ANTONIO F. DA SILVA
1 G. D. P. H., Donec formetur Christus in vobis, Meditazioni del Primo Maestro, Pia Società San Paolo, Alba-Roma, 1932. - In molte opere dei primi tempi della fondazione la sigla G. D. P. H. (che significa: Gloria Deo, Pax Hominibus) era utilizzata in sostituzione del nome dell’autore. Vedi il frontespizio (DFst 3) riprodotto a pag. 175 di questa edizione.
2 G. ALBERIONE, Donec formetur Christus in vobis, Edizione critica a cura di A. Damino, Edizioni Paoline, 1985.
3 Sembra opportuno introdurre l’uso di citare questa edizione critica con la sigla DFcr. Presentiamo una tabella di concordanza tra i numeri di pagine del DFcr, del DFms e del DFst alle pagine 281-284 della presente edizione.
4 Le citazioni di passi di questa Introduzione avranno la sigla “DFin” seguita dal rispettivo numero marginale.
5 G.T. GIACCARDO, Diario, 1913-1925 1942-1946, pagine scelte, Edizioni Centro di Spiritualità Paolina, Roma, 1996, 19 novembre 1917, p. 92.
6 Ibid., 3 gennaio 1919, p. 249.
7 Di questo documento si conservano due versioni: il testo manoscritto (= ADms) e il testo dattiloscritto (= ADds). L’edizione del 1985, a cura di E. Pasotti e L. Giovannini, tenta una sintesi delle due versioni. L’edizione del 1998, a cura di A. Colacrai e E. Sgarbossa, parte dalla versione dattiloscritta.
8 Si è preferito citare direttamente l’UCBS, anche se molti dei brani si trovano pubblicati in La primavera paolina (= PP), a cura di Rosario F. Esposito, Roma, 1983. I testi citati nella presente Introduzione potranno essere ritrovati in PP attraverso il relativo Indice analitico (pp. 1257ss) e Indice dei nomi (pp. 1279ss).
9 Il Donec formetur stampato (1932) viene citato con la sigla DFst seguita dal numero di pagina. Cf DFin 5.
10 Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione, un uomo - un’idea, Vita e opere del Fondatore della Famiglia Paolina (1884-1971), Edizioni dell’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, Roma 1991, pp. 73ss.
11 Su questo periodo Sr. Mercedes Mastrostefano, FSP, afferma: «I tre eccellenti di Cherasco erano il prof. Giovanni Ferrua, il musicista, padre di don Ernesto Ferrua, compagno di Seminario dell’Alberione; il prof. Bartolomeo Rinaldi, il poeta e il matematico; il prof. Giovan Battista Adriani, lo storico. Tutti e tre insegnavano al Ginnasio ed erano amici di don Montersino, parroco di S. Martino. Nell’anno in cui l’Alberione fece il ginnasio, un anno solo perché poi entrò in Seminario a Bra, non aveva più la possibilità di avere la refezione come alle elementari e allora don Montersino lo invitò a pranzare a casa sua in canonica. Con il parroco c’era il vice parroco don Giuseppe Colombara, la zia Angela e la nipote Vittoria. Don Montersino spessissimo, quasi tutti i giorni, invitava i tre eccellenti a prendere il caffè in canonica. Alberione raccontava: “Non ho mai dimenticato quelle persone che mi impressero l’amore per il libro. La loro conversazione mi affascinava: musica, letteratura, storia, filosofia.... Credo di aver appreso da loro il valore e la gioia del libro e della lettura”. Così la Bonfante [poi direttrice didattica a Cherasco] mi raccontò e scrisse. Aggiungeva che il piccolo Alberione era molto felice anche se molto in soggezione».
12 F. TORBIDONI, Un ritratto grafologico del giovane Giacomo Alberione come risulta dai manoscritti (1900-1907), in AA.VV., Conoscere Don Alberione (1884-1907), Strumenti per una biografia, Edizioni del Centro di Spiritualità Paolina, Roma, 1994, p. 315.
13 Le affermazioni di Don Alberione trovano conferma in recenti approcci ai suoi scritti giovanili: «In Analisi Transazionale si afferma che all’inizio della vita (copione esistenziale) la persona stabilisce un suo piano di vita che può essere definito da una sola parola; quindi lo fa all’inizio dell’età adulta e ancora, ad ogni mutamento importante di questa, ridefinisce il piano mutandolo o confermandolo o, ancora, confermandolo solo in parte (Palinsesti esistenziali). Il copione esistenziale di Giacomo è definibile con un DOPO (la felicità vera e l’amore sono solo dopo la morte, ora, per la poca vita che mi spetta sarò forte e gentile e buono per essere grande). Anche alla fine della adolescenza la scelta copionale può essere riassunta in un “Dopo”, che però si proietta come premio a un duro e lungo lavoro...» (M. T. ROMANINI, Lettura ermeneutica analitico-transazionale degli scritti giovanili di Don Alberione, in AA.VV., Conoscere Don Alberione (1884-1907), Strumenti per una biografia, Edizioni del Centro di Spiritualità Paolina, Roma, 1994, p. 246). Anche dallo studio comparato della sua scrittura risulta che il giovane Alberione «...deve aver sminuzzato i suoi sentimenti e la sua vocazione; deve aver attentamente sviscerato le conseguenze e implicazioni delle scelte compiute e da compiere» (F. TORBIDONI, Un ritratto grafologico..., o. c., p. 315).
14 Cf R. F. ESPOSITO, L’enciclica “Tametsi Futura” e la notte eucaristica del secolo, Società San Paolo, Casa Generalizia, Roma 2000, pp. 320.
15 Cf R. BALLERINI, Il Cattolicismo cadente il secolo XIX, in La Civiltà Cattolica, Serie XVII, Vol. V, Quaderno 1166, 21 gennaio 1899, pp. 170-175.
16 Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., pp. 114ss.
17 Cf Manoscritti di Don Alberione, Quaderno 36, a cura del Centro di Spiritualità Paolina, 1993. Utili sussidi per la conoscenza di questo Quaderno: Guido GANDOLFO, Per un primo approccio alla lingua di Alberione nei manoscritti, in AA.VV., Conoscere Don Alberione (1884-1907), Strumenti per una biografia, Edizioni Centro Spiritualità Paolina, Roma, 1994, pp. 145ss; Angelo COLACRAI, “Dio” e “Storia”. Un profilo dello studente Alberione (1901-1907), in Ibid., pp. 165ss.
18 G. ALBERIONE, “Sono creato per amare Dio”, a cura di G. Barbero, Edizioni Paoline, 1980.
19 G. ALBERIONE, Taccuini, n. 2.
20 Cf G. BARBERO, Introduzione, in G. ALBERIONE, Mazzo di fiori a Maria Santissima, Edizioni Archivio Storico Generale Famiglia Paolina, n. 4, Roma, 1981. Nel Mazzo di fiori a Maria Santissima, il giovane Alberione si limitò a copiare «...il libro della Contessa Rosa di San Marco; pensò ricalcarne lo schema, il pensiero ed anche l’espressione verbale, pur concedendosi la libertà di abbreviare, modificare come gli suggeriva l’intimo sentimento» (Ibid., p. 5). «La scelta deve essere stata certamente determinata proprio dal titolo del volume Un Mazzo di fiori, che richiamava alla mente la Madonna dei Fiori di Bra (Cuneo), veneratissima nel locale santuario omonimo. [...] La mamma condusse Giacomino ancora bambino davanti all’altare della Madonna dei Fiori, e a Lei lo consacrò diverse volte» (Ibid., p. 6).
21 G. ALBERIONE, La B. Vergine delle Grazie in Cherasco (La Madonnina). Memorie - Ossequi, Alba, Tip. Albese di N. Durando, 1912, 136 p., 8 ill., 15,5 cm.
22 Cf Lavori vari, n. 4. Quaderno inedito, restaurato e conservato presso il Centro di Spiritualità Paolina.
23 Nel 1933 Don Alberione propone un elenco di santi da imitare nella formazione: «Miriamo a Sacerdoti Santi. 1. S. Gregorio Magno - Pastorale. 2. S. Bernardo - -. 3. S. Francesco di Sales - Ascetica. 4. S. Alfonso di Lig. - Morale. 5. S. Bonaventura - Mistica. 6. Tomaso d’Aq. - Filosofia. 7. S. Agostino - Teologia» (LV01, p. 163).
24 Nella formazione sacerdotale del giovane Alberione ha esercitato un influsso importante il pontificato di Pio X e il suo programma tracciato nell’enciclica E Supremi Apostolatus: «Pure, poiché al voler divino piacque di sollevar la Nostra bassezza a tanta sublimità di potere, pigliamo coraggio in Colui che Ci conforta; e ponendoCi all’opera, appoggiati nella virtù di Dio, proclamiamo di non avere, nel Supremo Pontificato, altro programma, se non questo appunto di “ristorare ogni cosa in Cristo” (Ef 1,10) cotalché sia “tutto e in tutti Cristo” (Col 3,11). [...]
Gli interessi di Dio saranno gli stessi Nostri; pei quali siamo risoluti di tutte spendere le Nostre forze e la vita stessa. Per lo che, se alcuno da Noi richiede una parola d’ordine, che sia espressione della Nostra volontà, questa sempre daremo e non altra: “Restaurare ogni cosa in Cristo”. [...]
Se non che, Venerabili Fratelli, questo richiamo degli uomini alla maestà ed all’impero di Dio, per quanto ci adoperiamo, mai non si otterrà se non per mezzo di Gesù Cristo. “Niuno, così ce ne avverte l’Apostolo, può porre altro fondamento all’infuori di quello che è stato posto, che è Gesù Cristo” (1Cor 3,11). È Cristo il solo, “che il Padre santificò e spedì in questo mondo” (Gv 10,36), splendore del Padre ed immagine della sua sostanza (Eb 1,3), Dio vero e vero Uomo; senza del quale veruno può conoscere Iddio, come si conviene a salute, imperciocché “né il Padre conobbe alcuno se non il Figlio e quegli cui volle il Figlio rivelarlo” (Mt 11,27). Dal che consegue, che instaurare le cose tutte in Cristo e ricondurre gli uomini alla soggezione a Dio è uno stesso ed identico scopo. Qua pertanto fa mestieri volgere le nostre cure a ricondurre l’uman genere sotto l’impero di Cristo; con ciò solo, lo avremo ricondotto anche a Dio.
A voi, o Venerabili Fratelli, si spetta di assecondare le Nostre industrie colla santità, colla scienza, coll’esperienza vostra, e soprattutto collo zelo della divina gloria; null’altro avendo di mira se non che si formi Cristo in ognuno.
Quali mezzi poi sia mestieri di adoperare per conseguire sì grande scopo, sembra superfluo indicarlo; giacché son ovvî di per se stessi. Le prime vostre premure siano di formar Cristo in coloro i quali, per dovere di vocazione, son destinati a formarlo negli altri. Intendiamo parlare dei sacerdoti, o Venerabili Fratelli. Imperocché quanti sono insigniti del sacerdozio debbono conoscere che, in mezzo ai popoli coi quali vivono, essi hanno quella missione medesima, che Paolo attestava di aver ricevuto con quelle tenere parole: “Figlioletti miei, che io genero di nuovo finché si formi Cristo in voi” (Gal 4,19). Or come potranno eglino adempiere un tal dovere, se prima essi medesimi non si siano rivestiti di Cristo? E rivestiti in guisa, da poter dire coll’Apostolo: “Vivo io, non più io, ma vive in me Cristo” (Gal 2,20). “Per me il vivere è Cristo” (Fil 1,21). Per la qual cosa, benché a tutti sia rivolta l’esortazione di inoltrarsi verso l’uomo perfetto, nella misura dell’età della pienezza di Cristo (Ef 4,13); nondimeno è diretta pria d’ogni altro a coloro che esercitano il ministero sacerdotale; i quali perciò son chiamati un altro Cristo, non già solo per la comunicazione della potestà, ma eziandio per la imitazione delle opere, per cui debbono portare espressa in se medesimi l’immagine di Cristo. [...]
Giacché non è vero che i progressi della scienza estinguano la fede, ma piuttosto l’ignoranza; onde avviene che dove più domina l’ignoranza ivi fa più larga strage l’incredulità. E questa è la ragione per cui Cristo ordinò agli Apostoli: “Andando, ammaestrate tutte le genti” (Mt 28,19).
Perché, però, da questo apostolato e zelo d’insegnamento si raccolga il frutto sperato ed in tutti si formi Cristo, si rammenti bene ognuno, o Venerabili Fratelli, che nulla è più efficace della carità. Imperocché il Signore trovasi nella commozione (1Re 19,11). Indarno si spera di attirare le anime a Dio con uno zelo amaro: che anzi il rinfacciare duramente gli errori, il riprendere con asprezza i vizi, torna sovente più a danno che ad utilità. Esortava, è vero, l’Apostolo a Timoteo: “Accusa, prega, riprendi”; ma soggiungeva pure: “con ogni pazienza” (2Tm 4,2). Certo Gesù cotali esempi ci ha lasciato. “Venite - così troviamo aver Egli detto - venite a me tutti voi che siete infermi ed oppressi, ed io vi consolerò” (Mt 11,28)» (cf La Civiltà Cattolica, Serie XVIII, Vol. XII, Quaderno 1280, 7 ottobre 1903, pp. 129-149).
25 Lettera del 26 aprile 1906. Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., pp. 135-136.
26 G. ALBERIONE, Istruzione I, in Ut perfectus sit homo Dei, Mese di Esercizi Spirituali, aprile 1960, Vol. IV, Quarta Settimana, E. P., Ostia (Roma), 1962, p. 7. Cf Ibid., nel volume unico: G. ALBERIONE, Ut perfectus sit homo Dei, Mese di Esercizi Spirituali, aprile 1960, Edizioni San Paolo, 1998.
27 È significativo che nella predica tenuta il giorno della sua prima Messa (30 giugno 1907) nella chiesa parrocchiale di San Martino a Cherasco, il giovane sacerdote abbia voluto citare l’invito di Gesù “Venite ad me omnes” che lo aveva segnato profondamente nella notte di passaggio del secolo: «Grazie spirituali: Gesù ha guarito tanti infermi, ha consolati tanti afflitti, ha illuminato tanti dubbiosi, ha fortificato tanti deboli. Corrano a lui le vedove, gli orfani, i poveri, i vecchi, i giovani, i ricchi e poveri: egli ha grazie per tutti perché infinito in potenza ed in misericordia: sentite le sue parole: Venite ad me omnes qui onerati et laborati estis et ego reficiam vos: venite a me tutti che siate afflitti o dalle colpe o dai difetti, o dalle perdite di persone care, o da disgrazie materiali: venite tutti, tutti che io vi ristorerò e vi consolerò» (Q007).
28 Cf G. ALBERIONE, Appunti di Teologia Pastorale (Pratica del Ministero Sacerdotale per il giovane Clero), Cav. Pietro Marietti Editore, Torino, 1915
2 .
29 Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., p. 154.
30 Cf A. DAMINO, Quaderni autografi di Don Alberione (anteriori al 1914), in Conoscere Don Alberione nostro Primo Maestro, Informazioni dell’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, n. 3 - novembre 1981, pp. 9-18. Questi tre Notes vengono classificati come Lavori vari: 1) Schemi di meditazioni (Notes), 1912-1954 (LV01), 187 p.; 2) Schemi e indice di meditazioni, 1908-1912 (LV02); 3) Schemi di esercizi spirituali, 1909 [?]-1913 (LV03).
31 Don Alberione ha composto un Quaderno di Indice delle sue prediche, che a loro volta occupano alcune decine di Quaderni manoscritti.
32 Nei Quaderni, Don Alberione aggiungeva delle annotazioni come questa che si trova dopo il testo della meditazione seconda su “Io credo”: «Luogo - Tutto Semin. Data - 29 ottobre 1911. Tempo - Bello. Prepar. - Scarsa. Durata - 30 min. Dicitura - Scadente. Effetto - Soddisfacente» (G. Alberione, Quaderno 50, p. 23). In Appunti di Teologia Pastorale, Don Alberione scrive: «Annotando queste cose il predicatore avrà una norma allorché occorrerà di dover ripetere quella predica: rimedierà ai difetti occorsi, riterrà ciò che vi fu di buono» (o. c., p. 258).
33 Ad esempio: «Esercizi SS. ai Ven. Chierici - Ottobre 1911 - Predicatore - P. Giusta S. J. - Poco pratico nelle applicazioni. Piacque poco in generale. - Frutto scarso - non fece riflettere seriamente. Non si entrò nel vero spirito dei SS. Esercizi» (LV03, p 30); «Esercizi SS. ai Ven. Chier. giugno 1912 - Predicatori: P. Latini e P. Mario (Missionari). Molto pratici nelle applicazioni - piacquero assai - Frutto abbondante, poiché fecero riflettere assai» (Ibid., p. 30); «Esercizi SS. ai Chierici - Ottobre 1913. Predicatore: P. Cerutti: pratico e intimo» (Ibid., p. 25b).
34 Cf IRÉNÉE HAUSHERR, Direction spirituelle chez les spirituels orientaux, in AA.VV., Direction spirituelle, in Dictionnaire de spiritualité, fasc. XX-XXI, 1956, col. 1015.
35 «Sulla meditazione - 27 ottobre 1908.
Necessità -
a) per non lasciare inerte la grazia di Dio (fede - speranza - carità)
b) per non lasciare inerti i doni naturali (ragione - volontà - cuore)
c) per togliere le massime cattive (Montar orologio)
d) per poter poi fare il bene agli altri».
36 «Modo di farla:
Prenotandi:
1° non voler giudicare il libro o il predicatore
2° dite pure se vi saranno cose utili a meditarsi
3° faremo gli esercizi in grande - via purgativa, odiare pecc.[peccato] - via illuminativa, virtù di G.[Gesù] C.[Cristo] - via unitiva, i premii» (LV02, p. 1). I punti “a” e “b” dello schema sulla Necessità della meditazione corrispondono rispettivamente al “1°”, “2°” del Modo di farla; e i punti “c” e “d” corrispondono al “3°”. Questi sette punti vengono ampiamente sviluppati in DFst.
37 Alla fine di LV03 Don Alberione compone un indice di 56 temi di meditazione e discernimento ispirati allo “Spirito di S. Franc. di Sales”.
38 P. CHAIGNON, Il prete santificato dalla pratica dell’orazione ossia Corso di meditazioni pei sacerdoti, voll. I-III, Venezia, 1907
5 .
39 F. G. FABER, Progressi dell’anima nella vita spirituale, Cav. Pietro Marietti, Torino, 1872.
40 Per esempio l’“Istruz. X Imitare G. C.” (pp. 31a-31b) ha per sottotitolo «Sancti estote, estote perfecti: ma della santità di G. C.» e termina così: «...ricopiarlo, prendendo ogni mattina qualche esempio di G. C., meditandolo e cercando nel giorno tradurlo in noi come fa il pittore nel ricopiare un gran modello. Donec formetur Christus in vobis, exemplum dedi vobis... Vita Christi manifestetur in corporibus vestris (S. Paolo)». - DFst 44ss.
41 È possibile che questo corso non sia stato solo di tre giorni, poiché gli appunti, che vengono interrotti a pagina 17b con l’Istruzione III, sembra che riprendano a pagina 27 con l’Istruzione VII. I temi infatti si ricollegano. Per esempio, il tema della misericordia annunciato nel secondo punto dell’Introduzione viene svolto nella Meditazione VII, sulla Bontà di Dio (p. 27). Don Alberione ha fatto in questa casa anche gli Esercizi del luglio 1909 e 1910. Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., n. 14, p. 175. Di per sé la Meditazione VIII potrebbe collegarsi agli “Esercizi SS. ai Sacerdoti 1912 - Seminario d’Alba”. In ogni caso, perciò, questo schema di Meditazione sembra anteriore al 1913.
42 Questa Meditazione presenta temi ripresi anche in DF: «Nosce te ipsum = e migliorato dal: noverim me, noverim te (cf DFst 17). ... Donde veniamo?... [...] Che siamo?... [...] A che siamo? Per salvare gli altri e con essi noi».
43 «G.C. è:
Via = poiché per mezzo della sua umanità andiamo alla divinità -
(da Lui fummo redenti - l’umanità ci fa conoscere gli attributi della divinità[)] -
noi dobbiamo pure avere divozione alla S. sua umanità.
Verità = poiché ce la comunicò.
Vita = Chi vive come Lui può dire: vivo ego jam non ego - vivit autem in me Christus».
44 Per la comprensione di Donec formetur sembra importante riportare qui l’inizio della prima meditazione del Quaderno 53, tenuta il 31 marzo 1912, sullo Spirito Santo come Autore della Bibbia: «“Credo nello Spirito Santo”. La Bibbia. 1. Lo Spirito S. è quegli che nel battesimo ci dà la virtù della fede, della speranza, della carità: da Lui vengono i doni di sapienza e intelligenza, di consiglio e di fortezza, di scienza, di pietà, di timore. Da Lui le otto beatitudini evangeliche annunziate dal Signore nel sermone del monte: da Lui i dodici frutti detti dello Spirito S. descritti da S. Paolo: da Lui le ispirazioni, da Lui l’intera santificazione dell’anima, da Lui la Chiesa è resa infallibile e indefettibile. Per parlarvi meno inconvenientemente dello Spir. S. dovrei dunque spiegarvi tutte queste cose: ma il tempo non lo permette. Non posso però tralasciare di occupare un’istruzione sopra una delle opere dello Spir. S. - Essa è d’una importanza straordinaria: essa forma oggi l’oggetto degli studi più profondi e più vari: voglio dire della S. Bibbia. Io sarei ben fortunato e ben riconoscente allo Spir. S. se potessi invogliare un pochino di leggerla anche uno solo: mi sarebbe già più ricompensata la fatica che devo fare per questa predica. Vi dirò dunque: 1° che sia la Bibbia, 2° qualcosa della sua bellezza - 3° quali doveri abbiamo verso di essa» (p. 3).
45 G. ALBERIONE, La donna associata allo zelo sacerdotale (Per il clero e per la donna), Alba, Scuola Tipografica “Piccolo Operaio”, 1915, pp. 342.
46 E. SWOBODA, La cura d’anime nelle grandi città, Studio di Teologia Pastorale, versione italiana a cura di B. Cattaneo sulla seconda edizione tedesca, F. Pustet, Roma 1912, pp. 392.
47 C. KRIEG, Scienza Pastorale, Teologia Pastorale in quattro libri. Versione autorizzata sulla I. edizione tedesca per l’Arciprete Antonio Boni.
48 Per quanto riguarda il Krieg, G. Alberione si riferisce qui specialmente a C. KRIEG, Libro I. Cura d’anime speciale, Cav. Pietro Marietti Editore, Torino, 1913, pp. 652. Cf A. F. DA SILVA, Cristo Via, Verità e Vita centro della vita, dell’opera e del pensiero di don G. Alberione, in AA.VV., L’eredità cristocentrica di don Alberione, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano), 1989, pp. 241ss.
49 C. KRIEG, Enciclopedia scientifica e metodologia de le scienze teologiche, Libreria eccl. Editrice Cav. Ernesto Coletti, Roma, 1913, pp. 392.
50 «Il desiderio innato del sapere ha dato origine a due forme di Enciclopedia: alle compilazioni riassuntive materialmente ordinate; ed all’Enciclopedia formale o scientifica, esposta in forma sistematica. Ciascuna delle due forme ha la sua lunga storia, ambedue hanno un progresso abbastanza armonico, ambedue rispondono a leggi psicologiche. L’enciclopedia formale si è venuta svolgendo a poco a poco da quella materiale, per la sempre crescente somma delle cognizioni scientifiche, che ha condotto ad un più esatto ordinamento ed all’organizzazione sistematica di esse. In particolar modo, dopo la metà del sec. XVIII, accanto ai “lessici” materiali, appariscono delle enciclopedie in numero crescente, opere che non solo abbracciano quasi tutti i rami delle scienze e delle arti, ed in cui la tendenza alla chiarezza ed alla sintesizzazione [sic!] si va sempre più accentuando, ma dove si tenta ancora di riprodurre la connessione reciproca delle scienze particolari, ossia l’organismo unitivo di tutta l’umana conoscenza in una sintesi sistematica» (Ibid., p. 10).
51 «Ma nell’età classica, il greco dovette, per esser ritenuto “colto”, possedere una cultura enciclopedica ossia un’istruzione scolastica convenzionale determinata. Chi aveva percorso il kuklos era ritenuto per enkúklios, “colto”, paideutós, ma non specialista, scienziato; chi no, era akúklios od apoideutós [apáideutos?], cioè incolto; egli non possedeva la paideia en kuklo. Con kuklos si indicava dal greco tanto il cerchio od il movimento circolare, quanto un campo del sapere: giacché un sapere ordinato secondo determinate leggi forma un cerchio, nel cui mezzo sta l’idea fondamentale. Di contro alla paideia eleuthéra, erano, in un ordine inferiore, le téknai (bánausoi), le arti puramente meccaniche, che non servivano al perfezionamento del libero uomo, come lo concepivano i Greci, ed in un ordine superiore le scienze superiori. Solo le prime costituivano per gli Elleni un dotto e perciò un vero uomo. Al di sopra si compiva la cultura particolare con la filosofia» (Ibid., p. 13).
52 Come guida, all’enciclopedia «compete un doppio compito: essa deve essere introduttiva e direttiva. [...] Ciascuna scienza, come la teologia o la giurisprudenza, forma un circolo chiuso del sapere, ossia di cognizioni, con un’idea feconda nel mezzo, e varie parti o membri, che, come rami, partono a guisa di raggi dall’idea fondamentale (principium, arké), e tornano al centro. I rami particolari formano insieme il tutto (totum); ossia la totalità d’una scienza, e, intimamente congiunte dall’unico principio (o idea), hanno in esso il loro unico centro. Così, per la Teologia l’idea di Dio, e, per la giurisprudenza il concetto di diritto, costituiscono il concetto fondamentale (l’idea fondamentale o generale). Ora l’enciclopedia deve appunto mettere in evidenza l’idea fondamentale d’una scienza, ed indicare come da essa le singole parti derivino, senza tuttavia svolgere o trattare queste parti materiali» (Ibid., pp. 4-5). «Ma l’enciclopedia ha anche un ufficio pratico; poiché essa vuol essere direttiva e guida del come va studiata una determinata scienza. [...] Tocca perciò all’enciclopedia l’altro ufficio, di essere Metodologia, ossia d’indicare allo studioso la retta via ed il mezzo più conducente allo scopo, come egli debba entrare nello spirito d’una scienza, e se ne assimili il contenuto. Questo è il lato pratico, o didattico-propedeutico dell’enciclopedia. Sicché l’enciclopedia non solo vuole e deve teoreticamente erudire, ma ad un tempo guidare e praticamente preparare allo studio, nonché alla professione ed alla vita. Essa, facendoci conoscere la natura della scienza, ed il suo nesso con altri rami, e mostrandoci in questo orientamento come ci dobbiamo assimilare il contenuto spirituale d’una scienza e tradurlo un giorno in atto nella vita pratica, diviene odegetica e Metodica. Come metodologia l’enciclopedia deve indicare come s’abbia a preparare, regolare e proseguire lo studio della scienza, come lo studioso si possa elevare a ricerche, pensieri ed osservazioni originali, ed inoltre quali doti di cuore e di volontà egli debba possedere, perché il suo studio sia fecondo» (Ibid., pp. 6-7).
53 «La Teologia morale deve adempiere ad un triplice compito il cui componimento richiede una speciale trattazione della legge morale. Conformemente a ciò si sono anche storicamente sviluppati tre metodi relativi alla concezione ed all’esposizione della Morale: lo speculativo (scolastico), il mistico ed il pratico-casuistico. Questi tre indirizzi nella trattazione della morale corrispondono alle tre vie che ci sono aperte per conseguire il fine dell’operare morale. La legge del N. T. fa dipendere la vita eterna prima dalla conoscenza della verità (Io. 17,3) [nel testo si legge: “conseguenza” della verità, probabilmente per errore], poi dall’adempimento dei precetti (Mt. 19,17) e finalmente dall’unione con Cristo (Io. 6,57). Secondo che riceve l’uno o l’altro indirizzo, l’esposizione della teoria morale riveste un differente carattere. La trattazione scientifica deve perciò tendere a riunire le tre vie, senza professare esclusivamente l’uno o l’altro metodo, perché essi di fatto convengono fra di loro, si integrano e si appoggiano a vicenda. Appunto il campo morale richiede un saggio e discreto contemperamento dei tre suindicati metodi di ricerca e di esposizione; ogni trattazione unilaterale conduce a certo deviamento, perché nel metodo esclusivamente speculativo la vita e la pratica non vengono sufficientemente considerate, ed in quello casuistico le leggi fondamentali della moralità facilmente svaniscono e vengono indebolite o dimenticate» (C. KRIEG, Enciclopedia scientifica e metodologia de le scienze teologiche, Libreria eccl. Editrice Cav. Ernesto Coletti, Roma, 1913, pp. 310-311).
54 «Il metodo mistico considera i principî ed i precetti della vita morale sotto l’aspetto del suo scopo supremo, ossia dell’unione dell’anima con Dio, mediante un’impulsiva e più alta conoscenza ed intimo amore di Dio (unio mystica). Presa sotto questo punto di vista, la dottrina morale si mostra essenzialmente come dottrina della virtù, e, praticamente riguardata, come ascetica, ossia come scienza dei mezzi per conseguire la virtù, o di quei morali esercizi, per cui l’intima vita della grazia viene ricevuta, promossa e portata all’adempimento ed alla perfezione. Qui la Morale presenta principalmente la vita cristiana virtuosa nella sua perfezione, e l’adempimento di tutti i precetti morali come mezzi per conseguirla. Questa trattazione soprattutto pone in evidenza i mezzi atti a promuovere la vita interiore dell’anima, ossia la vita dell’uomo nascosta in Dio (Col. 3,3: Mortui enim estis et vita vestra est abscondita cum Christo in Deo). Essa ci dà principalmente la guida per salire ai tre gradi della perfezione cristiana: sulla via purgativa (purificazione con le opere di penitenza), sulla via illuminativa (superiore cognizione spirituale-morale), e sulla via unitiva (grado dell’unione con Dio per la contemplazione e simili mezzi)» (C. KRIEG, Enciclopedia scientifica..., o. c., p. 311).
55 «L’Ufficio pastorale di Cristo e sua divisione.
1. La Teologia pastorale è la scienza dell’ufficio redentore di Cristo, o, secondo la denominazione metaforica del § 109, da illustrare, delle funzioni pastorali di Cristo, che la Chiesa adempie mediante i suoi organi. Quelle manifestazioni della vita della Chiesa formano l’oggetto della Pastorale. Il Signore aveva dovuto compiere - questa era la sua “missione” - una grande opera vitale (opus Dei, Ioh. 4,37; 17,4), cioè l’opera della Redenzione (sotería), alla quale appartiene un complesso di funzioni, che si possono dividere in tre gruppi; esse sono i così detti uffici (officia, munera) di Cristo, che insieme formano un solo opus od officium. Il Signore stesso si presenta al mondo in una triplice qualità: egli si chiama alétheia, zoé ed odós (Ioh. 14,6). Gli scritti apostolici lo chiamano logos, arkieréus, leitourgós ed arkegós, e arkipoimén (1Petr. 5,4), voce che abbraccia tutti gli attributi. Per salvare l’umanità il Salvatore (sotér) [I Teologi greci contemporanei dividono così: 1) kerux kai Didáskalos; 2) arkieréus; 3) basiléus] dovette:
a) rivelare la verità eterna, con cui gli uomini riacquistassero il possesso della pura conoscenza di Dio. Cristo soprattutto dischiuse la rivelazione soprannaturale di Dio all’umanità, nella sua forma suprema ed assoluta. Per essa la ragione fu liberata dai legami dell’errore;
b) espiare il peccato dell’umanità e pagare con la maledizione (Eph. 2,14) la pena che in conseguenza del peccato pesava sovra di essa, per riconciliarla con Dio e porla in una nuova relazione vitale con Lui (idea principale che domina la splendida lettera agli Efesini). Questo avvenne in virtù della condegna soddisfazione di Cristo;
c) portare all’umanità una nuova legge di vita, per educare ed elevare la debole volontà.
Con questa triplice funzione redentrice il Signore venne incontro ad un triplice bisogno spirituale, che Egli stesso afferma, chiamandosi Via, Verità e Vita. Quindi col triplice ufficio veniamo ad indicare il complesso organico di tutte quelle azioni, che nel divino consiglio doveva adempiere l’Uomo-Dio, e che la Chiesa prosegue fino ad oggi, mediante i suoi servi. Esse sono oggetto della Pastorale» (Ibid., pp. 326-327).
56 Per comprendere l’orizzonte mentale e la preoccupazione di Don Alberione davanti a quanto lo attendeva, sembra utile analizzare i seguenti schemi di meditazione.
«L’Editto di Costantino -
1° Tutto il mondo in festa. Dovrebbe esserlo assai più ancora
2° Mondo pagano - Adorava falsi dei.
Era immorale.
Perseguitava i cristiani - persecuzioni.
Proibizioni di predicare
L’opera di Costantino - Apparizione della croce.
Editto - La croce - Templi - Facoltà di ereditare.
Processioni - libertà di parola -
Liberò schiavi
Proibì immoralità -
Donna - Imperatore -
Libertà - uguaglianza - fraternità -
Riflessioni - Ringraziare - Potenza di G. C.
Farsi animo - Non credere che sia finita - martiri -
Lavorare - Farsi buoni per essere santi ministri, far conoscere ed amare G.C.
3° Spunti in cielo la libertà da ottenersi colla preghiera, col sacrificio - col lavoro» (LV01, p. 21).
57 Non essendo possibile riprodurre la disposizione grafica delle 29 righe dello schema manoscritto, qui il testo viene presentato in forma più scorrevole ed è omessa la parentesi della riga 19 (“Era Italiano!! ?”) di difficile interpretazione:
«Giubileo Costantiniano - Persecuz.[Persecuzioni] moderne -
1° Le feste costantiniane hanno scopo di ringraziare - ed anche di imparare pei tempi moderni. Sono mutati i persecutori - sono cambiati i supplizi: ma la sostanza è sempre uguale - anzi la malizia si è affinata -
2° Persecuzioni - :
I governi contro catechismo nelle scuole - crocifisso - matrimonio religioso - Papi - vescovi -
La stampa con calunnie - con contraffare i dogmi - che ignorano - con gettare il discredito sul clero - con stampare oscenità...
La massoneria = contro Chiesa - socialismo - che si vale d’elezioni - con divertimenti disonesti, con discorsi, cercando di prendere anche donna -
Vittorie -
In Inghilterra - 32 profess. - e il meglio -
Negli Stati Uniti - 2.500 convertiti dotti che si convertono ogni anno.
Nella Cina - si apre al cristianesimo la via -
Nel Giappone - università cattolica -
Nella Germania - raddoppiati i cattolici che hanno il centro -
Nella Francia - felice risveglio nelle scuole e all’università - Lourdes -
In Austria - Congresso Eucaristico
In Italia - a Leone XIII -
Mezzi -
a) Zelo di tutti - anche di donna in famiglia - difendere religione... la religione è vostra: come vostra è la salute, non del medico; vostra la vita, la borsa
b) Unione popolare -
c) Catechismo nella scuola - scheda popolare, Francia - (lode) mandare al catechismo.
d) Contro stampa cattiva - contro moda - (Popolo - stampa - clero)... E giornale dei preti!
Obiez.: Ma lo dicono i preti ... E perciò bisogna far il contrario? - dicono anche di non uccidere - né uccidersi -
3° È finito il tempo delle mezze misure -».
58 Negli Appunti del Chierico Giaccardo (spesso egli si firmava Giaccardi) troviamo sunti di prediche su questo tema. Cf Ch. GIACCARDI GIUSEPPE, Sunti di prediche, panegirici, istruzioni, meditazioni, n. 19, sunto CLXVIII e CLXX.
59 L’incontro dell’undicenne Giaccardo con Don Alberione e il suo itinerario vocazionale fino all’ordinazione, è raccontato, pur senza che i nomi siano esplicitati, in Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 5, 15 maggio 1924, pp. 3-4. - Da chierico, il Giaccardo così riassume il suo itinerario: «1. Vengo in Seminario; passioncella per la “Gazzetta”, anche per gli altri. Voglio far del bene in famiglia con buoni libri, che poi o pigrizia o rispetto umano o prudenza impediscono in gran parte. 2. Ultimo di Ginnasio e Liceo: desiderio di lavorare nell’Azione Cattolica, di essere presto libero per lavorare nella stampa e nell’A.C. Poi di essere vice o Parroco ma di lavorare in questo campo. In verità non mi soddisfaceva il campo di una sola Parrocchia... Sento di più la stampa il mio campo. Amore part. alla Chiesa, al Papa; fede viva nel vero trionfo della Chiesa. In Teol. l’opera della Stampa mi pare più importante: poi mi convinco della necessità dell’apostolato, poi lo sento, poi mi convinco e lo sento eppiù mio apostolato. Inclinazione fortissima. Vedo che non so di che cosa riempirebbe. Salesiano. Gesuita o Missionario. 3. Relazione col Teologo. Mi parla di Sacerdoti della Stampa, ed io non capisco la volontà di Dio. Fonda la Tipog. e subito intuisco dove vuole andare, e non me ne parla più. Desiderio di vederla, diritto. Non volere io. Mi considera come un membro = Non voglio. Mi parla delle necessità tali pret. = Ostacolo. Parla direttamente di me; porgo difficoltà e mi prendo tempo per la sua scuola. Intanto mi ci sento suo membro. Mi convinco e mi sento inclinatissimo che è mio campo. Giorni di convinzione, di persuasione; di forte inclinazione, per la stampa, e la Congregazione, al Teologo, ai suoi sentimenti, perché non mi parla = ciò che sente ora. 4. Convincermi della necessità dell’Apostolato e della Congregazione! Mio campo. Frenesia. Motivi = Frenesia. Tempo? Superbia e Missione?» (G. T. GIACCARDO, Diario..., o. c., pp. 278-279). Per quanto riguarda il primo anno di Liceo, Giaccardo scrive in un riassunto di predica dettata da Don Alberione: «I. La società moderna è molto in basso. 1° I socialisti hanno in mano gli operai e agricoltori, per mezzo della loro Camera del lavoro, e infondono in loro l’odio contro Dio, la Chiesa, il Sacerdote, e li scristianizzano. 2° Neppur la classe nobile, colta, possidente è con noi, che solo è dedita al lusso, ai piaceri, agli spassi. Noi siamo agni inter lupos. II. Tuttavia a noi spetta riformare la società, e la riformeremo: 1° con mezzi intellettuali: diffondendo e favorendo la stampa: a) intellettualmente: spedendo articoli brevi e freschi e importanti; b) moralmente: a) elogiando i nostri giornali; b) avvisando la direzione, quando qualcosa non piace; c) congratulandosi con essa, quando piace; c) finanziariamente...» (G. GIACCARDO, Libretto per i Santi Spirituali Esercizi, giugno 1913, XIX, inedito).
60 A. PAVISSICH, La stampa grande potenza, in La Civiltà Cattolica, anno 64°, vol. 1, quad. 1502, 18 gennaio 1913, pp. 129-140; Ibid., anno 64°, vol. 1, quad. 1504, 15 febbraio 1913, pp. 398-408.
61 «L’opera pertanto di restaurazione sociale non è semplicemente un’opera di distruzione del male, ma altresì di edificazione del bene, cioè di sostituzione della stampa buona alla stampa malvagia. Alle energie rovinose del capitalismo imperante è forza opporre, sul campo della stampa, le energie sane e vigorose di una coltura rigeneratrice, attinta dalle pure fonti della civiltà cristiana. Perocché solo i principii cristiani, da cui la società contemporanea ha avuto le sue origini e il suo sviluppo, con tutti i vantaggi di cui va sì altiera, possono arrestare e conquidere i danni della moderna apostasia, che ne va minando i fondamenti» (A. PAVISSICH, La stampa grande potenza, o. c., pp. 407-408).
62 G. BORGNA, Il Re dei tempi, Mano alla Stampa, Premiata Scuola Tipografica Michelerio, Asti 1914, pp. 114.
63 «Cinquant’anni fa si poteva ancor chiedere: Chi è che legge? ora si dovrebbe dire: Chi è che non legge? È una necessità dell’epoca nostra, la nostra società non saprebbe vivere senza la lettura. Oggi si vuol essere al corrente di tutto ciò che succede nel mondo. Ciascuno si alza ogni mattina impaziente di ricevere il giornale, avido di conoscere le nuove politiche, le sorprese di borsa, il movimento commerciale, le avventure galanti, le stranezze che accadono sotto il bel cielo della luna dall’uno all’altro continente, dall’uno all’altro mar» (Ibid., p. 28).
64 «La brama di novità è quella che sostiene la moda ed è pur quella che alimenta il giornalismo. Il banditore delle novità è appunto il giornale che invecchia in un giorno. Il suo campo non ha limiti: esso parla di tutto: s’incarica del movimento religioso e politico, riferisce e discute intorno alla scuola, al commercio, agli avvenimenti, parla del teatro, di infortuni e delitti, economia agraria e domestica, di ginnastica... s’aggira insomma intorno a tutto ciò che abbraccia la natura, la cultura, il mondo» (Ibid., p. 29).
65 «Chi non conosce questo ritrovato moderno e che forma per tanti il divertimento di ogni giorno? chi non ha visto la baraonda di scene che in brevi ore, in pochi minuti fa passare sulla tela? Il giornale è qualcosa di simile, poiché in esso vediamo, osserviamo minuziosamente, ininterrottamente l’agitarsi convulso dell’universo, del cielo e della terra, del mare e degli elementi, delle nazioni e dell’umanità» (Ibid., p. 30).
66 «Sale [il giornale] nei palazzi e scende nei tuguri, entra nelle officine e penetra nei quartieri, passa per le accademie, si posa sul tavolo del dotto, corre nei pubblici ministeri, entra nelle scuole, circola per le vie e per le piazze, prende la strada ferrata, si ramifica per le vie della nazione, s’insignorisce di tutte le parti dell’organismo sociale, s’impone all’intelligenza e forma l’opinione pubblica» (Ibid., p. 31).
67 Questo capitolo è riportato integralmente, senza peraltro che ne sia citata la fonte, nel bollettino Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II (1919), n. 7, p. 7: «“O stampa, così scrive il Rosegger, tu sei l’oratore, il gran predicatore del nostro tempo. Le parole che tu pronunzi con tanta passione echeggiano in poche ore in tutto il paese. Tu predichi nelle osterie e nei caffè, negli omnibus, nelle ferrovie e nelle case private e potentemente in tutte le piazze. Dove più persone si trovano insieme, tu sei in mezzo a loro e predichi. Ma la tua parola non si perde, come dal pulpito, appena pronunziata. Quello che non s’imprime nella memoria del bramoso lettore, rimane impresso sulla carta, e, a chi vi getti un’occhiata, predica assiduamente. Così tu gridi giorno per giorno, senza tregua e senza riposo”. La stampa è per le grandi moltitudini del popolo il fornitore universale degli elementi spirituali: essa è l’unico pane quotidiano d’innumerevoli anime; i suoi giudizi formano il “Credo” di milioni».
68 «Quando comparisce il giornale, milioni di mani lo afferrano, milioni di sguardi lo divorano, ed esso insensibilmente prende il dominio delle loro intelligenze e dei loro cuori. Semina le sue idee, le feconda, e ne ottiene frutti di opere secondo il suo volere» (Ibid., p. 31).
69 «Ai nostri giorni in cui da tanti si vorrebbe cancellato il nome di re, si è costretti a subire l’impero di una potenza nuova ed indomabile: quella della stampa. Essa è il re dei tempi, perché esercita la sua potenza magica e misteriosa su di tutti gli uomini, nessuna classe o condizione eccettuata. Il mondo non va da sé: è menato pel naso dal giornale.
È il re dei tempi, perché parla di tutto quanto succede nel tempo e nello spazio.
È il re dei tempi, perché fa sentire il suo comando, le sue leggi in ogni giorno, in ogni ora e contemporaneamente in dieci, in cento, in mille luoghi, dappertutto.
È il re dei tempi, perché tiene in pugno il presente, il passato e l’avvenire.
È infine il re dei tempi, perché il suo potere va smisuratamente crescendo col progredir degli anni, della istruzione e della civiltà.
Aveva quindi ragione l’ebreo-massone Crémieux quando nel 1842, gridava alle logge massoniche di Parigi: “Fratelli, reputate l’oro come un nulla: la stampa è tutto. Comprate la stampa e voi sarete padroni dell’opinione pubblica, vale a dire padroni dell’intera nazione”. Così avvenne: e la Massoneria si è fatta in realtà padrona della Francia e di molte altre nazioni.
Intendiamolo anche noi: la stampa è tutto: senza di essa si farà nulla: essa è il re dei tempi» (Ibid., pp. 40-41).
70 «È un flagello più formidabile della guerra. È un flagello più formidabile della peste. È un flagello più formidabile della fame. Quale è dunque questo flagello tanto formidabile? il giornale cattivo» (Ibid., p. 45).
71 L’autore cita le parole di Luigi Windthorst al Congresso Cattolico di Friburgo: «Aiutare la buona stampa!... ecco un grande apostolato, l’apostolato moderno e degno, se l’Autorità suprema lo credesse opportuno, di essere stabilito come precetto della Chiesa» (Ibid., p. 78).
72 «È carità, carità per eccellenza. Ce lo disse il Divin Maestro: “non ogni carità è fatta di pane”. [...] Beati coloro che capiscono che la più crudele di tutte le fami è la “fame della verità” secondo l’espressione di Mons. Delamaire. Rischiarando per mezzo dei giornali le menti ottenebrate da errori, concorreremo al trionfo della verità e alla redenzione sociale. Guai a noi se invece di spendere il nostro denaro in fondare e sostenere i giornali buoni lo spendiamo in cose da nulla o anche in opere buone, ma di cui non possono usufruire tutti. Lo si noti bene e non si dimentichi mai: L’Opera più importante, più necessaria per i tempi moderni è la stampa: aiutarla e sostenerla è il più fiorito atto di carità» (Ibid., p. 83).
73 «Ha fatto il giro del mondo l’espressione di Mons. Ketteler, Arciv. di Magonza: “Se S. Paolo ritornasse al mondo si farebbe giornalista”. Ed io lo credo fermamente» (Ibid., p. 97). L’intero capitolo è riportato, senza fonte, in Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 5, maggio 1919, pp. 5-6: «S. Paolo redivivo. Ha fatto il giro del mondo l’espressione di Mons. Ketteler, Arcivescovo di Magonza: “Se S. Paolo tornasse al mondo si farebbe giornalista”, ed io lo credo fermamente.
In verità che faceva S. Paolo? Seminava dappertutto la parola di Dio. A tal fine sceglieva i luoghi e le cattedre più riputate per farsi udire da un maggior numero di persone. Ne cercava e domandava alle sinagoghe, ne domandava all’Areopago d’Atene, al tribunale di Agrippa, al Teatro della grande Diana d’Efeso, alle prigioni Romane.
Supponiamo che un giorno avessero detto a S. Paolo: Paolo, vi ha una cattedra donde si può essere uditi non solamente da una piccola sinagoga, ma dal popolo intero, anzi da tutto il mondo: dalla Siria, dalla Palestina, da tutta l’Asia, dall’Egitto, dalla Grecia e dall’Italia ancora: dall’alto di questa cattedra tu puoi annunziare Cristo, predicare la Croce, sollevare i popoli verso la giustizia e la verità.
Io sono sicuro che S. Paolo avrebbe subito chiesto: “Dov’è questa cattedra? Voglio salirvi”. E se gli fosse stata indicata egli l’avrebbe salita in un batter d’occhio e vi sarebbe rimasto per tutta la vita, come gli stiliti sulle loro colonne.
Questa catedra [cattedra] non esisteva al tempo di S. Paolo, ma esiste adesso: è il buon giornale. Ecco il pulpito dell’umanità: la “missione perpetua” come la chiamava Leone XIII».
74 L’autore riporta una pagina contenente dieci “vorrei” o auspici riguardo all’apostolato stampa. Ne riportiamo il primo: «Vorrei, sono questi i desiderii ed i sentimenti di un valente cattolico, vorrei come vogliono tanti miei amici, come vollero e vogliono tante anime ferventi di prodi cristiani e di zelantissime cattoliche, i quali coi loro esempi mi infervorano alla propaganda della buona stampa, vorrei, - come scrisse un brioso giornale francese - che, nella stessa guisa che nei tempi andati si distribuiva la minestra ai poveri alle porte dei conventi, oggi si distribuisca alla porta delle chiese il giornale cattolico» (Ibid., pp. 106-107).
75 G. F. RE, Lettera ufficiale alla S. C. dei Religiosi chiedendo il nulla osta per l’erezione della SSP in congregazione religiosa diocesana, 31/12/1921. Cf G. ROCCA, La formazione della Pia Società San Paolo (1914-1927), Appunti e documenti per una storia, Roma 1982, pp. 562-563.
76 G. F. RE, Lettera ufficiale alla S. C. dei Religiosi..., del 31/12/1921, cf Ibid., p. 563. Il nome “Scuola Tipografica Piccolo Operaio” è stato certamente una scelta dettata da motivi di convenienza, in attesa dell’ora opportuna per esplicitare il vero intento dell’opera. A questo proposito è interessante la testimonianza di Don Alberione, nel quarantennio della fondazione: «Quando furono raccolti i primi giovanetti, nel 1914, in una piccola casa ed una minuscola tipografia, avvenne un fatto curioso, quasi un allarme: “Si porta via lavoro e pane ai tipografi”. Furono fatti ricorsi alle Autorità. La autorità ecclesiastica rispose: “Rispettate la libertà di tutti”. L’autorità civile rispose: “È cosa nata-morta... la vigileremo, alle prime illegalità, sarà chiusa”. Bisognava, dunque, nascere ancora più piccoli, e neppure far sentire un vagito... Allora si coperse tutto sotto il titolo “Scuola Tipografica piccolo operaio”. Un presepio. Si deve sempre e solo considerarci piccoli operai di Dio; come si è di fatto rispetto al mondo intero ed ai colossali mezzi di cui dispongono i falsi maestri, nemici di Gesù Cristo e della Chiesa» (G. Alberione, Nel quarantennio, Saluto ai visitatori dell’esposizione paolina, Alba [20.08.1954]). Le FSP, in Fascicoli 1954, informano sulla data di questa predica: «Stampata in SP, luglio-agosto 1954, pp. 1-3; in RA [Regina Apostolorum], agosto 1954, pp. 1-3. È stata riprodotta in CISP, pp. 145-148; in CVV 212. Il testo presente è ripreso da RA, agosto 1954. C’è la registrazione. Nelle varie edizioni a stampa manca la data. La registrazione riporta la seguente: Alba: 20.08.1954».
77 Abbiamo la testimonianza di G. B. Bernocco: «Il giovane sacerdote mi fece ottima impressione per il modo caloroso e concreto con il quale esponeva il suo programma di azione. Dall’aspetto e dalla voce traspariva l’ardore di uno zelo operoso, ispirato a concretezza di intendimenti per la realizzazione di un’Opera lungamente pensata» (cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., pp. 229-230).
78 Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., p. 233.
79 Cf Documento del giorno dell’Assunzione, 1916, in G. ROCCA, La formazione..., o. c., pp. 551-552. È molto significativo ciò che il Chierico Giaccardo scrive nel suo Diario il 19 ottobre 1917. Per motivo di spazio ne riportiamo solo una parte: «Dichiarazioni del Sig. Teologo agli alunni più capaci di comprenderlo, perché possano decidere con cognizione di causa del loro avvenire: 1° Dove andiamo: La Casa sarà un Istituto Religioso col primo, secondo e terzo ordine, di cui i primi due faranno professione dei voti. Il primo ordine è il maschile e si compone di studenti e di operai. Gli studenti saranno laureati in scienze sociali, alcuni si fermeranno qui; gli altri, che aspirano al sacerdozio, saranno ordinati; sacerdoti dottori e semplici dottori; il loro compito è la direzione, la redazione, lo scrivere i giornali, dirigere e tenere conferenze. Gli artigiani, diventati abili tipografi, avranno la direzione della tipografia, la compilazione e la tecnica dei giornali. Il primo ordine maschile è già iniziato; vi sono già alunni coi voti, legati alla Casa: studenti e artigiani. Il secondo ordine femminile è pure già iniziato: suo compito: stampare, scrivere, catechizzare, dare tutta la cooperazione all’azione cristiana-sociale. Il terzo ordine, che si spera presto canonicamente eretto, abbraccia i cooperatori dell’uno e dell’altro sesso: questi, coll’aiuto materiale e morale, col consiglio e la propaganda, bene informati dallo spirito della Casa. Questo terzo ordine esiste già in realtà.
Ordinamento: La Casa avrà un Direttore Generale che darà le norme direttive, i punti di lotta a cui tutti debbono ubbidire. Ogni giornale avrà il suo Direttore; accanto ai più grandi, sorgerà pure un Noviziato di alunni. La Casa si estenderà in Italia, poi in Europa e nel mondo.
Fine: La buona stampa: il giornalismo: i giornali di tutto il mondo, nostri, si aiuteranno materialmente e moralmente con ogni mezzo. La nostra lotta sarà per il trionfo della Chiesa, del Papa, della civiltà cristiana, contro tutte le potenze del diavolo, e specie contro la Massoneria» (cf G. T. GIACCARDO, Diario..., o. c., pp. 79-81).
80 G. T. GIACCARDO, Diario..., 8 dicembre 1917, o. c., pp. 105-106. Parallelamente anche il ramo femminile percorreva il suo itinerario di consacrazione attraverso i voti privati. Cf C. A. MARTINI, Le Figlie di San Paolo, Note per una storia, 1915-1984, Roma, 1994, p. 96.
81 Parole di Alberione riportate dal Giaccardo. Cf G. T. GIACCARDO, Diario..., 8 dicembre 1917, o. c., pp. 104-105.
82 Il Giaccardo, il 29 aprile 1918, lascia trasparire anche il grave problema della fame: «La pioggia continua. Contribuisce a castigarci con la fame. Guerra, fame e peste sono tre sorelle sempre legate. Dio ora è per castigarci e ci colpisce e bisogna che si vada al fondo: finisce anche la guerra, non finiranno i flagelli, finora furono colpiti i figli del popolo. Chi ha voluto la guerra si è imboscato e mangia pane bianco, ma Dio non la lascerà passar liscia» (G. T. GIACCARDO, Diario..., o. c., p. 201).
83 Troviamo puntuale riscontro a queste affermazioni nella pagina del Diario di Giaccardo, del 29 novembre 1917: «Stassera a tavola il Sig. Teologo ci disse che la situazione dei tempi è gravissima, tale che non la comprendiamo, che non mangeremmo neppur più. E protesta perciò vivamente contro la spensieratezza della vita nei cine e nei teatri. Gravissima la situazione militare, gravissima la politica, gravissima la economica e la sociale, gravissima la situazione religiosa. Siamo quindi ad un punto che l’Italia non ha più passato da mille anni. Questo in occasione che il Sotto Prefetto ha censurato il Vangelo sui bollettini. I Funzionari si vedono in cattive acque e si sforzano a tenersi su: di più sono essi il peso schiacciante della Massoneria, che la vuole fare pagare ai preti: lo spirito contro la Chiesa è fortissimo. Ai tempi di S. Paolo si parlava e poi si moriva: ora non si può neppur più parlare per la censura. È Dio dietro gli uomini che li acceca e li lascia andare al fondo: è da tutto ciò che la Chiesa avrà un grandissimo trionfo ma prima saran giorni assai dolorosi: la questione romana è la spina d’Italia, ma non solo essa è peccatrice: tutta l’Europa. La Buona Stampa è missione di restaurazione e di forza» (G. T. GIACCARDO, Diario..., o. c., p. 95).
84 Nel suo Diario, il 19 marzo 1918, Giaccardo scrive: «Il caratteristico del Padre nostro non è lo straordinario, ma l’ordinario: Egli ci raccomanda la preghiera e la fede e con essa la cura, la diligenza, il lavoro, la sveltezza, la vita, l’allegria, e non la poesia, ma ci educa alla realtà sottoponendoci ai gravi stati della vita individuale, politica, nazionale: vuol darci lo spirito, ma insiste sull’umiltà, sulla naturalezza, sulla semplicità» (G. T. GIACCARDO, Diario..., o. c., p. 194).
85 «Due soli i miei fastidi, ci dice il Venerato Padre nella meditazione: che io non sono ancora abbastanza buono e voi non siete ancora abbastanza santi. Questi due solamente sono i miei fastidi, altri non ne ho, tutto il resto è nulla e viene da sé. Tanto ci venisse anche un terremoto che spianasse la casa, questa risorgerà e si estenderà in tutto il mondo nelle principali nazioni e durerà diversi secoli, è necessaria assolutamente: la necessità è impellente e Dio vuole far questo, ma noi poniamo i bastoni nelle ruote della Provvidenza. Chissà quanti bollettini sarebbero venuti di più, quanto più avrebbero guadagnato la causa dei nostri giornali se in noi ci fosse più spirito, se fossimo più santi» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 15 febbraio 1918, o. c., p. 191).
86 Nel Diario Giaccardo riporta il sermoncino tenuto da Don Alberione il 12 marzo 1918: «...Perciò col Signore bisogna fare i patti chiari e con molta semplicità: Signore, io debbo sapere molte cose ed ho poco tempo a studiare: ho anche da comporre, da stampare, io dunque comporrò e stamperò finché volete e quel che volete, Voi datemi la scienza. Patti chiari e fiducia. Gli Apostoli erano ignoranti e ricevuto lo Spirito Santo hanno fatto stupire il mondo e confuso i dotti, e illuminati tutti gli uomini. Lo Spirito Santo non discenderà su noi in forma di globo di fuoco, ma terrà questo modo: ci farà imparare più presto ciò che leggiamo; ritenere di più quello imparato; e applicare meglio lo studio; di modo che quello imparato dagli altri in tre ore o non ricordato con facilità o non vissuto, noi lo impareremo in un’ora, lo ricorderemo, lo applicheremo. Si abbia questa fede e si toccherà con mano. Il Padre ha fatto l’esperienza su due giovani che con tale fede in un mese hanno fatto quanto in sei. Non si dica: non ho fatto studio, non ho imparato. Non hai fatto studio, hai imparato di più, non la grammatica forse, ma d’altro, e vedrai a trent’anni se non ne sai di più degli altri. Questa fede è essenziale nello spirito della Casa, come è nuovo lo spirito, così possiede nuovi mezzi: uno dei principali, parte essenziale dello spirito è la fede di imparare senza tanto studio. Chi non ha questa fede è dissonante e si fa ridere appresso. Bisogna fissarselo bene in mente: questa fede è essenziale. S. Paolo lavorava per Dio e diceva a Dio che Egli aveva diritto che gli procurasse il cibo: qui altari deservit, de altari vivere debet. Lo stesso è per noi: dobbiamo lavorare per Dio e abbiamo bisogno di sapere molte cose. Noi lavoriamo e pensa il Signore a darci il cibo, non solo della bocca ma anche della mente e del cuore. Lavoriamo per Lui, dobbiamo vivere di Lui, abbiamo diritto a vivere di Lui. Non dobbiamo quindi regolarci come ci dicono gli altri, ma come richiede la vita della Casa. A chi ci obbietta il poco studio, rispondiamo: Siamo noi e la grazia di Dio. Una parte noi, due la grazia di Dio» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 13 marzo 1918, o. c., pp. 195-196).
87 Parole di Alberione riportate dal Giaccardo. Cf G. T. GIACCARDO, Diario..., 8 dicembre 1917, o. c., pp. 103-104.
88 Il Giaccardo scrive, il 30 settembre 1918, riferendosi al giorno precedente: «E ci spiegò il Sig. Teologo il triplice ramo della nostra Casa: maschile, femminile, cooperatori; e continuò: “Quest’ultimo presentava più difficoltà di tutti; non che i primi siano già stabiliti, ma vi si può godere più libertà. Ora è anche partito l’ultimo: l’unione dei Cooperatori della Buona Stampa. Durante gli Esercizi ne ho steso il regolamento, poi l’abbiamo raccomandato a Dio; ora l’ho presentato e sottoposto a Mons. Vescovo, che non solo l’ha approvato pienamente, ma ha voluto essere il primo iscritto. Ringraziamo quindi Iddio che si sia partiti e così bene”. Ci spiegò il contenuto dello Statuto: vi possono entrare tutti quelli che si impegnano di fare per la buona stampa o speciali preghiere o offerte o lavorare, scrivere... “Partire non è ancora tutto; dopo verranno le difficoltà, le disapprovazioni, gli impedimenti, gli scoraggiamenti e sarà come spingere una nave in un bosco. Bisogna quindi pregare; e pregate, preghiamo; S. Paolo non ha difficoltà. Egli prenderà e farà fruttificare la nuova Unione, voi ne sarete zelatori presso tutti quelli che potrete. Fra trent’anni comprenderete l’importanza di quanto ho detto stasera: fra trent’anni”» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 30 settembre 1918, o. c., pp. 233-234).
89 È interessante notare che già nel gennaio 1918 il Giaccardo, sotto il titolo “Conversione di S. Paolo”, aveva tracciato per sé un programma di vita, impostato su tre punti che sono gli stessi indicati da Don Alberione come mezzi dell’Unione Cooperatori Buona Stampa: preghiera, offerta, azione (cf G. T. GIACCARDO, Diario..., 1918, o. c., pp. 124-125).
90 G. ROCCA, La formazione..., o. c., pp. 551-552.
91 «25 ottobre 1918. Ieri sera disposti i bollettini della Unione Cooperatori Buona Stampa davanti a Gesù Sacramentato, il Sig. Teologo li benedisse con la Pisside e il Santissimo Sacramento. Noi tutti eravamo inginocchiati attorno. Ci disse prima il caro Padre: “Per la prima volta che esce il bollettino che deve sostenere la nostra buona stampa, è bene che esca con la benedizione del Signore. Noi abbiamo fatto tutto il possibile per farlo uscire bello e adatto, ma se Dio non dà la sua benedizione, non valgono nulla le nostre industrie; con la benedizione di Dio, invece, penetrerà e otterrà frutto”. Ci porta l’esempio della Benedizione della... morente, le ultime parole di Clelia. Che costa a Dio suscitare Cooperatori alla Buona Stampa? Egli con un fiat ha lanciato i cieli, fatto comparire i pesci che guizzano nell’acqua, gli uccelli che solcano il firmamento ed ha creato l’uomo “re di tutto il creato”. Bisogna che noi siamo profondamente convinti che erigere l’opera della buona stampa è miracolo grande, e stiamo tranquilli che Dio farà. Ma per parte nostra bisogna: 1) Quaerite primum regnum Dei et iustitiam eius, il resto sarà la giunta del macellaio. Cercare solo la santità e la gloria di Dio; 2) confidare unicamente in Dio e non nelle nostre forze. Noi diciamo a Dio: lascia fare a me. Dio si ritira e noi ci rompiamo la testa. Dio che non ha paura di nulla, ha paura del nostro amor proprio. Dio fa tutto bene e sempre “bene omnia fecit”. Quindi quando vediamo le cose andar male, segno è che c’è entrato del nostro e domandiamoci pur subito: che ho fatto io? Da parte di Dio ci vuole la sua grazia che noi otteniamo con la preghiera: umiltà quindi e preghiera» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 25 ottobre 1918, o. c., pp. 237-238).
92 «La conversione di S. Paolo. Il 25 corrente il mondo cattolico celebra la festa della conversione di S. Paolo. Data memoranda nella Chiesa. Saulo era il più terribile avversario del cristianesimo nascente: moveva furibondo verso la città di Damasco con i suoi soldati per legare prigionieri quanti cristiani avesse trovati. Ma la grazia di Dio lo colpisce alle porte della città ed egli è cambiato in tutt’altro uomo. Io l’ho eletto perché predichi il mio nome agli ebrei, ai gentili, ai principi, ed ai re, dice il Signore. E Saulo, fatto Paolo, diviene il primo tra gli apostoli, colui che radunò nel seno della Chiesa più anime di tutti gli apostoli. Per lui la Chiesa ebbe una vita nuova; invece d’un persecutore. Come a ragione dunque vien celebrata questa gran festa nel mondo cristiano. Vi sono alcune parrocchie ove sarà solennizzata con la “giornata della buona stampa”. In altre si farà una speciale funzione per la conversione dei peccatori; specialmente di quelli che, come Saulo, si servono del loro ingegno, della loro cultura, della loro posizione sociale per combattere la Chiesa, il Vicario di Cristo, la religione. Tutti gli ascritti all’“Unione Cooperatori buona stampa” sono vivamente invitati a far in quel giorno la Comunione a tale scopo. Chiediamo di convertirci da una vita tiepida ad una vita d’ardore: chiediamo l’energia e lo spirito giusto agli scrittori cattolici; chiediamo la conversione dei giornalisti empi. Si celebri anche la sua novena: specialmente con la recita della preghiera stampata sulle immagini di S. Paolo» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 1, gennaio 1919, p. 2).
93 «L’Apostolo Paolo ha corso il mondo allora conosciuto facendo ovunque risuonare la buona novella e radunando sotto il vessillo della croce un numero sterminato di cristiani. Egli è dunque l’uomo dello zelo: quasi sembra che in S. Paolo lo zelo siasi personificato. Di qui venne naturale che l’Apostolo Paolo fosse scelto a protettore della Stampa Buona. Nessun mezzo di propaganda oggi può essere più universale ed efficace del giornale in specie e della stampa in genere. Per esso il giornalista chiuso nel suo gabinetto di redazione estende la sua opera e fa giungere la sua parola fino agli estremi confini della terra. Non è vuota di senso, né proferita a caso la frase di Ketteler: “Se S. Paolo nascesse ora si farebbe giornalista”» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 1, gennaio 1919, p. 4).
94 «Annunzia la parola» (2 Tm 4,2).
95 «Fa’ opera di evangelista» (2 Tm 4,5).
96 «Lo spirito di San Paolo si rileva dalla sua vita, dalle sue lettere, dal suo apostolato» (ADds 94).
97 «L’indirizzo degli studi, quale si ebbe nel periodo anteriore alla guerra, portò di propria natura, l’attenzione dei colti alle origini della Chiesa. Le antichità cristiane formarono l’oggetto preferito degli studiosi di cose cristiane. Molte aberrazioni vennero fuori nel campo modernistico e protestante: non mancarono, anzi sovrabbondarono i buoni frutti. Fra questi buoni frutti è certo uno di migliori: una più vasta e più profonda conoscenza della vita, delle opere e delle dottrine dell’Apostolo Paolo. Né solo questo; ma anche (e questo è conseguenza naturale) il desiderio di rendere di nuovo più pratico e quasi volgarizzare il culto a questo grande predicatore delle Genti» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 1, gennaio 1919, p. 4). «Divozione a S. Paolo. Diceva molto bene Mons. Bonomelli che molti dei santi più distinti nella Chiesa sono quelli che vengono meno ricordati dal popolo. Quanti sono infatti che pregano S. Pietro, S. Paolo, S. Giov. Grisostomo, S. Ignazio Martire, ecc. Se conoscessimo il bene che ha fatto al mondo S. Paolo, specialmente a noi discendenti dai gentili! se ne leggessimo la vita, le opere, le epistole: quanto più noi lo pregheremmo, lo ameremmo, lo imiteremmo. Da lui impareremmo due virtù che sono il fondamento del cristianesimo: l’amore a Gesù e l’amore che si mostrerà nello zelo pel prossimo. Celebriamo devotamente la festa di S. Paolo il 30 giugno: sarà una bella occasione per far conoscere il grande apostolo. Diffondiamo pure la sua immagine e invochiamolo come protettore della Buona Stampa. È pure utilissimo. Spiegare le epistole di S. Paolo almeno una volta. Questo si fa già in sostanza in alcune parrocchie ove ogni 5, oppure 6 anni, invece del Vangelo, si spiega al popolo l’epistola della Messa: e l’epistola è quasi sempre un tratto delle lettere di S. Paolo» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 6, giugno 1919, p. 2).
98 Ogni numero del bollettino UCBS riferisce detti sull’importanza della stampa. Ne riportiamo alcuni: «Il mondo è governato dalla pubblica opinione e questa dal giornalismo», Pavissich (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno I, n. 2, 28 novembre 1918, p. 2). «Oggi il popolo non si forma altra opinione e non regola la sua vita che dalla lettura quotidiana dei giornali», Leone XIII (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, [n. 2?, tra febbraio e aprile], 1919, p. 3). «Credetemi, questa necessità di consacrare tutte le nostre forze allo sviluppo della stampa è una necessità di tale importanza che io, vescovo, ritarderei la costruzione di una chiesa per concorrere alla fondazione di un giornale», Card. Mercier (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, [n. 2?, tra febbraio e aprile], 1919, p. 7).
99 «La nuova missione della donna. All’apostolato grande della stampa non può restar fuori la donna: anzi nella stampa vi sono delle parti che specialmente convengono alla donna. Questa è una missione altissima. Del resto presso i Salesiani, possiamo vedere la conferma. Ho già visto in tre luoghi le suore in tipografia, lavorano benissimo: molte ve ne sono che scrivono: poco tempo fa un Cardinale esortava ad adibire le suore alla stampa dei giornali. 1. Vi sono donne, maestre, addette agli uffici postali, telegrafici, commesse, donne colte che possono scrivere la rubrica femminile, corrispondenze, articoli varii. 2. Moltissime donne hanno tempo per promuovere e raccogliere abbonamenti ai nostri giornali, ai bollettini religiosi; a distribuirli; a far funzionare biblioteche. 3. Molte donne hanno la possibilità di far offerte, anziché spendere tanto in cose poco utili. 4. Figlie che volessero darsi alla stampa buona potrebbero far un’opera molto migliore che le suore degli Asili, Ricoveri, Ospedali, missioni: esse nei lavori tipografici per molte cose riescono meglio degli uomini. 5. Tutte le donne poi possono pregare, far Comunioni, recitare rosarii per la buona stampa, iscriversi e diffondere l’Unione Cooperatori Buona Stampa» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno I, n. 2, 28 novembre 1918, p. 2).
100 «L’idea fondamentale. È questa: la stampa buona è oggi un vero apostolato, il primo degli apostolati, dopo quello della preghiera. Ma perché sia un vero apostolato dobbiamo non considerarla come un’impresa industriale o come un mestiere: ma formare delle anime, delle menti, dei cuori d’apostolo. Cioè occorre: che coloro che vi si dedicano siano uomini di preghiera, di sacrificio, di virtù sociali; siano uomini di carattere adamantino, siano persone colte, per cui i nemici della Chiesa possono venire smascherati, le verità della religione ben esposte, la morale ed i dogmi ben difesi. Occorre avere anche buoni operai tipografi, che non cedano alle attrattive del lucro e dell’onore, mettendosi a servizio del liberalismo o delle sette: operai che prestino la loro opera con spirito di fede come ad un sacro apostolato: operai così abili che non temano concorrenza di alcuno. Operai tipografi, dunque, e scrittori di virtù e di scienza. L’ideale. L’ideale sarebbe di avere: Una famiglia, unione di anime e di cuori, consacrata all’opera tanto urgente della stampa. Essa dovrebbe comporsi di operai tipografi, di scrittori; ma persone che si vincolassero con promessa sacra e solenne di dedicare tutte le loro energie all’opera della stampa. A questo dovrebbero associarsi i cooperatori che nel limite del possibile aiuterebbero con la preghiera, l’offerte, l’opera» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, [n. 2?, tra febbraio e aprile] 1919, pp. 2-3).
101 «I giovani sono divisi in due sezioni: i semplici artigiani e gli studenti artigiani. I primi apprendono l’arte tipografica ed hanno il loro tempo diviso fra la scuola, il lavoro, le pratiche di pietà. I secondi meno lavoro e molto più studio. Per i semplici artigiani il corso completo è di cinque anni. Ricevono al termine apposito diploma di abilitazione e, se occorre, si procura loro impiego conveniente. Per gli studenti artigiani il corso è di otto anni e possono laurearsi in scienze sociali (facoltà pontificia di Faenza). Qualora non riuscissero negli studi avrebbero però certamente la vantaggiosissima professione tipografica» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, [n. 2?, tra febbraio e aprile] 1919, p. 2).
102 «Sezione femminile della Scuola Tipografica. Non è certo una novità che la donna si applichi al lavoro per la stampa; ma è una cosa che ai giorni nostri deve prendere uno sviluppo molto maggiore. Le fanciulle possono lavorare a comporre, a stampare, a legare, a spedire, a scrivere. Molti lavori possono farli meglio e più facilmente dei giovani e degli uomini. Nell’intento di riuscire a questo, in Alba è stata aperta la sezione femminile della scuola tipografica. Essa ebbe un lungo lavoro di preparazione: ora, essendo ormai in grado di poter funzionare da sé è stata traslocata a Susa dove la direzione diocesana le ha affidato il giornale e la tipografia, e Mons. Vescovo ha fornito l’alloggio. Ha lo scopo della sezione maschile; cioè di favorire la stampa buona. Soltanto che: mentre i giovani vengono preparati alla laurea in scienze sociali, le figlie (quando intendono studiare) vengono preparate alle patenti di maestra elementare. Rivolgersi al T. Alberione in Alba: oppure alla maestra Boffi Angelina a Susa. N.B. In Alba la sezione femminile della Scuola Tipografica aveva la libreria di Via Accademia, che di conseguenza ora rimane chiusa. Chi ha ancora delle note da pagare si rivolga alla Scuola Tipografica sezione maschile, editrice della Gazzetta d’Alba» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 1, gennaio 1919, p. 8).
103 «Sarebbe un grave errore. Confondere la Scuola Tipografica con gli ordinari istituti di beneficenza e ricovero. La Scuola Tipogr. è opera essenzialmente dedicata all’opera della Stampa Buona ed i giovani per essere accolti devono essere buoni e mostrarvi poi vera inclinazione. L’essere più o meno ricchi, di grande o discreta intelligenza non costituiscono difficoltà. Nessuno ne sarà escluso per la sola povertà» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, [n. 2?, tra febbraio e aprile] 1919, p. 5).
104 Don Giaccardo scriveva il 26 dicembre 1919: «Diversi mal intenzionati vorrebbero danneggiare la tipografia. Il Sign. Teologo vi dormì con due giovani. Ieri sera mi diceva: Bisogna prendere le misure umane e quanto suggerisce la prudenza dai tetti in giù. Del resto, io sono molto tranquillo; l’Angelo Custode veglia lui. Ciò che mi consola di più è il pensare che queste cose non sono mie, ma del Signore; così mi par di conservare il distacco del cuore; e se venisse poi il caso di doverle lasciare, non mi affliggerò: la Provvidenza dispone a farle venire, a tutelarle, ad accrescerle. Oh, la Provvidenza! Solo ieri sera ho saputo che si temeva della mia vita: si era deciso di uccidermi nella settimana delle elezioni: eppure noi siamo passati per le vie tutte le ore di notte: e Dio ci ha protetti» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 26 dicembre 1919, o. c., p. 287).
105 «7 gennaio 1919. Ieri sera il caro Padre ci ha invitati tutti a fare un patto col Signore. Il patto che ha fatto lui: studiare uno e imparare quattro. Stamane nella meditazione ci ha ripetuto l’importanza, i fondamenti, le condizioni, l’invito. La sua parola era infiammata e piena di convinzione e persuasiva. [...] Nella Santa Messa si sono recitate al proposito le litanie della Beata Vergine, il “Veni Creator”, 3 Pater Ave Gloria, uno per ogni condizione che si deve porre. Prima delle “Ave Maria” il caro Padre recitò la formula del patto, chi volle la ripeté nel cuore» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 7 gennaio 1919, o. c., pp. 250-252).
106 «Le SS. Quarantore mi sono andate bene. Sotto l’influsso di Gesù Eucaristico questi testi mi han prodotto una impressione nel salutarissimo: Docentes eos servare omnia e... et ecce ego vobiscum sum; praedicate evangelium...; quaerite primum regnum Dei et haec omnia.....; non vos... sed ego elegi vos ut eatis. E tutti questi testi in relazione alla buona Stampa. S’è risvegliato in me uno spirito più forte di preghiera, ma di fede viva e di confidenza in Gesù eucaristico, formatore dei Chierici: una passione per l’umiltà, l’umiliazione e per il sacrificio. Bramo di vivere tutta la vita di Gesù C. Sacerdote. Ho visto più chiara, mi ha maggiormente impressionato la mia missione per l’Apostolato Stampa e mi son sentito più acceso per esso. Apostolato di civiltà cristiana, basato su Gesù C. primo missionario, che ora manda noi. Bramo suggellare una vita tutto amore per Dio e le anime, tutta santità, umiltà, tutta zelo, suggellare lo zelo e la dottrina di Dio diffusa colla buona stampa, col sacrificio della mia vita; piacesse a Dio sulla croce come Gesù C. A questo desidero venire con una serie di piccoli sacrifici, e mortificazioni, spirituali e sensibili corporali» (G. T. GIACCARDO, Diario..., o. c., pp. 42-43).
107 Ecco il dialogo tra Don Alberione e il Chierico Giaccardo: «Bisogna porre al posto della reclame Bianchi una della libreria. = Rende di più - io interruppi. = Se renda di più non so: ma è di maggior vantaggio alle anime. Ora quaerite primum regnum Dei: il resto è giunta!». Prosegue Don Alberione: «Badate alla sostanza: nella contabilità badare alla sostanza, alla semplicità: quando sarete più avanti, tenete pure una contabilità moderna, precisa; farete bene; ora badate alla sostanza. Dicevano: Per aprire una Casa simile ci vogliono direttori, professori... Se si fosse voluto cominciare così, la casa non si sarebbe aperta mai!...» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 19 marzo 1919, o. c., pp. 261-262).
108 Commentando Mt 6,24-33 alle Suore Pie Discepole, il 16 settembre 1962, Don Alberione dice: «“Cercate piuttosto il regno di Dio”, in primo luogo, e la santità e le altre cose saranno di conseguenza, adiicientur vobis. Quello è l’apostolato: cercare il regno di Dio o con le Adorazioni o con il servizio sacerdotale o con la liturgia. Ma soprattutto, per ogni individuo: la santità. Primo, che il regno di Dio sia in noi, e cioè, che siamo santi, poi il regno di Dio su tutta la terra, e allora, tutto il resto viene in aggiunta, et haec omnia adiicientur vobis. Perché (il paragone è molto materiale, questo): se vai [ad] acquistare carne dal macellaio, ci pensa lui a dare l’osso in aggiunta» (G. ALBERIONE, Alle Pie Discepole del Divin Maestro, Roma, 1986, n. 164, p. 166).
109 «Per noi il Signore esige pure una fede speciale, una fede che ci deve distinguere dagli altri: questa fede è fondamento della Casa. La casa la possiede e riuscirà; ma chi non la possiede non riuscirà e sarà agli altri di ingombro. Bisogna aver fede anche senza intendere: perché certe cose non le intende nemmeno il Signor Teologo: e qui sta la prova della fede: quando si opera e si crede senza vedere, anzi con previsioni contrarie. Che atto di fede dovette fare il Cottolengo quando stava per gettare le basi della Piccola Casa, ed era creduto matto, e nessuno lo sosteneva! Ma la fede operò i miracoli. Che cosa dobbiamo credere noi: che Dio vuole la B.S., che Dio vuole la nostra Casa per la B.S., che si acquisterà la scienza necessaria, anche con meno studio, e scienza per scrittori e giornalisti, che si avrà la pietà che Dio esige da noi anche senza quasi la direzione spirituale. Che Dio manderà le vocazioni vere, anche che la B.S. sia poco intesa nelle popolazioni nostre; che Dio manderà il necessario per il lavoro, i soldi, il cibo, e nulla mancherà» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 19 marzo 1919, o. c., p. 260).
110 Scrive il Gastaldi su Giuseppe Benedetto Cottolengo: «La grazia dell’ingegno, apertosi in Giuseppe si può dire per miracolo, mostrava pure come Iddio avesse sopra di lui disegni non ordinari e comuni. [...] Riconoscente perciò il giovanetto a benefizio così prezioso, volle mostrarne la sua gratitudine, con proporre e stabilire di volersi far santo. Cominciò dunque a penetrarsi profondamente di questa verità, che Dio lo vedeva in ogni luogo ed in ogni tempo; e dovunque andasse o qualunque cosa facesse, Dio era presentissimo a lui, ed egli presentissimo a Dio. Non contento di aversela scolpita nel cuore, la volle vedere cogli occhi; e quindi sui frontespizi dei libri e dei quaderni, invece di epigrafi o di sentenze quali costumano i giovanetti, scriveva questa verità: Dio mi vede; nella sua stanza da studio e da letto aveva appeso un cartello che gli ricordava di continuo la presenza di Dio; né di ciò soddisfatto, e forse anche per ricordarlo ad altri, nel cortile di casa dove prendeva le ricreazioni coi suoi compagni, aveva scritto a grossi caratteri sopra un muro: Dio mi vede» (P.P. GASTALDI, I prodigi della carità cristiana descritti nella vita di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, Piccola Casa della Divina Provvidenza, Cottolengo, Torino, 1959, pp. 18-19).
111 «Parlando alcuna volta il Venerato Padre della preghiera e della confidenza che devesi avere in Dio, diceva di se stesso: Quantunque si possa domandare al Signore qualche cosa determinatamente anche temporale, e la Chiesa medesima ce ne dia l’esempio, tuttavia per quanto mi spetta temerei di mancare se chiedessi a tal modo, perché mi sento attirato da un altro spirito. Pregava dunque e moltissimo, ma nelle sue preghiere non domandava né soccorsi, né aiuti; e parlando coi ricoverati medesimi diceva: Nella Piccola Casa non si deve pregare mai per il pane materiale. Il nostro Signore, soggiungeva, ci ha insegnato a cercare prima il regno di Dio, e che tutto il resto sarebbe venuto in seguito, ed a noi tocca di pregare così. Non condanno alcuno, diceva altre volte, ma in quanto a me, per la strada in cui Dio mi vuole, sento di dover piuttosto pregare così, e lasciarmi tutto nelle sue mani pregando: Quaerite primum regnum Dei, e questo ci basta. Egli conosce i nostri bisogni: Scit Pater vester quia his omnibus indigetis; pensiamo solo a contentarlo; preghiamolo, sì, ma in generale. Da principio così nobile ne veniva che non solo il Santo, ma nessuno della Piccola Casa faceva, almeno in pubblico, particolari domande per i bisogni temporali, molto invece si domandava di esser fatti santi; e migliaia di migliaia di volte nel giorno e nella notte, si ripeteva questa bellissima preghiera: Vergine Maria Madre di Gesù, fateci santi» (P.P. GASTALDI, I prodigi della carità cristiana..., o. c., pp. 314-315).
112 Negli ambienti della nascente Famiglia Paolina si seguiva perfettamente l’esempio della Piccola Casa della Divina Provvidenza: dire sempre “Deo gratias”, come si può costatare dalla testimonianza resa da Domenico Bosso nel processo per la Beatificazione e Canonizzazione del Cottolengo: «Non incominciava mai azione senza invocare l’aiuto di Dio: ripeteva sovente in Domino: e voleva che queste parole fossero ripetute dalla Piccola Casa. Quindi le case e le varie famiglie ed i cortili avevano nomi sacri, ad esempio, della Provvidenza, della Casa di Dio, della Speranza, della Fede, di Betlemme, della Carità etc. Le famiglie poi erano state da lui poste sotto la protezione dei santi. Aveva poi fondata tutta la piccola Casa sulla fede. Mi basti il dire che aveva stabilito il Deo gratias nella Piccola Casa, col quale voleva, cominciando egli il primo, che si ricevesse tutto da Dio, il pane materiale, il pane spirituale con tutto il rimanente ripetendo sempre Deo gratias! Egli considerava tutti i benefattori della Piccola Casa, come tanti strumenti della Divina Provvidenza, e voleva che di tutto si ringraziasse unicamente Iddio ripetendo Deo gratias e nelle ricevute di denaro o di oggetti scriveva il Venerabile ordinariamente il Deo gratias. Noto che nella piccola Casa il Deo gratias è il palpito del cuore di ogni famiglia e che ancora ai tempi nostri si ripete ad ogni più piccola cosa che si riceve sia dai superiori che dai compagni. Anche nella pubblica chiesa, quando il predicatore qualunque siasi ha finita la sua predica, gli si risponde dai ricoverati Deo gratias, come già si diceva al termine delle prediche del Venerabile. E voleva questi che questo Deo gratias si ripetesse ancora quando succedeva qualche infortunio o si riceveva qualche correzione come egli stesso faceva in simili casi, uno dei quali ho accennato poco sopra, cosicché voleva che la Piccola Casa vivesse di gratitudine e di riconoscenza verso il Signore sperando sempre nel Signore, quindi è che in Domino e Deo gratias erano il cuore della piccola casa» (Recensio Virtutum, pp. 19-20, in SACRA RITUUM CONGREGATIONE, TAURINEN. BEATIFICATIONIS ET CANONIZATIONIS VEN. SERVI DEI JOSEPHI BENEDICTI COTTOLENGO, Nova Positio Super Virtutibus, Romae, 1899).
113 «Chi dà tutto alla Casa è la Divina Provvidenza e il Signor Teologo voleva che esprimessimo al Signore il senso della riconoscenza col Deo gratias, come si fa alla Piccola Casa del Cottolengo: e l’uso si introdusse nei grandi e nei piccoli, e il Deo gratias si ripete ogni volta che si riceve un beneficio. È del resto la forma paolina, che si legge in ogni epistola, l’inno riconoscente di S. Paolo, anche per le cose più piccole» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 4, 15 aprile 1924, p. 8).
114 «Per tanto orrore al peccato sin dal principio della Piccola Casa, egli [Cottolengo] volle che ad ogni battere delle ore si dicesse da tutti: a peccato mortali libera me Domine. Ma dopo breve tempo osservando che era poco esser liberati dal peccato mortale, voleva ancora che ciascuno fosse liberato dagli stessi peccati veniali, correggendo fece dire: ab omni peccato libera nos Domine. Se gli accadeva alcunché di avverso, o se la Divina Provvidenza ritardava un poco negli aiuti, soleva subito dire, facciamo l’esame di coscienza, così per dire che ricercava tosto in sé se avesse commessa una colpa anche piccola da far così ritardare i soccorsi divini. L’andar che faceva dicendo, esaminiamoci, sarò io, sarò io la causa dell’indugio, faceva più che qualsiasi predica o correzione. Di qui è che il Venerabile Servo oltre l’esame che per regola pose nella Piccola Casa alla sera in tempo delle orazioni, voleva che si facesse nelle suddette circostanze di avversità da ciascuno un esame particolare, mettendosi sott’occhio, sarò io causa perché la Provvidenza indugia?» (Summarium super dubio, Summ. Num. IX, De Heroica Charitate in Deum, p. 401, in SACRA RITUUM CONGREGATIONE, TAURINEN. BEATIFICATIONIS ET CANONIZATIONIS VEN. SERVI DEI JOSEPHI BENEDICTI COTTOLENGO, Positio Super Virtutibus, Romae, MDCCCXCVI).
115 Espressione di questi due punti di riferimento sono le opere di Sant’Alfonso e dello Chautard, che ispirano le meditazioni proposte da Don Alberione: «Oltre gli Esercizi Spirituali sulla pietà, tutte le meditazioni e lavorio spirituale di quest’anno sono diretti alla vita interiore per svilupparla; ci lesse e spiegò ben bene il caro Padre Il gran mezzo della preghiera nella prima parte. Ora ci svolge L’anima dell’apostolato. Tutte le novene sono dirette al proposito degli Esercizi e tutte le prediche concludono su esso» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 17 gennaio 1919, o. c., p. 252).
116 La celebrazione della Conversione di San Paolo, il 25 gennaio 1919, servì anche da ritiro mensile. Il Giaccardo afferma che i quattro intrattenimenti del caro Padre erano tali che per non riportarli in modo sbiadito sarebbe stato necessario fotografarli. Riferisce comunque le parole di Don Alberione: «Ma statemi bene attenti, aprite le orecchie e non dormite col cuore: siate svegli. In ogni sforzo dovete progredire per dieci. E perché questo? Perché il Signore vi chiama ad una santità altissima a cui non potete giungere con le sole vostre forze e con le grazie ordinarie. Quanta santità? [...] Voi siete ai piedi di una grande montagna, salitevi su, mirate il vostro orizzonte: è tutto il mondo: quando una palla è ben liscia e rotonda, poggia su un marmo ben levigato, tocca per un punto solo e tutte le parti della palla pesano su quel punto. Sulla vostra coscienza pesano un milione, tre milioni, dieci milioni di anime... ecco perché dovete essere molto santi e molto più santi dei sacerdoti ordinari. Si tratta di salvare molte anime, di salvarne dieci milioni o di salvarne un milione solo. Ma il Teologo è matto a parlarci stasera di dieci milioni. Ed io vi dico che un buon giornalista ne salva di più. Alzate gli occhi, mirate in alto un grande albero di cui non si vede la cima: questa è la nostra Casa che è davvero un alberone, voi non siete che alle radici. La Casa attuale non è che la radice di questo grandissimo albero. Oh, se voi capiste mai il tesoro che è in voi, dove il Signore vi chiama, voi sareste tutti pieni di vita, non mi lascereste più stare, cioè non lascereste più stare il Signore, gli sareste sempre attorno a dirgli: “Ma io ho ancora bisogno di questo, ma io ho ancora bisogno di quello, ma fammi ancora questa grazia...”. Ma, voi direte, dove vuol portarci stasera il Teologo? Voglio portarvi sul monte della perfezione. Capite quanto dovete essere santi» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 1919, o. c., pp. 254-255).
117 «Gli unici fastidi sono questi: io non sono ancora abbastanza buono e voi non siete ancora abbastanza santi. Il resto mi importa tanto quanto vi sia una ciabatta nella fogna. Se pertanto mi volete bene, prendetevi anche voi questi fastidi, sentiteli, abbiatene pena, vogliate liberarne la Casa. Ci vuole più spirito di umiltà, di docilità, di slancio: tutto dipende dal vostro fervore, ci vuole l’unione perfetta di animo e di cuore con me. Fatelo, assumetevi questi fastidi, unici fastidi per amore del Cuore di Gesù e pregate tanto. In Paradiso vedremo quanto danno han portato all’opera i nostri peccati, vedremo come la santità era il solo, vero fastidio di quaggiù. Rideremo degli altri fastidi e ci stupiremo di non averci preso abbastanza questo» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 15 febbraio 1918, o. c., pp. 191-192).
118 Nel 1919, a partire dal 13 aprile, si parla sempre di più della Società San Paolo. Cf anche 25 aprile 1919, 25 maggio 1919, 30 giugno 1919, 17 agosto 1919 (cf G. T. GIACCARDO, Diario..., 1919, o. c., pp. 263ss.).
119 «Da più giorni il caro Padre ci inculca la verità di sopra [= fede e santità]. Stasera ci ha detto: “Il prossimo numero di UCBS illustrerà la casa. Proviamo a prendere per quest’estate una decina di giovani. Io conto anche su voi. Pregate: che il Bollettino sia ben accetto, produca frutto, vengano giovani di vocazione, si lascino formare; voi siate fermi, di buona volontà, capaci di formarli. Che io capisca come si deve eseguire il festina lente, e un’altra cosa che io so”» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 21 febbraio 1919, o. c., p. 259).
120 Nella citata predica del 19 marzo 1919, Don Alberione prosegue: «Non bisogna pensare che questa fede venga unicamente da Dio; bisogna pur sudare per acquistarla e mantenerla. Quando tutte le previsioni umane sono contrarie il credere fermamente è gran merito e ottiene. La fede alla prova: credete che prima della fine dell’anno avremo 40 ragazzi? Nessuno dubiti: se uno dubita ne avremo solo più 39. Credete che a gennaio sarà pagata la seconda macchina? Se uno dubita, un migliaio di lire di meno!» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 19 marzo 1919, o. c., pp. 260-261).
121 Il 30 giugno 1919, prima della rinnovazione dei voti, Don Alberione fa alcune considerazioni sul “perché la casa non dà tutti i frutti”: «Si dice, perché non si è uniti abbastanza fra noi di carità e di spirito: ma il male radicale si trova nella mancanza di sufficiente spirito di preghiera e si risolve qui sopra: ne esce il proposito: TUTTI FAREMO ALMENO UN QUARTO D’ORA DI VISITA AL SS. SACRAMENTO! Il caro Padre parlò in casa di questa risoluzione come di un fatto di prima importanza. Man mano che si alimenta l’amore si potrà chiedere di più e si dovrà giungere ad una ora al giorno di adorazione. Dopo 17 giorni tutti siamo stati fedeli con piccola eccezione: e più di tutto contentissimi del proposito» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 30 giugno 1919, o. c., p. 267).
122 «La prima settimana di ogni mese in Casa: Lunedì: a S. Paolo. Funzione per i Cooperatori B.S.; Martedì: Anime del purgatorio; Mercoledì: S. Giuseppe; Giovedì: Angelo Custode: Venerdì: SS. Eucarestia, S. Cuore, ora di adorazione. Sabato: Maria SS.» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 1 settembre 1919, o. c., p. 285).
123 «Accanto ai quotidiani ed ai settimanali sono sorti da qualche tempo i bollettini parrocchiali. Essi hanno lo scopo di integrare l’opera del parroco: col mantenere più viva la comunicazione fra di lui ed il suo gregge; col portare a tempo opportuno la parola del pastore anche a quella parte della popolazione che, per qualsiasi ragione, non interviene alle istruzioni del parroco; col ricordare anche per iscritto gli avvisi del parroco; col mantenere in vita e far prosperare tutte le loro istituzioni sorte attorno alla parrocchia (asilo, ospedale, catechismi, ecc.). Nella Diocesi d’Alba ve ne ha una ventina: per quanto si consta nessuno dei parroci che ne ha iniziata la pubblicazione, si è poi dovuto ricredere o ebbe a sospenderla. Volontariamente la popolazione ha dato e il bollettino non fu mai una passività. La Scuola Tipografica di Alba ne stampa di ogni misura, periodicità e formato. Essa cerca anche di facilitare l’opera sia per i prezzi come per la compilazione e la spedizione. Ad esempio: può fornire materia comune per due o tre pagine del periodico; può incaricarsi della spedizione, ecc. Chiedere saggi, preventivi, ecc. alla Scuola Tipografica di Alba» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 5, maggio 1919, p. 2).
124 Cf Unione Cooperatori Buona Stampa, anno I, n. 2, 28 novembre 1918, p. 3. Nel n 6, giugno 1919, p. 5, si annuncia il raggiungimento della cifra necessaria di L. 20.034,95; concludendo: «La fiducia non fu vana: la macchina fu pagata interamente, come può rilevarsi dal prospetto che riportiamo sopra. S.E. nostro Vescovo si è degnato di recarsi a benedirla: e speriamo che colla grazia divina, le cose continuino bene. Quindi a tutti la nostra più viva riconoscenza: colle preghiere per ogni più larga benedizione del Signore». Cf anche G. T. GIACCARDO, Diario..., 5 marzo 1919, o. c., p. 259, dove si parla dell’acquisto di un’altra macchina dall’ammontare di £ 16.500. Cf Ibid., 30 maggio 1919, pp. 265-266, dove Giaccardo parla della benedizione del Vescovo e del nome “Paolina”, dato alla Linotype.
125 «In ogni parrocchia. Vi dovrebbe essere un deposito rivendita di libri e oggetti religiosi. [...] I membri dell’Unione Cooperatori Buona Stampa sono in modo speciale invitati ad adoperarsi perché il deposito - rivendita venga aperto in ogni parrocchia. Nessuno più di essi conosce il bene che la stampa buona può fare: e forse poche altre forme di propaganda possono ottenere risultati quanti ne può ottenere un deposito - rivendita» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 5, maggio 1919, p. 6).
126 Sembra utile citare per intero l’articoletto di promozione: «Biblioteca fatta!!! Facciamo una proposta ai Sigg. Cooperatori della Buona Stampa. Un certo numero di essi desidererebbe promuovere una bibliotechina pel bene morale della popolazione in generale di una parrocchia, o in particolare di una certa classe di persone. Ebbene la libreria della Scuola Tipografica, sul metodo di quello che già si pratica in Inghilterra, provvede a prezzo fisso, una piccola biblioteca, con libri scelti, sicuri quanto al buon costume, a condizioni mitissime. Per ora propone per ogni classe di persone le seguenti, riservandosi di offrire in seguito altri tipi per signorine, studenti, operai, contadini, ecc. Bibliotechina di 25 volumi L. 25. Comprende N. 5 vol. di lettura amena. N. 5 vol. di vite di santi. N. 5 vol. di coltura, N. 5 vol. di ascetica, N. 5 vol. di romanzi. Bibliotechina di 50 vol. L. 50. Comprende 10 vol. di lettura amena; 10 vol. di vite di santi; 10 vol. di coltura; 10 vol. di ascetica; 10 romanzi. Bibliotechina di 100 vol. L. 100. Comprende 20 vol. di lettura amena; 20 romanzi; 20 vol. di vite di santi; vol. di ascetica; 20 vol. di coltura. Bibliotechina di 200 vol. L. 200. Comprende 40 romanzi; 40 vol. di lettura amena; 40 vol. di coltura; 40 vol. di ascetica; 40 vol. di vite di santi. Teniamo anche pronte biblioteche di 500 vol.; di coltura, di racconti educativi ed ameni, romanzi, ecc. che possiamo cedere a L. 450» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, n. 6, giugno 1919, p. 2).
127 L’elenco comprende giornali (Gazzetta d’Alba, Torre di S. Stefano Belbo, Avvisatore Ecclesiastico Albese Astese Alessandrino Saluzzese), una quindicina di Bollettini Parrocchiali, cinque libri editi, Libreria e legatoria, Specialità Catechistiche (Dottrina cristiana per le 3 classi), Libretti di Classe (delle quattro classi) e Biglietti Pasquali (cf Unione Cooperatori Buona Stampa, anno II, [n. 2?, tra febbraio e aprile] 1919, p. 8).
128 Si presentano due libri di Don Alberione, La donna associata allo zelo sacerdotale e Vigolungo Maggiorino Aspirante all’apostolato Buona Stampa, e il libro Un modello di Catechista Emilia Moglia, del Can. Francesco Chiesa (cf Unione Cooperatori Buona Stampa, anno III, [luglio?] 1920, p. 8).
129 «Il caro Padre chiamò attorno a sè la Pia Società S. Paolo; ci ammonì di tenerlo troppo poco avvisato di quanto avviene in Casa; poi ritornò alle fondamenta. Bisogna che formiamo la famiglia: del resto l’opera della B.S. muore con noi. Per questo è prima necessario che siamo uniti tra noi, che ci vogliamo bene, ci aiutiamo a vicenda, preghiamo tanto; e ci imbeviamo per bene dello spirito della Casa. Bisogna formar lo spirito: lavorare per Dio: il Sig. Teologo per abituarci a vivere da noi, non ci dà carezze: noi resistiamo. Bisogna formare la famiglia» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 25 maggio 1919, o. c., p. 265).
130 Giaccardo riceverà il nome di Timoteo, da lui segretamente desiderato, in occasione della sua professione religiosa, il 30 giugno 1920, dopo l’ordinazione sacerdotale.
131 Cf G. ALBERIONE, LV01, p. 92.
132 «10 febbraio 1920. Molte cose succedono degne di nota ed utili a noi ed ai nostri figli: io mi dimentico o non trovo tempo a scrivere. Quest’anno si chiama l’anno del consolidamento, come l’anno scorso anno delle vocazioni. I presenti ricordano quanto disse il Sig. Teologo inaugurando il primo gennaio» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 10 febbraio 1920, o. c., p. 288).
133 «Abbiamo pregato per una casa. S. Paolo ci ha fatto la grazia nel giorno della sua conversione: ci ha mandato un orto in posizione veramente felice. Si deve ammirare la provvidenza divina: tre luoghi che parevano acconci, alla vigilia di conchiudere andava in aria ogni relazione di contratto; questo, fuori progetto, è venuto; e non si sperava di poterlo avere. È quindi il luogo di Dio: la preghiera che tutto si effettui riposa sotto i piedi di Gesù nel S. Tabernacolo firmata da tutti i componenti la Società S. Paolo. Si escogitano i mezzi per soddisfare le 350.000 £ di debito. Primo: fede e preghiera; secondo: santità e lavoro diligente per la B.S.; terzo: ciascuno bene la sua parte perché ci guadagniamo col lavoro almeno il vitto» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 10 febbraio 1920, o. c., p. 288).
134 «Poi: Maestro: cercar anime buone che si facciano del bene aiutando la B.S.; Torquato: vie segrete della Provvidenza; Assistente: U.C.B.S. e mezzi di libreria: immagini, cartoline; Vice-Piazza: abbonamenti alla Gazzetta, lotteria...; Ambrosio: sottoscrizione. Il Sig. Teologo dirigeva ogni progetto e lavoro. Si prega e si pensano pure le pratiche affini di contratto: sicurezza legale, costruzione...» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 10 febbraio 1920, o. c., p. 288). L’assistente è Costa e il Vice Marcellino, come possiamo costatare in questo testo: «27 settembre: Oggi sono giunti da Bergamo l’Assistente Costa e il Vice Marcellino: Han superato felicemente l’esame del primo corso di scienze sociali. Deo gratias!» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 27 settembre 1919, o. c., p. 286).
135 Cf G. ROCCA, La formazione..., o. c., p. 559.
136 «Uno dei primi giovani attesta che, nel novembre 1919, il fondatore gli disse un giorno a bruciapelo: “Coraggio; l’anno venturo avremo una grande tipografia e una bella casa, e poi una bella Chiesa che dedicheremo a S. Paolo. Ma noi non ci fermeremo in Alba”. E molti anni più tardi nel corso di un’esortazione ai suoi giovani, il fondatore confidò che, mentre esaminava per la prima volta il terreno su cui sorgono ora le case e la chiesa di S. Paolo, aveva avuto un momento di smarrimento misterioso, durante il quale aveva visto in un modo chiarissimo l’intero complesso di edifici, così come si presenta ora allo sguardo del visitatore» (L. ROLFO, I primi passi (1914-1930), in AA.VV., Mi protendo in avanti, Edizioni Paoline, Alba, 1954, p. 117). Cf G. ALBERIONE, Mihi vivere Christus est, Edizioni Paoline, Roma, 1972, n. 138.
137 «Attendiamo dalla Provvidenza. Che cosa è necessario? Ci è necessaria una casa capace di alloggiare un cento persone: poiché attualmente la Scuola Tipografica ne raccoglie 46 e questo numero dovrà poi raddoppiarsi presto, per aumentare ancora. Dunque è necessario: un laboratorio dove possano collocarsi una decina di macchine tipografiche (quante cioè ne ha attualmente la Scuola Tipografica) e possano comodamente lavorare i compositori, gli impressori, i linotypisti, i legatori, gli spedizionieri, i correttori; almeno tre camere, per direzione, contabilità, parlatorio; camere per uso studio, scuola, cucina, refettorio, cappella, ecc.; camerata grande per un numero sufficiente di letti; cortile vasto ove i giovani possano ricrearsi sufficientemente; orto-giardino che dia modo di risparmiare un po’ della somma molto considerevole che attualmente è spesa nella carne e negli ortaggi. Ora però si vuol unicamente provvedere quanto è subito necessario. A che punto ci troviamo? Si è comperata un’area abbastanza ampia per costruire una casa, lasciarvi un cortile, un orto e quanto è necessario per i bisogni attuali ed anche prossimamente futuri. Essa però ha costato assai: e che cosa non ha prezzi elevati ai nostri giorni? L’area trovasi in Alba e comprende la proprietà detta comunemente Fornace: trovasi presso la piazza Savona a sinistra di chi dalla città voglia recarsi al Santuario della Moretta e viene a confinare col viale. Le cinque strade. Varie sono le vie per cui la Divina Provvidenza ci manderà quanto occorre: 1. Vi sono le sue vie segrete di cui noi uomini poco o nulla possiamo sapere. 2. Apriamo una sottoscrizione. 3. Ci rivolgiamo alle persone che hanno. 4. Promoveremo una lotteria. 5. Ai cooperatori buona stampa» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno III, n. 2, 1920, pp. 3-4).
138 «Nel mese di giugno [1920] furono compiuti i lavori di sterramento; nella prima quindicina di luglio le fondamenta sono state ultimate; nella seconda quindicina si diede principio ai muri; al momento in cui scriviamo (25 settembre) si sta per collocare i travi di ferro per la volta del primo piano. [...] Il piano terreno è destinato alle macchine da stampa, a magazzino, con due camere che serviranno per parlatorio. Notevole specialmente il locale per le macchine: di altezza conveniente, lungo 20 metri, largo 11,50, potrà benissimo contenere N. 10 macchine, rimanendo ancora lo spazio libero per i movimenti degl’impressori ed un corridoio per il personale di assistenza, per il trasporto delle forme, della carta, ecc. Ben esposto, provvisto di aria, luce in abbondanza; potrà fornirsi di un conveniente ascenseur per far discendere dalla soprastante sala dei compositori le forme per la stampa. Gli allievi impressori quasi ogni sera si portano a vedere i lavori per il loro locale e benedicono la Provvidenza e pregano pei loro benefattori. Lo spirito con cui si edifica la casa della Scuola Tipografica è ben diverso da quello che spinge alla costruzione di altre case. Qui si lavora come per innalzare una Chiesa: dalla Casa della Stampa Buona dovrà continuamente uscire la parola della verità, che, scritta sulla carta, dovrà volare in tutte le parti a illuminare, confortare, spronare al bene. Anzi questa casa sarà come un Seminario di Apostoli ed Operai della Stampa Buona! Un semenzaio, un’aiuola benedetta da cui verranno trapiantati in tanti, tanti luoghi» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno III, n. 7, settembre 1920, pp. 3-4).
139 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno IV, n. 5, 15 luglio 1921, p. 10.
140 Ibid.
141 Ibid., anno IV, nn. 3-4, 10-15 aprile 1921, p. 2.
142 Ibid., anno V, n. 2, marzo 1922, p. 4.
143 Il 6 marzo 1921 il Giaccardo scrive: «Le parole del sig. Teologo sulla nostra santità mi penetrano l’anima, mi scuotono: propongo e prego meglio. [...] Vedo che il Sig. Teologo corre corre, ed io non sono capace di tenergli dietro, nemmeno nella piccola parte mia!» (G. T. GIACCARDO, Diario..., 6 marzo 1921, o. c., p. 298).
144 Preziosa la descrizione del Giaccardo: «Un vento alquanto burrascoso s’è levato in questi giorni contro la Casa; si rappresentava come in grave disagio economico; il Sig. Teologo era un illuso, reietto dalle autorità ecclesiastiche: queste voci avevano fatto colpo anche sui Parroci di Vezza (D. Vigolungo) e di Benevello (D. Brovia). Il Sig. Teologo stese il bilancio della Casa in cui risulta un attivo di 524.000 £. In buono arrivò una lettera di Pisa che insisteva per la nostra andata presso il card. Maffi. Mons. Vicario ci consigliò a rimanere in Alba. Mons. Vescovo dice al Can. Chiesa che stima la scuola tipografica più di lui. Queste cose riferite ai Parroci sullodati, e a chi ne aveva bisogno, calmarono il vento, e il Signore sempre buono ha voluto concederci nella sua misericordia e nella sua sapienza la bonaccia» (G. T. GIACCARDO, Diario..., aprile 1921, o. c., pp. 298-299).
145 «Una nuova canagliata socialista ha insanguinato le vie di un’altra città italiana. Sul municipio di Ferrara dalle ultime elezioni sventola la bandiera rossa: e i compagni il 19 dicembre vollero tenere nel teatro comunale un comizio di protesta per certi maltrattamenti che si dicevano fatti a Bologna contro due onorevoli del partito, Bentini e Niccolai. L’autorità che aveva permesso il comizio ai socialisti, non potè proibire agli avversari una manifestazione patriottica nell’ora successiva alla riunione nel teatro: e così era stato ordinato. Ma non fu vero che i socialisti si attenessero alle ingiunzioni dell’autorità: quindi mentre i fascisti e nazionalisti in gruppi serrati percorrevano le vie principali della città, all’angolo di piazza del Commercio s’incontrarono con un branco di socialisti della Lega tra gli infermieri del manicomio, preceduto dalla bandiera rossa. Avventatisi per prenderla, furono accolti da un colpo di rivoltella che ferì uno dei fascisti. A quel segnale, dalla terrazza degli aranci, che dall’alto del Castello domina la via, cominciò una tempesta di colpi di moschetto contro i fascisti posti tra due fuochi, sorpresi dall’agguato e in una situazione dannosissima. Le vittime furono numerose: tre morti e più di venti feriti tra i fascisti: degli estranei un morto e non pochi feriti, tra cui il dottore Magrini che recavasi all’ospedale» (cf Cronaca contemporanea, 23 dicembre - 6 gennaio 1921, in La Civiltà Cattolica, anno 72°, vol. I, quad. 1694, 8 gennaio 1921, pp. 180-181).
146 «In tutto il paese continuano gli scontri sanguinosi che deploravamo nelle cronache precedenti, con l’aggiunta di qualche circostanza che ne rende più odiosa la violenza brutale. In non pochi casi gli scontri si vedono provocati da proditorie aggressioni di socialisti contro fascisti... [...] Si va però facendo manifesto, per confessione degli stessi capi del fascismo, che il movimento, sorto dapprima per reazione contro le prepotenze dei socialisti-bolscevichi-comunisti o anarchici di qualunque razza, non di rado oltrepassa i limiti della misura, peccando di quella stessa arbitraria violenza giustamente rinfacciata ai sovversivi e raddoppiando la confusione invece di servire all’ordine e alla pubblica tranquillità. Per citare qualche esempio di prepotenze arbitrarie entrate nelle abitudini fasciste, basti ricordare i maltrattamenti usati a Pisa giorni sono contro l’on. Modigliani che viaggiava con la signora, e fu obbligato di scendere dal treno che i tumultuanti non lasciavano partire. A Pavia l’on. F. Mani, insultato mentre sedeva in un pubblico caffè, inseguito nei piani superiori della casa, venne malmenato bruttamente: e si tentò di buttarlo da un balcone nella strada perché non volle gridare quello che gli imponeva il capriccio di quei violenti. Allo stesso modo venne fischiato e svillaneggiato l’on. Albertelli a Pavia, obbligandolo a ritirarsi da un pubblico ritrovo e ricoverarsi in casa. In parecchi luoghi, i fascisti assalirono le case private cercando degli uomini d’altro partito e bastonandoli e offendendoli in ogni modo, come fecero a Mantova contro il socialista Zanolli, con aperta violazione del domicilio privato» (cf Cronaca contemporanea, 28 aprile - 12 maggio 1921, in La Civiltà Cattolica, Anno 72°, vol. II, quad. 1702, 14 maggio 1921, p. 371).
147 «Il duello tra socialisti e fascisti va diventando ognor più accanito e sanguinoso, mettendo a repentaglio l’ordine e la pace cittadina. I socialisti, secondo il solito, urlano a perdifiato contro gli avversari, facendosi vittime lamentose delle costoro violenze; ma, a ben esaminare, la cosa corre tra galeotto e marinaro. Intanto però non si può negare che l’Italia non solo nelle maggiori città, ma nelle minori borgate e fin nelle campagne presenta uno spettacolo indegno di una nazione civile: ne vogliamo dare in prova la cronaca sommaria di queste ultime settimane. Ai 6 di aprile, a Padova uno studente fascista è aggredito e percosso da operai: di rimbalzo la Camera del lavoro vien devastata e va in fiamme: sei feriti. Il giorno appresso, un fascista è maltrattato e ferito da ferrovieri alla stazione di Reggio Emilia: accorrono a difenderlo i compagni che invadono la Camera del lavoro e gli uffici del giornale socialista La Giustizia e vi mettono il fuoco. Lo stesso giorno, a Venezia baruffe tra le due parti in Campo santi Apostoli: intervento di guardie: colpi di rivoltella contro di esse: un morto e quindici feriti. [...] E le rovine vanno ogni giorno moltiplicandosi sì che sarebbe troppo lungo seguirne le tracce. Mentre scriviamo ecco tumulti, tafferugli, revolverate, incendi a Taranto, a Minervino Murge, a Ortenova, a Spinazzola, a Parma, a San Damiano nel Piacentino, a Legnago, a Viadana, a Campitelio, a Girgenti, a Nettuno, ad Arcole, a Iglesias in Sardegna, di nuovo a Torino, a Livorno, a Figline Valdarno: e potremmo continuare la triste enumerazione se questo non sovrabbastasse a mostrare lo stato di profondo sconvolgimento in cui si consuma il paese» (cf Cronaca contemporanea, 7-28 aprile 1921, in La Civiltà Cattolica, anno 72°, vol. II, quad. 1701, 30 aprile 1921, pp. 275-277).
148 «Le prepotenze malvage e le criminose aggressioni socialiste contro i cattolici si moltiplicano in modo assai grave; ed è ormai manifesto che vi è un motto d’ordine, una campagna di violenza per soffocare, magari anche nel sangue, ogni manifestazione di libertà religiosa. La più recente tragedia avvenne ad Abbazia San Salvatore in quel di Siena, la domenica del 15 agosto. Si celebrava colà la festa dell’Assunta con una tradizionale processione, alla quale partecipavano in maggior parte donne e fanciulle. La lega socialista aveva tenuto in quello stesso giorno un comizio, in cui un deputato socialista, dei più furiosi bolscevichi, aveva sfogato la sua bile contro i preti e i carabinieri, incitando quei villani a ogni eccesso. Difatti una frotta di quei brutali affrontò il pio corteggio e, malmenati i sacerdoti, “ferirono gravemente il parroco e menarono pugni e bastonate all’impazzata”. Allora, come narra il Resto del Carlino, giornale non sospetto di clericalismo, “sentendo che un nucleo di facinorosi si era diretto a corsa verso la chiesa del Convento, il maresciallo dei carabinieri vi si rivolse con diciassette militi: ma i socialisti li accolsero a sassate e a colpi di rivoltella. Due colpi a bruciapelo ferirono l’appuntato Nazzareno Ciarrocchi, che poco dopo moriva, e qualche pugnalata faceva stramazzare a terra il carabiniere Buriggi. A quella vista i carabinieri fecero uso delle armi; e il portabandiera socialista Ovidio Sabbatini, che i militi stessi credono di poter indicare come il feritore dell’appuntato, cadde trafitto da un proiettile”. Nello stesso tempo un gruppo di socialisti era penetrato nella chiesa, assalendo i fedeli ivi rifugiati. Un religioso, frate Angelico, dei Minori, venne ucciso. Nella mischia spaventosa che ne seguì, i carabinieri dovettero nuovamente adoperare le armi a difesa, e la chiesa echeggiò di colpi da una parte o dall’altra; due degli aggressori ed un povero bambino caddero nel sangue. I carabinieri dovettero ritirarsi in caserma e asserrarvisi contro la teppa, che tentò appiccarvi il fuoco. Nuove scariche di moschetto e colpi di sassi e di rivoltella fino verso le ore 22. Il conto della giornata sommava a otto morti e numerosi feriti; altri molti dei rivoltosi arrestati. Per compenso i socialisti, al solito, proclamarono lo sciopero generale; il colmo della impudenza bestiale dopo la più bestiale ferocia» (cf Cronaca contemporanea, 12-26 agosto 1920, in La Civiltà Cattolica, anno 71°, vol. III, quad. 1685, 28 agosto 1920, pp. 464-465).
149 Cf L. ROLFO, I primi passi (1914-1930), in AA.VV., Mi protendo in avanti, o. c., p. 127.
150 Cf S. LAMERA, Lo spirito di don Giaccardo, servo di Dio, Edizioni Paoline, III edizione, s. d., p. 115.
151 Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., p. 311.
152 G. ALBERIONE, Sectamini fidem..., Ricordi del Primo Maestro ai Sacerdoti Sampaolini, Pia Società San Paolo, Alba, p. 48.
153 Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., p. 362.
154 «A questo sogno che dovrebbe risalire al 1923, e forse, ai primi mesi di quell’anno, quando la sua salute stava per subire la crisi più grave della sua vita, il Fondatore attribuì sempre una grande importanza, nel senso che le parole che diceva d’aver udite dalle labbra del Salvatore divennero per lui una certezza e un programma di vita» (L. ROLFO, Don Alberione, Appunti per una biografia, Edizioni San Paolo, 1998
3 , p. 187).
155 C. A. MARTINI, Le Figlie di San Paolo, o. c., p. 129.
156 P. GILLI, Così come mi ricordo, Cenni sulla storia della Congregazione, Alba, luglio 1995. Appunti inediti, consegnati dall’autore al CSP.
157 Trascrizione dalla registrazione su videocassetta della tavola rotonda, svoltasi nell’Auditorium degli Stabilimenti del Gruppo Periodici, ad Alba, il 13 settembre del 1995, con la partecipazione del rag. Antonio Buccolo, del Prof. Edoardo Borra, del dott. Gianfranco Maggi e del dott. Piero Reggio. Cf M. BUCCOLO, Alba 1914-1925: don Alberione fondatore e il suo tempo, in Il Cooperatore Paolino, n. 9, novembre 1995, pp. 12-13.
158 «Il cortile di prima era da sistemare: durante le pioggie trasformavasi in un laghetto e l’acqua perdurava piuttosto. L’inconveniente era grave. Venti giovani di Priocca si offrirono di appianarlo. Un bel lunedì mattina arrivarono su due birocci con zappe, picchi, badili... A testa di tutti era l’ottimo Sig. Corsero Stefano, che tanto bene va facendo alla nostra Casa. Tagliarono il rialzo posto davanti, allargarono il cortile di oltre tre metri, l’innalzarono in vari luoghi di 30, 40, 50 cm., portando la terra ovunque con carrette a mano e a... cavallo. Se avessero lavorato per proprio conto, non avrebbero potuto dedicarsi con maggiore fervore. [...] Il lavoro terminò venerdì sera tardi» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 2, 27 febbraio 1923, p. 4).
159 Riportiamo per intero questa pagina memorabile: «Innanzi al macchinario. Riflessioni. Le macchine sono materia; e questa non avrebbe per l’uomo cristiano alcunché di attrattiva: se non fosse che l’uomo stesso non è solo spirito. Ma questa materia che costituisce le macchine è l’opera di Dio, e venne lavorata dal genio meraviglioso dell’uomo cui il creatore l’aveva consegnata. Queste macchine maravigliose divengono care e venerande, come sacro e venerando all’oratore sacro, il pulpito. San Paolo in quel monumento di scienza e di carità innalzato al cospetto dei secoli: la lettera sua ai Romani, esclama: la fede dall’udire e dall’udire il vangelo: quanto sono belli i passi di coloro che annunziano la pace, annunziano la felicità! Quanto sono belle le macchine destinate agli evangelizzanti il bene. L’apostolo della stampa buona innanzi alle macchine prova qualcosa di più che non san Francesco quando sentiva uscire dall’anima l’inno al fratello sole. Il pensiero dell’apostolo passa nella macchina che lo materializza in foglio che è quasi vivo, perché porta verità eterne, alimento spirituale che nutrirà lettori infiniti: non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio. La divina sapienza per la parola divina ha nutrito il cuore e l’anima dell’apostolo che l’ha meditata sulle divine Scritture; dalla sua anima è passata a prendere consistenza, incarnarsi, materializzarsi attraverso il crogiuolo, le spire, gli ingranaggi, i plateaux di una macchina; è uscita con un corpo di carta; essa sarà il pensiero di altri uomini, di altre anime; passerà i mari, valicherà i monti; renderà fratelli i sentimenti, le idee di due anime che non si sono mai viste, lo scrittore ed il lettore; cristiano lo scrittore, cristiano il lettore. La verità divina illumina il mondo, il regno di Gesù Cristo, guadagna nuove menti, nuovi spiriti, nuovi cuori. Il missionario della stampa buona ama la sua macchina, la vuole bella, moderna, celerissima, tanto da raggiungere e sorpassare nella corsa la stampa cattiva; ama la sua chiesetta, la tiene pulita ed ordinata; la sogna sempre in attività, eruttare la parola buona. Vorrei sempre essere trovato sul piedistallo della mia macchina. I santi vengono dipinti con in mano gli strumenti, i simboli, gli emblemi della loro santificazione: io, dice l’apostolo della stampa, vorrei venire ritratto con la penna e il calamaio, o ritto accanto alla macchina in piena funzione. Come infatti altrimenti svolgere in una tela il pensiero di quella mente vastissima che fu Tertulliano: verrà giorno in cui l’inchiostro degli scrittori varrà quanto il sangue dei martiri. I martiri mostrano le spade, i roghi, le graticole, le croci, le belve... E come ci si presentano molti santi? San Paolo si è dipinto con in mano il libro delle sue epistole; san Tommaso tiene fra le dita la penna; Savio Domenico porta nella mano destra la carta; gli evangelisti in atto di mettere sulla pergamena quanto loro inspirava lo Spirito di verità; san Francesco di Sales ha daccanto le opere che l’hanno fatto dichiarare dottore della divozione; san Gregorio Magno è ritratto in atto di comporre il suo libro dei Morali; san Giovanni Berchmans si stringe al petto il libro delle regole tanto a lungo meditato» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno IV, n. 5, 15 luglio 1921, pp. 5-6).
160 Ibid., p. 8.
161 G. T. GIACCARDO, Diario..., maggio 1921, o. c., p. 299.
162 G. T. GIACCARDO, Diario..., 19 giugno 1921, o. c., p. 299. «Comunarsi interamente» qui sta, verosimilmente, per «essere, avere tutto in comune».
163 G. ROCCA, La formazione..., Documento n. 31, o. c., pp. 569-570.
164 G. ROCCA, La formazione..., Documento n. 31, o. c., p. 570.
165 G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., pp. 319-320.
166 G. T. GIACCARDO, Diario..., 10 febbraio 1918, o. c., p. 190.
167 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno V, n. 1, 5 febbraio 1922, p. 5.
168 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno V, n. 1, 5 febbraio 1922, p. 3.
169 Ibid., p. 7.
170 Ibid., anno V, n. 7, agosto 1922, p. 4.
171 Ibid., p. 2.
172 Ibid.
173 Ibid., p. 4.
174 G. ALBERIONE, Quaderno 39, 29 novembre 1909, p. 15.
175 R.-F. ROHRBACHER, Storia universale della Chiesa, 16 voll., Giacinto Marietti, Torino, 1869-1870
3 .
176 Cf, ad esempio, G. ALBERIONE, Quaderno 39 e R.-F. ROHRBACHER, Storia universale della Chiesa, o. c., vol. IV, pp. 149ss.
177 G. VENTURA, Le donne del Vangelo, Giosuè Rondinella Editore, Napoli 1856-1875; ID., La donna cattolica, 3 voll., Carlo Turati, Milano - Dario G. Rossi-Genova, coeditori, 1855; ID., La Madre di Dio Madre degli uomini ovvero La Santissima Vergine a piè della croce, Rondinella & Loffredo, Librai-Editori, Napoli, 1903
6 .
178 Cf F. ANDREU, Ventura, in Dictionnaire de Spiritualité, vol. 16, fasc. CII-CIII, Paris, 1992, coll. 364-372.
179 Cf G. VENTURA, Le donne del Vangelo, o. c., parte seconda, pp. 24-77.
180 Ibid., p. 34.
181 Ibid., pp. 41-42.
182 Ibid., pp. 42-43.
183 Ibid., pp. 43-44.
184 Ibid., pp. 44-45.
185 Ibid., pp. 45-46.
186 Ibid., p. 48.
187 Cf Ibid., pp. 49-67.
188 Ibid., p. 53.
189 Questi rimandi al DFst valgono anche per i successivi numeri di questa sezione (nn. 125-131).
190 G. ALBERIONE, La donna associata allo zelo sacerdotale, o. c., p. 46.
191 Ibid., p. 24.
192 L’opera del Ventura aiuta a situare le affermazioni di Don Alberione sull’Apostolato della donna nel passato, nel quarto capitolo, prima parte, del libro La donna associata allo zelo sacerdotale, 1915, pp. 42ss. Cf, ad esempio, ciò che Don Alberione scrive su santa Olimpiade (pp. 49-50) e il II vol. di La donna cattolica, pp. 126ss. Anche se il Ventura privilegia l’esposizione sulla donna considerata come madre o nelle funzioni ecclesiali non monastiche e si indirizza a presentare le donne che operarono nella Chiesa francese, l’opera La donna cattolica costituisce un quadro di riferimento vastissimo per il pensiero di Don Alberione.
193 G. VENTURA, La donna cattolica, o. c., vol. I, p. 258.
194 Ibid., p. 259.
195 Ibid., p. 260.
196 Ibid., p. 263.
197 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno V, n. 7, agosto 1922, p. 9.
198 Ibid.
199 Cf Ibid., anno V, n. 4, 6 maggio 1922, p. 8.
200 Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., pp. 373-374.
201 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno V, n. 7, agosto 1922, p. 11.
202 Cf C. A. MARTINI, Le Figlie di San Paolo..., o. c., p. 119.
203 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno V, n. 7, agosto 1922, p. 10.
204 G. T. GIACCARDO, Diario..., luglio 1922, o. c., p. 300.
205 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno V, n. 8, 10 settembre 1922, p. 2.
206 Ibid.
207 Ibid., anno V, n. 12, 23 dicembre 1922, p. 3.
208 «Lavoro compiuto. Nel 1922 dalla Scuola Tipografica della Pia Società San Paolo uscirono 350.000 copie della Gazzetta d’Alba; 482.000 copie di bollettini parrocchiali d’ogni formato e periodicità; 120.000 copie di Vita Pastorale (rivista per il clero); 150.000 copie di catechismi piccoli e grandi; 9 libri di divozione per un totale di 27.000 copie; 36.000 copie di “Dottrina e fatti”; 12.000 copie di “Armonie Sociali”, rivista sociologica del Pontificio Ateneo di Bergamo. Due collezioni di romanzi “Tolle et lege” e “Fons aquae” per un totale di 69.000 copie; undici libri di vario genere: fra tutti 27.500 copie. Si sono inoltre pubblicati 70.000 calendari; biglietti pasquali di tipo differente, circa 75.000; 75.000 foglietti volanti religiosi; una immensa quantità di circolari, fogli, manifesti, registri e biglietti per catechismi. Eppure si è fatto nulla! Nel campo della stampa e di fronte alla stampa cattiva non siamo che una infima minoranza, un punto impercettibile! Vocazioni ci vogliono, tipografie, aiuti» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno V, n. 12, 23 dicembre 1922, p. 4).
209 Nei Cenni storici generali della Pia Società S. Paolo, dopo aver parlato degli inizi dei progetti fondazionali di Don Alberione, nel 1903-1904, e dei due primi giovani avviati nel 1908 alle scuole del Seminario, si presenta la crescita numerica degli alunni della Casa: «Il 20 agosto il primo alunno entrava a dar principio alla novella famiglia; nel 1915 erano 9; nel 1916, salirono a 14; nel 1918 a 25; nel 1919 a 35, nel 1920 a 42, nel 1921 a 90, nel 1922 a 172» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 2, 27 febbraio 1923, p. 10).
210 Cf Ibid., pp. 2-3.
211 Questi rimandi al DFst valgono anche per i successivi numeri di questa sezione (nn. 138-143).
212 IGNAZIO DI LOYOLA, Autobiografia, n. 3. Cf ID., Gli scritti, a cura di M. Gioia, UTET, Torino, 1977, p. 660.
213 A. RABALLO (Suor Teresa, F.S.P.), Memorie del Primo Maestro Rev. Teologo Giacomo Alberione, Opera inedita. Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., p. 359.
214 A. RABALLO (Suor Teresa, F.S.P.), Memorie del Primo Maestro..., o. c. Cf G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., p. 359.
215 G. BARBERO, Il sacerdote Giacomo Alberione..., o. c., p. 360.
216 G. ALBERIONE, San Paolo, luglio-agosto 1954, p. 2.
217 «L’anno scorso [1922] la sera del 29 giugno, una prima processione accompagnava Gesù Sacramentato dalla Cappella interna a prendere possesso della nuova chiesa, che si era allora benedetta; il 1° maggio di questo anno una seconda processione aux flambeaux al canto delle Litanie lauretane, portava in trionfo nella nuova Chiesa il quadro della Regina degli Apostoli; il 1° giugno ultimo scorso, San Paolo, il patrono e l’anima della casa e della nostra Pia Società, veniva a porsi vicino a Gesù benedetto, il Divin Maestro, e a Maria Regina, nella chiesa a lui dedicata» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 6, 21 giugno 1923, p. 7).
218 In un articolo del giugno 1923, dal titolo Date eucaristiche, il bollettino UCBS tratteggia lo sviluppo della spiritualità eucaristica della Casa, dagli inizi fino al 30 maggio di quell’anno: Messa, Comunione, Presenza eucaristica, laus perennis eucharistica, visita, saluto o visitina. Particolarmente significativi sono l’inizio e la fine dell’articolo: «La divozione al Divin Maestro in Casa è concentrata nel Santo Tabernacolo. Quando la casa era piccola e formata di tutti piccoli, Gesù si contentava che si andasse a lui al mattino per la Messa e a riceverlo nella S. Comunione. Noi però già si sapeva che, quando la Casa si fosse sviluppata, avremmo avuto la laus perennis eucharistica come al Cottolengo. Intanto i piccoli vennero più grandi e cominciò uno nel 1917 a fare tutti i giorni la visita al SS. Sacramento in S. Damiano. [...] Il 22 luglio [1922] si stabilì così la visita: i membri della Pia Società San Paolo avrebbero fatto al SS. Sacramento un’ora di visita tutti i giorni in ora libera; i Servi di Maria mezz’ora al giorno insieme; i Discepoli e gli alunni venti minuti tutti assieme. Le Figlie di San Paolo avrebbero anche fatto un’ora di visita tutti i giorni; le altre mezz’ora. Questa regola vige ora in Casa. Così nel pomeriggio dalle 2 alle 9 Gesù ha continuamente degli adoratori: mentre al mattino dalle 4 alle 8 si succedono le SS. Messe. Allora si è potuto, grazie alla misericordia di Dio, realizzare una parte di quello che è il sogno del principio: la laus perennis. [...] Mezza giornata di Laus Eucharistica! Ma anche le ore del meriggio e del mattino ci trovano sovente presenti al Tabernacolo e confidiamo in un’altra misericordia: che Gesù possa rimanere esposto dalle 4 alle 21. E le altre ore della notte? Oh anche esse sono e debbono essere del Divin Maestro presente nel Tabernacolo!» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 6, 21 giugno 1923, pp. 8-9).
219 L’iconografia propria si è sviluppata lungo il primo decennio della Casa: «Il quadro di S. Paolo era collocato in Casa al posto d’onore, tra l’artistico Sacro Cuore del Morgari, e la Immacolata del Murillo. [...] Il primo ed ogni sabato del mese [si consacra] a Maria Santissima: e ad onor di Maria si prese subito a fare il mese di maggio con fiori, con fioretti, con pensieri e con meditazioni; la chiusa del mese di maggio era ogni anno, fin dal primo anno, una poesia divina, una mistica armonia di cuori, di palpiti, di fiori, di preghiera, cantici. La divozione alla Madonna è la leva di ogni iniziativa, di ogni progresso, di ogni buona riuscita, della vittoria sul demonio, della santità più bella e più alta» (San Paolo [= UCBS], anno VI, n. 11, 22 novembre 1923, p. 8).
220 «A S. Paolo vien consacrato in Casa tutto il mese di giugno che è il mese grande della Casa: di lui si parla due volte al giorno: due volte al giorno si va a fargli visita ossequio ed Egli ricambia l’ossequio e l’amore con grazie copiose. La divozione a S. Paolo si diffonde in Alba, e si diffonde fuori: molti sono quelli che si raccomandano a lui per conversioni, per aiuti materiali e ottengono: nella sua chiesa è quasi continuamente presente qualche persona, e le candele davanti a lui ardono quasi di continuo» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 6, 21 giugno 1923, p. 7). - Nel 1923 UCBS, che da agosto a novembre esce sotto il titolo di San Paolo, pubblica numerosissimi articoletti su San Paolo. Si parla della “Paologia dantesca” (San Paolo [= UCBS], anno VI, n. 8, 25 agosto 1923, p. 19) e, addirittura, del cuore eucaristico di S. Paolo, come se anche lui avesse coltivato le devozioni alla maniera della Casa (cf Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 7b, 20 luglio 1923, p. 5). Interessanti sono gli articoletti su “I paolini dei tempi apostolici”, seguendo il calendario liturgico: S. Tecla: 23 settembre (Ibid., n. 9, p. 5), San Dionigi Areopagita: 9 ottobre (Ibid., n. 10, p. 3), San Clemente Romano: 23 novembre (Ibid., n. 11, p. 5), S. Filemone e S. Appia: 22 novembre (Ibid., n. 12, p. 4), S. Timoteo: 24 gennaio (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 1, 15 gennaio 1924, p. 4), S. Tito: 6 febbraio (Ibid., n. 2, p. 8).
221 Nel numero di febbraio 1923, si inizia la pubblicazione dei “Cenni storici generali della Pia Società S. Paolo”. Sono interessanti le annotazioni dei Cenni storici... del numero di giugno: si riferisce sul trasferimento da Villa Moncaretto alla Casa Perrando [= Perraudo], in via Mazzini; si nota che dalla Scuola Tipografica si va staccando l’appellativo Piccolo Operaio e rimane solo quello di Scuola Tipografica; si conclude: «In casa Perrando [= Perraudo] la Casa si sviluppò e prese fisionomia» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 6, 21 giugno 1923, p. 6). Il numero di luglio descrive come, nell’abitazione di Via Mazzini, si era un cuor solo e un’anima sola attorno a Don Alberione ed aggiunge: «Nel parlatorio della Casa era stato collocato, su di un modestissimo tronetto, il quadro di san Paolo: fu l’inizio primissimo della Cappella di S. Paolo: là, tutti inginocchiati per terra recitavano le preghiere mattino e sera, gli “Angelus”, si facevano gli esami di coscienza, si diceva l’Ave Maria prima d’uscire, ed appena entrati, inginocchiati per terra, recitavano le preghiere in Casa. Una lampada elettrica ardeva costantemente in casa e in Tipografia. San Paolo vegliava, proteggeva, benediceva, cresceva» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 7b, 20 luglio 1923, p. 7).
222 Ibid., p. 13.
223 San Paolo [= UCBS], anno VI, n. 11, 22 novembre 1923, p. 1.
224 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 1, 15 gennaio 1924, p. 12. Particolarmente sentita è la presentazione della Società Biblica: «Sezione Società Biblica. Perché diffondere il Vangelo. Rifacciamoci un po’ indietro. La vita cristiana in noi non c’è se non la infonde Gesù C.; né valgono le scoperte anche più meravigliose a farla venire in noi! Il giansenismo staccò i cristiani dalla fonte della vita propria di loro: dall’Eucarestia e dal Vangelo, e la vita cristiana languiva. Pio X, santo, la cui grandezza apparirà sempre maggiore nell’avvenire, riattaccò i cristiani a queste due fonti e subito si vide un rifiorimento. Ma se fu fatto molto per ricondurre alla Comunione, altrettanto non si può dire per la penetrazione popolare del Vangelo, pur essendosi già lavorato parecchio. Onde il lavoro, la disciplina, l’ordine, il dolore, la gioia, la povertà, le ricchezze, il divertimento, l’autorità, la forza, il diritto, la legge, l’economia privata e peggio la pubblica, tutto è visto e guidato con principii e massime del mondo, razionalisticamente, naturalisticamente; fin dove giungono le cause seconde si ha fiducia, di lì in là più nulla. È questo che bisogna gridare forte ai piccoli e agli alti con propaganda privata e ancor più affermazioni pubbliche, attorno al Vangelo, farlo stimare e creare l’ambiente. Di qui, o uomini, si passa: Cristo solo è la via e la vita, ed egli che è Dio questo solo ha fatto e questo solo ha detto e non altro. Questo è per noi un dovere e una grave responsabilità: abbiamo la salute, nelle mani; Gesù Cristo ce la affidò e c’impose di applicarla; applichiamola con ogni pazienza, ma anche opportune et importune. G. C. ci chiederà conto del sangue che scorre sotto i nostri occhi, delle rovine morali e materiali che si accumulano, e delle anime che periscono. Non possiamo restare spettatori inerti e passarsela con un commento da giornale o lamentele; siamo sacerdoti, altri G. C., che farebbe egli al nostro posto? Ecco il perché della diffusione del Vangelo: riattaccare l’intelligenza del nostro popolo alla mente divina, perché armonizzi con Lei pensieri e giudizi e conseguentemente le azioni. Da questo si vedrà già lo spirito che anima la Società Biblica, lontanissimo da una speculazione commerciale che farebbe poi anche del bene, ma sopra tutto che il regno di G. C. scenda nelle intelligenze e nei cuori per il Vangelo, e le rimetta in comunicazione con la vita di G. C.» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 8, 15 agosto 1924, p. 11).
225 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 12, 15 dicembre 1923, p. 2.
226 Ibid., p. 13.
227 San Paolo [= UCBS], anno VI, n. 11, 22 novembre 1923, p. 8.
228 Un quaderno inedito contenente 68 pagine manoscritte di Don Alberione e 49 pagine manoscritte del Giaccardo. Mancano diversi fogli: per esempio, quelli riguardanti il quarto, quinto, settimo, ottavo, nono e ventitreesimo giorno.
229 Cf A. DAMINO, Bibliografia di Don Giacomo Alberione, Roma, 1994
3 , pp. 31-32.
230 Un mese a San Paolo, meditazioni e letture, Pia Società San Paolo, Alba, 1925. Si tratta del testo di Don Alberione, completato e rielaborato in alcune parti ad opera del Giaccardo.
231 Cf L’Immacolata e il Natale, in Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VI, n. 12, 15 dicembre 1923, pp. 2-3.
232 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 1, 15 gennaio 1924, p. 11.
233 Quaderno manoscritto Timoteo Giaccardo, n. 6, p. 125.
234 Cf Ibid., pp. 125-130.
235 Cf Ibid., pp. 132-150.
236 Probabilmente questa meditazione fu tenuta durante la messa della domenica: perciò, al mattino.
237 Quaderno manoscritto Timoteo Giaccardo, n. 6, p. 133.
238 Cf Ibid., pp. 150-155.
239 Cf Ibid., pp. 150-151.
240 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 2, 15 febbraio 1924, pp. 11-12.
241 «Perciò per l’autunno prossimo sarà aperta una casa annessa alla Società S. Paolo per i giovani che aspirano alle missioni: con intendimento di lavorare per gli infedeli o scismatici, in modo particolare (non esclusivo) colla stampa. Già 14 giovani vi hanno fatta domanda: essendo già utile il tempo destinato a ciò» (G. ALBERIONE, in Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 2, 15 febbraio 1924, p. 3).
242 «Perché la diffusione del Vangelo possa avere una diffusione sempre maggiore si è formata una società fra i Cooperatori con statuto apposito. Schema dello Statuto.
1 - È istituita presso la Pia Società San Paolo la sessione “Società Biblica” dell’Unione Cooperatori Buona Stampa.
2 - Si propone la diffusione e penetrazione fra il popolo della Bibbia, e in modo particolare dei Ss. Vangeli.
3 - Si compone: di soci perpetui che versano L. 1000 una volta sola; di soci benemeriti che versano L. 500 una volta sola, di soci ordinari che versano L. 5 ogni anno; di quelli che fanno una Comunione per settimana a favore dell’opera, o si impegnano alla propaganda personalmente, coi giornali o altri mezzi.
4 - Partecipano in vita e dopo morte alle Mille Ss. Messe che ogni anno si celebrano nella Pia Società S. Paolo, alle indulgenze concesse dalla S. Sede a tutti i Cooperatori della Buona Stampa e al bene della Pia Società S. Paolo.
5 - Ricevono mensilmente il bollettino “Unione Cooperatori B. S.” dove si darà un resoconto del bene compiuto.
6 - I proventi delle offerte sono impiegati nella diffusione gratuita o al minimo prezzo della Bibbia e del Vangelo.
7 - La Direzione è presso la Pia Società S. Paolo in Alba.
Il presente statuto ha l’approvazione del Vescovo» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 2, 15 febbraio 1924, p. 5).
Si deve ricordare qui anche l’influsso dell’enciclica Spiritus Paraclitus, di Benedetto XV, pubblicata il 15 settembre 1920, in occasione del quindicesimo centenario di San Girolamo, nella quale si richiama l’importanza dello studio della Sacra Scrittura.
243 Per chi sente sete di anime - come Gesù -. «Signore, io vi offro in unione con tutti i Sacerdoti che oggi celebrano la Santa Messa, la Vittima Divina, Gesù Ostia, e me stesso, piccola vittima:
1° In riparazione delle innumerevoli bestemmie, errori ed oscenità che si stampano in tante tipografie da cui ogni giorno esce un fiume di carta, che allaga il mondo come torrente putrido;
2° Per invocare la vostra misericordia sugli innumerevoli lettori, perversi o innocenti, che la stampa scandalosa strappa dal vostro Cuore di Padre, assetato di anime;
3° Per la conversione di tanti scrittori e stampatori ciechi, ministri di satana, falsi maestri che hanno alzato cattedra contro il Divin Maestro, avvelenando ogni insegnamento, il pensiero umano e le sorgenti dell’umana attività;
4° Per onorare, amare, ascoltare, unicamente Colui, che Voi, o Padre Celeste, nel Vostro gran Cuore avete dato al mondo, proclamando: “Questo è il mio Figlio diletto: Lui ascoltate”;
5° Per conoscere che solo Gesù è perfetto Maestro: cioè la Verità che illumina, la Via o il modello di ogni santità, la Vita vera dell’anima cioè grazia santificante;
6° Per ottenere che si moltiplichino nel mondo i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose, consecrati a diffondere la dottrina di Gesù a mezzo della stampa;
7° Perché gli scrittori ed operai di questa stampa siano santi, pieni di sapienza e di zelo, per la gloria di Dio e per le anime;
8° Per domandarvi che la stampa cattolica prosperi, sia diffusa, aiutata, e si moltiplichi, innalzando la sua voce, così da coprire l’inebriante e trascinante strepito della stampa perversa;
9° Perché tutti noi conosciamo la nostra ignoranza e miseria, e il bisogno di starcene sempre coll’occhio supplichevole ed a capo chino innanzi al vostro Santo Tabernacolo, o Signore, invocando luce, pietà, misericordia» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 2, 15 febbraio 1924, p. 4).
Si noti in particolare il punto quinto che evidenzia Gesù come perfetto Maestro: «Verità che illumina, Via o modello di ogni santità, Vita vera dell’anima cioè grazia santificante». Cf “Per chi sente sete di anime come Gesù”, Offertorio Paolino, a cura di A. COLACRAI, Edizioni Archivio Storico Generale Famiglia Paolina, n. 8, Roma 1985.
244 «Le Pie Discepole. Sono una famiglia religiosa di figliuole, in Alba (Piemonte), dai 16 anni in avanti. Si consacrano ad adorare, continuamente per turno, il Divin Maestro, Gesù Sacramentato per effettuare l’“Avvenga il tuo regno” specie col mezzo della Buona Stampa. Conducono vita comune, a modo delle suore facendo privatamente i loro voti. Hanno ciascuna due ore di adorazione per ogni giorno: oltre le altre pratiche comuni di pietà; si occupano poi anche di lavori comuni (cucire, rammendare ecc.). Vivono in casa propria, sotto la guida del Superiore della Pia Società S. Paolo. Devono essere scelte fra le figlie che più inclinano alla pietà specialmente eucaristica. Siano sane di mente e di corpo, e non oltrepassino i 25 anni; entrando non pagano pensione di sorta; ma devono essere fornite di un corredo sufficiente: e nei primi due anni sono a loro carico le spese di vestito, bucato ecc. ecc. TEOL. ALBERIONE GIACOMO.
La Casa delle Pie Discepole. Per le Pie Discepole si stanno adattando per bene i locali della casa in fondo al giardino: vi sarà posto per cinquanta figliuole, e per i loro laboratori di bucato, sartoria ecc. La Casa ebbe un nome divino, è chiamata “Divin Maestro”, e a chi vuol sapere dove sono le Pie Discepole, si risponde: sono al “Divin Maestro”» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 2, 15 febbraio 1924, p. 28). - Per ulteriori approfondimenti si possono consultare gli accurati studi pubblicati recentemente dalle Pie Discepole, specialmente: R. CESARATO, L’albero visto dalle radici, Le Pie Discepole del Divin Maestro tra carisma e storia, Appunti, Fascicolo 1, Pro manuscripto, Roma, 1997; R. CESARATO - G. M. J. OBERTO, L’albero visto dalle radici, Le Pie Discepole del Divin Maestro tra carisma e storia, Appunti, Fascicolo 2, Pro manuscripto, Roma, marzo 2000; AA.VV., Eucaristia, Sacerdozio, Liturgia, l’unità come mistica del servizio, Atti del Seminario Internazionale sull’unità delle tre dimensioni apostoliche, Camaldoli, 22 febbraio - 5 marzo 1998, Roma, uso manoscritto, ottobre 1998.
245 Cf la presente Introduzione, n. 144, nota 218.
246 Cf R. CESARATO, Dagli inizi al 1944, in R. CESARATO - G.M.J. OBERTO, L’albero visto dalle radici..., o. c., Fascicolo 2, p. 43.
247 «Il Signor Teologo Alberione compì la cerimonia alle 6,30, ed impose a tutte il nome nuovo, e celebrò per loro la S. Messa e disse “paterne parole che debbono meditare”. Una funzioncina raccolta, semplice di senso e di amore e di gioia e di esultanza, per quelle figlie che affrettavano il giorno e l’ora con vivissimo desiderio. Fu preparato un ritualino proprio di questa funzione: Ecco anche il nome delle otto Pie Discepole che fecero la prima vestizione: Suor Scolastica della Divina Provvidenza, Suor Antonietta del Divin Maestro, Suor Maria di S. Giuseppe, Suor Teresa dell’Addolorata, Suor Annunziata di Maria, Suor Paolina dell’Agonia di Gesù, Suor Giacomina dell’Angelo Custode, Suor Margherita delle Anime Purganti» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 4, 15 aprile 1924, p. 24).
248 Cf M. RICCI, Madre Maria Scolastica Rivata, fedele Discepola del Divin Maestro, Edizione non commerciabile, Roma, 10 febbraio 1996. Orsola Rivata è nata a Guarene, il 12 luglio 1897. È probabile che abbia visto e ascoltato Don Alberione in occasione della sua predicazione a Guarene, ad esempio, il 9 ottobre 1910 (su I Ss. Angeli Custodi) e il 10 aprile 1910 (su San Vincenzo Ferreri e l’importanza della Parola di Dio). Il 29 luglio 1922 entra tra le Figlie di San Paolo, in Alba.
249 Cf la presente Introduzione, n. 113.
250 «Le Pie Discepole. Sono una famiglia religiosa, a lato delle Figlie di San Paolo. Raccoglie figliuole che si vogliono consecrare al Signore con l’adorazione perpetua della S. Eucarestia, pregando per la dilatazione del regno di N. S. Gesù Cristo; e occupando il rimanente tempo in lavori comuni a favore dei Sacerdoti e religiosi della Buona Stampa (cucire, rammendare, far cucina, ecc.). Fanno i loro voti al Signore e di particolare hanno due ore di adorazione ogni giorno. Vestono divisa propria. [...] Il nome di “Pie Discepole” viene dal loro ufficio: esse dovrebbero compiere verso il Divin Maestro l’ufficio delle Pie Donne, della prima fra le Pie Donne, cioè la Santa Madonna: Adorare Gesù, consolarlo nella SS.ma Eucarestia, vegliare innanzi al S. Tabernacolo per amore ardendo più e meglio che le candele di cera; invocare dal Divin Maestro il trionfo della Stampa Buona sulla cattiva; poi adempiere verso i Sacerdoti gli uffici ed i servizi che la Madonna adempieva verso Gesù e gli Apostoli. Ecco riassunta la loro vita umile, nel silenzio, nell’amore, nella preghiera; ricordata anche dall’abito che reca i colori della Madonna, il bianco e l’azzurro, con un raggio eucaristico, fiammante sul petto» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 9, 20 agosto 1925, pp. 10-11).
251 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 11, 15 novembre 1924, p. 20.
252 Ibid., anno VII, n. 5, 15 maggio 1924, seconda di copertina.
253 Ibid., anno VII, n. 8, 15 agosto 1924, pp. 1-2.
254 «I nuovi Paolini hanno anche assunto un nome nuovo, testimonio e monito dell’uomo nuovo vestito» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 8, 15 agosto 1924, p. 8).
255 «La venuta di una alunna o di un’adulta in Casa è accolta con quel piacere, con quella gioia che si fa attorno ad un neonato. Compito principale delle Figlie è ora specialmente la formazione dello spirito che le prepari ad essere buone apostole. Man mano che arrivano le nuove, trovano il loro Angelo Custode, e sono coltivate come le piantine. Vien loro insegnato il modo di far bene la santa meditazione, di praticare gli esercizi di pietà: la Santa Messa, la S. Comunione, la lettura spirituale, il S. Rosario, il lavoro spirituale, gli esami di coscienza al mattino, al mezzodì ed alla sera; il modo di ben confessarsi, di star unite al Signore; ad imitare da vicino gli esempi di Gesù, specialmente la sua ubbidienza, umiltà, spirito di sacrificio e di amore. Poi le piccole all’Assistente, le adulte alla Maestra delle Novizie, aprono con figliale fiducia l’animo loro, manifestando le difficoltà incontrate, i difetti, le virtù, i santi desideri, a fine di essere guidate, confortate, e sostenute nel lavoro personale e costante che ciascuna deve compiere per vincere se stessa, per progredire nella purezza del cuore e nella pratica graduale della virtù» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 8, 15 agosto 1924, p. 22). - In questo stesso periodo viene pubblicato il manuale Metodo di esame particolare, secondo Sant’Ignazio, Alba, Pia Società San Paolo, senza data, pp. 54. Al termine del libro, sono riportate le tabelline settimanali, utili per segnare mancanze e vittorie nel lavoro spirituale quotidiano.
256 Tra gli impegni elencati in uno degli “Ora et labora” si trova quello della diffusione del Vangelo nelle famiglie cristiane e del Giornalino, settimanale illustrato a colori per i fanciulli, le cui pubblicazioni erano iniziate il 1° ottobre 1924. Il numero di ottobre dell’UCBS informava: «La Sezione la “Società Biblica”. Si propone la diffusione e penetrazione fra il popolo della Bibbia, e in modo particolare dei SS. Vangeli. In un anno di vita diffuse 200.000 copie del S. Vangelo. Sono in preparazione pure: Il Santo Vangelo unificato, il S. Vangelo per famiglie, il S. Vangelo per fanciulli, le lettere di S. Paolo e degli altri Apostoli, i Vangelini domenicali, la Bibbia completa» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VII, n. 10, 25 ottobre 1924, p. 11).
257 G. ALBERIONE, A tutti i cari e buoni Cooperatori della Pia Società San Paolo, Alba, 31 dicembre 1924, in Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 1, 20 gennaio 1925, p. 1.
258 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 1, 20 gennaio 1925, p. 9. Il numero di febbraio si apre con un articolo su Le Lettere di S. Paolo, in cui, tra l’altro, si afferma: «Abbiamo potuto esaminare e far esaminare il manoscritto delle Lettere di S. Paolo, che è a Roma per la revisione: fu trovato veramente bello e alla portata del popolo, tanto per la traduzione chiara, semplice, quanto per le note e copiose e opportune e vive. [...] San Paolo ha una missione e un compito sociale, religioso, da ben valutarsi: è il ministro del Vangelo per i popoli gentili. L’umanità era separata da una profonda divisione: il popolo di Dio (gli ebrei) e il popolo non di Dio (tutti gli altri uomini). Gesù Cristo venne per salvare tutti, il ministero di S. Paolo era questo: di predicare l’universalità della redenzione, e di attaccare il popolo non di Dio, sul popolo di Dio, e farne un sol popolo, inserire l’olivastro sulla buona oliva, perché tutti fossero salvi. Le sue lettere fanno questo lavoro: instaurare omnia in Christo, instaurare ogni cosa in Gesù Cristo: e poi far vivere agli uomini una vita celeste, perché le membra del corpo, che prima hanno servito a cattive azioni, fossero ora consacrate al servizio di Dio come ostie viventi e tempio dello Spirito Santo. Più ancora: che tutta la natura, guastata pur essa col peccato d’origine fosse associata all’uomo in un inno continuo di benedizione a Dio. [...] Speriamo che il grande Apostolo il quale prende i popoli pagani e li pianta su Gesù Cristo, perché lo spirito suo penetri in essi e vivifichi tutta la loro vita sino a far dell’uomo un Dio saprà attirarsi non solo ammiratori, non solo studiosi critici, ma anime che l’amino, se ne innamorino o tentino con lui l’ascesa verso Dio fino al vivo iam non ego, vivit vero in me Christus» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 2, 20 febbraio 1925, pp. 1-2).
259 Il Tempio di San Paolo fu costruito tra la Casa San Paolo (a destra di chi osserva la facciata del Tempio) e la Casa della Divina Provvidenza (a sinistra), e parallelo alla Casa Regina degli Apostoli. Il numero di UCBS dell’agosto 1925 pubblica la fotografia di queste tre case (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 9, 20 agosto 1925, pp. 7-8).
260 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, 1° aprile 1925, pp. 1-2. In questo stesso numero si informa che «si è fatto acquisto della macchina cinematografica, per la ricreazione educativa dei grandi giorni. Nella bella sera di Pasqua si è rappresentato: Fabiola, con S. Sebastiano, S. Agnese, S. Tarcisio e l’arte delle carte geografiche» (Ibid., p. 9). Si fa pure un cenno anche ad altri nuovi mezzi di apostolato: «Treno, telegrafo, telefono, stenografia, linotype, rotative, elettricità, ecc. Questi elementi che Dio ha creato per la sua gloria, guai a noi se neghittosi lasciamo che servano al regno di satana» (Ibid., p. 24).
261 Nel bollettino dell’UCBS si trovano spesso considerazioni sulla necessità di costruire in fretta il Tempio di San Paolo, anche per far fronte alle necessità dei numerosi membri della Casa, che raggiungevano ormai il numero di 408 persone, provenienti da 30 province italiane (cf Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 9, 20 agosto 1925, p. 1). Nel maggio 1925 si pubblica un foglietto di quattro pagine a modo di supplemento dell’UCBS, dove si fa ai Cooperatori e Amici una interessante presentazione della Casa: «Questa famiglia si compone di due grandi rami: gli interni, i membri della Pia Società S. Paolo che lavorano nella diffusione del Vangelo e pregano; sono i Religiosi e le Figlie di S. Paolo; e gli esterni, gli Amici e Cooperatori, che accudiscono ai loro lavori e aiutano la Casa colle loro offerte». Le Pie Discepole vengono chiamate suore: «È nata in seno alla Casa anche la famiglia delle Pie Discepole. Sono suore le quali, oltre ad attendere ai bisogni ordinari del numeroso Istituto, stanno per turno giorno e notte ininterrottamente davanti al SS. Sacramento, esposto nella Cappella, per implorare le benedizioni di Dio sulla Casa e sulle famiglie dei Cooperatori» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, 10 maggio 1925, p. 1).
262 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 9, 20 agosto 1925, pp. 7-8. Si moltiplicano le celebrazioni della Festa del Divin Maestro, per la diffusione del Vangelo. Viene solennizzata l’intronizzazione del Vangelo, come si apprende dalla descrizione di ciò che si è fatto a Benevello: «Sul tronetto, a destra e a sinistra del Raggio si collocarono due volumetti di “Il Divin Maestro”, Vangelo unificato, ben visibili, per dare anche materialmente l’idea che il s. Vangelo è come la continuazione di Gesù Cristo Eucaristico, la sua Parabola [Parola?], il suo complemento» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 13, 20 dicembre 1925, p. 20). Il libro in questione è Il Divin Maestro, Testo concordato dei Quattro Vangeli, con note, Società S. Paolo Editrice, Alba-Roma, 1925.
263 Quaderno manoscritto Timoteo Giaccardo, n. 6, p. 125.
264 Ibid., p. 132.
265 Ibid., p. 150.
266 Questo accostamento tra Verità-Maestro-Dottrina; Via-Esempio e Vita-Grazia non è nuovo nella Casa. Anzi, già nel 1910, parlando ai seminaristi di Alba, Don Alberione affermava: «È sul sacro Cuore di Gesù Cristo che noi dobbiamo modellarci: quos praescivit et praedestinavit conformes fieri imagini Filii sui. Egli ci ha dato l’esempio delle più alte e perfette virtù. Egli è così buon Maestro che mentre insegna ci dà l’esempio e comunica alla volontà debole la grazia medicinale» (G. ALBERIONE, Quaderno 8, 1° giugno 1910, p. 35). Inoltre, Timoteo Giaccardo annota in un testo del suo Diario del settembre 1918: «La sera d’ingresso, dopo le orazioni, il Sig. Teologo mi presentò ai giovani e mi diede il nome di maestro e mi invitò a dire due parole: io non volli parlare perché impreparato. Avrei dovuto parlare: se entrassi oggi = dopo un anno e più... direi: Maestro: io faccio l’ubbidienza: uno solo però è il nostro maestro: Gesù che ci parla e ci coltiva per mezzo del Sig. Teologo». In un altro testo del medesimo periodo, il Giaccardo ha certamente in mente il trinomio Verità, Via, Vita, considerato sotto l’aspetto di dottrina, esempio, grazia, dove il termine Maestro acquista una connotazione speciale con Verità-Dottrina: «Gesù Maestro: 1. Vos dicitis me magistrum et bene dicitis quia ego sum: colla dottrina, coll’esempio, colla grazia. 2. Il Teologo mi fa chiamare maestro: lo debbo essere colla dottrina, coll’esempio, colla preghiera. 3. L’esame, proposito, preghiera» (cf Quaderno manoscritto Timoteo Giaccardo, n. 68, schema LXX).
267 F. CHIESA, Gesù Cristo Re, Pia Società San Paolo, Alba, 1926.
268 F. CHIESA, Gesù Maestro, Pia Società San Paolo, Alba-Roma, 1926.
269 F. CHIESA, Ego sum Vita, Pia Società San Paolo, Alba-Roma, 1927.
270 F. CHIESA, Gesù Cristo Re, o. c., p. 22.
271 La rivista La Civiltà Cattolica ha pubblicato, l’11 settembre 1926, una recensione del libro, che qui riportiamo integralmente: «Sulle tracce dell’Enciclica di Pio XI “Quas Primas” il ch. canonico Chiesa ha steso trenta letture, “che distribuite pei giorni del mese di ottobre, potranno servire di ottima preparazione per la festa della regalità di Gesù Cristo”, che cade quest’anno ai 31 di ottobre. L’idea è stata opportunissima, e l’A. ha avuto la bella sorte di eseguirla presto e bene, due cose, per solito, che male vanno insieme d’accordo. Il libro che può riuscire di grande vantaggio al clero, anche per la predicazione, nulla lascia a desiderare per esattezza di dottrina, che è proposta in forma chiara e degna del nobilissimo soggetto. Avremmo omesso, in un libro di questa natura, la figura in principio della lettura XXIV, e la spiegazione, che, in qualche punto non è chiara, p. es. a p. 239 dove un errore di stampa (la volontà unita alla morte [?]) rende meno perspicua la analisi psicologica dell’Autore. Le trenta letture del can. Don Chiesa, sulla sovranità di Gesù Cristo, mostrano anche quanto importante sia questa prerogativa, che riunisce intorno alla sua luce, a dir così, tutti gli splendori della dottrina cattolica, come ad es. può vedersi dalle letture XVII-XXI, sul Regno di Gesù Cristo, sulla sua forma generale, la sua costituzione organica, la forma di governo, la estensione del Regno, che danno una esatta idea della vera Chiesa di Cristo» (La Civiltà Cattolica, anno 77°, vol. III, quad. 1830, 10 settembre 1926, pp. 535-536).
272 Cf La Civiltà Cattolica, anno 77°, vol. I, quad. 1814, 8 gennaio 1926, pp. 97-126.
273 In F. CHIESA, Gesù Cristo Re, o. c., p. XI. L’importanza di questo passaggio della Quas primas per Don Alberione la si può desumere anche dal fatto che ispirò il ritiro mensile della Festa di Cristo Re, del 31 ottobre 1926, secondo gli appunti presi da Maestra Tecla Merlo (cf Quaderno n. 4, inedito, pp. 5-6).
274 «Il Regno di Dio si estende nell’universo, nella società, nelle famiglie; ma è certo che suo ultimo scopo siamo noi. È in noi, ossia nella nostra anima, nella nostra persona che Gesù Cristo vuole regnare. Regnum Dei intra vos est. Tutto l’universo sensibile non vale un’anima. L’anima è spirito e nello spirito vi ha la libertà. Nello spirito Dio esemplifica se stesso. Nello spirito tutto l’universo ritorna a Dio, perché lo spirito è capace di conoscere che tutto viene da Dio, e di tutto rivolgere a Dio, dando consapevolmente e liberamente gloria a Lui, come a primo Principio ed ultimo Fine» (F. CHIESA, Gesù Cristo Re, o. c., p. 234).
275 Il Chiesa presenta alcune considerazioni importanti per l’interpretazione del DF. In primo luogo traccia il suo quadro delle facoltà: «Il regno di Gesù Cristo deve soprattutto stabilirsi nella nostra anima. Questo abbiamo considerato nella precedente lettura. Ma la nostra anima ha varie facoltà: facoltà intellettuali, sentimentali, morali. Vediamo ora come questo regno deve stabilirsi nella nostra mente» (Ibid., p. 245).
Avvia poi il suo insegnamento parlando nel primo paragrafo dell’importanza dell’idea, paragonata a un seme che dà origine ad un animale o ad una pianta, ad un cedro del Libano o ad un elefante. E prosegue: «Da che cosa dipende tutto questo? Dall’entelechia direbbe Aristotele; - dalla forma, direbbe S. Tommaso; - ossia dall’anima che l’informa. Se quella materia è informata dall’anima di un grano di frumento, diverrà frumento, se dall’anima di un elefante, crescerà in elefante. Chi guida l’evoluzione del seme è l’anima. Infatti donde venne la diversità infinita delle specie e varietà di viventi? Appunto dall’anima. [...] Ora bisogna, che pensiamo che quello che è l’anima, nell’evoluzione biologica, è l’idea nella storia degli uomini. Alfredo Fouillée ha scritto bei volumi sull’idea-forza. L’Eymieu, nel suo Governo di se stesso ne ha bellamente utilizzata la dottrina a riguardo della nostra educazione. È cosa da tutti conosciuta che in qualunque secolo il pensiero è sempre il germe del progresso. Tutta l’era cristiana è venuta dall’idea cristiana che si è diffusa, penetrando profondamente l’umanità e producendo i suoi frutti. [...] Insomma, ripeto! l’idea è un seme; e come per avere una pianta si semina il seme, così per avere degli uomini di carattere formato, bisogna incominciare dall’idea. L’educazione deve incominciare dall’istruzione. Niente può esser voluto e giudicato senza che sia conosciuto. Nil volitum quin praecognitum, dice il proverbio. E così il regno di Cristo deve incominciare dalla mente. Prima di essere vita cristiana, deve essere idea cristiana. Senza l’idea, la vita mancherebbe di fondamento» (Ibid., pp. 245-247).
Nel secondo paragrafo della lettura il Chiesa afferma che dovunque si trova l’insegnamento di Cristo, là si trova l’idea cristiana e che «Gesù Cristo è Re della mente, perché verità essenziale come Dio, e perché in Lui abita tutta la pienezza della sapienza e scienza divina». Prosegue indicando che l’idea cristiana si trova nella Sacra Scrittura e nella Tradizione cristiana e che viene interpretata dal magistero.
Nel terzo paragrafo della lettura afferma che dobbiamo conoscere l’idea cristiana mediante lo studio e l’ascolto degli insegnamenti e appropriarcene per mezzo della fede, che deve essere universale, ferma e costante (cf Ibid., pp. 247-253).
276 «La volontà di Dio si manifesta in tre modi principali: nei comandamenti, negli esempi e negli avvenimenti. La prima e la seconda si chiamano volontà di segno; la terza volontà di beneplacito. [...] E quali comandamenti! Amare Dio sopra ogni cosa ed il prossimo come noi stessi. Rispettare la vita, l’onore, la roba, la fama del prossimo. Dar cibo all’affamato, vestire l’ignudo, perdonare al nemico, far del bene a chi ci offese, e tanti altri di cui è pieno il Vangelo. Appartengono pure alla volontà di Gesù, non però come comando, ma come consiglio certe altre cose più perfette come sono p. e. la povertà evangelica, e la castità perfetta. Questa volontà viene a regnare in noi per la virtù dell’obbedienza ai precetti di Dio. La medesima volontà di Gesù il Cristo si manifesta cogli esempi. Anzi gli esempi di Gesù formarono le prime espressioni della sua volontà. Coepit facere et docere (Act. I, 1). E quale abbondanza di esempi! La sua nascita nella povera capanna di Betlemme, e tutta la sua vita privata di trent’anni sono la più efficace espressione della sua volontà che ci comanda l’umiltà e l’amore alla povertà e al nascondimento. Qual chiara espressione della sua volontà nel suo digiuno di quaranta giorni, nell’esempio continuo di preghiera, di unione col suo Eterno Padre, di mansuetudine, di pazienza, di longanimità. Che diremo poi della sua Passione, della sua preghiera per i suoi nemici, della sua morte in croce? L’esempio è molto più chiaro e molto più efficace che la parola. Verba movent, exempla trahunt, dice il proverbio. Le parole muovono, ma gli esempi trascinano. Quanto dobbiamo noi ringraziare il nostro Divin Salvatore per essersi degnato di darci i suoi esempi! Le parole potevano sempre lasciar qualche incertezza sul modo di mettere in pratica la legge. Ma l’esempio toglie ogni ombra. La volontà espressa negli esempi viene in noi per mezzo dell’Imitazione della vita di Gesù. Vi ha finalmente la volontà di beneplacito che si manifesta negli avvenimenti. Anche qui qual vasto campo pel Regno di Dio in noi! Tutti gli avvenimenti della storia, della nostra famiglia, della nostra persona, esprimono la volontà, o almeno la permissione divina. Il tempo bello o brutto, l’abbondanza o la carestia, la sanità o la malattia, la ricchezza o la povertà, la pace o la guerra, la buona riuscita o la disdetta, la vita o la morte, tutto quanto avviene intorno e dentro di noi, tutto noi possiamo riconoscere da Dio» (Ibid., pp. 259-261).
277 «1. Il cuore umano. - Fisiologicamente il cuore umano è un muscolo della grandezza di un pugno, che è il centro propulsore della circolazione del sangue. Siccome poi dal sangue si mantengono tutte le parti del corpo, può dirsi che il cuore è la causa che alimenta e conserva il corpo umano. Psicologicamente parlando, il cuore è il centro della vita affettiva. Nel cuore possiamo considerare come vari piani o strati che rappresentano diversi gradi della virtù affettiva dell’uomo. Costituiscono il fondo del cuore le tendenze, prima fra tutte la tendenza alla felicità. Questa porta con sé l’altra tendenza ad odiare tutto quanto porterebbe al disgusto ed all’infelicità. Sopra le tendenze vengono le inclinazioni, che sono anch’esse tendenze, ma più determinate. Così per esempio la medesima tendenza alla felicità genera l’inclinazione alla ricchezza, all’onore, al lavoro e simili. Le inclinazioni però sono disposizioni di carattere permanente, calmo ed uguale. Ad esse, in certo modo si sovrappongono le passioni le quali occupano la parte centrale e principale del cuore, e formano addirittura un mondo vasto e complesso dentro di noi. Sopra le passioni fluttua varia e mutabile la moltitudine dei sentimenti e degli affetti. [...] 2. Come si possa nel cuore stabilire il Regno di Gesù. - È chiaro che dev’essere cosa di altissima importanza dominare il cuore. Di certo sovrano si disse: se volete guadagnarlo, cercate di volgere prima a voi il suo favorito ministro che tiene le chiavi del suo cuore. La volontà è la regina di diritto; ma il cuore è il suo favorito. Dominando il cuore, si domina l’uomo. Fortunatamente però la volontà può avere un dominio d’industria, come lo chiama San Francesco di Sales, sullo stesso cuore. Come dunque sarà possibile impadronirsi del cuore? Ecco: col farvi entrare un vero e forte amore, e questo è l’amor di Dio. Già abbiamo sopra osservato che tutti i dodici generali dell’esercito delle passioni, stanno sotto il comando di un generalissimo che è l’amore. Per questo dice S. Agostino: Ama et fac quid vis. Ama e fa quello che vuoi. Se in un cuore domina l’amor divino, possiamo dirgli senza timore: fa quello che vuoi. Siam certi che non farà che bene» (Ibid., pp. 267-271).
278 «1. Corpo e membra. - L’uomo è un composto di anima e di corpo. L’anima è la parte invisibile e spirituale, il corpo è la parte visibile e materiale. Noi intendiamo appunto di parlare di questo corpo in quanto, unito all’anima, è parte essenziale dell’uomo vivente ed attivo. Esso può essere robusto o debole, sano od infermo, perfetto o difettoso. Il corpo può usarsi bene o male, come l’anima. Può essere strumento di virtù o di vizio. Quanto poi alle membra, esse sono le porte di uscita delle nostre impressioni, come i sensi sono le porte di entrata. Ogni cognizione incomincia dal senso, ed ogni espressione termina al corpo ed alle membra. Il nome di membra si dà anzi tutto alle mani e ai piedi. [...] Ma insieme alle membra, vi sono anche i sensi, i quali possono servire sotto l’impero della volontà ad infiniti usi. [F. Chiesa passa in rassegna gli occhi, le orecchie, la lingua, la bocca, l’odorato e il gusto e il tatto]. - 2. Perché il Regno di Dio si estenda anche al corpo e alle membra. - Se anche corpo, membra e cose si considerassero solamente in se stessi, senza relazione coll’anima, pure apparterrebbero al Regno di Dio, in quanto questo si estende a tutte le cose create. Domini est terra et plenitudo eius (Ps. XXIII, 1). Ma noi consideriamo qui corpo e membra in quanto sono parti essenziali dell’uomo e quindi dipendenti dall’anima spirituale ed immortale. In questo senso corpo e membra vengono a cadere nel regno spirituale di Gesù Cristo, precisamente come appartengono le anime da lui create, redente e santificate. - 3. Come si estenda il Regno di Dio al corpo ed alle membra. - È cosa semplicissima: facendo servire corpo e membra come strumenti non a fare la nostra volontà, i nostri capricci o piaceri, ma unicamente a fare la volontà di Dio. [...] Ecco il genuino avveramento delle parole famose: Vivo autem iam non ego, vivit vero in me Christus (Gal. II, 20). E vivo non già io, ma vive in me Cristo. E cosa è tutto questo? È il Regno di Gesù Cristo che, incominciato nella mente e passato nella volontà, scese nel cuore per passare ad irradiarsi col corpo e nelle membra. È la completa realizzazione del Regno di Gesù in noi!» (Ibid., pp. 279-286).
279 F. CHIESA, La chiave della vita, Pia Società San Paolo, Alba-Roma, 1927. Cf A.F. DA SILVA, Cristo Via, Verità e Vita, centro della vita, dell’opera e del pensiero di Don G. Alberione, in AA.VV., L’eredità cristocentrica di don Alberione, o. c., pp. 253-254.
280 Nel numero dell’11 febbraio 1929, La Civiltà Cattolica ne ha fatto una recensione molto positiva: «Che le cinque lezioni contenute nel bel volume, che l’infaticabile Canonico Chiesa presenta al pubblico, incontrassero “la soddisfazione dei 62 insegnanti che presero parte al corso” di cultura magistrale, indetto in Alba dall’Istituto Superiore di Magistero del Piemonte, e che molti di essi ne chiedessero “con istanza, la pubblicazione” (p. VII), non ci fa maraviglia alcuna. Per la sodezza e profondità della dottrina, per la forma chiara, accostevole e quasi famigliare, per l’ordine mirabile e la stringatezza del ragionamento non poteva essere altrimenti. Eppure il ch. A., senza far troppo faticare i suoi ascoltatori, li conduce ad altezze di pensiero sublimi. Che cosa è la vita dell’uomo, e che cosa in essa e per essa deve conseguire? quale sarebbe il fine naturale della vita umana; e quale ne è ora di fatto il fine soprannaturale? (pp. 1-48). Dunque la vita nostra qui in terra è una preparazione; dobbiamo prepararci alla vita del cielo: preparazione della mente con la fede e l’istruzione religiosa (pp. 49-96); preparazione della volontà con l’osservanza della divina legge (pp. 97-145); preparazione del cuore col coltivare i sentimenti del bello e del buono per la virtù e i mezzi di grazia (p. 146-195); preparazione del corpo con la mortificazione e l’esercizio del bene (p. 196-258). Tale l’ossatura del bel lavoro, senza dire dell’arte con cui il chiaro Autore conduce le menti a concetti astratti e sottili per dare un solido fondamento intellettuale alla vita. Sia ad esempio la felice similitudine dei raggi X (p. 54). Oltre a qualche errore di stampa (v. pp. 3, 51, 65, 71, 76 ecc.) non ci pare esatta qualche espressione, come quella (p. 58) riguardante la luce; né diremmo che “lo stato di vedere le cose con lume proprio e naturale” è per la mente “oggetto più di rinunzia che di esercizio” (pag. 72); perché la vita soprannaturale non può nell’uomo fare di meno della vita di lui naturale. Ma ad ogni modo, il libro ci è parso ben condotto e molto a proposito pei tempi nostri, e vorremmo che fosse letto da molti» (La Civiltà Cattolica, anno 80°, vol. I, quad. 1888, 11 febbraio 1929, pp. 359-360).
281 Cf La chiave della vita, in Donec formetur Christus in vobis, Pia Società San Paolo, Alba-Roma, 1932, p. 16 (DFst 16). Non essendo possibile presentare qui anche semplicemente un riassunto dei punti di contatto tra La chiave della vita di Francesco Chiesa e il pensiero di Don Alberione, sembra interessante riportare almeno questo brano, sulla preparazione della volontà: «Or eccoci disposti a capire in che cosa debba consistere la preparazione della volontà. Siam sempre nel medesimo principio: prepararci è far ora quello che faremo allora. Quando si parlava della visione beatifica, questo significava allenare la nostra mente in questo mondo ad intendere le cose in Dio; come in Dio le vedrà nella vita futura. E qui che potrà significare? È chiaro. Incominciare fin da questa vita a vivere nella volontà di Dio e non nel nostro egoismo. La distinzione che si vedrà chiara nella vita futura tra beati e dannati, si vede anche nella vita presente. Vi sono degli uomini che vivono in se stessi, e degli uomini che vivono in Dio. Vivono in se stessi quelli che in tutto cercano di fare quello che loro piace. Non questa è la via che ci ha insegnato il nostro Salvatore e modello Gesù, che è via verità e vita. Egli ci ha ammaestrati coll’esempio prima, e poi colla parola, che la via da tenere è ben altra. Io son disceso dal cielo, egli dice, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato (Giov. VI, 38)» (F. CHIESA, La chiave della vita, o. c., pp. 128-130).
282 F. CHIESA, Gesù Maestro, Pia Società S. Paolo, Alba-Roma, 1926.
283 F. CHIESA, Gesù Maestro, o. c., p. 1. Il bollettino dell’UCBS, del 20 febbraio 1927, informa che «Il mese di gennaio fu dedicato al Divin Maestro: ogni giorno fu tenuta la meditazione a tutta la Casa sul Divin Maestro, seguendo il libro: Gesù Maestro, scritto appositamente per fornire la materia di predicazione adatta» e presenta una sintesi del libro (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 2, 20 febbraio 1927, p. 12). Nel numero del 29 settembre 1928, la rivista La Civiltà Cattolica ha pubblicato la seguente recensione del libro Gesù Maestro: «La Pia Società S. Paolo, che con sì generoso zelo promuove l’apostolato della Buona Stampa, se pubblicherà spesso dei libri come questo del Can. Chiesa, non può essere che non trovi favore ed aiuto. Gesù Maestro è un volume che piacerà e farà molto bene alle anime; ma vorremmo che fosse letto e meditato specialmente dai sacerdoti, che sotto la guida di Gesù sono chiamati ad essere maestri. Il libro certamente lo merita: dottrina sicura ed esposta con molta chiarezza, attinta al De Magistro di S. Agostino e più di S. Tommaso; felicità di limpida presentazione di concetti anche sottili e sublimi sotto figurazione di oggetti e di rapporti comuni e quotidiani e sopratutto una cospicuità di ordine logico, che certamente risalterebbe anche di più, se il ch. A. ampliasse l’indice dei capi in un indice analitico delle dottrine. Il Can. Chiesa deve essersi intimamente formato alle nitide visioni dottrinali di S. Tommaso una mente limpida ed efficacemente assimilatrice, per potere esporre con così precisa chiarezza la dottrina dei nostri mezzi di conoscenza (pagina 46, ss.). Talora però pare a noi che insista troppo sulle analogie, come appunto su quella del sole e della luna (pp. 46 e 278, ss.), e che sui maestri estranei a Gesù meglio sarebbe dato contentarsi di semplici accenni senza entrare nel pelago storico delle loro dottrine, (vedi specialmente Zarathustra, p. 57, ss.) in quest’ora, nella quale sulla Storia delle religioni si fanno studi così minuti; molto più che non ha detto nulla dei maestri dell’antico Testamento. Certi neologismi li escluderemmo affatto, in un libro che vuol essere ed è di facile intelligenza: es.: valorizzate (p. 9), torpetica [sic!] (p. 193), plastica pedagogica (pagina 207)» (La Civiltà Cattolica, anno 79°, vol. IV, quad. 1879, 29 settembre 1928, pp. 73-74). In UCAS, parte di questa recensione fu ripresa più di una volta, per. es., nel numero 12, del 15 dicembre 1928, p. 9.
284 È molto interessante il pensiero del Chiesa che considera la natura e la Sacra Scrittura come due maestri dati da Dio all’umanità: «Tertulliano in una frase felicissima, che lo dimostra veramente un genio, riassume e scolpisce il maestro divino nell’umanità e ne segna lo scopo. Egli dice: Praemisit tibi naturam magistram submissurus et prophetiam, quo facilius credas prophetiae, discipulus naturae (De Resur. Carnis, c. 12). Come si dicesse: due sono i maestri che Dio ha mandato agli uomini: la natura e la S. Scrittura. Ma Dio, da quell’insuperabile pedagogo ch’egli è, ha voluto osservare il debito ordine, procedendo dal facile al difficile. E che fece perciò? Egli mandò per prima la natura, perché nella varietà e magnificenza dei suoi spettacoli, facesse da maestra agli uomini: e così gli uomini, ammaestrati alla scuola della natura, più facilmente potessero approfittare del magistero della S. Scrittura. Mandò, son le sue parole, dapprima a te maestra la natura, essendo per mandare in seguito la profezia, a che tu più facilmente credessi alla profezia, essendo già stato discepolo della natura. Ebbene noi, anche di fronte alla stessa natura, già abbiamo bisogno di un maestro che ci guidi, e ci aiuti ad interpretarla rettamente. Ciò intendiamo specialmente nel campo che sovra ogni altro ci interessa, cioè nel campo delle verità morali e religiose» (F. CHIESA, Gesù Maestro, o. c., pp. 27-28). Sono concetti che Don Alberione ha frequentemente ripreso nei suoi scritti.
285 Nei suoi appunti del venerdì 25 novembre 1927, Maestra Tecla Merlo annota l’indicazione di Don Alberione: «Gesù Cristo dice: Io sono la Verità (per comprendere meglio questo leggere il libro: Gesù Maestro)» (Quaderno n. 4, inedito, p. 102). Da parte sua Maestra Teresa Raballo annota: «Io sono la Verità, per considerarlo quanto merita, bisognerebbe leggere il libro stampato in Casa intitolato: Gesù Maestro. Argomento considerato in detto libro sotto vari aspetti: filosofico, teologico, ascetico e pastorale» (A. T. RABALLO, Quaderno 19, inedito, venerdì 25 novembre 1927, p. 56).
286 F. CHIESA, Gesù Maestro, o. c., pp. 138-139.
287 Ibid., pp. 147-148.
288 Ibid., pp. 155-156.
289 Ibid., pp. 165-166.
290 Ibid., p. 179.
291 Ibid., pp. 180-181.
292 Ibid., pp. 193-195.
293 Ibid., pp. 207-208.
294 Cf G. ALBERIONE, Metodo d’educazione, in Quaderno 40, 17-19 ottobre 1911, pp. 143-157.
295 F. CHIESA, Gesù Maestro, o. c., pp. 213-215.
296 Ibid., p. 220.
297 «Noi prendiamo qui il termine morale in senso ampio, in quanto si riferisce alla volontà, comprende perciò sia la morale propriamente detta, sia l’ascetica e la mistica. Vedremo ora come l’insegnamento del Divin Maestro si estenda a tutte tre queste parti» (F. CHIESA, Gesù Maestro, o. c., p. 235).
298 «È però da osservarsi che, parlando di Stampa, non ci dobbiamo limitare al solo Vangelo stampato. Nel Vangelo si contiene la dottrina di Gesù Maestro ma non tutta. Ricordiamo le parole con cui termina il Vangelo di S. Giovanni: “Sono molte altre cose fatte da Gesù, le quali, se si scrivessero ad una ad una, credo che nemmeno tutta la terra contener potrebbe i libri che sarebbero da scriversi” (Giov. XXI, 25). Possiamo considerare come dottrina di Gesù non solo le Lettere degli Apostoli e gli altri libri del nuovo Testamento, ma tutta intiera la Bibbia. Non solo. Nella sala d’entrata della Pia Società S. Paolo in Alba, ove appunto si formano gli Apostoli della Buona Stampa, sopra un quadro è rappresentata la figura del sole, che spande intorno la sua luce con tanti raggi. Nel centro il libro del Vangelo: i raggi all’intorno, rappresentano gli altri buoni libri, periodici e fogli che si stampano e diffondono: Bollettini parrocchiali, libri, Giornalino, ecc. E difatti ogni buon libro che diffonda lo spirito evangelico può a buon diritto chiamarsi raggio del Vangelo. Come la luce del sole forma tutti i quindicimila colori dell’iride, così la luce del Vangelo irradia in tutta la buona stampa. Ora se osserviamo come si realizza in pratica questa Buona Stampa, noi tosto conosceremo il modo di cooperazione. Per la Buona Stampa occorrono tre cose fondamentali: 1) formare gli uomini; 2) stampare i libri; 3) diffonderli. Ecco aperto un campo vastissimo di cooperazione» (F. CHIESA, Gesù Maestro, o. c., pp. 417-419).
299 F. CHIESA, Ego sum Vita, o. c., pp. V-VI.
300 Ibid., p. VI.
301 Nei suoi appunti del martedì 29 novembre 1927, Maestra Tecla Merlo annota: «Che cosa significa: Ego sum Vita (Libro)» (cf Quaderno n. 4, inedito, p. 107). Maestra Teresa Raballo annota: «L’ultimo libro stampato della collezione è intitolato: Ego sum Vita» (A. T. RABALLO, Quaderno 19, inedito, martedì 29 novembre 1927, p. 60).
302 F. CHIESA, Ego sum Vita, o. c., p. 331.
303 Cf A. F. DA SILVA, Tavola sinottica dei documenti relativi al testo di Donec formetur Christus in vobis, 35 pp. (inedita).
304 «Gli Esercizi sono un tempo in cui la novizia si prepara ad essere vera religiosa. Il noviziato è un tempo in cui l’anima si orienta verso il Signore» (T. MERLO, Quaderno B2.5, inedito, martedì 11 ottobre 1927, p. 3).
305 Cf Regole, Pia Società San Paolo, 1927. Nello stesso 1927 fu pubblicata l’opera Corso di Esercizi Spirituali per otto giorni secondo il metodo di S. Ignazio, compilato per uso speciale dei Religiosi e Sacerdoti dal P. Luigi Pincelli S.J., 2 voll., Pia Società San Paolo, Alba, 1927. L’anno seguente fu pubblicato il libro di L. BELLECIO, Gli Esercizi Spirituali secondo il metodo di S. Ignazio di Lojola, tradotti e in alcuni luoghi compendiati dal Padre Antonio Bresciani, Pia Società San Paolo, Alba, 1928; cf A. F. DA SILVA, Il cammino degli Esercizi Spirituali nel pensiero di Don Giacomo Alberione, Centro di Spiritualità Paolina, Casa Divin Maestro, Ariccia, 1981, pp. 33ss.
306 Non si ha notizia di appunti presi da Suor Scolastica Rivata riguardanti questo “Corso di Esercizi prolungati”. In un suo quaderno inedito del 1928 si trovano però appunti dai temi molto simili a quelli impartiti da Don Alberione per la formazione del ramo femminile della Casa e contenuti in forma lapidaria nel DF. Ad esempio, gli appunti del “Ritiro. Maestre. 4-28” contengono dei cenni all’apostolato stampa, simili alle affermazioni contenute nell’istruzione svolta il 16 aprile 1928, nel Corso di Esercizi prolungati. Si può percepire la particolare attenzione a ciò che era più pertinente alla vita delle Pie Discepole: «Gesù ha fatto similmente con me come ha fatto cogli Apostoli; essi erano poveri pescatori, ed io povera contadina! Cosa ne sapevano loro della sua missione? Così io dell’Apostolato Stampa. [...] Io debbo amare gli altri che son in altri istituti come fratelli e sorelle, ma considerare che noi col nostro Apostolato abbracciamo tutti loro pure; e come non bastando più le altre cose per fare quel bene necessario a gloria di Dio e a beneficio del prossimo, questo nostro apostolato rimane un nuovo modo per completare, comprendere ancor gli altri e far tutto insieme. Non è che sia nuovo nel suo genere perché la sua data vien già dai tempi di N.S.G.C., ma è nuovo nel suo modo. Pochi han compreso il vero senso dell’Apostolato Stampa, e noi siamo quelle anime fortunate che Iddio ha scelto per questa delicatissima missione. Colla preghiera e colla stampa: Colla preghiera per ottenere che la stampa faccia del bene e chi la fa abbia lume e grazia di farla santamente e ottenere una larga diffusione, e molti frutti di bene. Io sono ignorante che so niente e meno che niente, io più incapace d’ogni altro, fui scelta a fare questo gran bene» (SUOR SCOLASTICA, Quaderno 1928, inedito).
307 Cf Quaderno manoscritto di Suor Giuseppina Ambrosio, Istruzioni I-XX + 1 Ritiro mensile sullo Stato Religioso (inedito, attualmente conservato presso il Centro di Spiritualità Paolina).
308 Particolarmente interessante è l’Istruzione XVIII, su Gesù Maestro Via, Verità e Vita. Ne riportiamo un ampio brano: «Una grande grazia che dobbiamo chiedere al Divin Maestro è questa: Che possiamo sempre essere fedeli alla nostra vocazione, facendo in modo che la nostra stampa sia sempre pastorale, cioè sia essa sempre scritta con spirito pastorale, parrocchiale, con le verità che salvano. Voi amerete davvero il Divin Maestro quando darete la stampa pastorale, non di lusso, ma tutto ben chiaro e semplice, perché Gesù ha detto: “Io sono la Via la Verità e la Vita” e noi dobbiamo farla giungere a tutti questa stampa e salvare le anime, far arrivare a tutte le famiglie la luce del Vangelo. Questo è il primo omaggio che vi suggerisco di fare a Gesù Maestro. [...] Gesù Maestro Via Verità e Vita è la nostra strada finché noi staremo lì, staremo bene, saremo benedetti, sarà benedetto il nostro Apostolato. Tenetevi perciò su queste rotaie, non scappate da esse, non tenete altre vie libere, dite a Gesù: Gesù Maestro Via e Verità e Vita abbiate pietà di noi, siate la nostra strada, illuminateci, guidateci a Voi, teneteci per carità strette a Voi. - L’ossequio nostro a Gesù Maestro - In pratica l’ossequio che voi dovete fare a Gesù Maestro, in secondo luogo oltre il Vangelo è lo studio del Catechismo. Verità - La prima parte del Catechismo è il Credo, il dogma e onorerete Gesù Verità. Via - La seconda parte cioè quella dei precetti e dei comandamenti e virtù cioè la morale - va ad onorare Gesù Via. Vita - La terza parte comprende i sacramenti, la Messa, le preghiere, ossia il culto ad onore di Gesù Vita. “Io sono la vera Vita”». Nella conclusione dell’Istruzione successiva, Don Alberione afferma: «La vita religiosa è la Via la Verità e la Vita vissuta nel modo più perfetto. Bisogna che nel tempo di noviziato dimostriate di ascendere alla vita religiosa, ai voti, e li pratichiate già prima con slancio e fervore» (G. AMBROSIO, Quaderno 1929, inedito).
309 Tra le tante iniziative si ricordi l’inizio degli scavi per la costruzione della chiesa di Gesù Maestro, il 14 marzo 1927, ad Alba, in Borgo Piave.
310 «Due notizie... Maiuscole. Sono quelle che comunicò alla famiglia paolina il Signor Teologo la sera di quell’assalto di cui diciamo altrove, ossia alla vigilia della sua festa. - Ma perché notizie maiuscole? - Perché tutte le altre, in confronto, sono... minuscole. Eccole queste due notizie: 1ª La conclusione del contratto per la costruzione della Cartiera; 2ª L’acquisto del terreno per la nuova sede della Casa di Roma. Ed anche senza nulla aggiungere, è facile capire come si tratti per la Casa di due avvenimenti di massima importanza. Come siano state accolte dai ragazzi queste due notizie di grosso calibro lo possono facilmente immaginare gli amici» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 8, 20 agosto 1927, p. 12).
311 Ibid., anno X, n. 3, 20 marzo 1927, pp. I-XVI.
312 Ibid., anno X, n. 9, 20 settembre 1927, pp. 8-9.
313 «Debitamente approvato dalla Regia Procura Generale di Torino, un nuovo giornale è venuto in questi giorni ad aggiungersi alla famiglia numerosa dei confratelli che vedono la luce sotto l’egida di S. Paolo. “La Famiglia Cristiana” è un grande settimanale a 12 pagine, un vero tesoro per le famiglie cristiane, ed è destinato specialmente a quelle diocesi che sono prive di un settimanale cattolico o che stentano a mantenerlo in vita. Auguriamo al novello predicatore del Vangelo di Cristo una grande diffusione ed una copiosa messe di bene» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 9, 20 settembre 1927, p. 14). Questo periodico cessò le pubblicazioni dopo qualche mese. “La Famiglia Cristiana” rinacque nel 1931.
314 «Maestro era il titolo con cui Gesù Cristo preferiva essere chiamato. Satana con la stampa cattiva detronizzò Gesù Cristo dalle menti, e per esse nei cuori, nei desideri e nelle opere. La festa del Divin Maestro vorrebbe rimettere in trono Gesù Cristo mediante il Vangelo nelle menti e per esse nell’uomo e nella vita; attuare il regno di Gesù Cristo nelle menti conquistandole con la parola potente del Vangelo; le altre stampe han meno forza sull’uomo» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno IX, n. 1, 20 gennaio 1926, p. 11). L’articolo continua esponendo nove motivi per la promozione della festa.
315 Cf Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 10, 20 settembre 1925, pp. 12-13.
316 Ibid., anno IX, n. 11, 20 novembre 1926, pp. 8-9.
317 Il Congresso si apriva il 30 giugno «colla benedizione del Papa, coll’adesione di una ventina fra Cardinali, Arcivescovi e Vescovi e colla più schietta approvazione del clero e del laicato cattolico delle diocesi piemontesi. [...] Si legge il telegramma del Papa accolto fra una salve di applausi: “Santo Padre compiacendosi opportuna attività Pia Società San Paolo Apostolato-Stampa invia di cuore soci e partecipanti Congresso Vangelo implorata benedizione. Card. Gasparri”» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 7, 20 luglio 1927, pp. 2-5).
318 Ibid., anno X, n. 7, 20 luglio 1927, pp. 6-7.
319 «Giugno si chiude con la festa di San Paolo: quelli che hanno consacrato al Sacro Cuore il mese di gennaio, diano tutto giugno a San Paolo: quelli che onorano il Cuore di Gesù in giugno, si facciano introdurre da San Paolo nell’amore al Sacro Cuore. San Paolo è il prigioniero di Gesù; è l’Apostolo dell’amore di Gesù Cristo; è consumato dalla carità verso Gesù Cristo: è la vita di Gesù Cristo. La divozione a San Paolo è segno di predilezione di Dio: la divozione a San Paolo ci scrive nel libro della vita. Sono così grandi i Santi presso Dio, e così potenti di aiuto a noi, quanto più s’avvicinano e ricopiano il Divin Maestro via, verità e vita. Via come modello; verità con gli insegnamenti; vita colla grazia che ci comunicano pregando per noi. San Paolo è via: lo Spirito Santo gli fa scrivere tre volte queste parole “imitate me, come io imito Gesù Cristo”. San Paolo è verità: egli è il Maestro e il dottore, così possiede e comunica il Vangelo che lo chiama “mio Vangelo” e “genera nel Vangelo”. San Paolo è vita: perché la sua vita è immedesimata con quella di Gesù Cristo: “vivo, ma non più io, e vive in me Gesù Cristo”» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 7, 15 giugno 1925, p. 1).
320 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 8, 20 agosto 1927, p. 1.
321 «La Casa di S. Paolo ha i suoi protettori speciali che ne ispirano l’istituzione e che con un’incessante assistenza la fanno prosperare; e verso di Essi nutre e pratica particolari devozioni ogni giorno, e più solennemente e tutta unita al principio di ogni mese. La prima settimana del mese ha preso perciò il nome di Settimana delle divozioni, e costituisce sempre un avvenimento d’una certa singolarità. [...] Ed ecco un breve accenno alle varie divozioni. La Casa vuole caratterizzarsi collo spirito e la vita di S. Paolo: ha preso nome da lui la Società S. Paolo, la prima casa, la Cappella; e tale sarà anche il nome della Chiesa in costruzione. Onde a S. Paolo si dedica il primo Lunedì del mese. In secondo luogo, l’apostolato stampa si distingue, ma non si separa mai dall’apostolato della preghiera: si propone di salvare le anime e non lascia se non quando sono entrate in cielo. Nel Purgatorio vi è chi soffre per la cattiva stampa, e la Casa non può non occuparsene. Perciò il primo martedì si consacra alle Anime del Purgatorio. L’apostolato stampa ha bisogno di mezzi materiali, e niuno è miglior Provveditore di quei che fu scelto a provvedere alla S. Famiglia, S. Giuseppe. L’apostolato stampa è apostolato universale, e ben conviene che si appoggi sul Patrono della Chiesa Universale. La stampa cattiva è quella che ha seminata la miscredenza, l’odio alla Chiesa, che ha valorizzato le pratiche religiose, i sacramenti... ecc. ed è causa che tante persone s’appressino impreparate e indisposte alla morte. Tocca agli apostoli della stampa buona riparare a questi mali coll’interporre la meditazione del Protettore dei moribondi. Gli alunni son tutti ascritti alla S. Crociata per i moribondi, e al primo Mercoledì del mese onorano e pregano in particolare S. Giuseppe a tal fine. Il primo giovedì è dedicato all’Angelo Custode. Ogni buon libro, ogni buon Giornale è un Angelo che parte dalla tipografia ispiratore di buoni sentimenti, fautore di forti propositi, seminatore di un’eletta semenza che porta frutti eterni. Molti dei Bollettini infatti si denominano “Angelo” ed hanno per simbolo un Angelo. E in vero compiono appunto quell’opera di presenza prolungata, silenziosa, dolcemente insinuante, senza pretese come il buon angelo custode. Chi scrive poi non ha che una comunicazione anonima e insensibile con chi legge mentre gli angeli di chi scrive e di chi legge possono con estrema facilità mettersi in comunicazione e preparare un terreno adatto per una parte e una semente appropriata per l’altra. L’apostolato stampa non è che la continuazione dell’Evangelizzazione incominciata dal Divin Maestro: è l’esecuzione del comando: “Andate nel mondo universo, predicate il Vangelo ad ogni creatura...”. Il Divin Maestro è l’ispiratore, è quegli che dà l’incremento, che dà la vita al seme e lo fa germogliare; che sostiene e guida il seminatore evangelico. Gli è consacrato il primo Venerdì colla Comunione riparatrice, la Comunione dei nove venerdì, e spiegazione dell’intenzione dell’apostolato della preghiera. Il sabato è dedicato a Maria. Gli Apostoli furono consegnati a questa Madre e devono ad essa la fecondità del loro apostolato. Maria è Regina degli Apostoli, ed è anche Regina della Buona Stampa poiché tutti gli scrittori sacri le hanno consacrate le più belle pagine! Le più dolci espressioni, come la letteratura, anche profana, e le arti affini hanno creato per Lei i più bei capolavori. Si spiega la perfetta divozione secondo il beato Grignion de Montfort» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 8, 20 agosto 1927, pp. 10-11).
322 «Le vetrate nel Tempio a S. Paolo - Alba. Le finestre devono essere proporzionate per stile, ricchezza, pietà col rimanente della Chiesa. Ed è perciò che si è compiuto con particolare attenzione uno speciale studio: e stanno riuscendo bellissime per stile, vetrate, intelaiature, figure. Le finestre sono 22 in alto, di cui: 1. Quattro a forma di conchiglia con un vetro di quattordici metri quadrati. Esse avranno vetri istoriati rappresentanti: la lettera di S. Paolo ai Romani, la conversione di S. Paolo, il martirio di S. Paolo, la gloria di S. Paolo. 2. Quattro ad elissi ovali, di circa metri quadrati otto; si aprono nel pedritto del voltone centrale. Esse avranno vetri istoriati rappresentanti gli evangelisti con i rispettivi simboli, cioè: S. Matteo coll’Angelo; S. Marco col leone; S. Luca col bue; S. Giovanni con l’aquila. 3. Dodici finestre di forma rettangolare-barocca, aperte sopra i quattro transetti della Chiesa, di due dimensioni, cioè parte di metri quadrati 6 e parte di metri quadrati 4. Avranno pure vetri istoriati, e vi si metteranno i dodici apostoli. 4. Due altre finestre a forma di uovo di conchiglia, di metri quadrati otto, aperte sopra il braccio di entrata nella Chiesa. I vetri istoriati rappresentano due discepoli di S. Paolo: S. Tito e S. Timoteo. S. Timoteo nell’atto in cui viene ordinato Sacerdote da S. Paolo; S. Tito nel momento in cui spira l’anima sua “plenus dierum ac meritorum”. Così i giovani che dovranno essere un giorno gli apostoli del Vangelo a mezzo della Stampa avranno continuamente sotto i loro occhi gli esempi dell’Apostolo per eccellenza, S. Paolo; e dei dodici altri Apostoli, scelti dal Signore, e degli Evangelisti che ci hanno lasciato questo tesoro inesauribile del Vangelo. Di S. Paolo ci ricorda la conversione del cuore; il capo-lavoro dei suoi scritti, l’epistola ai Romani; le sue fatiche pel Vangelo specie il martirio; la sua corona di giustizia, cioè la gloria eterna fra quanti l’hanno seguito, S. Luca, S. Tito, S. Timoteo, S. Tecla ecc. ecc. E così le finestre saranno come una continua storia, predicazione ed incitamento ai Chierici a percorrere, sull’esempio del loro celeste protettore, la via cui Dio li chiama. E affinché la vita d’apostolato sia sempre considerata nel suo principio di grazia e di missione data dalla Chiesa ecco S. Timoteo che riceve l’ordinazione sacra da S. Paolo. Ed affinché sia pure considerato nel suo vero fine ecco S. Tito che già lascia la terra circondato dai discepoli e già va al premio del cielo. I più illustri esempi di virtù e zelo li hanno lasciati gli apostoli, eletti direttamente da N. S. G. C. e da Lui forniti di autorità, poteri, doni speciali. Perciò la loro presenza sarà una scuola continua. Gli Evangelisti ci ottengano poi la grazia di ben comprendere, e vivere, e pubblicare il Vangelo ad ogni creatura. Il lavoro riesce degno per quanto umanamente si può dire. Lo stile è in intonazione giusta colla chiesa; i colori sono distribuiti con ricchezza e proporzione; le figure sono vive, parlanti; la posizione d’ognuno ha un proprio significato» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XI, n. 8, 31 agosto 1928, p. II).
323 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno VIII, n. 8, 20 luglio 1925, pp. 17-18.
324 Ibid., anno IX, n. 6, 15 giugno 1926, pp. 2-3.
325 Ibid., anno X, n. 6, 15 giugno 1927, pp. 1-3.
326 Accanto al resoconto delle celebrazioni della benedizione del Tempio a San Paolo, un articoletto informa sugli Esercizi Spirituali ai giovani e, tra l’altro, riferisce: «Gli Esercizi Spirituali non si risolvono soltanto in una buona Confessione, ma molto più facilmente in una buona elezione dello stato, ed in una conversione a Dio sincera e duratura per mezzo della vita cristiana. A “San Paolo” quest’anno si ebbero vari corsi di Esercizi SS. alla gioventù esterna: oltre ai soliti per le persone interne. Tre corsi per figlie, in cui 210 giovani si infervorarono nella vita cristiana e pia; e un corso per i giovani, al quale attesero in modo edificantissimo 60 giovanotti. Molti giovani hanno fatto insistenza per avere anch’essi tale fortuna; molte figlie attendono che venga il loro turno; ora poi hanno pur chiesto uomini e donne. Si confida di poter tutti accontentare. Ma, di qui, ognuno vede, di quale immenso vantaggio sarebbe avere qualcosa più adatto e più stabile» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XI, n. 11, novembre 1928, p. 2). Sensibile alla pastorale degli Esercizi Spirituali, agli inizi del 1930 Don Alberione compie i primi passi per la costruzione di una Casa di Esercizi. Cf A. F. DA SILVA, Cristo Via, Verità e Vita centro della vita, dell’opera e del pensiero di don G. Alberione, in AA.VV., L’eredità cristocentrica di don Alberione, o. c., pp. 282-283.
Si può costatare che questa iniziativa di Don Alberione rispondeva a quanto auspicava l’enciclica Mens nostra, di Pio XI, sull’“importanza e l’utilità di promuovere gli Esercizi Spirituali”. Per costatare la sintonia del DF con questa enciclica, basta forse riportare qui il seguente brano: «Nei tempi difficili in cui viviamo, nei quali il vero senso di Cristo, lo spirito soprannaturale, essenza della nostra santa religione, soffre tanti ostacoli ed impedimenti, nell’imperversare del naturalismo, che tende ad illanguidire la vivezza degli ideali della fede e a smorzare gli ardori della carità cristiana, è quanto mai salutare sottrarre l’uomo a quell’“affascinamento della vanità” che “oscura il bene” (Sap 4,12), e trasportarlo in quella beata solitudine, ove in un celeste magistero l’anima apprende il vero valore dell’umana esistenza, riposta appunto nel servizio di Dio, il salutare orrore alla colpa, il santo timore di Dio, la vanità delle cose terrene, e nella contemplazione di Colui che è “via e verità e vita” (Gv 14,6) impara a deporre “l’uomo vecchio” (Ef 4,22) e a rinnegare se stesso e nell’esercizio dell’umiltà, dell’ubbidienza, della mortificazione, a rivestirsi di Cristo, fino a giungere a quell’“uomo perfetto” e a quella “misura dell’età piena di Cristo” (Ef 4,13) di cui parla l’apostolo, anzi fino a poter dire con lui: “Vivo non già io, ma vive in me Cristo” (Gal 2,20): sublimi ascensioni e divina trasformazione che l’anima compie sotto l’azione della grazia invocata nella più frequente e fervorosa preghiera, attinta nella partecipazione più devota ai sacrosanti Misteri» (La Civiltà Cattolica, anno 81° [1930], vol. I, quad. 1909, 28 dicembre 1929, pp. 10-11).
327 Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 1, 20 gennaio 1927, pp. 4-6.
328 Regole, Pia Società San Paolo, 1927, Prima Parte, La Pia Società S. Paolo, art. III. Nel mese di aprile 1927, il bollettino dell’UCBS dedica diverse pagine alle Sezioni Parrocchiali. Prima di presentarne lo Statuto, Don Alberione si rivolge ai Cooperatori: «La Pia Società San Paolo lavora nell’Apostolato Stampa; cioè spende la sua attività alla diffusione delle verità e vita cristiana col mezzo di fogli, giornali, libri, biblioteche, bollettini, ecc. ecc. Essa si dedica alla diffusione, popolarizzazione, difesa della parola di Dio con la Stampa: come i Sacerdoti con la predicazione. Perciò essa tende: a formare sacerdoti-scrittori e operai religiosi; a scrivere, stampare, diffondere; formare maestre-scrittrici e operaie religiose; a diffondere la persuasione che occorre stare attaccati a Gesù Maestro che ci si manifesta nella tradizione e predicazione come nella Scrittura e Apostolato-Stampa. Attualmente la Pia Società S. Paolo ha circa cinquecento giovanetti, numero che aumenta ogni anno, che educa con duecento Figliuole che si dedicano all’Apostolato-Stampa. Ma nelle parrocchie essa tende a formare le Sezioni dei Cooperatori: queste esercitano sul posto l’Apostolato-Stampa e fanno vivere le opere della Società San Paolo col suo spirito e col suo indirizzo. Riescono così di efficacissimo aiuto ai RR. Parroci ed alle anime; mentre che colle preghiere, con il lavoro, con le offerte sostengono le iniziative del Centro. [...] L’Apostolato-Stampa è oggi un mezzo ordinario di istruzione pel Parroco come a S. Paolo le sue lettere, come la S. Scrittura accanto alla predicazione» (Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 4, 20 aprile 1927, p. 5).
329 Si annuncia, ad esempio, la pubblicazione de “La Bibbia delle Famiglie”: La Bibbia ridotta a breviario del popolo, a libro di santa devozione è indirizzata alle famiglie e alle scuole ove potrebbe essere per i genitori e per i figli, per i maestri e per i discepoli fonte inesauribile d’istruzione, d’educazione e di opere sante. «Siccome è per il popolo, la traduzione è della Volgata, secondo i desideri della Chiesa; e le note sono o dei Padri o dei Dottori, o degli scrittori ecclesiastici già approvati. Importante: la “Bibbia delle Famiglie” uscirà anche a dispense settimanali illustrate» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XI, n. 2, 15 febbraio 1928, p. 27).
330 Ad esempio: «Dio vuole l’Apostolato-Stampa» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XI, n. 6, 30 giugno 1928, pp. 8-9); «Dio stesso assegna lo scopo diretto dell’Apostolato-Stampa, ossia la sua magistrale missione» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XI, n. 7, 31 luglio 1928, pp. 7-9).
331 Cf Unione Cooperatori Buona Stampa, anno X, n. 2, 20 febbraio 1927, pp. 4-5.
332 T. GIACCARDO, Regina degli Apostoli, le ragioni del titolo, i benefici del titolo, il culto del titolo, Pia Società S. Paolo, Roma, Alba, Torino, 1928. In una lettera al Giaccardo, pubblicata a modo di presentazione del libro, Don Alberione scrive: «La dottrina, i pensieri, i sentimenti, gli ossequi che vi sono esposti non sono cose nuove per noi: li abbiamo insieme meditati, studiati, praticati. Ma il vederli oggi proposti in modo ordinato, fissati sopra pagine destinate anche ad altri è cosa utile, meritoria, certamente gradita a Maria» (G. Alberione, Alba, 19 marzo 1928).
333 Cf Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 4, 16 aprile 1929, pp. 6-7.
334 Il Giaccardo dedica un capitolo a “Maria Regina della Stampa”, composto di un’introduzione e di tre punti: il regno della stampa, il regno di Maria nella stampa e l’apostolato della stampa sotto il governo di Maria. Al termine del capitolo, segue un esempio in cui si racconta la vocazione di Don Alberione, quella dello stesso Giaccardo e lo sviluppo della Casa. Sembra opportuno riportare alcuni dei capoversi dell’articolo: «...noi, figliuoli di San Paolo, piccoli ministri dell’apostolato della stampa che procediamo dalla volontà del Santo Padre, cui per vincolo religioso siamo legati per la difesa e la propagazione della Chiesa col mezzo della Stampa. L’apostolato della stampa si riveste di libri, e di giornali, è la parola viva di Dio vivo e salvatore, com’è la parola viva di Dio vivo e salvatore la predicazione che si riveste di suono articolato. L’apostolato della stampa è la difesa, la spiegazione, la divulgazione, la applicazione, la popolarizzazione del Vangelo. [...] I. IL REGNO DELLA STAMPA. Nella potenza di questo regno risplende la corona regale di Maria. [...] Ogni campo nuovo della attività umana e dello zelo cristiano, destinato ad estendere il regno del Padre celeste, è per dono di Dio soggetto all’impero della Santissima Vergine e riconosce Maria Santissima sua Regina. Il fenomeno della stampa è oggi forse la principal manifestazione nel campo dell’attività umana: uno dei principalissimi mezzi di zelo. I progressi più meravigliosi, le più strabilianti scoperte, di questi ultimi anni si sono fatti nel campo della stampa e a servizio della stampa. La maggior parte dell’attività intellettuale degli uomini è dedicata alla stampa. Il giornale è la fame di oggi, è la sete di oggi e il respiro di oggi: il giornale suscita le idee, dirige le volontà, forma le coscienze, domina l’opinione pubblica. Il giornale, la stampa è chiamata con una frase molto vera e molto espressiva il Re dei tempi. E di questo importantissimo regno, di questa somma potenza, di questa suprema manifestazione di vitalità, di questa nobilissima ed efficacissima opera di zelo Maria è e deve essere Regina; Maria ha cura della stampa, e la stampa e gli uomini della stampa la riconoscono» (T. GIACCARDO, Regina degli Apostoli, o. c., pp. 197-199).
335 Cf il dossier «1928. I primi Fratelli Discepoli di Gesù Divin Maestro», di Fr. Maggiorino S. Caldellara, consegnato dall’autore al Centro di Spiritualità Paolina.
336 Questa novità non viene ancora rispecchiata nel numero di dicembre dell’UCAS, in una notizia sul Sig. Giovanni Marengo, assistente degli Operai: «È un bravo Paolino che ora è fuori di Casa per adempiere il suo dovere verso la patria. Fu per dieci giorni tra di noi e venne unicamente per gli esercizi spirituali. Lo trovammo bene e lo si rivide volentieri: gli fecero molta festa i suoi allievi operai che coltivava con gran cura e pari cuore. Ancora pochi mesi e poi sarà per sempre tra noi» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XI, n. 12, dicembre 1928, p. 5). Invece, nel numero di maggio 1929, si afferma: «Anche i Discepoli, nel loro cortile, innalzarono un piloncino su cui posero una bella statua di Maria Immacolata» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 5, 16 maggio 1929, p. 6).
337 G. ALBERIONE, Alba 29/05/1929 (cf Corrispondenza Don Alberione - T. Giaccardo, inedita, conservata presso l’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, in Casa Generalizia SSP).
338 Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 7, 16 luglio 1929, p. 2.
339 PIO XI, Lettera enciclica della riparazione che tutti debbono al Cuore Sacratissimo di Gesù, cf La Civiltà Cattolica, anno 79°, vol. II, quad. 1871, 23 maggio 1928, pp. 385ss.
340 Cf Quaderno n. 6, inedito, Venerdì 18 maggio 1928, p. 177.
341 F. CHIESA, Riparazione!, Commento dell’enciclica “Miserentissimus Redemptor” in un mese di Istruzioni con esempi, L.I.C.E., Lega Italiana Cattolica Editrice, Torino, 1930. Si noti che la Prefazione dell’autore porta la data: «Alba, Festa dell’Epifania, 1929».
342 «Molti sono gli istituti religiosi nella Chiesa: antichi e recenti, venerandi tutti e ricchi di frutti per le anime. Oggi conviene in modo specialissimo un istituto che si dedichi al divino e necessario Apostolato-Stampa. L’Apostolato-Stampa è nella sua sostanza antico quanto la Bibbia; oggi però ha assunto una forma, un’efficacia ed una necessità nuova, date le condizioni sociali odierne e le recenti invenzioni. Per tale apostolato sono stati approvati, come congregazioni religiose, a norma dei sacri canoni, due istituti. Sono distinti nella loro Direzione e Amministrazione, affini tra di loro per comunità del fine, per la comunità di molti mezzi, per la comunità dello spirito. Sono: LA PIA SOCIETÀ S. PAOLO (ramo maschile). LA PIA SOCIETÀ DELLE FIGLIE DI SAN PAOLO (ramo femminile). - Fine. Entrambi si propongono di predicare con la Stampa, come vengono predicate con la parola, le verità cristiane; allo scopo di santificare i propri Membri; attirare le anime alla scuola del Divin Maestro per condurle al cielo. Mezzi. La vita comune, i voti religiosi, le pratiche di pietà, l’Apostolato quotidiano, la pratica delle virtù, ecc. sono i mezzi per la santificazione propria. Per la diffusione della dottrina cristiana i Membri si occupano: a) a scrivere giornali, opuscoli, libri, fogli con lo spirito di comunicare, commentare, diffondere il Santo Vangelo e i suoi insegnamenti; b) a stampare, cioè compiere il lavoro tipografico di composizione, impressione, brossura, legatura ecc.; c) a spargere e diffondere con varie iniziative biblioteche, bollettini parrocchiali, opera biblica, settimanali ecc. SPIRITO. È comando del Maestro Divino che il suo insegnamento sia predicato ad ogni creatura, secondo viene custodito ed insegnato dalla Chiesa Cattolica, Maestra infallibile di verità. La predicazione deve essere fatta in semplicità e manifestazione intera di Gesù Cristo Via, Verità, Vita, secondo l’esempio e sotto la protezione dell’Apostolo S. Paolo, vaso eletto e dottore delle Genti. Il Signore, gli Scrittori Sacri, gli Apostoli, i SS. Padri, i Dottori, la Chiesa, sono i maestri, i modelli di questo Apostolato, esercitato unicamente perché questa è la vita eterna, che conoscano Te (o Padre) e Colui che hai mandato» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 8, 16 agosto 1929, p. 1).
343 Tra le notizie della Casa di Alba si parla del ritorno del Sig. Giovanni dal servizio militare e della sua vestizione religiosa tra i Discepoli Riparatori: «In questi giorni è ritornato dal servizio militare il nostro giovane Signor Giovanni, il quale, dopo una settimana di Esercizi Spirituali, vestì l’Abito Religioso della Famiglia “Discepoli Riparatori”. Mentre ringraziamo il Signore che l’ha conservato buono anche fra tutti i pericoli della vita militare, porgiamo a lui l’augurio di un sempre più fecondo apostolato» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 9, 16 settembre 1929, p. 12).
344 Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 9, 16 settembre 1929, p. 5. Cf la presente Introduzione, n. 166.
345 «I Discepoli del Divin Maestro sono, nella Pia Società S Paolo, i religiosi laici che si dedicano all’Apostolato della Stampa. Duplice è il loro scopo: 1) Riparare colla vita pia, coll’esercizio delle virtù cristiane, colla propria santificazione gli innumerevoli peccati causati dalla stampa cattiva. 2) Lo studio teorico pratico del lavoro tipografico di composizione, di stampa, di legatura, della carta, degli inchiostri, di propaganda ecc. Essi si mettono al seguito di Gesù Maestro praticando due importantissime divozioni: l’assistenza devota alla S. Messa (due SS. Messe ogni giorno) e l’esercizio della Via Crucis due volte alla settimana (martedì e venerdì) oltre alla Visita quotidiana al SS. Sacramento. Essi spendono tutte le loro energie, sempre allegri e contenti applicandosi ai più svariati generi di lavoro, debbono possedere un corredo completo di cognizioni teoriche e pratiche di tutto quanto riguarda il lavoro tipografico non solo, ma di una Casa in cui non basta comporre o stampare ma preparare gli inchiostri per la stampa, fondere i caratteri per la composizione, lavorare la carta ecc., ecc. Quindi è bello vederli passare dalla compositoria alla stamperia, dalla stereotipia agli inchiostri, dall’officina meccanica alla lavorazione della carta, alla diffusione pratica dei libri stampati. E tutto questo svariato lavoro lo compiono con molta cura ed applicazione; spinti da un unico pensiero: guadagnarsi dei meriti, e molti meriti per il Cielo; salvare tante, tantissime anime. I Discepoli del Divin Maestro vanno aumentando sempre più, specialmente in questi giorni: è il Maestro Divino che fa sentire la sua chiamata. Preghiamolo affinché siano tanti al suo seguito, e che nessuno dei chiamati abbia a disertare ma che tutti corrispondano generosamente. Raccomandiamo a tutti i nostri carissimi Cooperatori ed in modo speciale ai RR.mi Parroci l’opera delle vocazioni all’Apostolato-Stampa tra i Discepoli del Divin Maestro. Nei Circoli della Gioventù Cattolica Maschile, spesso si incontrano giovanetti ed anche giovanotti che inclinano assai alla pietà; sarebbe una buona carità avviarli alla vita religiosa ove i loro meriti si moltiplicherebbero! Si incontrano fanciulli innocenti, candidi; è gran carità suggerire una casa religiosa ove facilmente si salveranno da molti pericoli e svilupperanno il germe divino di una vocazione. Talvolta si incontrano giovani che sono soli oppure in famiglia sono quasi di troppo: se possedessero pure tale fondo di pietà e docilità in cui si possa coltivare una speciale speranza di vocazione religiosa, ecco l’occasione di una bell’opera che Dio ci presenta» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 10, 16 ottobre 1929, pp. 2-3).
346 F. CHIESA, Introduzione all’Ascetica, Pia Società San Paolo, Alba-Roma, 1929.
347 F. CHIESA, Prefazione, in Introduzione all’Ascetica, o. c., p. VII.
348 F. CHIESA, Introduzione all’Ascetica, o. c., p. 166.
349 G. ALBERIONE, Alba 04/11/1928 (cf Corrispondenza Don Alberione - T. Giaccardo, inedita, conservata presso l’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, in Casa Generalizia SSP).
350 G. ALBERIONE, Alba 10/01/1929 (cf Corrispondenza Don Alberione - T. Giaccardo, inedita, conservata presso l’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, in Casa Generalizia SSP).
351 G. ALBERIONE, Alba 11/09/1929 (cf Corrispondenza Don Alberione - T. Giaccardo, inedita, conservata presso l’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, in Casa Generalizia SSP).
352 G. ALBERIONE, [1929?] (cf Corrispondenza Don Alberione - T. Giaccardo, inedita, conservata presso l’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, in Casa Generalizia SSP).
353 Cf A. F. DA SILVA, Il cammino degli Esercizi Spirituali nel pensiero di Don Giacomo Alberione, o. c., pp. 72ss; A. F. DA SILVA, Cristo Via, Verità e Vita centro della vita, dell’opera e del pensiero di don G. Alberione, in AA.VV., L’eredità cristocentrica di don Alberione, o. c., pp. 263ss.; A. F. DA SILVA, Gv 14,6: eredità carismatica per la Famiglia Paolina, in “Spezzate il pane della Parola”, Dossier per l’Anno Biblico Paolino 1991-1992, Roma, Casa Generalizia SSP, gennaio 1991, Pro manuscripto, pp. 52ss.
354 F. CHIESA, Per l’unità nella formazione del Clero, Pia Società San Paolo, Alba-Roma, 1932.
355 F. CHIESA, Per l’unità nella formazione del Clero, o. c., pp. 130-131.
356 Si consideri la consonanza del pensiero dell’Alberione con il seguente passo di F. Chiesa: «Or che cosa si dice del Sacerdote? Non è egli un altro Cristo? Sacerdos alter Christus. E se è così, non dovrà essere la preparazione al Sacerdozio che si fa dal Chierico in Seminario, uno studio continuo di ricopiare in se stesso gli esempi di Cristo, donec formetur Christus in nobis? (Gal. IV, 19). È certo che lo scopo del Sacerdozio è continuare la missione di Gesù in mezzo agli uomini. Sicut misit me Pater, et ego mitto vos (Jo. XX, 21). Ma per ciò stesso il Sacerdote in tanto potrà esercitare la missione, in quanto sarà unito a Cristo suo mandante e modello. Come il filo metallico in tanto è capace di portare a noi la corrente che anima un motore, in quanto è attaccato alla sorgente di energia elettrica; - e come, secondo la bella similitudine dello stesso Nostro S.G. Cristo, un tralcio in tanto può portare frutto in quanto rimane nella vite, - così il Sacerdote. Questi non potrà portare nelle anime la redenzione di Gesù, se non in quanto sarà unito a Gesù, fatto una cosa sola con Lui: Sine me, nihil potestis facere (Jo. XV, 5). Or quale sarà il Chierico, che più efficacemente si prepara ad essere un altro Cristo, e quindi a portare frutti più abbondanti nella mistica vigna di Cristo? Certo quello che con maggior diligenza attende ad unificare in se stesso i tre elementi della missione di Gesù, che sono di essere via, verità e vita; ossia quello che si fa, ad imitazione di Gesù, via dei fedeli cogli esempi; verità coll’apprendimento della vera dottrina di Gesù per poterla a suo tempo insegnare; e vita, colla frequenza dei Sacramenti per poterli poi, a suo tempo, amministrare ai fedeli. Mente e cuore, insegnamento e vita, studio e virtù, teologia e condotta, teoria e pratica, tutto deve essere una cosa sola in lui: Chierico, come si dice, tutto di un pezzo, senza contraddizioni e riserve» (F. CHIESA, Per l’unità nella formazione del Clero, o. c., pp. 52-53).
357 Si pubblica, ad esempio, la fotografia dei Discepoli che lavorano in cartiera (cf Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XIII, 17 luglio 1930, p. 5). Ad agosto del 1931 si annuncia la nuova traduzione italiana della Bibbia (cf Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XIV, n. 8, 17 agosto 1931, p. 14). Nel numero di febbraio 1932, dell’UCAS, Don Alberione dedica una pagina all’annuncio solenne del progetto di pubblicare, ognuna in quattro volumi, diverse edizioni della Bibbia: Bibbia latina-italiana; latina-francese; latina-inglese; latina-spagnola (cf Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XV, n. 2, febbraio 1932, p. 10).
358 Il numero di dicembre 1929 dell’UCAS pubblica in un calendario, per il 1930, 12 fotografie presentando i vari gruppi della Casa, in Alba (cf Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XII, n. 12, 17 dicembre 1929, pp. 4-15). Il numero di luglio 1930 pubblica le fotografie della solenne Processione del Corpus Domini (cf Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XIII, n. 14, 17 luglio 1930, pp. 10-11).
359 Oltre alle fondazioni già citate, ecco un elenco delle nuove case aperte. Nel 1929: Brescia (FSP: 8 agosto), Udine (FSP: 17 settembre), Genova (FSP: 25 novembre), Palermo (FSP: 28 novembre). Nel 1930: Novara (FSP: 10 maggio), Treviso (FSP: 27 giugno), Ancona (FSP: 10 luglio), Bologna (FSP: 20 luglio), Sanfré (SSP: 15 settembre), Napoli-Capodimonte (FSP: 8 ottobre). Nel 1931 le fondazioni in Italia furono una diecina circa.
360 Durante il 1931 avvennero le partenze dei Paolini per il Brasile, Argentina e Stati Uniti e delle Figlie di San Paolo e Pie Discepole per il Brasile e l’Argentina.
361 Nel numero di febbraio dell’UCAS, tra le notizie della Casa Madre, ad Alba, si afferma: «Il mese di gennaio. - È dedicato dalla Casa a Gesù Maestro ed il Primo Maestro nell’ora di adorazione fatta il giorno 3 ci disse che nel mese di gennaio si doveva ottenere la grazia di crescere, di andare innanzi e di progredire, donec formetur Christus in nobis. Il mese si consacrò alla giovinezza di Gesù per ottenere di imitarlo nella sua vita privata. Il Primo Maestro ci spiegò così: crescere per noi significa essere più santi, più sapienti, acquistare maggior spirito di pietà e non solo aumentare i giorni della vita. Noi siamo i discepoli e come tali dobbiamo imitare il maestro il quale ci disse: quemadmodum ego feci ita et vos faciatis» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, anno XV, n. 2, febbraio 1932, p. 3).