Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XVI 1
COSCIENZA ED OBBEDIENZA

Tre gemme, tre forze

I Religiosi risplendono per tre preziose gemme e divengono efficaci nel loro ministero: castità, povertà e docilità. La storia ne è prova.
Chi vuole portare gli uomini agli ideali di santità e di eternità deve essere povero di spirito.
Chi vuole portare gli uomini alla purezza dei costumi deve essere casto, vergine.
Chi vuole portare gli uomini all’ordine nella famiglia, nella società, nell’unità della Chiesa, deve essere sottomesso.
Molti vollero riformare la Chiesa, ma non riformare prima se stessi; non possedevano né missione, né virtù, né vera pietà. Gesù Cristo precedette con l’esempio, predicò con la parola, morì per acquistarci la grazia.
Ogni uomo ha tre concupiscenze principali: concupiscentia carnis; concupiscentia oculorum; superbia vitæ.2 La prima si regola con la castità; la seconda si regola con la povertà; la terza si regola con l’obbedienza.
Il Religioso mediante i tre voti trasforma la passione
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in virtù e in forza di apostolato; è segreto di felicità eterna.
Infatti: la povertà è la massima ricchezza; ogni cosa rinunziata si troverà in cielo cambiata in oro purissimo: possidebunt regnum cœlorum.3
La castità è il massimo amore, verso Dio e verso le anime; in proporzione sarà la felicità: intra in gaudium Domini tui.4
L’obbedienza è la massima libertà, rendendoci superiori alle passioni sregolate e preparandoci il possesso di Dio.

Formare la coscienza

Formare la coscienza di un giovane è il massimo impegno di un educatore, dice Pio XII. Infatti da una coscienza retta ed illuminata dipende il buon avvenire per la vita e per l’eternità; dalla mancanza di coscienza si può prevedere ogni disastro morale e materiale.
A formare la coscienza concorrono tre elementi: convinzioni profonde, nella mente; abitudini buone, conformi ai principii; l’aiuto della grazia che soccorra alla fragilità umana.
L’Aspirante vive nell’Istituto un tempo sufficientemente lungo per la formazione della coscienza; ma è del tutto necessario che egli si apra col suo Maestro, e che il Maestro, conosciute le sue necessità ed il suo stato spirituale, lo aiuti con il consiglio, la paziente carità, la preghiera.
Nel nostro Istituto, se vi è tra Aspirante e Maestro
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una santa intimità e collaborazione, non sarà difficile il compito.
Formata la coscienza non occorrono la minuta assistenza disciplinare, la vicinanza, i richiami, i castighi; la persona ha acquistato un carattere; e diviene capace di sostenere e formare altri.
La coscienza per essere piena deve fondarsi sopra la chiara conoscenza della vita, presente ed eterna; sopra la cognizione di Dio Creatore, Redentore, sempre provvido; sopra la convinzione, che, usciti dalle mani creatrici di Dio, nostro Padre, vi torneremo per il resoconto dei talenti e grazie ricevute; che al di là vi sono due eternità: la felice e l’infelice; che ognuno ha davanti a sé due vie, quella stretta che mette capo al cielo e quella comoda che mette capo all’inferno; che siamo materialmente liberi di scegliere l’una o l’altra; che con la morte finisce la scena presente; che nel mondo presente crescono assieme il buon grano e la zizzania; che in fine avverrà la separazione tra l’uno e l’altra, il grano nella casa del Padre Celeste, la zizzania al fuoco; che la morte può incoglierci ogni momento, perciò l’estote parati;5 che la vita è una prova di fede, di amore, di fedeltà a Dio.
E queste verità si dovranno ricordare di continuo, finché formino la guida e la luce in ogni progetto, pensiero, sentimento, opinione, azione.
La grande verità sta qui: la vita è ordinata all’eterna felicità; ma per arrivarci è necessario: conoscere, amare, servire il Signore, come docili figli; seguendo la Chiesa, Dio premierà tutto ciò che sarà fatto secondo
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la sua santa volontà. In omnibus operibus tuis memorare novissima tua et in æternum non peccabis.6
Il Superiore ha da rendersi, poco a poco, inutile: perché già il Religioso ha una vita fondata sui principii eterni; e nelle varie contingenze ricorre alla preghiera. E tuttavia, con più larghe convinzioni, con un buon governo di se stesso e con soda pietà, progredirà ancora ogni giorno: potrà raggiungere la santità, vivendo in Gesù Cristo.

Per l’ammissione agli Ordini

Occorre ricordare l’insegnamento di San Pio X a riguardo delle ammissioni agli Ordini sacri. Serve anche per tutte le altre promozioni: Non bastano i segni negativi; occorrono assolutamente i segni positivi di vocazione. Perciò non è sufficiente che l’Aspirante eviti il male (si dice talvolta: Non è cattivo!), occorre che sia pio, virtuoso, studioso, amante dell’apostolato, osservante della vita religiosa, affezionato alla Congregazione.
Né basta una speranza vaga che migliori in seguito. La fiducia deve conservarsi quando l’Aspirante lavora seriamente con la lotta e con la preghiera assidua.
Attenzione: non avvenga che, per infondata speranza di salvare uno si perdano anche altri. Per amore dell’Istituto e del giovane stesso, non si ritardi troppo la dimissione. Superiore, Maestro, Confessore hanno al riguardo un compito delicatissimo.
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San Paolo ricorda al suo discepolo Timoteo la prudenza nell’ammettere agli Ordini sacri: Ne cito manus imposueris.7 La stessa raccomandazione l’applicheranno anche per le altre ammissioni: per esempio, quando si tratta di figli unici, di malattie ereditarie, di figli appartenenti a famiglie scompaginate, di aspiranti con tare psicologiche; condizioni che oggi sono molto diffuse. L’Istituto ha l’obbligo di cautelarsi.

* * *

Art. 96. Il Superiore Generale, con il consenso del suo Consiglio, può dimettere il professo di voti perpetui, a norma degli articoli seguenti e con la conferma del decreto di dimissione da parte della Santa Sede.
Art. 97. Perché un religioso di voti perpetui possa essere dimesso, è necessario che vi siano tre delitti gravi ed esterni, con duplice ammonizione, minaccia di dimissione e mancanza di emendazione, a norma dei can. 656-662 del Codice di Diritto Canonico.
Art. 98. Se risulteranno i delitti di cui nel precedente art. 97, il Superiore Generale con suo Consiglio, ponderate tutte le circostanze del fatto, delibererà se si debba procedere alla dimissione. Se il maggior numero dei voti è per la dimissione, lo stesso Superiore Generale emanerà il decreto di dimissione; tuttavia questo non sortirà il suo effetto se non dopo la conferma della Santa Sede.
Art. 99. Il religioso che deve essere dimesso ha il diritto di esporre liberamente le sue ragioni; le risposte
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che avrà date dovranno essere riportate fedelmente negli atti.
Art. 100. Il professo di voti perpetui legittimamente dimesso dalla Società, se non è chierico in sacris rimane sciolto ipso facto da tutti i voti religiosi e dagli obblighi della sua professione, salvo quanto prescritto dall’articolo seguente.
Art. 101. Il religioso chierico di voti perpetui che viene dimesso, se ha ricevuto solamente gli Ordini Minori, è ridotto ipso facto allo stato laicale. Se invece è in sacris, perciò stesso rimane sospeso fino a quando non avrà ottenuto l’assoluzione dalla Santa Sede, salve inoltre le prescrizioni dei canoni 641, 670-672 del Codice di Diritto Canonico, circa le altre sanzioni alle quali è soggetto.

Obbedienza e volontà di Dio

Il Signore ci ha creati per la felicità del paradiso; e tutto dispone o permette ciò che ci assicura di arrivare a tale meta.
L’obbedienza è l’unione della nostra volontà alla volontà di Dio. È perciò il grande mezzo per la salvezza; è tutto a nostro vantaggio perché, a differenza di guidare noi stessi, corti come siamo di ingegno ed oscurati dalle passioni, dal mondo, dal demonio, ci lasciamo guidare da Dio, sapienza e amore infinito.
L’obbedienza forma il vero sapiente, più saggio dei nemici, di maestri, di vecchi. Se Eva avesse obbedito a Dio, non avrebbe avviato le generazioni umane per le vie dell’errore, del peccato, della morte.
L’obbedienza è sicuramente la via della pace, del
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merito, della grazia, delle benedizioni di Dio nell’apostolato.
Dio benedice solo quello che è conforme alla sua volontà.
Chi vive nell’obbedienza promuove sicuramente la gloria di Dio e la pace degli uomini.
La volontà del Signore si manifesta con la sua parola, attraverso i Superiori, negli avvenimenti, nelle cose.
Con la parola: i comandamenti di Dio, i consigli evangelici, le virtù raccomandate nella Sacra Scrittura.
Attraverso i Superiori: le disposizioni della Chiesa e dell’autorità civile. In famiglia, in parrocchia, in scuola, in fabbrica, nelle associazioni, in ufficio, in diocesi, in comunità, ecc., vi sono sempre superiori. Vi sono obbedienze anche verso il confessore, in parecchi casi.
Attraverso gli avvenimenti e le cose: i disagi della stagione, le malattie, le disgrazie, le malevolenze, le critiche, le difficoltà di ambiente, le persecuzioni, le stesse tentazioni; e mille cose che riempiono gli anni e le giornate; e sono volute o permesse da Dio per la nostra santificazione.

Virtù, voto, spirito di obbedienza

Vi è l’obbedienza virtù, l’obbedienza voto, lo spirito dell’obbedienza.
Il voto, promessa sacra fatta a Dio, obbliga a sottomettersi
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ad ogni superiore che comanda in virtù di santa obbedienza, cioè in forza del voto.
La virtù piega la volontà a ricevere e ad eseguire in un piano più vasto tutti gli ordini legittimi dei superiori ed i voleri divini.
Lo spirito dell’obbedienza è la stessa virtù, ma resa più delicata, intima, completa. Con lo spirito di obbedienza il religioso si sottomette con pienezza di volontà, con prontezza di esecuzione, con gioia del cuore. Prudente ed umile, ed insieme desideroso di dipendere, segue anche le semplici direttive e i consigli; si conforma volentieri ai più anziani, compiacendo tutti in quanto possibile, per evitare di scegliere e preferire quanto è di suo maggior gusto.
È il sacrificio ed olocausto di sé in ogni momento al Signore.
È il grande dovere di stato.
È la forza di una istituzione, come la chiave di volta in un edificio.
È la virtù che assicura tutta la vita di un istituto.
È la pratica che facilita tutta la vita di santificazione.
È madre e custode di ogni virtù.
È una virtù sociale; ed insieme una virtù individuale.
La volontà propria ed indipendente è un attentato alla vita dell’Istituto. Chi si abitua a seguire piuttosto altri che non i superiori, si mette inesorabilmente sulla via della rovina.
Poche volte si ha l’occasione di osservare il voto di obbedienza; ma per il voto ogni atto di obbedienza è in verità anche atto di religione; perciò sempre il
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doppio merito; la vita è sempre nutrita dalla linfa e dallo spirito dell’obbedienza.

L’obbedienza di Gesù e di Maria

Gesù Divino Maestro ci precedette assecondando il volere del Padre dal momento dell’Incarnazione sino all’inclinato capite emisit spiritum;8 e sino all’Ascensione al cielo. In ogni momento e in ogni minimo particolare poté dire: quæ placita sunt ei facio semper.9 Il presepio, la fuga in Egitto, la vita a Nazareth ove era subditus Mariæ et Joseph;10 la vita pubblica, la passione, la morte in croce; tutto viene riassunto da San Paolo nella espressione: Christus factus est pro nobis obœdiens usque ad mortem, mortem autem crucis.11 E, continuando, dimostra quale fu il premio dell’obbedienza: propter quod et Deus exaltavit illum et dedit illi nomen quod est supra omne nomen, ut in nomine Jesu omne genu flectatur cœlestium, terrestrium et infernorum, et omnis lingua confiteatur quia Jesus Christus in gloria est Dei Patris.12
Gesù che nell’orto del Getsemani ripete: Padre, sia fatta non la mia, ma la tua volontà. Non come voglio io, ma come vuoi tu [Mt 26,39; Lc 22,42]. Si abbassò quanto gli era possibile, perciò fu innalzato alla destra del Padre.
Maria dice: Ecce ancilla Domini: fiat mihi secundum verbum tuum.13
Paolo fermato sulla via di Damasco domanda a Gesù Cristo apparsogli: Signore, che devo fare? [At 22,10]. Riceve la risposta, obbedisce prontamente e sempre; ed obbedì a conclusione della sua vita all’ordine del carnefice,
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piegando la testa; suprema obbedienza! poi corona justitiæ.14
Non vi è altra via per la santità e pace che questa: fiat voluntas tua sicut in cœlo et in terra.15

Rischi e nemici dell’obbedienza

Lo stato religioso ha tanti beni; ma pure noie e pericoli ad ogni passo; che formano gli incerti del mestiere:
pericolo di ricevere ordini noiosi, penosi, dolorosi;
pericolo di cadere nelle mani di un Superiore antipatico e duro; e tra fratelli poco graditi;
pericolo di essere incompresi e messi in un angolo; e quanti hanno subito tale prova!...
pericolo di venire destinati a posti difficili, finanche per la salute;
pericolo di venir spostati da un momento all’altro;
pericolo di un incarico ingrato, che forse sembra anche sproporzionato.
E quando ciò che è pericolo divenisse realtà? Allora guardare a Gesù: Non mea sed tua voluntas fiat.16
Nemici dell’obbedienza:
Mancanza di idee chiare nel Superiore o nel suddito.
Spirito razionalista, false massime, età, temperamento.
Individualismo: formarsi una vita propria, come isolotti o nidi propri nella comunità.
Superiori non equilibrati negli ordini.
Tendenze del mondo attuale.
Lassismo e cattivi esempi.
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Obbedienza di mente, di cuore, di volontà

L’obbedienza completa: di mente, di cuore, di volontà.
Di mente: significa capire il senso, il fine, i limiti di quanto è disposto. Esempio: a chi viene affidata una classe di studenti, la direzione di un periodico, ecc. La scuola di un anno deve svolgere un programma, perciò la preparazione, la spiegazione, l’esigere, in patientia et doctrina,17 e con metodo conveniente e portare alla promozione la quasi totalità degli alunni.
In proporzione la direzione di un periodico; i mezzi ed il fine.
Di cuore: significa mettere amore all’ufficio, al compito, all’incarico ricevuto. Amarli in quanto vi è la volontà di Dio e un’occasione di molti meriti. Esaminare spesso la coscienza in proposito.
Di volontà: accettarli con pieno consenso e piena docilità, applicare le forze spirituali e fisiche, molta preghiera per la buona riuscita.
In opposizione sta la semi-obbedienza.
Della mente: giudicando, condannando, disprezzando il comando, pur mentre per ragioni esterne lo si deve eseguire; protestando di obbedire, ma criticando l’ordine e chi lo ha dato.
Del cuore: senza l’amore, la sottomissione è un fiore senza profumo; perché non è soprannaturale. Si obbedisce per guadagnarsi il Superiore, perché si è ottenuto l’ufficio che si voleva; perché l’amor proprio, l’interesse, la vanità sono soddisfatti... Occorre invece l’amor di Dio.
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Della volontà: spirito di contraddizione, pigrizia, sabotaggio, trascuratezza, fariseismo, ecc. impediscono di ottenere quei beni che il Superiore si riprometteva.
Il fondamento dell’obbedienza è triplice: l’autorità rappresentata dal Superiore; la professione religiosa, che ha carattere di donazione, non sono più mio, ma dell’Istituto; il voto che è impegno sacro.
Conclusione: una confidenza di S. Giovanni Berchmans in punto di morte: Dopo che sono entrato nell’Istituto non ho mai trasgredita alcuna regola. Che rimane allora? la suprema obbedienza all’invito: Euge serve bone et fidelis, intra!,18 rispondendo: Sì, vengo!
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1 Con questa istruzione si concludono la prima settimana e il primo ciclo di incontri con Don Alberione.

2 “La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita” (1Gv 2,16).

3 “Possederanno il regno dei cieli” (Mt 5,3; 5,20).

4 “Prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,23).

5 “State pronti” (Mt 24,44).

6 “In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato” (Sir 7,40).

7 “Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno” (1Tm 5,22).

8 “E, chinato il capo, spirò” (Gv 19,30).

9 “Io faccio sempre ciò che gli è gradito” (Gv 8,29).

10 “Soggetto a Maria e a Giuseppe” (cf. Lc 2,51).

11 “Cristo si è fatto per noi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce” (Fil 2,8).

12 “Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,9ss).

13 “Eccomi, sono la serva del Signore: avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1,38).

14 “La corona di giustizia” (2Tm 4,8).

15 “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra” (Mt 6,10).

16 “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta” (Lc 22,42).

17 “Con magnanimità e dottrina” (2Tm 4,2).

18 “Vieni, servo buono, entra” (Mt 25,21).