Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Umiltà per ottenere le grazie39
Gesù buon Pastore vi ha preparato grazie per gli Esercizi spirituali, poi per tutta l'annata di spiritualità, e vi ha preparato le grazie per tutta la vita, per la santificazione individuale, per l'apostolato, e lo sviluppo della congregazione.
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Le ha preparate da tutta l'eternità, ma le distribuisce nel tempo, secondo le necessità e le nostre richieste. Vi sono grazie che il Signore dà senza che noi le chiediamo (battesimo, vocazione), ma ordinariamente le dà se le domandiamo, ammessa la condizione che noi preghiamo per ottenerle.
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Il Signore è Padre sapientissimo, amantissimo, tutto fa in sapienza, tutto dispone in amore. Affidarsi a Lui, ma chiedere le grazie in generale ed in particolare, conoscere i peccati, averne il dolore...
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Ha legato le grazie alla preghiera «domandate ed otterrete». Si richiedono però due condizioni: umiltà e fede.
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1) Umiltà è la condizione perché la vita intera raggiunga il suo fine di santificazione e l'apostolato si compia efficacemente. Il Signore ha creato tutto per la sua gloria; se l'anima comincia a compiacersene, allora il Signore scarseggia nelle sue grazie. Siamo stati creati, siamo stati conservati, siamo entrati in congregazione, abbiamo ricevuto molte istruzioni nel sapere umano e nella formazione religiosa. Dobbiamo stare umili perché:
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A) Il Signore dà le grazie agli umili, il superbo fa sempre molti sbagli. Come l'acqua non si ferma sulle vette, ma scorre a valle così la grazia scorre a quelli che sono umillimi. Riconoscere che da una parte non possiamo farci alcun merito senza la grazia «Sine me nihil potestis facere» anche se si fa un'opera di carità, ma Gesù non vi aggiunge la grazia, quell'opera non vale nulla per il paradiso. Coloro che contano su se stessi ed operano per fini umani, non lavorano per il cielo. Stare umili.
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La preghiera nostra ha valore in quanto si appoggia ai meriti di Gesù: «Cum Ipso, per Ipsum, in Ipso».
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B) Occorre rientrare in noi stessi per riconoscere gli sbagli, i difetti in cui cadiamo quotidianamente. Se noi non glieli diciamo al Signore, che valgono le nostre domande nelle preghiere vocali?
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Andare a fondo, senza scrupoli, ma riconoscersi.
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Riconoscere i difetti, le responsabilità nell'usare tutta l'intelligenza che si poteva, tutto il tempo che si aveva.
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Nessuna ha da vantarsi sull'esito esterno ma deve guardare il grado di amore. Non si può progredire senza l'umiltà, a volte ci riteniamo superiori alle altre: è sbagliare così! Il Signore non dà a chi crede di avere già.
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Quale stoltezza andare a pregare senza riconoscere di averne bisogno. Se non ci dichiariamo poveri, meschini, pieni di debiti davanti a Dio e agli uomini, che ci fanno del bene, allora facciamo il posto alla grazia. Pensare alla morte, al tribunale divino: possiamo andare in paradiso, ma anche all'inferno.
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C) Farete bene l'apostolato. Il frutto dipende dalle disposizioni di chi sente. Ma anche di chi parla.
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Può esservi chi fa la conferenza ed è applaudita, mentre la sorella in cucina sta offrendo e pregando perché le parole siano vivificate da tanta grazia. La parola infatti può anche non arrivare ai cuori.
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L'istituto poi deve essere conformato alla umiltà perché progredisca nello spirito, nel sapere. L'istituto è ancora bambino, non è ancora tanto numeroso, deve aumentare di persone e di opere: siete piccole, avete bisogno di crescere in tutti i sensi.
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Il Signore ha disegni grandi, non impediamo la grazia! Temiamo sempre il nostro orgoglio e sempre confidiamo nell'aiuto divino tenendo il capo chino dinanzi al Tabernacolo.

25 agosto 1957

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39 25 agosto 1957.