Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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In morte di Don Emanuele Salvatore Alessandria

I grandi devoti di Maria santissima, sono concordi nell'affermare che nel giorno dell'Assunta, Maria scende in Purgatorio per portare in Paradiso tutti i suoi devoti. Se D. Alessandria è andato in Purgatorio, il primo incontro fatto qualche ora dopo il suo trapasso, sarà stato con la dolce Madre di Dio che andava a prenderlo per portarselo in Paradiso. Egli infatti moriva nel pomeriggio della vigilia dell'Assunta, data indubbiamente molto bella per avviarsi verso l'eternità.
D. Emmanuele Salvatore Alessandria nacque a Santa Maria della Morra il 16 ottobre 1910. Entrò in Congregazione in Alba nel 1925 ove fece gli studi regolari. Emise la prima professione nel 1931. Prima di essere ordinato Sacerdote fu inviato a Messina e poi a Catania. Venne ordinato nella diocesi di Patti nel 1936.
All'Università Gregoriana in Roma, frequentò la facoltà di filosofia e per alcuni anni fu direttore del GIORNALINO. In Alba, diresse il settimanale diocesano LA GAZZETTA D'ALBA, fino alla sua malattia.
Domenica 14 agosto 1966 alle ore 14,30, moriva nell'Ospedale di Santa Croce di Cuneo per
complicazioni apportate dal travaso del liquido pleurico.
Soprattutto di tre qualità è intessuta la trama della sua vita :
- opere di un gran cuore
- frutti di una intelligenza brillante
- un Sacerdozio di olocausto.
D. Alessandria proveniva da buona famiglia, ove la caratteristica dominante è la bontà. Di questo raro dono, D. Alessandria fu particolarmente fornito.
Il suo cuore era buono e sentiva il bisogno di manifestarlo con atti di cortesia, piccoli servizi, parole distensive che avevano la prerogativa di rasserenare la comunità. La sua compagnia era piacevole, universalmente gradita.
Come direttore di Gazzetta d'Alba, cercò di comprendere i bisogni dei suoi lettori e vi riuscì. Forse, nessuno come lui ha sofferto i bisogni dei contadini delle Langhe. Si struggeva dal desiderio perché venissero assistiti dallo Stato, avessero acqua, strade, e perché i prodotti del luogo, soprattutto i vini, venissero adeguatamente apprezzati anche in campo internazionale. Per questo si batteva da valoroso sulle pagine del periodico; sollecitava l'intervento delle autorità locali e dei Parlamentari della zona; intrecciava relazioni con persone influenti affinché i bisogni di tutti avessero adeguata soluzione.
Quando la Società S. Paolo scelse nella Valle del Gesso la sede per il riposo festivo della comunità di Alba, il buon D. Alessandria si propose di valorizzare anche questa vallata.
Ora sono iniziati i lavori per il traforo del monte Ciriegia, che collegherà per direttissima la Francia con Cuneo e Torino, valorizzando così e la valle e il Piemonte. Se le cose sono giunte a questo punto, qualche merito è pure di D. Alessandria che non ha risparmiato nulla perché il progetto venisse realizzato nonostante le molte difficoltà. Non stupisce quindi se la notizia della sua morte suscitò partecipazione di cordoglio non solo nella città e nelle Langhe, ma in tutta la Provincia. Anche la radio locale lo ha degnamente commemorato.
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Altro bel ricordo che abbiamo di D. Alessandria, sono i frutti della sua intelligenza: brillante nella intuizione e ricca di tanto buon senso nella espressione pratica.
Egli è stato direttore del Giornalino per alcuni anni. Si può dedurre la validità di questa direzione osservando i libri che ha elaborato durante questo tempo e pubblicati a puntate sul periodico: La vita di Gesù - Dall'alba al tramonto - La storia sacra.
Di questi libri sono state stampate parecchie edizioni, e nonostante che alcuni principi didattici siano ora cambiati, essi restano tuttora libri validi e richiesti.
Durante il periodo in cui diresse Gazzetta d'Alba, ha saputo rendere il periodico di grande interesse. In quelle pagine palpitava la vita religiosa, civile, politica, economica, sportiva della Diocesi. Erano pagine vive, ricche di indirizzi pratici, con direttive sagge e di tanto equilibrio.
Possedeva l'arte dello scrivere. Aveva ricchezza di idee e sapeva chiaramente esprimerle.
Peccato che la sua salute non l'abbia sostenuto. Avrebbe lasciato alla Congregazione opere importanti. Ne aveva le possibilità.
E voglio anche ricordare che era un arguto poeta.
Ma senza dubbio, il meglio di questo Sacerdote, lo troviamo nella sua vita intima.
Circa 10 anni fa, gli era stato proposto di andare all'estero per dirigere alcuni periodici che stavano nascendo. «Chissà che il cambio del clima non favorisca anche la ripresa della tua salute" gli era stato detto. Ed egli rispose: "Quanto andrei volentieri, e come sarei felice di dare alla Congregazione questo nuovo contributo di bene. Ma purtroppo debbo rinunciare. La mia testa non regge più».
In questa amara costatazione della sua impotenza, è racchiusa tutta la profonda sofferenza dell'anima sua.
Esternamente egli era un po' trasandato, ma interiormente era molto delicato. La sofferenza lo aveva affinato e addolcito. Ormai egli si era rassegnato ed aveva saputo rivestire questo suo stato di impotenza con tanta letizia e con molta pace. Ma quante lacrime prima di arrivare a questo !
Egli visse gli ultimi anni del suo Sacerdozio proprio come un'ostia che sta sull'altare per la consumazione. E questo è senza dubbio il lato più luminoso della sua anima e una grande ricchezza per la Congregazione.
Il P. Theillard de Chardin, scriveva alla sorella Margherita che da trent'anni teneva il letto, queste parole: "O Margherita, sorella mia, mentre votato alle forze positive dell'universo, io correvo attraverso i continenti e i mari, tu, immobile, trasformavi silenziosamente in luce, nel più profondo di te stessa, le peggiori ombre del mondo. Nei confronti del Creatore, dimmi: chi di noi due avrà la parte migliore?".
Credo di non esagerare se affermo che la sofferenza di D. Alessandria ha trasformato in luce molta della attività della nostra Congregazione, e che per la sua sofferenza, molte ombre sono state distrutte.
D. L. ZANONI
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