Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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NOSTRI DEFUNTI

D. PANUNZI RUGGERO M. PAOLINO

Il giorno 11 ottobre, in Firenze, colto da un secondo attacco di infarto cardiaco, chiudeva alle prime luci dell'alba la sua vita terrena Don Panunzi Ruggero M. Paolino. Aveva quasi cinquant'un anni, essendo nato a Knutange (Moselle-Francia) il 9 genn. 1910.
Abbiamo perso, per usare la felice espressione di un nostro Confratello, «un Paolino di nome e di fatto».
Don Panunzi entrò in Congregazione l'11 ottobre 1925, per interessamento di Don Donadio, zelantissimo missionario degli emigrati italiani in Lorena (Francia). Fece la sua professione il 24 dicembre 1931.
Il 19 dicembre del 1936 riceveva l'ordinazione sacerdotale dalle mani di Monsignor Pasetto.
A Roma lavorò in ministero vario e specialmente aiutò nell'amministrazione.
Fu poi a Capoliveri (Isola d'Elba), dove meritò la fiducia e la riconoscenza dei parrocchiani.
Dal 1943 al 1952 compì un lavoro di sacrificio nell'ultimo e pericoloso periodo della guerra: attese alla ricostruzione della Casa-Noviziato e della Casa degli Scrittori; e predispose l'acquisto del terreno per la Clinica «Regina Apostolorum».
Dal 1952 sino alla morte si interessò particolarmente dell'Ufficio Pubblicità per i nostri periodici. Questo ufficio è sua creazione e se oggi si è ormai affermato con notevolissimi vantaggi, lo si deve alla pazienza, alla tenacia, al disinteresse, alla riservatezza e fedeltà di Don Panunzi.
Ora che egli ci ha lasciati, possiamo in parte misurare la sua statura. Nell'elogio funebre che il Primo Maestro fece il giorno della sepoltura, abbiamo rilevato questa sintesi della vita di Don Panunzi: fu un Paolino che visse in carità e pazienza.
Imparare e suffragare! Ecco gli inviti che ci vengono dalla tomba del caro e buon Fratello Don Panunzi.
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D. FERRARO VINCENZO M. EUGENIO

Il 21 luglio 1960 il Signore chiamò a sé, nella luce eterna, - dopo solo diciotto giorni di Messa - il nostro caro D. Ferraro Vincenzo M. Eugenio. Aveva 25 anni.
Era nato a S. Donato Ninea, in provincia di Cosenza, in Calabria, il 30 Maggio 1935; ed aveva trascorsi i suoi anni di formazione paolina (14) in Casa Madre (per ginnasio e filosofia); a Catania (per l'anno di pratica) e a Roma (per la teologia).
I Maestri lo ricordano come esemplare in tutto (pietà, studio, apostolato, povertà); specialmente si potevano notare in lui queste virtù: amore alla Madonna, alla Congregazione, alle anime. Per l'amore a Maria, che fu la stella che lo guidò nella sua vita, leggiamo nel suo taccuino: «La Madonna deve essere la mia guida. Con Lei mi sarà facile progredire nella virtù. A Lei perciò affido i miei propositi». E Maria realizzò tutti i suoi propositi. - Tutto faceva in vista del paradiso, e, per raggiungere questa mèta non si risparmiò. Quasi tutto il tempo del suo apostolato lo trascorse in tipografia ove spese le sue energie. Era puntuale, generoso, e aveva quasi innato il senso della responsabilità (a Roma era vice-proto). «Una responsabilità - disse Don Lamera, suo superiore, nell'elogio funebre - che sembrava superiore ad un giovane della sua età». Prima dell'ordinazione che avvenne il 3 Luglio 1960, gli erano stati affidati dei lavoretti, che richiedevano riflessione e lungo tempo, ma egli li fece con amore e se lo impose come una penitenza in preparazione al suo sacerdozio; tutti li portò a termine per la data stabilita con una tenacia e costanza grande. Tra questi lavoretti ci è di consolazione ricordare il libretto sul rosario dal titolo «Il Rosario meditato». Libretto che ha richiesto molta pazienza perché si è trattato di mettere in ordine 160 fotografìe quasi esclusivamente opere di autori classici (undici per ogni mistero) e con una frase, sotto ad ogni foto presa per lo più dalla Sacra Scrittura.
Era gaio, sereno, sempre sorridente; una serenità che traspariva facilmente dai suoi occhi e la trasfondeva in chi lo accostava. Era semplice come un bambino. Ed è fra i nostri giovanetti che è spirato mentre si trovava a Catania ove si era recato invitato più volte dai Fratelli di quella casa per ascoltare una delle sue prime Messe e prediche, e per trascorrere qualche giorno in serenità e per un po' di ristoro al suo corpo ed alla sua anima in preparazione alla sua Prima Messa al paese natio, che avrebbe dovuto essere dieci giorni dopo la sua morte. Il mare lo tradì; ma fu solo un mezzo con cui Dio, sempre sapiente nei suoi fini, lo chiamò per celebrare la sua Prima Messa, lassù, sull'Altare d'oro dell'Agnello Immacolato, per farla assistere dagli altri 21 Sacerdoti che lo avevano preceduto e da altrettanti fra Chierici e Discepoli e da un buon gruppo di Suore.
Il cordoglio per la perdita di questo giovanissimo Sacerdote fu grande per tutta la Famiglia Paolina. Il Primo Maestro espresse il suo cordoglio con questa frase: «Ci inchiniamo riverenti davanti agli imperscrutabili disegni di Dio, che volle privarci su questa terra della compagnia di questo Fratello, ma siamo certi di aver acquistato in cielo un buon intercessore. D. Ferraro è andato in cielo con tre stole: quella battesimale, quella sacerdotale e quella gloriosa: «stolam gloriae induit eum».
Ora Egli è là che ci aspetta e ci invita tutti ad una vita veramente paolina fondata sulla pietà perché «si farà del bene a misura della pietà che avremo» (è ancora una sua frase); e ci ripete dolcemente, ma sensibilmente a ciascuno: 1'«estote parati; state sempre preparati perché nell'ora in cui meno ve lo aspettate il Maestro Divino vi chiama».
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