Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXVIII
SAN PAOLO
LUGLIO-AGOSTO - 1953
ROMA - Casa Generalizia

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

DIREZIONE SPIRITUALE DEI NOSTRI ASPIRANTI

Negli Esercizi SS. ultimi per i Sacerdoti abbiamo meditato la Direzione Spirituale nella Congregazione. Il Maestro, il Direttore spirituale sono la guida sicura.
Questa è uno dei principali mezzi per la formazione dei nostri carissimi aspiranti; ed il giovane avrà trovato davvero un tesoro di inestimabile valore se avrà trovato un buon Direttore nel suo Maestro, Padre spirituale, confessore.
La predicazione, l'indirizzo, l'istruzione, gli avvisi comuni sono necessari: ma l'applicazione ai singoli per mezzo della Direzione ne assicurano il frutto. Tutto il giardino ha bisogno di sole, di acqua, di alimentazione: ma il buon giardiniere ha cura di ogni pianta, che sostiene, pota, difende dalle malattie, ecc.

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Il Signore ha costituita la Chiesa come società gerarchica: vuole che le anime siano santificate per il governo esterno e per un governo o direzione interna, intima.
Vi sono ora, parlando in generale, secondo gli autori di eloquenza e di pastorale, due specie di eloquenza.
Quella del pulpito, o comunemente intesa, quando si parla di eloquenza. Comprende: i catechismi per piccoli e adulti, l'omelia, il panegirico, l'elogio funebre, il discorso delle grandi solennità, il quaresimale, la conferenza, l'apologia, ecc.
La seconda, quella del Maestro religioso, specialmente paolino, del Formatore di Sacerdoti e Religiosi: di colui che, in sostanza, con l'anima piena e santamente entusiasta del suo stato, con una vita che insegna in santi esempi più che non dicano le parole, con cuore riboccante di affetto soprannaturale per i suoi figliuoli spirituali, vuol trasfondere se stesso in essi; per averne delle copie di se stesso cioè di Gesù Cristo, «Alter Christus». È uno il modello, per il cristiano, il religioso, il sacerdote: Gesù Cristo.
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Eppure l'Apostolo Paolo ai Corinti scrive: «Rogo autem vos, imitatores mei estote» (1Cor. IV, 16). Altro modello? No, il discepolo è umile interprete, non falsificatore del Maestro Divino, poiché aggiunge subito: «Sicut et ego Christi». La figura di Gesù Cristo subito riappare: quasi a commento è l'espressione dello stesso S. Paolo: «Scitis quemadmodum oporteat imitari nos» (II Tess. 3,17) perché si è messo al proprio posto: «Ut nosmetipsos formam daremus vobis ad imitandum nos» (II Tess. III, 9). E così vien fuori un duplice insegnamento: il dovere del padre spirituale, o Maestro, di farsi modello: il dovere del figlio spirituale di imitare il Maestro. Allora grande profitto ricaverà da un tipo umano di Sacerdote perché «ex hominibus assumptus» (Eb. V, 1); questi è più vicino al discepolo che la divinità.
Il Maestro, Sacerdote Paolino, accoglie i giovanetti aspiranti: li studia per scoprirne le intenzioni, le attitudini, le tendenze, la vocazione; si mette dinanzi a loro: «seguitemi, imitatemi». Vuol riversare in loro la propria anima, la fede, lo spirito, la scienza, il cuore. Le meditazioni che tiene, le esortazioni in pubblico, in privato, al confessionale, gli scherzi, gli incoraggiamenti, gli avvisi, i richiami, la parola spicciola, tutto diviene eloquente, formativo. Vi è infatti un apostolato detto della parola spicciola, tanto usato da Gesù; il Vangelo ci dà molti esempi. Da un masso l'artista ricava un bel Gesù.

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S. Bernardo vuole che i giovani abbiano una guida, un maestro che li istruisca e li diriga nello spirito, li consoli e li animi. Scrive: «Chi prende se stesso a maestro o direttore si fa discepolo di uno stolto. Qui se sibi magistrum constituit stulto se discipulum facit».
Ugualmente insegnano S. Francesco di Sales, S. Vincenzo, S. Girolamo, S. Alfonso.
La formazione religiosa è cammino lungo e difficile: e dice S. Francesco di Sales che questo cammino è tanto più difficile e pericoloso quanto più si è giovani.
Dice S. Giovanni della Croce: «Dio brama talmente che l'uomo si assoggetti alla direzione di altro uomo, che non vuole assolutamente vederci prestar fede piena alle verità soprannaturali da lui stesso comunicate prima che siano passate per il canale di una bocca umana».
Perciò il celebre P. Godinez scrive: «Su mille persone che Dio chiama alla perfezione dieci appena corrispondono; e su 100 che Dio chiama alla contemplazione 99 mancano all'appello... bisogna riconoscere che una delle cause principali è la mancanza del maestro spirituale».

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Oggetto della direzione: è tutto cio che riguarda la formazione delle anime e dei nostri alunni considerando le cose in concreto come sono nell'istituto nostro.
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Risalire alle cause dei peccati, studiare le inclinazioni profonde, il temperamento, il carattere, le abitudini contratte, le tentazioni, le imprudenze: quindi portare i rimedi, indicare i mezzi, sostenere nello studio, affezionare all'apostolato, indurre ad un serio lavoro interiore, nutrire le virtù e la pietà, fare conoscere teoricamente e praticamente la divozione al Divin Maestro, alla Regina degli Apostoli, a S. Paolo: è tutto questo il lavoro di ogni mese, di ogni settimana e di ogni giorno da parte del maestro o direttore spirituale.
Altro oggetto importantissimo e del quale si deve parlare ai giovani appena entrano nell'istituto, riguarda la vocazione. Per questo: conoscere la vita passata, le colpe abituali, l'intelligenza, le tendenze, il grado di salute, la libertà da parte dei genitori; le disposizioni presenti, la socievolezza, l'amore alla virtù. Quindi il maestro di spirito curerà di piegare dolcemente l'aspirante verso lo stato religioso. Se il giovane non mostra tendenza allo spirito di povertà, alla delicatezza di coscienza, alla ritiratezza dal mondo, ad una obbedienza generosa ed alla vita comune, dopo un certo tempo lo si invita a scegliere altra via. Segno importante rimane sempre la stima e l'amore alla Congregazione ed all'apostolato che è l'esercizio pratico di zelo per il bene delle anime. Infatti occorre mirare ad anime elette, che in un secolo di proselitismo, come il nostro, si diano con generosità all'evangelizzazione con i mezzi più moderni e più efficaci.
Occorre ricordare qui che l'aspirante deve arrivare gradatamente a praticare, per virtù, i doveri della vita religiosa e darne prova man mano che si avvicina al noviziato ed alla professione religiosa. Non è possibile eseguire una Messa a quattro voci con sicuro risultato senza averne fatta prima una prova o, anzi, più prove. Il noviziato è come l'ultima prova e garanzia che si presenta di riuscire un buon religioso.
Sappia l'aspirante far bene: la meditazione, l'esame di coscienza, la visita al SS. Sacramento.

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Si cura da principio di infondere un vivo spirito di fede nelle verità cristiane, particolarmente nelle verità eterne; contemporaneamente si porta il giovane a santificare bene tutte le azioni ordinarie. Poi attenda alla purificazione dell'anima dai peccati e difetti con la penitenza e la mortificazione. L'umiltà come virtù fondamentale deve infondersi tanto in coloro che sono innocenti, come in quelli che per disgrazia avessero peccato. La carità verso i compagni ed il prossimo in generale è grandemente necessaria; anzi si deve arrivare alla socievolezza che rende la vita religiosa come un paradiso in terra.
La fortezza di carattere fondata su convinzioni profonde, l'onestà con tutti, la lealtà, la sincerità, sono qualità richieste in ogni uomo: quanto più nel religioso!
Qui si apra poi al giovane il largo orizzonte della vita in Cristo e nella Chiesa, il che si ottiene inculcando la divozione a Gesù Cristo Maestro Via, Verità e Vita; con l'attaccamento alla Chiesa come maestra di fede, morale e preghiera.

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Il maestro di spirito deve possedere tre doti principali: carità paziente e benigna, scienza sacerdotale e pedagogica, prudenza secondo il Maestro Divino.
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La carità per il maestro di spirito è un affetto soprannaturale e paterno che gli fa vedere negli aspiranti dei figli spirituali, affidatigli da Dio e dalla Congregazione perché faccia in essi crescere Gesù Cristo: «Filioli mei quos iterum parturio donec formetur Christus in vobis». Divengano, piacendo al Signore, membra vive ed operanti nell'Istituto. Badi a non trascendere a simpatie od affezioni sensibili! Alla carità associ la fermezza e la franchezza; anziché lasciarsi dirigere dai gusti e da tendenze non buone dei giovani, li guidi alle alte mete, chiedendo decisamente l'imitazione di San Paolo Apostolo.
La scienza sacerdotale riguarda la dogmatica, la morale, la liturgia e la preghiera: a cui aggiunga la conoscenza della teologia ascetica. Occorre in modo particolare prudenza e sagacia per dirigere secondo i movimenti della grazia, il temperamento, il carattere, le soprannaturali inclinazioni.
La prudenza deve fruttare discrezione nell'esigere e nell'imporre pesi solo secondo l'età. Le penitenze siano tali che portino a maggior diligenza nei doveri comuni. Penitenza massima, infatti, è la vita comune per un religioso. Altra penitenza: l'esercizio pratico della carità vicendevole e quella di una santa diligenza nell'apostolato.
La prudenza insegna a lasciare ragionevolmente libero l'aspirante circa il confessore ed a tenere abitualmente il medesimo confessore.
Vuole ancora la prudenza che si consideri come lo scopo dell'educazione è di avviare il giovane e prepararlo a vivere e reggersi finalmente da solo e bene come religioso. Perciò mentre esige l'obbedienza lasci la libertà conveniente ai figli di Dio; perciò abbia sempre di mira lo sviluppo della personalità: profonde convinzioni, fortezza, temperanza. Una pietà così sentita e la preghiera così continua da diventare per lui come il respiro dell'anima.

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Il giovane aspirante dovrà verso il maestro di spirito rispetto, confidenza, docilità.
Rispetto come a colui che rappresenta il Signore. Guardarsi quindi dalle critiche, come pure da eccessiva familiarità; mentre giova un affetto semplice e cordiale, come di buon figlio verso il padre dell'anima sua. «Deve esservi amicizia forte e dolce, tutta santa, tutta sacra, tutta divina e tutta spirituale» (S. Francesco di Sales). La confidenza filiale porti a grande apertura di cuore; uguale sincerità nel manifestare il bene ed il male: tentazioni, cadute, vittorie, propositi, programmi spirituali: tutto quello che si riferisce alla vita spirituale, allo studio, all'apostolato, alla disciplina religiosa.
Il maestro di spirito si insinui gradatamente ed abilmente nell'anima incominciando dall'interrogare su quello che è più esterno: come la salute, le difficoltà di studio, la vita quotidiana, lo stato di famiglia, ecc.
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La docilità nell'ascoltare e seguire i consigli del maestro sino ad esaminarsi se egli è convinto dei consigli ricevuti, se vi trova difficoltà, e soprattutto su l'impegno che vi mette; e se il lavoro interiore è accompagnato da vero spirito di pietà.
Si noti, in ogni modo, che qui si parla del maestro di spirito in genere come si intendono tra di noi, nella Pia Società S. Paolo, quelli che sono preposti alla formazione religiosa degli aspiranti. Non entriamo a parlare quindi di ciò che appartiene direttamente al foro interno o al foro esterno.
Tuttavia è da ritenersi come segno negativo riguardo alla vocazione, se il giovane è molto chiuso non solo per naturale timidezza, ma perché non è disposto a manifestarsi né lasciarsi guidare. La vita religiosa è infatti essenzialmente obbedienza.

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Esempio di un giovane che in ogni cosa si rimette al suo Maestro, per orientare sempre la sua vita secondo la sua direzione: è San Paolo.
S. Paolo era di carattere quanto mai forte: e quale potenza costituivano in lui una convinzione, la fede! Eppure sempre si mostrò docile verso chi la Provvidenza dispose per guidarne i passi.
Quando Paolo fu fermato sopra la via di Damasco domandò: «Signore, che vuoi ch'io faccia?». Ma Gesù, invece di rivelargli Egli stesso i diversi disegni, lo mandò ad Anania, perché da lui apprendesse ciò che doveva fare. Di qui S. Francesco di Sales, come Leone XIII, spiegano l'ufficio e la necessità di una buona direzione. Scrive infatti Leone XIII: «A S. Paolo viene detto: Entra in città e là ti sarà detto che cosa devi fare". Così fu sempre praticato nella Chiesa; questa è la dottrina unanimemente professata da tutti coloro che nel corso dei secoli rifulsero per scienza e santità».
Dopo aver perfezionato e resa stabile la sua conversione, e dopo aver orientata interamente la sua vita verso Gesù Cristo, la sua esistenza, Saulo si era ritirato a Tarso e se ne stava in umile silenzio, sebbene un gran fuoco ardesse nella sua anima. Non si mosse, finché non arrivò Barnaba per invitarlo ad Antiochia: Barnaba, venuto da Antiochia gli rappresentava la Chiesa. Vi andò subito, obbediente. Là trovò dottori e profeti: Saulo tra essi è nominato come ultimo. Occorre per farlo entrare nel suo proprio apostolato fra i gentili che lo Spirito Santo parli ai seniori: «mettete a parte Saulo e Barnaba per la missione cui li ho destinati». Ed i seniori comunicano l'ordine divino, poi dopo il digiuno li ordinano.
Solo allora Saulo comincia il suo stabile apostolato.
Così: Anania, Barnaba, i seniori di Antiochia sono le guide, o diciamo, direttori spirituali per S. Paolo. Essi compirono bene la loro parte e San Paolo la eseguì bene; e la Chiesa ebbe l'apostolo che lavorò più di tutti: la cui anima ed il cui cuore sempre palpitano nella Chiesa.

Sac. Alberione

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