Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Da una meditazione del Primo Maestro


LA STUDIOSITÀ

Nella presente meditazione chiediamo al Signore la grazia di acquistare la virtù della studiosità. Preghiamo, per gli insegnanti, per gli scolari, per tutti, affinché ognuno si impegni con buona volontà a imparare ogni cosa che si presenta da imparare e che secondo il proprio ufficio è bene imparare. Preghiamo perché possiamo anche frenare la nostra naturale inclinazione, onde non ci abbandoniamo alle curiosità vane, o peccaminose. Ci rivolgiamo al Maestro Divino, che è venuto a portarci dal Cielo la sapienza celeste, e gli ripetiamo tre volte la giaculatoria: «Emitte Spiritum tuum et creabuntur. Et renovabis faciem terrae. Onoriamo questo Maestro e gli cantiamo l'inno: «Lux una, Christe, mentibus» (pag. 218 dal Libro delle preghiere).
Che cosa si intende per virtù della studiosità?
La studiosità è la virtù che regola la nostra tendenza a sapere e anche il nostro istinto naturale. Da una parte essa porta a imparare ciò che è necessario per la vita e per l'eterna felicità, e dall'altra questa virtù tempera e modera l'istinto di curiosità, affinché noi ci teniamo sempre sulla via retta e santifichiamo la mente. La mente! il lume che il Signore ha acceso nell'anima nostra, la ragione. E che noi sempre più tendiamo alle cose sacre! Quindi la studiosità da una parte è virtù connessa con la temperanza, dall'altra parte è connessa con la fortezza. Per imparare è necessario usarci forza; per non lasciarci andare a pensieri cattivi è necessario guidare la nostra mente, cacciare i pensieri che non sono buoni e sostituirli con quelli buoni.
Imparare! Ecco quindi la scuola, ecco quindi lo studio. Imparare tutto quello che è necessario per corrispondere alla nostra vocazione. Imparare! Vi sono persone semplici, ma, quanto a spirito, quanto ad ascetica ne sanno più che i dotti. Vi sono persone semplici, ignoranti di molte scienze umane, ma in quanto allo spirito della liturgia, al modo di fare l'esame di coscienza, la visita, la meditazione, in quanto al modo di tenersi lungo il giorno uniti a Dio, in quanto a comprendere la Messa e la Comunione sono molto avanti. Vedete il Curato D'Ars: Era arrivato al Sacerdozio con grande fatica per la scarsità della sua intelligenza, ma quando si è trattato della sua ordinazione e aveva riportato negli esami voti scarsi, il suo Vicario disse: «È un giovane che sa recitare bene il rosario: farà del bene nella Chiesa». E che bene ha fatto! È diventato il consigliere di molti dotti e la sua persona era diventata come un'attrattiva per tanti i quali andavano a consultarlo, sebbene fossero talvolta uomini di studio. Illuminato da Dio! E quindi verso Ars andò formandosi a poco a poco quel pellegrinaggio che durò sino alla sua morte. Il solo suo apparire era un ammaestramento. Imparare quello che occorre, tutto: il modo di regolarsi riguardo alla salute: per il cibo, per il riposo, per la pulizia. Imparare! L'Istituto è tutto un libro. E qui si può imparare l'elettricità, e là si può imparare che cosa sia il cinema. Imparare le cose dell'ufficio. Dopo pochi anni che vi era un certo infermiere, tutti andavano con confidenza da lui perché si era così istruito e faceva le cose con tanta delicatezza che ognuno si trovava bene; e non solamente quanto al corpo; ma i buoni pensieri che sapeva dire, specialmente quando l'ammalato era travagliato da certi dolori, e ancora di più quando la malattia si mostrava grave e pericolosa, era conforto per ognuno. Quanto impegno a imparare la composizione, a tener da conto le cose, a tenerle in ordine! Quanto impegno a imparare la stampa, e tutto il lavoro delle macchine dell'Istituto! Ogni volta che si impara una cosa si acquista la possibilità di fare un altro bene, che prima non avevamo. Imparare il canto sacro, imparare la liturgia, imparare la brossura, imparare la legatura, il modo della propaganda, le sante industrie perché il libro e il periodico arrivino in quantità sempre più abbondante e siano sempre più formativi e pastorali.
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Vi sono persone che dopo un anno che stanno nell'Istituto quasi non le riconosceresti più; e altre che invece pare vadano indietro. Imparare! Onorare il Maestro Divino. La divozione al Maestro Divino non si esaurisce in qualche preghiera, no: ci deve portare a imparare ogni giorno di più; per tutta la vita; fino al termine vi è qualche cosa che possiamo apprendere, anche il modo di fare le cose, il buon galateo, il modo di trattare le persone, lo scrivere con garbo. Imparare!
L'orgoglioso crede di saperne abbastanza. Vedete invece l'umiltà di S. Tommaso D'Aquino. Fino all'ultimo quanti consigli chiedeva! Imparare sempre di più e allora noi veramente saremo devoti del Maestro Divino e troveremo nella nostra vita sempre più gioia e sempre più possibilità di allargare i frutti del nostro apostolato e del nostro ministero. Imparare l'importanza dovuta alla lettura del Vangelo e della Sacra Scrittura in generale. Imparare tutte le cose che vi insegnano. Quando si è giovani il proposito principale dovrebbe essere questo, per lo più:
imparerò con impegno tutto quanto mi insegnano: per la buona educazione, per la pietà, per la povertà, per l'apostolato, per lo studio, per la Sacra Liturgia, per il Canto Sacro. Devo essere un uomo compito, un cristiano perfetto, un religioso santo. Imparare tutto. Molti disordini dipendono proprio da ignoranza. Eppure il Signore ci manda tante occasioni per imparare e ne dovremo rendere conto a Dio. Abbiamo tra di noi persone che sanno insegnare perché competenti in varie materie: apprendiamo con umiltà. E quando non si capisce? Si chiedono spiegazioni. Vi sono cose che sembrano dette alle volte come a caso o per ischerzo, e invece in fondo, vi è un risultato di sapienza e di esperienza: e beato chi ne fa frutto! Fortezza, dunque! fortezza e impegno. Studio vuol dire: intensità di impegno ad apprendere. Nello stesso tempo bisogna che noi non ci abbandoniamo alle curiosità vane e nocive. Ciò che non bisogna leggere non si legga. Vi sono studenti che non studiano, anche materie che hanno conseguenze per la vita: la mancanza può essere grave o veniale secondo la qualità, la quantità, le circostanze. Quando non si è ancora fatto il compito e non si è studiata la lezione non si può passare a leggere altre cose. Occorre fortezza per il proprio dovere a mandare a memoria la lezione. Bisogna che ci facciamo violenza e che raccogliamo le nostre forze, la mente, la fantasia per poter compiere il dovere di apprendere quelle cose che ci sono indicate. Non scegliere i libri a caso! Ognuno ha un fine, un ufficio: le letture siano ordinate a quel fine, a quell'ufficio. E quando vi sono le varie conferenze che possono riguardare le materie, allora: attenzione! Osservare gli esempi buoni e virtù: osservare il prossimo per rivelarne i difetti a scopo di critica è male. Studiare per orgoglio è difetto; studiare con retto fine è perfezione. Aprire le lettere altrui per ovviare ad un grave pericolo per parte del Superiore, è carità; aprire per conoscere segreti è peccato più o meno grave.
Vi sono persone che dell'esperienza non fan frutto e per quante volte abbiano sbagliato non si ravvedono; vi sono persone invece che si valgono dell'esperienza degli altri e nello stesso tempo da ogni sbaglio e da ogni cosa ben riuscita, traggono norme per assicurarsi un miglior risultato. Gli occhi non guardino la vanità, che sarebbe curiosità inutile. Non porgiamo facilmente e disordinatamente l'orecchio a qualunque discorso, canzone o trasmissione della radio. Allontanare le curiosità, le quali fino ad un certo punto saranno venialità, ma avanzando possono anche varcare i limiti e diventare gravi. Custodire non solo il cuore, ma la testa, la fantasia, la mente. Non ricordare facilmente esempi cattivi, ma ricordare i buoni; onde anche questi esempi contribuiscano ad avviarci nella strada della santità.
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