Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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CAPO III
DUE SPECIE DI FEMMINISMI

Da varii anni noi assistiamo ad un movimento femminile,1 che accenna sempre più ad estendersi ed intensificare la sua agitazione. Il suo apparire venne accolto con meraviglia dai più, con sospetto da tutti, con sorriso di compassione da molti: pochi sono quelli che sinora l'abbiano preso sul serio, curandosi di studiare che [cosa] esso voglia, con che mezzi, con che speranza, con che interesse per l'umanità. Il clero per parte sua o lo credette un'utopia trascurabile, o un'ingenuità colossale che si organizzava, o un'irragionevole pretesa. - Così in generale, non tutti, e le femministe ben giustificavano questi apprezzamenti della gente seria e del clero: sono così strane le loro pretese, così sragionati i loro principii, così leggere le loro ragioni, così indecorosi in gran parte i mezzi messi in moto!!! - Ma quel che avviene in ogni fatto storico, anche il più disgraziato, non poté mancare anche qui: tra tanto male ed esagerazioni si nasconde però sempre qualcosa di bene e qualche verità. Il male ordinariamente ne impressiona maggiormente,
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poiché galleggia nell'ambiente sociale, il male è violento e più chiassoso: il bene invece d'ordinario sta in fondo, si compie nel silenzio, con calma, ma costanza. E quel movimento femminista ridicolo e vanitoso non permetterà alla generalità di scorgerne un altro che, benedetto dal papa, ispirato dalla religione, alimentato dalla carità, si avanzava sempre più, facendo del bene ovunque. Due femminismi dunque: di cui uno può dirsi femminismo socialista,2 rivoluzionario, anticristiano, antireligioso, immorale: l'altro invece è morale, è cristiano, è buono in una parola.

[Femminismo socialista e massonico]

Punto principale di distacco di queste correnti è la religione: il femminismo socialista, rivoluzionario ecc. si professa aconfessionale e finisce nell'acattolicismo: il femminismo cristiano pone a base d'ogni suo intendimento la sincera professione di fede cattolica. - Il dottor Bolo3 nel libro La donna e il clero prova queste quattro proposizioni, che qui si possono solo citare: «1. Tutto ciò che di utile od essenziale può reclamare la donna fu fatto o almeno abbozzato dal clero cattolico; 2. La possibilità d'un femminismo esiste solo per la Chiesa; 3. Il femminismo, in quanto ragionevole, non ha di nuovo che il nome; 4. Le sofferenze da cui oggi il femminismo vorrebbe sollevare la donna, dipendono dal disconoscere in teoria, e più nel fatto, le dottrine del Vangelo».
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Se si lascia a parte il Vangelo la donna ricadrà schiava, strumento di piacere, mezzo di produzione e nulla più. Tutta l'antichità ne sta a prova: basta citare la Grecia e Roma pagana in cui bisognava affidare i cadaveri all'imbalsamazione o al seppellimento solo a corruzione avanzata, pel pericolo degli immorali oltraggi postumi.4
Ben quindi fu scritto recentemente: donne, occhio ai vostri carnefici, ai vostri peggiori nemici, nemici ipocriti, perché vestiti da agnelli, atteggiati a vostri difensori: sono le femministe che vogliono emanciparvi per opprimervi: che vogliono porvi in alto per gettarvi nell'immondezzaio: occhio al femminismo parolaio: chi promette troppo è o un esaltato, o un mentitore, o un traditore.
Quali dunque i suoi intendimenti? Li riassunse Pio X in queste parole: «Vedete quanto errino coloro che pretendono per la donna l'uguaglianza assoluta con tutti i diritti e le attribuzioni dell'uomo. Ve la immaginate una donna tra i rumori, le agitazioni e le passioni della vita pubblica: una donna emancipata, indipendente, posta allo stesso livello dell'uomo nella vita sociale, sulla tribuna, nei parlamenti, che discute, che legifera, s'impone, cospira, si ribella, sale sulle barricate?... Non è questa la missione della donna; sbaglia perciò chi sostiene questo mal inteso femminismo,
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che vorrebbe correggere l'opera di Dio, come quel meccanico che pretende correggere e riformare il corso degli astri...».
Del resto gli scopi di questo femminismo-utopia vennero dichiarati apertamente dal fior fiore delle sue rappresentanti.
A Parigi nel 1900 si radunò il congresso generale a cui intervennero le migliori ed anche i migliori del partito dell'Inghilterra, Germania, Austria, Russia, Italia, Francia, America, ecc. Ecco le dottrine là esposte:
«Il cristianesimo è la più grande rovina storica»; «è necessario abolire il confessionale e qualsiasi istruzione cristiana»; «la figlia in casa sotto i genitori e la sposa legata indissolubilmente ad un uomo sono miserabili schiave, suore laiche, criminalmente istupidite: questa morale, portata a cielo dalla religione nella persona della Vergine, è un assassinio ipocrita, lento, di ogni minuto»; «La massoneria, nemica delle superstizioni e dell'errore, è la naturale avversaria della Chiesa: la donna si ascriva alla loggia, ne prenda lo spirito, lo trasmetta alla famiglia: escludere la donna dalla massoneria significa prolungare l'impero della Chiesa e l'autorità del prete». E per non trascrivere qui tutte le bassezze di pensieri e di linguaggio cui trascesero,5 dirò solo che fecero voti per la prostituzione, per il divorzio, per l'amor libero,
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per il diritto dell'adulterio, per la rivoluzione sociale, per la scuola laica,6 per il pareggiamento della donna all'uomo in tutti gli impieghi ed uffizi, ecc... Come si vede è tutto uno spirito massonico: ed oggi, lo si può scorgere in riviste e circolari, la massoneria mira ad aggiogare al suo carro la donna.
Il massone Levillon7 nel congresso internazionale, tenuto a Parigi nel 1900 diceva: «Non è davvero una bella cosa che man mano che arriva una generazione nuova, noi abbiamo sempre da ricominciare il medesimo lavoro: non è conveniente che rinnoviamo la tela di Penelope, sempre in opera e sempre disfatta... ma non possiamo giungere a tanto senza l'aiuto delle donne». E tale sentimento espresse pure Nathan8 quando, nel 1898, espose a Torino il novissimo programma d'azione per i massoni italiani. «È vano sperare nell'assoluta efficacia dell'opera nostra, per quanto intensa, quando non si sappia unirvi l'azione di colei, che, per natura ed attitudini, è per eccellenza educatrice... di quella che dalla culla alla tomba presiede alla famiglia, la governa, l'indirizza a suo talento». E prosegue dicendo che bisogna rimuoverla dalla religiosità, allontanarla dai governatori di sua coscienza, che sono i sacerdoti, accettarla nell'ordine massonico.
Ma si noti: astuzia massonica! siccome la
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donna aborrirebbe dalla setta, in una riunione tenutasi ultimamente a Roma fu deciso di farvela entrare a tradimento: proponendole la beneficenza laica o neutra, le cui ultime fila sono segretamente maneggiate e regolate dalla massoneria! Ed ecco venir su le istituzioni laiche in favore dei malati, poveri, bambini, fanciulle pericolanti, donne traviate. È l'antico costume del diavolo: contraffare le opere di Dio per tirare a sé seguaci! Non pensò egli persino di imitarne, o meglio, scimmiottarne i miracoli? - Eppure quante buone donne già sono cadute nella rete infame! Forse per pura ingenuità ed ignoranza!
Ed il socialismo, che da alcuni venne chiamato, e non del tutto a torto, la massoneria popolare, che fa?
La Confederazione Generale del Lavoro9 ha compiuto nel 1912, per mezzo della Camera del Lavoro, una statistica sull'organizzazione femminile socialista in Italia. Da essa risultò che, non ostante la naturale ripugnanza della donna a lasciarsi organizzare dai sovversivi, il socialismo aveva già compiuto un cammino relativamente lungo. Quasi centomila donne figurano in quei quadri socialisti!! E il lavoro è sempre fervente!
Tale femminismo non ha bisogno di confutazioni; e d'altronde la confutazione venne già data dall'immensa maggioranza delle donne stesse,
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che o se ne stettero indifferenti, o gli si levarono contro.

[Femminismo cristiano]

E davvero, il femminismo di nuovo non aveva che il nome: gli errori stessi erano tanto antichi, quanto le donne di mala vita.
Non il nome specioso del femminismo, ma la sostanza del femminismo buono è antica quanto il cristianesimo e più ancora, per molta parte. Infatti esso consiste nell'attuare tutte le dottrine della nostra fede in favore della debolezza e della dignità della donna.
E discendendo a particolarità possiamo dire che il programma del femminismo buono, benedetto ed esposto da Sua Santità Pio X il 21 aprile 1909, ha due parti: una negativa e l'altra positiva, quanto alla parte negativa questo femminismo si oppone:
1. A togliere sistematicamente e per principio la donna dall'ambiente famigliare per gettarla in tutti gli uffici di avvocatesse, medichesse, deputatesse, poliziotte, soldatesse, ecc. ecc.: la donna è essenzialmente madre e tale deve restare; madre del corpo per la generazione e dell'anima con l'educazione, se ha creature particolarmente sue: madre del corpo colla carità e beneficenza e madre dell'anima per l'istruzione, se non ha creature determinatamente sue.
2. Alla disgregazione e sfacelo della famiglia, cellula della società: e quindi al divorzio, al libero amore, ad ogni forma di immoralità moderna,
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ad ogni mezzo di corruzione messa innanzi colla moda libera, col divertimento disonesto, coll'esporsi procace, ecc.
3. A tutto quel movimento femminista, rivoluzionario e socialista che oggi si organizza in ogni parte del mondo. Né oggi può più credersi che tale movimento sia solo una velleità: poiché, iniziato negli Stati Uniti d'America, è passato nell'Inghilterra, in Francia, in Germania ecc.: ed in Italia ci si presenta per mezzo specialmente di due istituti nazionali cioè il Consiglio Nazionale delle donne italiane (creazione10 di una federazione femminile internazionale) e l'Associazione per la donna. E neppure si può dubitare del loro spirito antireligioso: poiché il primo si vanta bensì di essere apolitico e aconfessionale (art. II), ma in pratica si mostra anticattolico e, per esempio a Roma, nel 1908, emise voto contrario al catechismo11 nelle scuole elementari; la seconda poi si manifesta chiaramente in tutta la sua attività giacobina, rivoluzionaria, socialista ecc. Ed il numero delle donne, organizzate in questi due istituti, sale in Italia complessivamente alla cifra di 16.000 circa. Né si dica che il socialismo, nella parte che riguarda le donne, abbia perduto il suo prestigio ed ormai non abbia più che scopo economico: poiché, dato e non concesso, che sia morto il socialismo in Italia, non è morta e non morrà così facilmente la massoneria. Ora la massoneria, come si è veduto sopra, tende oggi a far
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sua la donna, per farne uno strumento di lotta contro le verità della fede, contro la fede, contro i vescovi, contro la religione. Contro questo falso femminismo oggi sorge il femminismo buono.
E venendo alla parte positiva di quest'ultimo, possiamo dire che egli tende specialmente a questi fini:
1. Procurare che la donna compia il massimo bene nella famiglia. Questo è il primo, il più obbligatorio, il più efficace, il più facile lavoro della donna. Per me ho questa persuasione: i nemici della religione e del prete trovano il gusto matto e credono di averci posti in un impiccio inestricabile quando ci dicono che siamo metafisici e mettono in canzonatura san Tommaso12 e gli scolastici: ma intanto essi cadono nella fossa scavata per altri. Essi non solo sono metafisici, ma dei veri progettisti e fabbricatori d'utopie quando vogliono ad ogni costo e sempre e per sistema far uscire la donna dalla famiglia. Ma ciò è voler mettere le fondamenta al posto del tetto, la cantina sul solaio; è trascurare il principio che il poeta esprime con quelle parole:

Se il mondo di laggiù ponesse mente
Al fondamento che natura pone
Seguendo lui, avria buona la gente.13

La donna come si esprime Dio nella Scrittura, secondo le sue inclinazioni naturali, secondo
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le sue attitudini, secondo i bisogni della vita quotidiana, in primo luogo come campo delle proprie fatiche ha la famiglia sua. E chi vuol darle, come primaria occupazione, un lavoro fuori di essa, dovrà violentare i suoi gusti, dovrà opporsi ai disegni provvidenziali di Dio, dovrà creare degli imbarazzi seriissimi all'uomo e alla società, dovrà creare delle spostate, delle infelici, delle inutili, e, peggio delle rivoluzionarie. La donna in casa è regina, se sa esserlo e, senza pretenderlo, può dominare il cuore dei suoi cari. - Ed è di qui che essa potrà riuscire, quando lo voglia, ad avere la massima influenza sulla società. Poiché, se vi fu anche qui qualche progettista che sognò uno Stato basato non più sulle famiglie, ma sopra un mal definito collettivismo statale esteso anche agli individui, la natura e il buon senso concordemente ci diranno sempre che la famiglia è il fondamento dello Stato, è la cellula dello Stato, è indispensabile allo Stato. Che se lo Stato risulta di famiglie, esso sarà come la generalità di esse: cioè tanto migliore quanto migliori saranno le famiglie, ed ecco che quel sesso che vien chiamato debole, stando a suo posto, diviene il generatore occulto, ma vero, della fortezza, della prosperità, del progresso della nazione. Ed ecco che come in ogni fatto particolare si sente la parola proverbiale cherchez la femme,14 così di fronte alle
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condizioni d'un popolo e d'uno Stato può dirsi: osservate come siano le donne. Femminismo ben inteso dunque è quello che tende qui: [a] formare delle figlie che siano di fatto e per quasi adozione le piccole madri in virtù ai fratellini: formare delle spose che siano le amiche dell'anima del marito per farla simile a loro nella fede, nella pietà, nella virtù: formare delle madri che siano come la forma in cui si plasmerà cristianamente l'anima dei figli.
Si dirà: per questo non avevamo bisogno d'un nome e d'un programma nuovo: è ciò che si è sempre predicato. Lo si è detto, la sostanza del femminismo buono è antica come la nostra religione, la quale ha in sé quanto basta non solo a guidar l'anime al paradiso, ma anche a portare i popoli a quella felicità relativa e possibile nella vita presente. I secoli non aggiungeranno altro, né cambieranno i suoi principii essenziali ed immutabili. Di nuovo però vi è questo: la donna d'oggi deve formare gli uomini d'oggi: deve sovvenire ai bisogni dell'uomo d'oggi: deve servirsi dei mezzi d'oggi. E, per fare solamente un esempio, la donna d'oggi deve essere più istruita nella fede che non la donna dei secoli addietro. Ella ha da prevedere un poco le obbiezioni, le difficoltà che incontrerà la fede del figlio, in mezzo al mondo: ella non può gettare questo figlio come un agnello indifeso in mezzo a lupi rapaci:15 ella
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deve armarlo di un'istruzione più completa. Lo si ripete sino alla noia, ma non troppo certamente: i giovani vanno in chiesa e frequentano anche la comunione sino ai dodici, o quattordici anni... poi non ve li vedete più. Fatto che può avere molte cause: non ultima quella d'una madre che non poté dare ciò che non aveva: una più ampia istruzione religiosa, un carattere più forte innanzi alle mille seduzioni del mondo...
Questo si ha di nuovo: alcuni mezzi moderni adoperati per lo scopo antico: di salvare le anime. I nemici sono ricorsi ad armi nuove, noi non possiamo né dobbiamo combattere i cannoni Krupp16 servendoci dei cannoni ideati da Napoleone I.
Più innanzi si vedranno meglio il senso e i mezzi per il principio: la donna d'oggi deve formare l'uomo d'oggi.
2.?Prima e più naturale operosità della donna è quella della famiglia: seconda e quasi complemento della prima è quella oltre le pareti domestiche. E qui la donna può dar mano ad un numero grandissimo di opere femminili. Ella può aiutare la propaganda religiosa, entrando nelle associazioni: Dame di San Vincenzo, Dame della misericordia - Catechismi parrocchiali - Scuole di religione - Congregazioni mariane - Pia unione delle Madri cristiane - Ritiri operai17 - Protezione della giovane18 - Santa
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Infanzia - Propagazione della fede - Leghe pel riposo festivo - Leghe contro la bestemmia, della buona stampa, ecc.
Ella può aiutare l'azione sociale: Patronato e Mutuo soccorso per le operaie - Opera di riabilitazione - Protezione della donna all'estero - Leghe contro il duello - Cucine economiche - Pensioni di famiglia - Casse dotali - Casse di maternità - Casse di previdenza - Laboratori - Sindacati femminili, ecc.
Ella può intensificare la cultura propria sia riguardo alla religione, sia riguardo a materie sociali, sia riguardo alla parte morale, sia ancora per le cose d'igiene, del governo della casa, ecc. E tutto ciò in scuole di famiglia, in circoli di cultura, in scuole di sociologia, in apposite biblioteche.
Come si vede, il lavoro che si offre alla donna è immenso: e crescerebbe ancora a dismisura se si volessero ricordare i due campi di attività femminile assegnati comunemente alle suore ed alle maestre: campi in cui davvero la donna può farsi, secondo mons. Bonomelli,19 aiuto al sacerdozio e alla Chiesa nella grande opera della salvezza delle anime.
Rimane ancora da rispondere ad una domanda per indicare più o meno il programma di lavoro del femminismo cristiano: che pensa esso di altre questioni, agitate dal femminismo socialista, per esempio del voto politico o amministrativo
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alla donna? Il femminismo cristiano non se ne occupa direttamente, persuaso che non sia il turbinio delle passioni politiche il luogo migliore per l'azione femminile. Certo però che il giorno in cui tal diritto venisse riconosciuto alla donna, diverrebbe anche per lei un dovere l'approfittarne; non fosse altro per non rinunziare ad un'arma che nelle mani settarie subito sarebbe rivolta contro i principii cristiani.
Distinto così l'un femminismo dall'altro, non si vede più ragione alcuna per non combattere con ogni zelo il primo e non promuovere d'altra parte il secondo. Combattere il primo è lottare contro la massoneria e lo spirito massonico, che di tutto si vale a danno della Chiesa: e questo è dovere indiscutibile d'un sacerdote; favorire il secondo vuol dire approfittare di uno strumento di bene e assecondare lo spirito della Chiesa.
Ma la donna può davvero compire tal missione? La compì pel passato? La deve compire per l'avvenire? Ecco tre domande cui è conveniente dar una risposta a persuadere anche i più scettici.
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1 Si legga quanto in quegli anni scriveva La Civiltà Cattolica associando “femminismo” e “decadenza” e tentando di distinguere un femminismo buono da uno corrotto e corruttore: «Secondo il noto adagio: gli uomini fanno le leggi e le donne i costumi, nessuno ignora l'influenza capitale che la donna esercita sulla moralità pubblica e privata, e per conseguenza l'importanza della sua missione morale verso l'uomo, la famiglia e la società. Gli è perciò che scopo precipuo di un sano femminismo dovrebbe essere quello di difendere e promuovere la moralità della donna, per agevolarle la sua missione moralizzatrice. Senza di che, qualunque altra riabilitazione o rivendicazione giuridica, economica o politica, in quanto non sia subordinata o conforme agli interessi morali della donna, della famiglia e della società, non può che riuscire nociva a lei ed agli altri».

2 Nemico della Chiesa (cf. DA 33; 35; 157; 172; 269); su tale femminismo cf. inoltre DA 40; 203; sulla rivoluzione sociale, cf. DA 32.

3 Cf. BOLO E., La donna e il clero, Traduzione del P. Carlo Negro B., Napoli, Rondinella e Loffredo, Librai-Editori, 1913. Alberione cita o si ispira sovente a questo libro (anche se non si riferisce a questa edizione - cf. DA 230 - ma ad una precedente, stampata e distribuita a Torino).

4 Cf. BOLO E., o. c., p. 144.

5 In DA c'è trascorsero.

6 Già un regolamento governativo, nove giorni dopo la presa di Roma, il 29 settembre 1870, rendeva l'insegnamento della religione facoltativo nelle scuole del Regno d'Italia. Sarebbe stato impartito solo su richiesta dei genitori. Nel 1873 venivano soppresse le facoltà teologiche in tutte le università del Regno d'Italia (cf. FERRARI B., La soppressione delle facoltà di teologia nelle università di Stato in Italia, Morcelliana, Brescia 1968). Nel 1877 venne abolito l'ufficio di direttore spirituale nei licei, nei ginnasi e nelle scuole tecniche, togliendo così automaticamente l'insegnamento religioso dalle scuole medie, che la legge precedente affidava al direttore spirituale. Nel 1883 (regolamento del 21 giugno, n. 1590) era stato definitivamente soppresso l'insegnamento religioso in tutti i corsi delle scuole magistrali, una manovra per abolirlo direttamente anche nelle elementari, togliendo la competenza agli insegnanti. Erano, queste, tutte disposizioni contrarie alla legge Casati del 1859 allora ancora in vigore e rispettosa della libertà. Per scusare la contraddizione dei decreti con tale legge si adduceva che i tempi erano cambiati, che lo spirito nuovo non era quello della Costituzione del 1848 (su cui anche la legge Casati si fondava); che nella scuola si era introdotto il principio della non dogmaticità, del rispetto della libertà di pensiero, ecc. Nel 1877 era stato imposto lo studio de I diritti e doveri dell'uomo e del cittadino. Questi diritti dovevano sostituire l'insegnamento religioso. A Torino la Gazzetta del Popolo nei numeri dell'11 e 14 novembre 1877 denunciava il catechismo della diocesi di non spendere una parola sui doveri verso la patria, di essere invece atto a cretinizzare i fanciulli; a professare dogmi respinti dal mondo civile. Era una stoltezza, secondo i laici, permetterne l'insegnamento nelle scuole. Si era voluto dimenticare che «principio supremo, assoluto, universale del costituzionalismo si è la sovranità, l'onnipotenza, il culto della maggioranza popolare, che crea e sostiene la legge, il diritto, il potere, tutto». Ora in nessun altro argomento la stragrande maggioranza del popolo italiano aveva manifestato con tanta evidenza la sua volontà, come per la conservazione del catechismo nelle scuole. Nel censimento del 1901, non più di 36.092 persone si erano dichiarate in Italia senza religione; 138.818 sopra i 15 anni di età non avevano dato alcuna indicazione sulla propria religione; gli altri, più di 31 milioni, avevano risposto di appartenere alla religione cattolica. E nei più recenti referendum dei padri di famiglia sul catechismo nelle scuole, a Venezia non si erano avuti che 196 contrarii sopra 10.000 alunni delle scuole elementari; a Torino 31 sopra 26.000; a Genova 208 sopra 18.000; a Firenze 562 sopra 18.000. Se poi si riflette che i contrarii erano in gran parte ebrei ed “eterodossi”, e che i non contrarii avevano espressamente domandato la conservazione del catechismo, era forza concludere, coll'on. Greppi al comizio di Milano: «L'opporsi a tale plebiscito di volontà dei padri di famiglia è capovolgere il diritto pubblico; se la maggioranza non deve mai tiranneggiare la minoranza, l'ammettere che la tirannia possa esercitarsi dalla minoranza sarebbe enorme e contrario ad ogni sistema politico» (cf. “La guerra al catechismo” in La Civiltà Cattolica 4 [1907] 644s). Già molti anni prima in Piemonte, mons. Gastaldi aveva reagito con vigore scrivendo sull'educazione cristiana, sostenendo la fondazione di scuole cattoliche, elogiando i genitori degli 11.487 ragazzi che a Torino (nel 1877) richiedevano l'insegnamento della religione nelle scuole civiche, contro i 397 soltanto che non lo volevano (cf. Chiesa e Società nella II metà del XIX secolo in Piemonte, a cura di Filippo Natale Appendino, Istituto regionale piemontese di pastorale, Edizioni Pietro Marietti 1982, p. 339). «La Scuola laica - scriveva ancora La Civiltà Cattolica 4 [1907] 405 - è dogma prettamente massonico e fa parte essenziale di quel vasto programma di scristianizzazione dell'Italia, che Leone XIII riassumeva in mirabile sintesi nella Enciclica del 15 ottobre 1890 al popolo italiano, fondandosi sui voti e le risoluzioni prese dai settari massonici nelle loro assemblee più autorevoli». Don Alberione si mostra particolarmente attento al problema scolastico.

7 Uno dei tanti giornalisti francesi simpatizzanti della massoneria (MM).

8 Ernesto Nathan, uomo politico (Londra, 5 ottobre 1845 - Roma, 9 aprile 1921), era il figlio della pesarese ebrea Sara Nathan Levi, amica e collaboratrice di Giuseppe Mazzini (1805-1872) conosciuto durante l'esilio di costui a Londra. Aveva partecipato attivamente alla vita amministrativa di Roma e dal 1907 al 1913 ne era diventato sindaco, a capo di una coalizione laicista e democratica. Come sindaco, aveva favorito iniziative edilizie e nella scuola popolare. Si deve a lui la municipalizzazione dei servizi pubblici. Nathan era stato anche tra gli iniziatori della Società Dante Alighieri, fondata nel 1889 con lo scopo di diffondere la lingua e la cultura italiana all'estero.

9 Si veda più avanti, DA 203, nota 41.

10 DA ha reazione.

11 Alberione accenna al catechismo spesso, cf. DA 127; 169; 187, 189, 190-192; 221; 250; 255; 259; 275; 324-325. Nell'ultimo trentennio del XIX secolo e nel primo decennio del XX una riflessione sul metodo catechistico in Piemonte faceva capo al francese mons. Dupanloup, vescovo di Orléans, che in un intervento scritto inviato al congresso di Piacenza dal suo biografo - mons. Lagrange, vescovo di Chartres - veniva chiamato “il più grande catechista del suo secolo”. Mons. Lagrange scriveva: «La sua [di Dupanloup] concezione fondamentale del catechismo è questa: esso non deve dare solo l'istruzione, ma anche e soprattutto l'educazione religiosa; e così esso non è solo un insegnamento, una scuola di religione, ma un ministero, un apostolato». Per Dupanloup, «il fine del catechismo è Gesù Cristo e il suo amore» (cf. DUPANLOUP, L'Œuvre par excellence: Entretiens sur le catéchisme, tradotta in italiano nel 1870). Il rilancio catechistico suscitato dal Concilio Vaticano I ebbe un momento forte in Italia nel Congresso catechistico nazionale di Piacenza del 1889. Vi partecipavano circa 400 sacerdoti, provenienti da tutta Italia, con esclusione di laici benché essi cooperassero spesso in maniera determinante. Nella sua prolusione al congresso, il card. Capecelatro sostenne due tesi di fondo: 1) l'unificazione di tutto l'insegnamento religioso nella persona di Cristo; 2) la catechesi deve prima di tutto insegnare “i fatti cristiani” e seguire “il loro ordinamento storico”, perché esso «mentre giova di molto a imprimere bene i fatti nella memoria, dà ai fatti stessi unità, calore e vita» (cf. Atti e Documenti del Primo congresso catechistico tenutosi in Piacenza nei giorni 24, 25, 26 settembre 1889, Piacenza, Tedeschi 1890, p. 59). Nel Congresso ci si preoccupava della decadenza dell'insegnamento e dell'istruzione religiosa tra i cattolici italiani. Mons. Scalabrini faceva notare fin dall'inizio che «in tempi migliori la scienza teologica era la scienza non solo del tempio, ma di tutte le scuole, e come in piccolo veniva appresa con amore dal fanciullo alla scuola del parroco, così veniva profondamente studiata nei licei ed università» (pp. 60-61). Ora invece il catechismo era “trascurato, vilipeso, avversato”, escluso dalle scuole e poco frequentato anche nelle parrocchie. Mons. Bonomelli - che don Alberione ammirava - nella sua relazione aveva sostenuto che «l'insegnamento non deve essere soltanto orale, ma visivo» (p. 228). A questo proposito, anche un sacerdote svizzero, Hippolyte Ducellier, della diocesi di Ginevra, sosteneva che «tanti elementi costituenti la Chiesa sono visibili e devono essere visti» e che per questa «gioventù che ci scappa» è necessario «trovare dei metodi d'azione nuovi», perché «il metodo orale, per domande e risposte, cioè il metodo catechistico, non basta più» (pp. 329-330). Il Congresso fece fare un passo avanti sul testo di catechismo e sull'unificazione dei catechismi. È certo dovuto al suo influsso se l'Episcopato lombardo e piemontese (di cui vari membri si erano espressi a Piacenza per il Catechismo unico per l'Italia) si accorderanno nel 1896 per adottare lo stesso Catechismo, quello di mons. Michele Casati (vescovo di Mondovì, 1765) che successivamente fu accolto anche in Liguria ed Emilia e, nel 1903, in Toscana. Pio X, nel 1905, aveva preso questo Catechismo e - con lievi ritocchi - lo aveva adottato per le diocesi della provincia ecclesiastica di Roma. Da una radicale revisione e abbreviazione di questo stesso testo, nel 1912 derivò quello che sarà conosciuto come Catechismo di Pio X (cf. Chiesa e Società nella II metà del XIX secolo in Piemonte, o. c. [DA 32, nota 6], p. 363). Don Alberione si mostra particolarmente sensibile al problema catechistico.

12 Tommaso d'Aquino (1225-1274) di Roccasecca, Frosinone, è riconosciuto nella Chiesa cattolica romana come il più grande filosofo del Medioevo. La sua filosofia, che divenne per secoli la dottrina ufficiale della Chiesa (il “tomismo”), tenta una conciliazione tra cristianesimo e aristotelismo.

13 Dante Alighieri, Paradiso, VIII, 142-144.

14 «Cercate la donna» è una frase pronunciata da un poliziotto parigino nel dramma (rappresentato la prima volta nel 1864) Les Mohicans de Paris di Alexandre Dumas padre (1803-1870), atto terzo, quadro quinto, scena settima.

15 Cf. Lc 10,3.

16 DA ha Kroup. Krupp è il cognome di una famiglia tedesca che possedeva i più grandi stabilimenti per l'acciaio e le armi in Europa.

17 Sono l'Opera degli Esercizi spirituali di sant'Ignazio, dati per alcuni giorni di seguito a persone raccolte in case a ciò destinate; «opera che i francesi chiamano des retraites fermées da cui des retraites fermées ouvrières, i “ritiri operai”». «In Chieri... si pensava da lungo tempo e fu iniziato alfine il tentativo [di ritiri operai] nel 1907; indi nel 1908 rinnovato ripetutamente con sempre migliore successo. In una casa bene adatta, che da un poggio rilevato alla campagna guarda la città vicina, lontano dagli strepiti e dalle distrazioni della vita, furono raccolti una trentina da prima, poi una cinquantina e più di operai e intrattenutivi per ben tre giorni nel silenzio, nella meditazione e nelle altre pratiche religiose, proprie degli Esercizi spirituali, secondo il metodo di sant'Ignazio. Il simile fu fatto, quest'anno stesso, a Torino e in un'altra piccola città, prossima a Torino, in Avigliana. E l'esito fu sì felice che a cinque corsi di Esercizi succedutisi a intervallo, presero parte un 210 operai, e non ostante l'obbligo rigoroso del silenzio, l'occupazione mentale, insolita per uomini tali, la regolarità e la disciplina, per loro affatto nuova, tutti, meno quattro, vi perseverarono fino alla fine» (cf. La Civiltà Cattolica 4 [1908] 61-69). In DA Alberione menziona ancora questi ritiri operai (cf. DA 197) che erano nati in Francia con il Padre Watrigant come un metodo per cercare di farsi aiutare, e che presto erano arrivati in Piemonte (cf. appunto I ritiri operai in Chieri nel 1907 e 1908 - I ritiri operai in Torino nel 1908 [Opera degli Esercizi spirituali], Torino, Tipografia Artigianelli 1908).

18 La fondatrice è la baronessa Montenach, moglie di un deputato del Parlamento Svizzero.

19 Geremia Bonomelli, nato il 22 settembre 1831 a Nigoline, Brescia, nel seminario di Brescia fu ordinato sacerdote il 2 giugno 1855. Fu quindi inviato all'Università Gregoriana a Roma, dove ebbe maestri il Passaglia, lo Schrader, il Patrizi. Due anni più tardi, dottore in teologia, iniziò l'insegnamento nel seminario della sua diocesi dapprima come professore di filosofia della religione e poi di ermeneutica e di dogmatica, finché, l'8 luglio 1866 fu promosso parroco di Lovere. Il 26 novembre 1871 fu consacrato vescovo di Cremona (allora 222 parrocchie, 650 sacerdoti e 350.000 fedeli). Bonomelli avviò una energica azione di riforma della disciplina e degli studi. Aprì scuole popolari gratuite, appoggiò circoli operai e giovanili; favorì l'incremento delle comunità religiose e si dedicò personalmente ad un'opera catechistica intensa, predicando fino a otto volte al giorno durante le sue visite pastorali. Una vasta attività pubblicistica costituì per lui l'ampliamento nello spazio e il prolungamento nel tempo della sua più intima vocazione di catechista e di apologista. A Cremona promosse la fondazione di vari giornali, fra cui Il messaggere (1880-1894) e Il cittadino (1898-1905). Per tutta la vita mantenne una fitta corrispondenza con uomini tra i più insigni dell'epoca, sia italiani che stranieri, per scambio di idee su problemi scottanti del giorno.