Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. LA PARABOLA DEL FATTORE INFEDELE*

Il Vangelo della Domenica VIII dopo Pentecoste racconta la seguente parabola:
«C'era un ricco il quale aveva un fattore che fu accusato davanti a lui come dissipatore dei suoi beni. Ed egli, chiamatolo, gli disse: Che è mai quello che sento di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più tenerla. E il fattore disse fra sé: E ora che farò, che il padrone mi leva la fattoria? A zappare non son buono, e limosinare mi vergogno. So ben io che farò, affinché, levata che mi sia la fattoria, ci sia chi mi riceva in casa sua. Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del padrone, disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? E quello rispose: Cento barili d'olio. Ed egli: Prendi la tua scritta, siedi presto, e scrivi cinquanta. Poi chiese ad un altro: E tu quanto devi? E quello: Cento staia di grano. Gli dice: Prendi la tua carta, e scrivi ottanta. E il padrone lodò il fattore infedele, perché aveva agito con accortezza; ché i figli di questo secolo sono, nel loro genere, più avveduti dei figli della luce»1.
Con questa parabola Gesù vuol mostrare che le ricchezze bene usate possono giovare anche all'eterna salute. Il denaro è iniquo quando si possiede di ingiusto acquisto, quando non è ben amministrato o quando è causa di peccato; ma quando si usa per la gloria di Dio, allora aumenta i nostri meriti. Coloro che fanno elemosina, che beneficano i poveri, dopo morte avranno tanti intercessori, tanti amici che li accoglieranno nelle «tende eterne»2.
Chi è misericordioso troverà misericordia, poiché il Signore dice: «Con la stessa misura con cui misurate agli altri sarà
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misurato a voi»3. E ancora: «Ogni volta che accoglierete uno di questi piccoli in nome mio, accoglierete me»4.
È bene incoraggiare coloro che possiedono, ad essere larghi verso i bisognosi, perché questo è il miglior modo per acquistare meriti. «Se volete ricchezze, scrive S. Gregorio Magno, cercate quelle che sono vere; se ambite il colmo dei veri onori, tendete al regno celeste; se cercate la gloria delle dignità, affrettatevi a farvi iscrivere nella corte celeste». Dobbiamo desiderare quelle ricchezze che possono ornarci e difenderci, quelle ricchezze che non possiamo perdere; quelle ricchezze che ci armano contro i nostri nemici, che ci muniscono contro i loro assalti, che ci separano dal mondo, ci raccomandano a Dio; quelle ricchezze che nobilitano le anime nostre. E questo si fa usando bene il denaro, perché le ricchezze diventano buone per colui che sa usarle rettamente.
Gesù conclude la parabola dicendo: «I figli di questo secolo sono, nel loro genere, più avveduti dei figli della luce». Spesso i cattivi sono molto più astuti nel trovare le vie del male di quanto lo siano i buoni nel fare il bene. Quante industrie sanno trovare gli avari per accumulare ricchezze che dovranno abbandonare! E il giusto che cosa farà per accumulare tesori per il cielo?
Impariamo a tesoreggiare per il Paradiso! Impieghiamo tutte le nostre attività per due fini:
1. Per santificare l'anima nostra aumentando i meriti. Approfittiamo di tutte le occasioni, ogni ora, ogni momento, sia un nuovo merito per il cielo: non permettiamo che i cattivi ci avanzino nell'accumulare tesori. Le vere, le solide ricchezze che dobbiamo acquistare sono: la purità che ci rende casti, la giustizia che ci fa santi, la pietà che ci adorna, l'umiltà che spegne l'orgoglio, la mansuetudine che frena la collera, l'innocenza che ci stringe in amicizia con Dio, la prudenza che ci tiene vigilanti, la temperanza che allontana le malattie, la carità che ci guadagna le grazie di Dio e degli uomini. "Vero ricco è colui
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che è potente in virtù, che disprezza il secolo e si applica a fare il bene" (S. Prospero5).
2. Essere prudenti e astuti nell'apostolato per fare del bene alle anime. Moltiplicare i mezzi, trovare sempre nuove vie per progredire.
Gli Apostoli furono veramente prudenti nel fare del bene alle anime e S. Paolo poté attestare di se stesso: «Impendar et superimpendar pro animabus»6. Lavoriamo per far conoscere il Signore: ne avremo grande merito in cielo.
Recitiamo tre Ave Maria per ottenere dalla Vergine santissima la grazia di moltiplicare i mezzi della buona stampa, portare tante anime a Gesù e moltiplicare i nostri meriti: «Ciascuno raccoglierà secondo quello che avrà seminato: Quae seminaverit homo, haec et metet»7.

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* Meditazione stampata in CI, 8[1939]2. Il titolo è espresso così: “Meditazione del Sig. P. Maestro”. La data è ricavata dal calendario liturgico: 23 luglio 1939.

1 Lc 16,1-8.

2 Cf Sal 84,2.

3 Mt 7,2.

4 Mt 18,5.

5 Prospero d'Aquitania (390-436), difensore della dottrina di sant'Agostino contro il pelagianesimo, segretario del Papa Leone I.

6 2Cor 12,15: «Mi prodigherò volentieri, anzi consumerò me stesso per le anime vostre».

7 Gal 6,7.