Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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10. LA NOSTRA VITA IN CRISTO*

Dobbiamo prepararci bene al S. Natale. Si chiama Avvento questo tempo che precede la venuta del Messia, di Gesù Bambino che noi dobbiamo cercare di ricevere bene.
Questa mattina fermiamoci sopra alcuni pensieri molto consolanti che, ben compresi ed approfonditi, sono fonte di tanta gioia.
La nostra vita dev'essere in Gesù Cristo e cioè: noi dobbiamo pensare come pensava Gesù Cristo, desiderare ciò che desiderava Gesù Cristo, amare ciò che amava Gesù Cristo. La nostra vita dev'essere nascosta in Cristo come si esprimeva S. Paolo1. Ora Gesù Cristo, in che cosa ha speso la sua vita? Per qual fine egli si è incarnato? Per un duplice fine: la gloria di Dio e la riconciliazione dell'uomo con Dio: «Iustitia et pax osculatae sunt»2.
Primo fine dell'Incarnazione è stata dunque la gloria di Dio. L'uomo non potrebbe dare a Dio una gloria degna, perché l'uomo è un essere finito, limitato, mentre Dio è infinito negli attributi, in ogni attributo. Perciò gli esseri creati non possono dare al Signore una gloria competente, degna. Quando l'uomo compie un'opera buona, con retta intenzione, lo adora, lo ringrazia, ecc., ma le opere buone dell'uomo sono sempre finite, perché vengono da povere creature. Messi tutti gli uomini assieme, tutti i beati del cielo, essi innalzeranno certamente un bel coro di lode a Dio, ma queste lodi non sarebbero ancora degne di lui. Ora ecco che il Figlio di Dio si è fatto capo dell'umanità, e come tale ha dato e dà un gran valore a tutte le opere buone compiute dagli uomini. Le azioni del Verbo Incarnato sono azioni
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del Figlio di Dio, quindi il suo predicare, il suo agire, il suo soffrire hanno un valore infinito.
Noi siamo esseri piccoli, insufficienti, ma quello che facciamo, se lo facciamo con retta intenzione, con le intenzioni di Gesù Cristo, prende valore da lui e quindi dà a Dio, in Cristo, una lode infinita: così le nostre preghiere assumono un valore infinito in Cristo, che le prende e le offre al Padre. Ecco che l'uomo, dopo l'Incarnazione, può dare a Dio un'adorazione, un ringraziamento, una supplica di valore infinito.
Per questo, se uno medita bene il mistero dell'Incarnazione esce in quelle belle esclamazioni di S. Bonaventura, di S. Bernardo, di S. Paolo, di S. Teresa.
C'è quindi da esultare, da godere, proprio come dice S. Paolo: «Gaudete, iterum dico vobis, magis gaudete»3 perché tutto ciò che fate dà una grande gloria a Dio. Si capisce quindi l'espressione di S. Ignazio: «Ad maiorem gloriam Dei!»4. E si capisce pure come i santi fossero sempre contenti anche in mezzo alle tribolazioni, alle sofferenze. Pensiamo che la nostra giornata, sebbene talvolta ci sembri monotona e noiosa, tuttavia è preziosissima: essa serve a dare una grande lode a Dio. Per questo S. Maria Maddalena5 diceva: Patire e non morire!, per poter dare a Dio una gloria, una lode sempre più grande!
Se noi comprendessimo che cosa significa la nostra vita in Cristo, saremmo sempre contente, piene di entusiasmo, di coraggio, di gioia. La vita diventa allora più bella, sebbene sia sempre ripiena di dolori. Ci vogliono però le intenzioni di Gesù Cristo, le mire di lui, i suoi pensieri, i suoi desideri. Sono così meschine le nostre opere buone, ma in Cristo acquistano un valore infinito, perché noi siamo sue membra e per questo danno a Dio una grande gloria!
Procuriamo quindi di avere in noi i pensieri, le intenzioni, i desideri, i sentimenti di Gesù Cristo, per poter vivere in lui, e dare a Dio la maggior gloria possibile.
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* Dattiloscritto, fogli 1 (22,2x27,7). Sull'originale il titolo è: “G.D.P.H. Meditazione (P. Maestro)” con la data: 13.12.1939. I curatori dei dattiloscritti successivi hanno scritto a mano il titolo: “La nostra vita in Cristo”.

1 Col 3,3.

2 Sal 85,11: «Giustizia e pace si baceranno».

3 Fil 4,4: «Rallegratevi; ve lo ripeto ancora, rallegratevi».

4 «Alla maggior gloria di Dio».

5 Maria Maddalena de' Pazzi (1566-1607), monaca carmelitana nel monastero di Firenze.