Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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oggi voluto: I fratelli di Terni per grazia ricevuta offrono all'Unione popolare. Una povera donna scriveva al medesimo ufficio: Ritornando da Lourdes, mando quel poco che mi è restato L. 2.00. Ma non è sempre così: si direbbe anzi che la donna che passa per più buona, divota, fedele interprete delle dottrine evangeliche, è più lontana dallo zelo, lontanissima poi dal movimento cristiano femminile: alcune anzi ne sentirebbero quasi orrore! Quanto meno dunque prestare aiuto d'opere o di denaro! Due cause ha il male: due rimedi possono sanarlo».
Prima causa è mancanza di istruzione su tutta la dottrina cristiana, su tutti i documenti pontifici, su tutti gli esempi dei primi cristiani e dei santi che hanno onorata la chiesa di Dio. Conoscono l'utilità d'una comunione, d'una compagnia del santo rosario, della costruzione di un santuario: ma non conoscono le encicliche: Rerum novarum, Graves de communi, Il fermo proposito.2 Ignorano le grandi cure del papa per l'istituzione e la diffusione dell'Unione delle donne cattoliche. Persuase d'aver fatto tutto, se hanno speso qualcosa per una festa più o meno sacra, non vanno a considerare se sia davvero religiosa la vita del popolo, che spesso mescola le bestemmie cogli inni del Signore. Non si curano di vedersi attorno gente aliena dalla chiesa; e, credendosi la classe favorita di Dio,
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alcune devote passano lunghe ore nel deplorare i tempi, le novità, gli uomini, senza un pensiero per migliorarli... E, posto pure sorgesse loro in mente, subito cadrebbe: Noi possiamo nulla! non sappiamo che fare! Non solo dunque deficienza di istruzione, ma ancora di educazione dello zelo. Istruzione dunque unita alla educazione, ci vuole.

Istruzione sulla responsabilità della donna, sulla nobiltà e sulla facilità della sua missione. Giova far penetrare con avvisi, con esempi, con istruzioni e conferenze queste tre verità: con pazienza e costanza: nelle figlie, nelle donne, nelle spose, nelle madri.

La responsabilità: è conseguenza chiara della missione e della potenza della donna nella formazione dei costumi: ma compresa troppo poco, e meno ancora sentita. Eppure la donna, non fatta d'ordinario pei grandi problemi e pei grandi studi, sarebbe capace di intuirla così bene, e di provare per essa nobili sentimenti. È Iddio che l'ha fornita di tali attitudini.
Questo compito riuscirà al sacerdote discretamente facile, allorché parlerà alla donna dello zelo nel campo della famiglia. La madre vive d'ordinario dei suoi figli e il solo nominarli scuote le fibre più delicate del suo cuore. La sposa, che ha collocato i suoi affetti nel compagno, datole dalla Provvidenza, sente come proprii tutti gli interessi del marito. Non vi è
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che la figlia dal cuor guasto che rimanga insensibile al bene ed al male dei genitori e dei fratelli.
Alquanto più arduo sarà questo compito quando si tratti dello zelo della donna fuori famiglia, sebbene non organizzata: più arduo ancora se si parli di organizzazione: arduissimo se di organizzazione sociale ed economica. La donna divota è particolarmente timida: l'organizzazione esige una mente studiosa che si innalzi alla considerazione della potenza dell'unione: l'organizzazione sociale ed economica, curando il male in radice, è efficacissima, ma non vien compresa dalle anime volgari, leggere, o superficiali. Tuttavia non si disperi: la donna in queste opere non è chiamata a far la parte dirigente: ella deve venir guidata dal clero. Ebbene, essa è d'ordinario tanto docile, che si può ben sperare di vederla eseguire quanto le vien suggerito: l'esperienza, anche in questo, è buona maestra. E di più vi ha un metodo d'istruzione che incatena l'attenzione e trionfa anche delle menti meno aperte: metodo che sopra ogni altro vale per la donna: per induzione, per fatti, per esempi. Si parli dell'opere di tante sante: si narrino, si facciano leggere le vite di buone madri, di spose, di donne, che dimenticando quasi d'appartenere al sesso debole, hanno compite opere meravigliose a bene della Chiesa e della società. Si faccia specialmente
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conoscere il movimento femminile, che oggi ovunque s'allarga e passa, fecondo di bene. Si procuri l'abbonamento ai periodici, che lo illustrano, come sono quelli citati sopra: Matelda,3 Azione muliebre, La donna ed il lavoro, Vita femminile ecc. Non lunghi discorsi, non conferenze alate, come regola generale: ma trattenimenti facili, ma conversazioni famigliari, ma la propaganda spicciola, fatta ovunque, nelle visite specialmente.
Questi esempi si possono dire morti. Ma ve ne hanno altri vivi, più efficaci ancora. Sono quelli cui ognuno può assistere: sono gli spettacoli della miseria; sono le inchieste sociali. Le conferenze di san Vincenzo de' Paoli colle loro visite a domicilio dànno la vera intelligenza del povero. L'entrata in certe soffitte, il vedere coi proprii occhi la indigenza, qualche volta estrema, l'ascoltare la storia compassionevole delle famiglie, delle malattie, dei drammi e delle tragedie domestiche, ecc., sono cose che non si cancellano4 mai più: dànno l'idea più giusta della realtà della vita: fanno pensare al bene che rimane a fare. Ed intanto la necessità fa pronunziare parole di conforto e di religione: intanto si sente il bisogno di dare: intanto si è usciti dal proprio egoismo: intanto rimane profondo nell'anima questo pensiero: io non devo, né posso, trascurare gli altri. Si avvii la donna a queste visite, sola o accompagnata: la si ammaestri ad avvicinare gli infermi.
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Né servono meno le così dette inchieste sociali. Se ne hanno sul riposo festivo, sulla frequenza dei fanciulli al catechismo, sull'igiene e la moralità nelle abitazioni e nelle industrie, sulle condizioni di lavoro a domicilio, sulle addette agli alberghi, sulle mondine ecc. ecc. Si alzino certi veli, si penetrino certi misteri e appariranno tali miserie, che la donna non potrà rimanersene indifferente. La si vedrà allora farsi innanzi e chiedere che si possa fare: anzi la si udirà ella medesima proporre iniziative. Nessuna cosa forse è più raccomandata di queste visite a domicilio e di queste inchieste per la formazione del senso sociale. Si confronti a questo riguardo l'opuscolo: Il senso sociale e la sua educazione - Leroy - (Edito dall'Azione sociale popolare - Via Legnano 23 - Torino - L. 0,50).
Il celebre P. Rutten5 belga, per meglio comprendere, sentire e rimediare ai mali degli operai, svestì per qualche tempo il suo abito domenicano: discese nelle miniere carbonifere, maneggiò per qualche tempo il piccone dei minatori. Là entro prese parte ai loro discorsi, sentì dalla loro bocca le loro aspirazioni, studiò minutamente la loro vita morale, religiosa, domestica. Uscitone, incominciò il suo grande lavoro di organizzazione e restaurazione sociale: la sua parola rifletteva i sentimenti degli operai: le sue opere rispondevano perfettamente ai bisogni.
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L'illustre Le Play6 e, dopo di lui, i suoi discepoli, si sono formati alla scienza sociale colle conversazioni, fatte cogli operai dei due mondi. Egli ci avverte del grave pericolo, che vi ha in chi aspira a far del bene: seguire idee preconcette, metodi aprioristi. Anzi, fa assai opportunamente notare come i più se ne stanno inerti, perché non conoscono che vi sia da fare: non sentono i gemiti di persone che languiscono sotto l'incubo dei loro mali, passano nel mondo, giudicandolo da quanto ne vedono nelle vie e nelle piazze. Pericoli questi che non esistono per chi sa ascoltare le lezioni della vita, come essa le presenta, nella loro semplicità meravigliosa e sempre istruttiva. Ecco un esempio:
Il P. Du Lac7 raccontò che un giorno si stupì nel vedere una giovane operaia del Sindacato dell'ago, cogli occhi molto rossi. - Fanciulla mia, voi avete dunque pianto? - Ma no, padre: non ho pianto. - E questi occhi rossi? - È per l'acqua bollente. - Come! voi vi lavate in acqua bollente? - No, ma quando la veglia del lavoro si prolunga, e non vedo più per guidar l'ago, mi brucio gli occhi e questo mi risveglia. È un fatto: apre la via a conoscere i sacrifici dolorosi, cui sono condannate certe giovani. Si facciano inchieste, visite a domicilio, si avanzino domande affettuose e discrete: ottimo mezzo di istruzione e preparazione allo zelo!
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Ma più che sulla mente della donna giova far assegnamento sul suo cuore. Non tutto entra nell'uomo per via dell'intelligenza: molto passa per la volontà, molto per il sentimento. Nella donna forse due terzi delle convinzioni si son fatta strada attraverso il cuore. Le miserie della fanciullezza abbandonata, della gioventù insidiata, d'una generazione viziosa, d'una vecchiaia disprezzata, la commovono. La dolcezza del far bene, l'esempio dei santi, la grandezza del premio, l'esaltano. La donna è fatta per essere madre: e la madre non si può concepire senza pensare ad un gran cuore. E sarà facendo appello al cuore, che il sacerdote finirà per far sentire alla donna la sua responsabilità innanzi alla famiglia, alla società, alla Chiesa, a Dio.

La nobiltà della missione. Si dice che quando Buonarroti ebbe terminato il Mosè8 siasi sentito come schiacciato dall'opera sua, e nell'ammirazione gli abbia rivolto questa parola: Perché non parli?... Il silenzio tenne dietro alla sua domanda. Egli non aveva lavorato che la materia.
La donna invece è un'artista d'anime!... Come è ingiusto il mondo! Innalza monumenti agli autori di tele e di freddi marmi: e che non dovrebbe fare per colei che forma anime vive, sensibili?! L'educatrice, e la donna di zelo in genere, sono dei veri benefattori occulti dell'umanità. E intanto sta la bella asserzione
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d'un deputato alla Camera inglese, quando si disputarono i postulati delle suffragiste: «La donna, stando a suo posto, influisce più sulle leggi, che non l'uomo in parlamento: ogni legge si rende solo possibile, rispondente all'anima del popolo, necessaria, allorché la donna vi ha preparato l'alveo, formando i costumi».
Noi ammiriamo la robustezza e l'ingegno dell'uomo: ma intanto quest'uomo nasce di donna; bambino è portato sulle braccia da donna e da essa allattato; giovinetto, la donna ne plasma l'anima; adulto, si adatta ai gusti della donna in cui trova ogni sua gioia e riposo; vecchio, è sempre la donna il suo angelo che lo sostiene, lo conforta, gli addita il cielo, ne chiude le pupille.
Nel pensiero cristiano poi la missione della donna è assai più sublime ancora. Cosa divina è cooperare alla salvezza delle anime: provvedere non alla terra, ma al cielo, non al mondo ma all'eternità. Cosa divina è cooperare al sacerdozio, nella sua vocazione, che non può trovare confronto sulla terra: insegnare la verità, insegnare la morale più santa. Cosa divina è venire associati, per così dire, all'opera di Gesù Cristo stesso: Veni ut vitam habeant.9 Forse che non è abbastanza sublime l'ufficio di un Dio?...
Grande coraggio prenderà la donna da queste
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considerazioni sminuzzate, adattate alla sua intelligenza. Troppo spesso ella si avvilisce nella persuasione di troppa inferiorità innanzi all'uomo. La si sollevi, la si innalzi nella propria estimazione: è Dio, non alcun suo merito, che così l'ha fatta. E Dio così l'ha fatta pei suoi fini d'amorosa Provvidenza: non insuperbisca, ma neppure si avvilisca.

La facilità della missione. Molto spesso, anche donne che comprendono10 la loro missione e la loro nobiltà, si lasciano abbattere dallo spavento: ma come riuscire a risanare questa società guasta? Posta così l'obbiezione non mancherebbe di fondamento. Ma lo si noti: ogni donna non è chiamata a far tutto, ma una piccola parte. Nel mondo il Signore assegnò a ciascuno il suo posto, la sua porzione di lavoro, la sua sfera di influenza: e vi adattò le forze e le attitudini. Solo di quanto ha ricevuto renderà ragione. Ebbene ciascuna donna non ha che da fare la parte sua: in famiglia, tra i vicini, tra i conoscenti, nelle organizzazioni, cui può prender parte, senza scapito dei propri doveri.
Ma non vi sono dei bisogni di indole generale, forse di una provincia, d'una nazione, di tutto il mondo? Verissimo, e la donna deve portare il proprio contributo al lavoro generale: ma è sempre un contributo limitato. Se il lavoro è esteso, molte saranno le operaie: se
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l'organizzazione è d'indole generale, molte saranno le socie. A ciascuna non toccherà che una piccola parte, giuste11 le sue forze e le sue circostanze. Anzi è appunto in tali associazioni che ella viene illuminata, confortata, spronata, sostenuta nel lavoro.
Nulla serve meglio a chiarire la facilità della missione della donna che un'esposizione pratica delle diverse opere, cui può dar mano. Mettere innanzi libri facili e brevi; presentare statuti e programmi; farne un commento ordinato; ecco dei mezzi. Ma non si precipiti; ma non si pretenda di persuadere ugualmente ciascuna: né si crei la illusione di averle tutte con noi.
Un'idea manifestata è un seme gettato: ma prima di veder biondeggiare la messe dovranno scorrere mesi e mesi. Le contraddizioni e le disapprovazioni furono promesse da Gesù Cristo ai suoi apostoli. L'umiltà necessaria al ministero sacerdotale è spesso frutto di un esito scarso: le prove sono i segni dell'amore particolare del Signore ad un'anima.

L'educazione. - Educare vale lo stesso che abituare, si è detto. Nel formare buone abitudini è tutta la scienza della pedagogia e dell'educazione fisica e morale. Il bambino abitua l'occhio a distinguer con prontezza lettere, sillabe, parole: il filosofo abitua la mente a formare con prontezza i ragionamenti: il soldato
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abitua la mano a maneggiare con prontezza il fucile: il musico abitua le dita a scorrere velocemente sui tasti... Poco invero imparerebbe il bambino nel sentire un'arida descrizione delle lettere dell'alfabeto: il filosofo non conoscerebbe che la struttura del sillogismo, senza l'esercizio della mente... E chi direbbe buon generale chi passò anni ed anni, chiuso in un'accademia militare, nello studiare la meccanica del fucile, la topografia della nazione, la tattica? Chi crederebbe buon professionista colui che non ha fatto che studiarne i doveri? Esercizio, tirocinio, prove, riprove ci vogliono. E quando, con infinite ripetizioni, errori e correzioni, si è giunti a far ordinariamente bene in un'arte, allora si è abituati in essa, si ha l'educazione.
Né questo principio ha minore importanza, applicato alla vita morale e sociale. La virtù è un abito: e formare la virtù è lo scopo dell'educazione. Lo zelo è un abito: il senso sociale è un abito; svilupparli e guidarli suona educare allo zelo, educare il senso sociale.
Noi ammiriamo le dotte conferenze; noi consigliamo libri, giornali, riviste; noi crediamo ancor più utile la propaganda privata, a base di conversazioni. Ma, senza far operare, otterremo sempre frutti scarsi: come chi pretendesse di creare un buon musico, descrivendogli tutti gli strumenti musicali... Una donna prenda di mira una fanciulla ignorante, la istruisca nel
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catechismo, la conduca alla comunione; una donna preghi per la salvezza altrui, faccia l'atto eroico di carità, si offerisca vittima per la salvezza dei peccatori: una donna si tenga in comunicazione con l'Opera della protezione della giovane, per far conoscere le emigranti; in domenica assista le fanciulle del patronato operaio, entri nell'unione delle donne cattoliche...; con queste opere sarà più efficacemente, più presto, più praticamente educata allo zelo. Senza di esse si avrà forse un'istruzione larga e profonda, ma un'educazione vera mai.
In alcune parrocchie inglesi è annessa alla sacrestia una piccola rivendita di opuscoli religioso-sociali, detta bibliotechina a cinque, a due, a un soldo. Il parroco consiglia alcune volte ad acquistarne alcuno per regalare: elemosina di verità!
Una giovanetta era povera, ma ardeva dal desiderio di far qualche po' di bene. Per un anno circa gettò in una piccola borsa quei pochi soldi, che le avveniva di ricevere. Con i suoi piccoli risparmi acquistò diversi libri buoni che fece circolare fra una cinquantina di ragazze. Santa industria! consigliata dal confessore che la voleva avviare allo zelo. Un sacerdote parlando della sua estesa parrocchia diceva: «Finalmente sono riuscito a far penetrare nel cuore di diverse signore che alla beneficenza oggi si sono aperte vie nuove, che
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oggi occorrono legati moderni. Una contessa mi lasciò erede di un ampio locale per adibirlo ad oratorio; una vecchia signora, sua amica, costituì una rendita annua per le premiazioni catechistiche; so d'altra donna che ha già pensato al bollettino parrocchiale! Ma ci volle un lungo lavoro di persuasione! Ci vollero pure molte industrie per far maturare sempre più tale convinzione! Cominciai dall'invitarle ad insegnar il catechismo, poi a prendere parte alle opere parrocchiali, poi costituii12 un patronato pei fanciulli, ecc. ecc.».
Non si cammina subito con passo sicuro ed accelerato. Nell'applicarsi al lavoro vi hanno due regole pratiche che assicurano il buon effetto delle opere e la formazione delle cooperatrici.
Tener conto delle attitudini, dando occasione di svolgerle, secondo le tendenze particolari. Generalmente le maestre sono le più abili catechiste:13 ed, interessate dal parroco su questa cosa, esse si industrieranno di insegnarlo pure nella scuola. Vi hanno donne che, per la loro posizione sociale, possono avere una influenza speciale: così per esempio delle spose, delle madri, delle figlie di consiglieri comunali e provinciali: così di alcune nobili, il cui esempio e la cui parola può, anche ai nostri tempi di democrazia, essere di potente stimolo. Chi potrà solamente portare il bollettino parrocchiale
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alle famiglie, chi invece potrà, con legati moderni, dar forte aiuto alla stampa buona: tutti possono pregare. Una donna riterrà come un onore il venir invitata a tener una conferenza, mentre altra, umile e pia, sarà più atta a diffondere le divozioni e le compagnie religiose...

In secondo luogo: il lavoro sia graduato.14 Non è possibile che chi ebbe mai alcun incarico, a favore d'altri, possa, d'un tratto, applicarsi ad un circolo di cultura o ad una scuola di economia domestica. Sarebbe un esporsi al fallimento, ed esercitare un governo tirannico, che finirebbe per alienare dal sacerdote. Il primo passo sarebbe di recitare le preghiere ordinarie con lo spirito onde vennero composte, cioè per gli interessi comuni: dacci oggi il nostro pane... rimetti a noi i nostri debiti...15 prega per noi peccatori... Si comincierà a pensare che sulla terra non vi è il solo nostro io! Verranno quindi preghiere speciali per i peccatori, per i sacerdoti, per il papa: e, man mano, permettendolo lo spirito di ciascuno, si andrà sino all'organizzazione delle anime vittime e dell'apostolato della preghiera.
Non molto difficile sarà assegnare qualche lavoro di zelo nella famiglia, ove la intimità e la famigliarità facilitano di molto la via. Anzi il sacerdote avrà spesso chi chiederà indirizzi, chi sfogherà un santo dolore per la inutilità dei suoi sforzi, chi gli confiderà le piccole vittorie.
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Trattandosi di cose che richiedono un'organizzazione esterna, il primo gradino è formato dalle compagnie puramente religiose: della Madonna del Carmine, del rosario vivente ecc.; il secondo da quelle che, allo scopo prevalentemente religioso, ne uniscono uno materiale: Dame della carità, Conferenze di san Vincenzo de' Paoli, patronato per l'asilo, ecc.; il terzo da quelle che hanno scopo sociale: case-famiglia, Opera della stazione, circoli di cultura; il quarto gradino da quelle che mirano a scopo prevalentemente materiale: casse dotali, mutualità scolastica, casse operaie...
Giova però notare che, nei diversi gradi, le opere di beneficenza pura devono sempre collocarsi in prima linea: la donna cristiana, come in generale ci si presenta oggi, più facilmente le comprende.
Non è gran tempo che una donna, tra le più avanzate nel campo religioso-sociale, indicava questi tre passi per la formazione di conferenziere. Incaricarle: della lettura d'un brano di libro conveniente nelle adunanze; d'un piccolo componimento, che prima leggeranno solamente, poi anche prepareranno esse medesime; di qualche recita sul palcoscenico e poi a modo di discorsino d'occasione. Ben inteso: intanto che si mira a formarle all'esporre, non deve mancare la preparazione intellettuale e morale: anzi questa deve precedere quella.
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Dove il sacerdote ha più fondate speranze di buon esito in questo lavoro si è tra le giovani. Nell'oratorio femminile egli trova il mezzo più facile per avviar la donna allo zelo: là potrà formarsi le più abili cooperatrici. Tra le più adulte ed assidue all'oratorio facilmente potrà istituire: una scuola di perseveranza o di perfezionamento: la compagnia delle Figlie di Maria: la scuola della buona massaia, da affidarsi a suore od a maestre: una scuola di cucito e di ricamo ecc. Se si avrà un numero discreto di studentesse, sarà provvidenziale una scuola di religione: se si avranno molte operaie, riuscirà utile un ufficio di collocamento, od un patronato operaio: se è venuta nelle abitudini del popolo l'emigrazione, si cercherà impedirla con laboratori sociali, ovvero di ovviare alle tristi conseguenze, con opportune istruzioni.
Intanto tra le figlie, più che tra i giovani, riuscirà facile una bibliotechina circolante: si potrà provvedere all'iscrizione alla cassa nazionale di previdenza: si potranno studiare altre opere congeneri, come sono le casse operaie, le casse dotali, ecc.
E, mentre queste opere tengono unite tra loro le giovani, prestano frequenti occasioni al sacerdote di avvicinarle e di dare loro, in conferenze ed avvisi, l'istruzione religiosa proporzionata ai bisogni. L'unione le renderà più forti nel far
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argine al male: esse usciranno dalla stretta cerchia dell'egoismo: penseranno alla missione cui sono destinate.
La gioventù è anche il vincolo più dolce e più forte con cui il sacerdote può stringere a sé la popolazione intera. Lo si è veduto sopra e non è inutile ricordarlo di nuovo.

Rimarrà un sogno?

Tolgo dalla Settimana sociale (1912 N. 11) quanto segue: «Da qualche anno sogno, vagheggio un'istituzione, che la mia fantasia mi dipinge come bella e attuabile, e non manifestai ancora al pubblico, essendomi accontentato di farne qualche cenno a chi forse avrebbe potuto dirmi: Proviamo. L'opera da me vagheggiata sarebbe una scuola economico sociale femminile.
1. In detta scuola sarebbero ammesse fanciulle che oltrepassano i 16 anni almeno, e giovani vedove, che si mostrino inclinate alle opere di pietà e carità cristiana.
2. Verrebbero ammaestrate contemporaneamente:
a) Nei lavori manuali femminili più necessari e più utili.
b) Nell'economia domestica (scuola della buona massaia).
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c) Nell'arte di curare ed assistere gli infermi (scuola di infermiere).
d) Nel metodo di far bene la dottrina cristiana.
e) Nella propaganda sociale femminile, nel far, a mo' di esempio, piccole conferenze o buone letture, ecc. alle ragazze ed alle donne del popolo.
3. Compiuto il corso - la durata del quale sarebbe da decidersi più o meno lunga secondo che si vuole - coteste fanciulle, rientrate sotto il tetto domestico, potrebbero fare gran bene nei paesi, nelle cittadine, nei comuni rurali, specialmente là dove non vi sono suore, o quando queste venissero allontanate dalla tristizia16 dei tempi.
4. Potrebbero:
a) Fare il catechismo.
b) Riunire ragazze più grandicelle, ammaestrarle alla loro volta nei lavori donneschi,17 nell'economia domestica, far loro buone letture.
c) Assistere gli infermi, prepararli, quando occorra, agli ultimi sacramenti.
d) Diventare nel paese di loro residenza operose propagandiste e l'anello di congiunzione tra un dato paese e i comitati centrali delle donne cattoliche o di altre associazioni analoghe.
e) Essere a capo delle associazioni o istituzioni pie locali, come delle Figlie di Maria.
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2 Rerum novarum (1891) di Leone XIII sulla questione sociale; Graves de communi (1901) collegata alla Rerum novarum e dello stesso Leone XIII; Il fermo proposito (1905), di Pio X, per la riorganizzazione del laicato cattolico italiano in seguito allo scioglimento (1904) da parte dello stesso papa dell'Opera dei congressi.

3 Su questo quindicinale per la gioventù femminile, nato a Firenze e che per qualche tempo sarà composto dalle Figlie di san Paolo, cf. La Civiltà Cattolica (quaderno 1458, del 18 marzo 1911): «Abbiamo sotto gli occhi i primi numeri di questo periodico, venuto alla luce coll'anno nuovo a Firenze, per servire da eletto pascolo della gioventù femminile. Lo raccomanda innanzi tutto il nome della gentilissima eroina dantesca, col motto simbolico “fior da fiore”. E più lo raccomanda il contenuto... Senza abborracciature e pesantezze, colle materie ben disposte e illuminate tratto tratto da artistiche vignette, colla dilettosa varietà dei temi, e financo coll'attrattiva di curiosità e di giuochi a premio, esso, pur nella sua modestia di novellino, si rivela un periodico ben concepito e meglio attuato... La salutiamo e la raccomandiamo alle famiglie d'Italia e alle madri soprattutto, perché ne facciano dono alle figliuole». In una successiva rassegna del 1914, sempre su La Civiltà Cattolica, si informava che essa è diretta da Marianna Bettazzi Bondi e che la direzione e amministrazione era stata trasferita a Torino. - Al riguardo è opportuna una precisazione storica. «Le Figlie [di San Paolo] curano la composizione della rivista Matelda, la correzione delle bozze e lo scrivere»: così affermava l'Unione Cooperatori Buona Stampa, n. 10, 1923. Il lavoro, sebbene di breve durata (un anno circa), sta a testimoniare un impegno in campo femminile secondo una dichiarazione di don Alberione resa in quel periodo alla Congregazione dei Religiosi: «Le Figlie... fanno per il campo femminile ciò che la Pia Società San Paolo per il campo maschile» (cf. documento 18, p. 376, in MARTINI C. A., Le Figlie di San Paolo. Note per una storia (1915-1984), Roma 1994).

4 DA ha scancellano.

5 Ceslas Marie Rutten nacque a Terremonde (Belgio) nel 1875. Entrato giovanissimo tra i domenicani, proseguì i suoi studi superiori a Louvain. Licenziatosi in Teologia si laureò in Scienze politiche e sociali con una tesi con il titolo: Nos grèves houillères et l'action socialiste [Gli scioperi dei nostri minatori del carbone e l'azione socialista] (1900) che gli valse una citazione di merito alla Camera dal socialista Vanderveld. Per documentarsi, Rutten non aveva esitato a scendere in miniera e descriverne accuratamente le condizioni in un rapporto particolareggiato (1901).

6 DA ha Le Plaj. Frédéric Le Play, ingegnere e professore, precursore del Movimento sociale cattolico, nacque a La-Rivière-St-Sauver l'11 aprile 1806 e morì a Parigi il 5 aprile 1882. Dalla rivoluzione del 1830 comprese la gravità della questione sociale e si dedicò a studiare la vita operaia e soprattutto la famiglia. Condusse una inchiesta su un campione di 300 famiglie dal 1829 al 1853 (Les ouvriers européens, 1855). Le Play rimproverava alla Rivoluzione francese almeno tre errori: a) la fede nella perfezione originaria dell'uomo; b) la convinzione di una infallibilità individuale; c) l'uguaglianza assoluta. Tre furono anche i rimedi da lui proposti: a) il rispetto di Dio e della religione; b) l'obbedienza come rispetto del ruolo paterno; c) la castità morale come rispetto della donna. Nonostante la sua visione sociale, Le Play restò poco favorevole alle associazioni, in coerenza con le sue attese di una riforma dell'autorità. Il suo rischio fu il paternalismo.

7 Probabilmente Stanislas Du Lac de Fugère, gesuita, nato a Parigi il 21 novembre 1835, figlio di Louis-Albert, consigliere alla Corte dei conti. Compì i suoi studi presso i gesuiti di Brugelette, in Belgio, e si aggregò alla Compagnia nel 1853. Morì a Parigi il 30 agosto 1909 lasciando diverse opere, corrispondenza e traduzioni dall'inglese.

8 Mosè, la celebre statua che Michelangelo Buonarroti (1475-1564) scolpì nel 1515 per il monumento funebre di papa Giulio II, e che si può ammirare nella chiesa di san Pietro in Vincoli a Roma.

9 Cf. Gv 10,10: «Io sono venuto perché abbiano la vita».

10 DA recita: anche quante donne comprendono...

11 Sta per secondo.

12 DA ha costituì.

13 DA ha catechistiche.

14 A questo principio pedagogico della gradualità Alberione è particolarmente sensibile.

15 Cf. Mt 6,11 e Lc 11,3.

16 Cattiveria, malvagità.

17 Femminili.