Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXXI
SAN PAOLO

Giugno 1956
Casa Generalizia, Roma

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.).

La vocazione nella sua origine e natura

È opera di Dio.

Poiché Dio creando l'anima di ogni uomo le assegna una via da percorrere per arrivare al Paradiso è proprio della Sua sapienza e onnipotenza elargirle le qualità necessarie allo scopo.
Appartiene, alla Provvidenza divina procurare a-gli uomini i mezzi necessari al raggiungimento del fine, di conseguenza provvedere, in proporzioni adeguate, che la Redenzione arrivi a tutti i popoli ed a ogni singola persona mediante il ministero sacerdotale e l'opera delle persone religiose chiamate agli Stati di Perfezione.
Di conseguenza è Dio che prepara i suoi chiamati infondendo nell'anima e nel corpo le qualità richieste per la vocazione.
La vocazione risulta dalle doti di natura e di grazia.

Qualità fisiche.
Le qualità di natura di ordine fisico sono: una discreta sanità di corpo, l'esenzione da certi difetti fisici che possono compromettere un normale e proficuo esercizio del ministero; inoltre l'esenzione da condizioni anormali della vita di famiglia. Su questo il Santo Padre Pio XII nella sua esortazione «Menti nostrae», così si esprime: «Richiamiamo la vostra attenzione sulle condizioni dell'idoneità fisica; tanto più che l'ultima guerra impresse le sue funeste conseguenze nella giovane generazione. Esaminate dunque con prudente diligenza le qualità fisiche dei candidati, ricorrendo, se sarà necessario, all'opinione di un medico prudente».
Lo studio delle qualità fisiche è tanto importante, anzi indispensabile, perché da esse dipende il sano equilibrio della personalità con un buono o cattivo esito della vita morale e spirituale dell'individuo.

Qualità psichiche.
La persona deve rivelarsi esente da anomalie che spesso si scoprono non per mezzo di gravi e chiare manifestazioni, ma attraverso piccoli segni nella condotta giornaliera.
Occorre una intelligenza sana, sufficiente, equilibrata, logica; fantasia corretta; capacità di volere; affettività normale; passioni che non suscitino reazioni e agitazioni anormali. Assenza da ereditarietà e predisposizioni alcooliche e nervose; soggetti non passionali, disciplinati, ordinati, di spirito buono; occorre un carattere disposto ad essere lavorato, generoso, capace alla rinuncia che apre la via alla totale donazione di sé a Dio e al prossimo attraverso l'amore.
Per giudicare positivamente e con giusto criterio su questi fattori psichici, occorre perspicacia e una buona conoscenza teorico-pratica dell'animo del fanciullo e dell'adolescente che non s'improvvisa, nè si presume.
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Qualità morali.
Tra tutte, occorre un buon carattere: pio, docile, perspicace, pronto, attivo, mansueto, forte e gentile, audace, cosciente, riconoscente, fiducioso, prudente, semplice, stabile.
Tra le virtù morali deve spiccare la purezza dei costumi, l'obbedienza, un certo distacco dalle cose terrene, la facilità al perdono e l'umiltà.
Queste qualità fisico-psichico-morali sono disposizioni e attitudini che con l'educazione e la formazione si trasformano in virtù capaci di dare un rendimento utile e indispensabile allo stato di vita scelto.
Dalle attitudini, si rivelano i segni che fanno conoscere se Dio chiama tale persona a tale missione; per cui dalla presenza o dall'assenza di questi segni si giudica della vocazione o della mancanza di essa.
Quando Dio chiama, fornisce all'individuo le attitudini richieste da quello stato. Quindi l'opera di Dio creatore è evidente nella vocazione di ogni persona.

Doni di grazia.
La vocazione non comprende solo l'azione di Dio creatore, ma vi è l'opera di santificazione che lo Spirito Santo va compiendo nell'anima del fanciullo e completa i doni di natura.
Nel Battesimo l'anima riceve i germi della fede che verranno poi sviluppati con l'orazione, i sacramenti, le virtù.
Il bambino che ha ricevuto il Battesimo è inclinato a credere, per cui se è posto in un ambiente familiare adatto, la sua fede si sviluppa. Così è per la vocazione. Nel Battesimo viene infusa la grazia della vocazione, la quale, se non verrà arrestata col peccato e dispersa a contatto con un ambiente familiare e scolastico indifferente e ostile, si svilupperà e il fanciullo si sentirà inclinato ad esser migliore. Spesso la vocazione non si svela chiaramente al fanciullo ed occorre l'opera degli educatori: i genitori, il maestro, il parroco, il confessore, per svelargli che possiede in germe la vocazione e che occorre svilupparlo.
La vocazione trae quindi la sua origine nella creazione e nel Battesimo; che se poi si tratta non di vocazione alla vita contemplativa soltanto, ma di vocazione alla vita mista di pietà ed attività, allora opera ancora la cresima, sacramento dell'apostolato. Infatti la cresima con una nuova infusione di Spirito Santo, accresce nell'anima la grazia, crea i soldati di Cristo, rende più viva e forte la vocazione.
È il tempo propizio per selezionare le pianticelle e trasportarle nel vivaio: Seminario, Istituto religioso, dove possono conoscere meglio, coltivare e condurre a maturazione la grazia insigne della chiamata.
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Norme pratiche.
Il pensiero di Pio XI come pure l'insegnamento di Pio XII vertono in primo luogo sulla scelta dei giovinetti, poiché tutto il lavoro che si compie per la formazione degli alunni a nulla gioverebbe " se non fosse accurata la scelta dei candidati ". Scelta da compiersi mano mano durante la formazione, scelta che dev'essere preceduta, per quanto possibile da un'accurata selezione prima di introdurli nei seminari o negli Istituti Religiosi.

Reclutamento.
Osservare anzitutto l'ambiente familiare in cui si trova il fanciullo. Nei genitori la mancanza di religiosità e di unione, la cattiva condotta ecc., sono altrettanti fattori nocivi all'equilibrio psichico del giovanetto, perciò conoscere bene l'ambiente religioso e morale della famiglia. Una famiglia veramente cristiana è l'ambiente richiesto, è il primo seminario dove si accende la fiamma della vocazione.
Il reclutamento dev'essere perciò una positiva ricerca e individuazione dei fanciulli, e non solo un'accettazione per spontanea presentazione. E il primo controllo che dev'essere eseguito, per contatto con la famiglia e col candidato, da persona esperta. Non si può e non si deve mai agire con superficialità; né si devono avere fini umani: la legge della parentela, le esigenze dell'amicizia e della convenienza debbono sempre cedere innanzi al bene supremo della Chiesa e delle anime.
Sia sempre messo bene in chiaro il fine per cui si accetta un giovane: l'Istituto non è un collegio; non forma medici, avvocati, ingegneri, né prepara per altre professioni umane e terrene; ma Sacerdoti paolini, cioè continuatori dell'opera divina di Redenzione nella nostra Congregazione; oppure religiosi paolini (Discepoli del Divin Maestro).
La famiglia comprenda che non deve ingannare presentando un figlio col solo scopo di studiare e risparmiare; ciò è immorale, è sottrarre la Provvidenza ai veri chiamati.
Comprendano pure i genitori o chi per loro che hanno l'obbligo di lasciare piena libertà di seguire la chiamata e aiutare in tutti i modi, come pure lo stretto dovere di non forzare chi non si senta di seguire questa via.
Dopo il reclutamento, i selezionati spiccano il volo all'Istituto il quale dev'essere un nido caldo di pietà, di carità, di fervore di vita e d'opere, di altissima stima per la castità avendo cura di allontanare in modo risoluto e tempestivo gli elementi corrotti, tarati, fannulloni, mondani e simili. Per una buona formazione, l'Istituto dovrà presentare anche un ambiente sanamente familiare, sereno, igienico, accogliente.

Preghiera.
«Pregare per le vocazioni», dice il Papa. Il Divin Maestro stesso ci indica la via per avere numerose vocazioni: "Pregate il padrone della messe affinché mandi operai per la sua messe": preghiera umile e fiduciosa.
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Bene è stato scritto: «E alla preghiera che Dio concede le vocazioni sacerdotali» e noi aggiungiamo: le vocazioni religiose.
E però necessario che gli animi di coloro che sono chiamati da Dio siano preparati all'impulso e all'azione dello Spirito Santo. Per questo occorre una larga predicazione orale, scritta, private conversazioni per dissipare i pregiudizi sullo stato del sacerdozio e sullo stato religioso, mostrandone la eccelsa dignità, la bellezza, la necessità e l'alto merito.

Distinguere.
Nel periodo prepuberale e puberale la facoltà intellettuale, la memoria e l'attenzione subiscono un rilassamento congiunto al rapido sviluppo dell'organismo; segue una instabilità talora profonda, con tendenza alla ribellione, per cui al giovane sorge istintivo e forte il desiderio di una revisione delle sue idee religiose e morali: è spinto all'autonomia. È l'età anarchica, romantica, intuitiva della vita. E il periodo della trasformazione somatica e dell'animo, che non avviene senza scosse e turbamenti, caratterizzati da tristezza, solitudine, pessimismo, nervosismo.
E il tempo delicatissimo dell'aiuto di una saggia, amorosa, prudente e esperta guida per un sano orientamento intellettuale, morale, spirituale. E il tempo in cui un errore di valutazione da parte dell'educatore circa il transitorio stato del giovane è fatale.
Chi ha il compito di formare gli alunni dev'essere padre e madre, interessato al loro vero bene, pronto a illuminare, guidare, a comprendere soprattutto, a correggere e anche rimproverare; ma non dev'essere matrigna sospettosa, severa, che non sa avvicinare un cuore angosciato senza provocare nuove sofferenze e approfondire la ferita.
Non rigidezza inopportuna, male intesa. La piaga si cura meglio e più efficacemente con olio e balsamo che con aceto e fiele.
Evitare pure l'eccesso opposto, ossia considerare questi figlioli, pegni preziosissimi da custodire, quasi come giocattoli da trastullo. Sia nell'uno che nell'altro caso, si danneggia seriamente l'anima del giovane e viene inevitabilmente compromesso e annullato ogni altro buon tentativo di formazione.
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Nessuno si perda.
E certo che i Sacerdoti, i religiosi, le religiose non mancheranno mai alla Chiesa; tuttavia è nell'economia divina che tutti dobbiamo lavorare per la cultura delle vocazioni: sacerdoti, mamme, fedeli; ognuno di noi deve fare quanto è nelle sue possibilità affinché nessuno dei piccoli, che il Signore chiama, vada perduto per nostra trascuraggine o insipienza.
In questa opera santa, dobbiamo sperare tutto da Dio, perché è Lui che si compiace di chiamare al suo seguito, ma dobbiamo agire con così grande impegno, come se tutto dipendesse da noi.
In primo luogo bisogna conoscere quelli che Dio chiama. Vi possono essere molti piccoli segni rivelatori. L'assiduità e l'amore al catechismo, al servizio dell'altare, la devozione con cui il giovanetto prega e fa la genuflessione, il segno di croce. Una maggiore ritiratezza, pur conservando la sua vivacità. Un certo amore e impegno nei suoi doveri; un'indole buona e docile; un'intelligenza aperta, un carattere sincero e franco; un certo amore al sacrificio; il desiderio e la pratica di qualche fioretto;
un'inclinazione alle cose sante; ammirazione per il Sacerdote e per le opere dì zelo; tendenza a far del bene al prossimo e a provare compassione per i poveri, i peccatori ecc.
L'occhio vigile del parroco, della mamma, soprattutto, non tarderà a scoprire i segni della divina chiamata che sono le note rivelatrici della vocazione.
Opera amorosa e paziente.
Scoperta la vocazione, bisogna assecondarla affinché si compia la volontà di Dio.
È necessario allora proteggere l'innocenza del piccolo, conducendo in famiglia una vita esemplare; inoltre è indispensabile vigilare con somma cura perché le compagnie non debbano infrangere quella vita di grazia e stroncare un fiore su cui si è posato compiaciuto lo sguardo di Dio.
E quando è suonata l'ora - in genere dopo gli undici anni, quando ha completato il corso elementare - bisogna compiere volentieri il sacrificio del distacco e dirigere il figlio verso il suo nuovo nido. Inizia l'opera premurosa e costante degli educatori. Nell'Istituto, trovando l'ambiente naturale per il suo sviluppo, la vocazione germoglierà innalzando la sua corolla verso il Signore che la irrorerà colla Sua grazia.
È errato il concetto di sviluppare prevalentemente lo studio nel fanciullo; occorre invece darsi con slancio all'opera per coltivare la vocazione subito, appena entrato. Più tardi, sarà davvero tardi! Il fanciullo che viene da casa s'immagina di trovare un ambiente spirituale, santo, dove gli insegneranno ad essere tutto di Dio, e se questo non lo trovasse, resterebbe disilluso, con effetti disastrosi, poiché inizierebbe nel suo spirito una piega diversa da come s'immaginava di prendere, piega che non si sentirà di lasciare, più tardi, quando educatori non accorti penserebbero giunta l'ora di lavorare la vocazione.
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È errato credere che il fanciullo non comprenda la vocazione egli ha degli intuiti che, spesso, non ha un adulto, poiché in lui, per la sua innocenza e semplicità, opera lo Spirito Santo in modo assai illuminante ed efficace, perché la grazia non trova resistenze.
E l'opera dei genitori si esaurisce dopo aver consegnato il figlio all'Istituto?
Niente affatto! anzi inizia un'opera più sentita e responsabile, poiché devono continuare ad interessarsi della pietà, dello studio, della salute, della condotta disciplinare e morale del loro figlio. Devono accompagnarlo con la loro preghiera, sacrifici, consigliare, spronare, ammonire. Tale azione, in armonia perfetta con quella dei superiori, sarà sempre molto efficace.

Le vocazioni tardive.
Buone, ottime! Sono giovani che hanno superato le prime difficoltà della vita morale e spirituale, hanno una certa stabilità, per cui danno più speranza di riuscita, perciò è molto utile interessarsi di queste vocazioni e avviarle per la via del Signore. Egli è il Padrone della messe e può chiamare a diverse ore. Anche per le vocazioni tardive la cura sia pronta, diligentissima e ferma. Infatti si tratta di lavorare su volontà che spesso hanno abitudini proprie e su delle menti che possono avere convinzioni da riformare. Sempre e in ogni caso si tratta di formare una mentalità paolina con una volontà docile e generosa.

Sac. Paolo Ruggeri

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