elle?».
Chi parlava aveva in mano il San Paolo del maggio 1951, in cui il Primo Maestro nella forma più solenne e più chiara affermava: «Intendo rinnovare e rinnovo la proibizione di fumare, in senso totale... Intendo che la presente disposizione obblighi in coscienza, secondo la gravità della materia». Se siamo retti, è evidente questa verità: l'ordine c'è - quindi essendoci l'ordine c'è anche l'obbligo da parte nostra di ubbidire - ed essendoci l'ordine e l'obbligo di obbedire, Dio in giudizio ce ne chiederà conto a tutti. Si è anche aggiunto: Saremo giudicati individualmente; Iddio non ci chiederà conto dei peccati degli altri; non potremo opporre i vari pretesti che oggi abbiamo tutti sulla punta della lingua; oggi ci sentiamo tutti degli avvocati, nel difendere i nostri comodi; ma quando ci troveremo al redde rationem saremo muti, conforme all'energica espressione di Isaia; «e colui ammutolì», dice la parabola evangelica, dell'uomo che va al convito senza la veste nuziale.
Già S. Teresina avvertiva: Quand'anche tutti trasgredissero un precetto della regola, ciò non basta ad esimerci. Forse che il Signore non le conosce le cose che ci sono state comandate? Quindi è inutile fare lo struzzo, e mettere la testa sotto la sabbia per non vedere e non udire. E poi, siamo sinceri. Quando si trasgredisce in questo campo, oltre alla colpa contro l'ordine di non fumare, c'è anche quella contro la povertà. Nessun confessore può esonerare dall'obbligo del risarcimento, che pei noi sta nel consegnarci al Superiore. È un obbligo in cui la materia si assomma, diventa grave, anche se noi ce ne siamo dimenticati perché non ne teniamo conto. Ma il Padre Eterno, tra le altre cose, sa anche fare l'addizione...
Chi è furbo non si carica di pesi da portare al tribunale di Dio. Chi è retto sa il suo dovere, Superiori e sudditi. Queste cose sono state dette fraternamente, con semplicità e chiarezza; senza avercela con nessuno e senza volere rimproverare nessuno; ma solo col desiderio di piacere a Dio e di non ingannare gli uomini; e noi stessi, soprattutto. E nessun Superiore sente di poter esigere obbedienza a sé, in qualsiasi cosa, se egli stesso non la fa; mentre può esigerla con voce sicura se ne dà l'esempio.

N. N.


Rispondo: La proibizione fu data chiaramente; continua integralmente; con maggior ragione, dopo le costatazioni, e sentita la conferma di Chi dovevo sentire.

Sac. Alberione

~