Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXXIX
SAN PAOLO
Roma Casa Generalizia,
GENNAIO 1964

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

MIGLIORARE LA PIETÀ

L'anno trascorso (25 gennaio 1963 - 25 gennaio 1964: Conversione di san Paolo) fu dedicato a «particolare santificazione». Ha portato buoni frutti, che non si manifestano del tutto all'esterno, ma sono stati molti. Mi risultano come constatati personalmente, e più ancora ho conosciuto attraverso lettere, relazioni e manifestazioni.
Ne ha ricevuto gloria Dio; e ne hanno merito quanti hanno cooperato con le esortazioni e la preghiera.

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Ora: già in varie occasioni ho predicato: «migliorare la pietà in ordine alla santità». È dedicato all'anno in corso (25 gennaio 1964 - 25 gennaio 1965); come indirizzo, come impegno, come grazia.
Paolo VI aveva detto in ordine al Concilio Ecumenico Vaticano II: «Abbiamo studiato, discusso, approvato lo schema della liturgia, mettendolo in avanti per primo, affinché gli aiuti divini ci guidino ed illuminino nel trattare tutti gli altri schemi».

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Mi è stato chiesto da più parti: «Come celebriamo quest'anno il cinquantesimo dell'inizio della Famiglia Paolina? E che cosa domandiamo al Signore?». Ho risposto: «Ciò che più è gradito al Signore e più utile all'Istituto ed a ciascuno è questo: migliorare la pietà in ordine alla santità».
Quante anime hanno pregato! Diverse persone hanno offerto la vita all'inizio della Pia Società S. Paolo.
Quante anime hanno seguito in spirito di fede e abbandono in Dio!
Quanti si sono donati con tutto l'essere, operando sino all'immolazione. Maggiorino Vigolungo ne è un chiaro esempio.

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Il nostro compito sulla terra è vivere l'unum necessarium, cioè la salvezza e la santificazione nostra: per glorificare Dio e raggiungere l'eterna felicità.
Ognuno ha una missione particolare, personale, secondo i disegni di Dio. In ogni missione vi sono propri doveri, ad esempio la vita religiosa paolina. E vi sono i doveri comuni del cristiano, cioè i comandamenti di Dio ed il Vangelo di Gesù Cristo.
Per tutti è indispensabile evitare il peccato e fare il bene: essere e vivere come buoni figli di Dio. «Se figli, saremo eredi di Dio, coeredi di Cristo». È figlio di Dio chi ha la grazia santificante; per praticare le virtù e per dominare le tre concupiscenze che sono in noi (avarizia, sensualità, superbia), occorre la grazia attuale.
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La grazia santificante si ottiene per mezzo dei Sacramenti ed i meriti; e con i Sacramenti ed i meriti si accresce la grazia. La grazia attuale per vivere e perfezionare le virtù si ottiene specialmente con la preghiera.
L'orazione è definita da san Giovanni Damasceno: «L'orazione è l'elevazione della mente a Dio». Oppure: «domanda al Signore di cose convenienti».
E san Tommaso unì queste due definizioni e ne fece una sua: «L'orazione è l'elevazione della mente a Dio per lodarlo e per chiedergli cose convenienti alla vita eterna».
Chi rimane distratto non prega. L'orazione è atto di religione.
La pietà ha come due parti, o meglio, due compiti. Una più diretta a Dio, cioè: l'adorazione, la lode, il ringraziamento. L'altra più ordinata ai nostri bisogni, cioè: il perdono, o purificazione, e le grazie necessarie per l'anima.
Generalmente la preghiera viene specificata e divisa dai Padri come: adorazione, ringraziamento, riparazione, supplica.
Per sé le domande proprie dell'orazione si riferiscono alle grazie spirituali; invece le cose temporali si possono chiedere come per giunta: «Quaerite primum regnum Dei et iustitiam eius et haec omnia adijcientur vobis».

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Per la pietà: vi è lo spirito e vi sono le pratiche. Sono necessarie entrambi; e si aiutano vicendevolmente.
Nella Famiglia Paolina le pratiche sono pressoché uguali, tanto per la Pia Società S. Paolo come per gli Istituti vari; piccole e poche varianti richieste dalle necessità e possibilità:
Pratiche quotidiane: Messa, Meditazione, Comunione, Visita al SS. Sacramento, Esame di coscienza, Orazioni quotidiane, ecc.
Pratiche settimanali: Confessione, lo studio della Religione, due Messe nelle feste, con la funzione serale.
Pratiche mensili: Ritiro spirituale e la prima settimana delle devozioni.
Pratiche annuali: Esercizi spirituali, le solennità a Gesù Cristo Maestro, alla Regina degli Apostoli, a san Paolo.
Le lievi particolarità riguardano le Suore Pastorelle, i Gabrielini, le Annunziatine.
Lo spirito è l'anima, il corpo è costituito dalle pratiche. Mancando le pratiche finisce gradatamente con l'estinguersi lo spirito stesso.
Lo spirito è costituito dalle virtù teologali: fede, speranza e carità; può essere di molti gradi, sino all'altezza cui è arrivata Maria SS. «Vas insigne devotionis», a cui aggiungere il pentimento e l'umiliazione.

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Siamo circondati da bisogni e pieni di miserie e debolezze; spesso solo il Signore può soccorrerci: perciò anche la ragione naturale ci persuade della necessità di pregare.
Difatti in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in tutte le religioni si è pregato e si prega: con orazioni, riti, sacrifici.
È spontaneo e naturale, quando ci sentiamo in bisogno, rivolgersi a Dio: tanto quando ci pesa il peccato e il rimorso. come quando vi sono necessità esteriori per noi e per gli altri. Tuttavia ricordare le parole del Salmo: «L'uomo insipiente pensa che Dio non esiste».
La preghiera è assolutamente necessaria.
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Dio lo vuole:
«Vigilate e pregate» (Mt XXVI, 41).
«È necessario pregare sempre, mai scoraggiarsi» (Lc XVI, 1).
«Chiedete e riceverete» (Mt VII, 7).
«Non cessate di pregare» (1 Tess V, 17).
«Perseverate costantemente nella preghiera» (Col IV, 1).
La lode, l'adorazione, il ringraziamento a Dio, principio e fine, alfa e omega sono doveri naturali: «Io sono il tuo Dio».

La necessità lo vuole:
Vi sono momenti di particolare bisogno dell'aiuto divino: quando una tentazione è violenta od ostinata (talvolta si ripete, ritorna per anni), è necessaria la preghiera, ricorrendo a tutti i mezzi, cioè non solo evitare le occasioni, ma pregare, e continuare la preghiera quando continua il pericolo. Inoltre si presentano doveri non graditi, anzi ripugnanti, difficili, o prove dolorose. È il tempo di pregare, e pregare di più, finché si arrivi a dire: «fiat voluntas tua», o Signore.
È necessario pregare se noi adulti vogliamo salvarci. È dottrina certa e sicura in Teologia. Sant'Agostino lo afferma e il Concilio di Trento lo ha fatto suo: «Dio non comanda cose impossibili; e quando comanda una cosa ci avverte di fare quello che possiamo e di chiedere quello che non possiamo; e ci aiuta perché lo possiamo». Questo in due casi specialmente: la fedeltà alla vocazione ed alla professione od ordinazione; ed ancor più gravemente per la perseveranza finale, cioè la salvezza. Solo il perseverare nella preghiera assicura la perseveranza in grazia di Dio.
Per questo sant'Alfonso scrive: «Terminiamo questo punto, concludendo tutto quello che si è detto, che chi prega certamente si salva, chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non aver pregato; se avessero pregato non si sarebbero perduti. E questa sarà la loro maggior disperazione nell'inferno: l'aver potuto salvarsi con tanta facilità, quanto era domandare a Dio le sue grazie; ed ora, i miseri, non possono più farlo».
È pure da pensare, come molti insegnano, che: chi prega molto, si fa santo. E senza molta preghiera non si arriva alla santità.
«Se vuoi soffrire con pazienza le avversità e le miserie di questa vita, sii un uomo d'orazione. Se vuoi raggiungere la virtù e la fortezza per vincere le tentazioni del nemico, sii un uomo di orazione. Se vuoi mortificare la tua propria volontà con tutte le sue affezioni e appetiti, sii un uomo di orazione. Se vuoi conoscere le astuzie di Satana e difenderti dai suoi inganni, sii un uomo di orazione. Se vuoi vivere allegramente e camminare con soavità per la via della penitenza e della fatica, sii un uomo di orazione. Se vuoi scacciare dalla tua anima le mosche importune dei vani pensieri e desideri, sii un uomo di orazione. Se vuoi fortificare e confermare il tuo cuore nella via di Dio, sii un uomo di orazione. Infine, se vuoi sradicare dalla tua anima tutti i vizi e piantare al loro posto le virtù, sii un uomo di orazione: perché in essa si riceve l'unione e la grazia dello Spirito Santo, la quale insegna tutte le cose. Oltre a ciò, se vuoi salire all'altezza della contemplazione e godere dei dolci amplessi dello sposo, esercitati nell'orazione, perché questa è la via per la quale sale l'anima alla contemplazione e al gusto delle cose celesti» (san Bonaventura).
Il P. De Maumigny, parlando dell'eccellenza dell'orazione mentale, indica i seguenti grandi vantaggi: 1. è una conversazione familiare con Dio, 2. ci assicura la salvezza e ci offre abbondanti meriti, 3. conduce alla perfezione cristiana, 4. fa gustare all'anima gioie spirituali, senza paragone superiori ai fallaci piaceri del mondo; 5. comunica alle opere apostoliche la loro vera fecondità.
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Due conclusioni:
a) Assoluta necessità di pregare.
b) Straordinaria efficacia santificante dell'orazione. Se la santità è unione con Dio, la via più breve è la vita di abbondante e fervorosa preghiera.

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L'orazione ha tre frutti:
1) Valore impetratorio. Cioè è per ottenere le grazie di cui abbiamo bisogno. Quando l'orazione è fatta con le debite condizioni, ottiene infallibilmente quello che chiede: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto». Dice Gesù: «Qualunque cosa chiederete al Padre, in nome mio, ve lo concederà».
2) Valore meritorio. È un atto di religione tra i più santi. È un esercizio di fede; è un dovere che esige sacrificio per il raccoglimento; è atto conforme ed ispirato dalla carità verso Dio.
3) Valore soddisfatorio. È sempre un atto di umiltà e riparazione del peccato. La preghiera ha qualcosa di penoso per lo sforzo dell'attenzione, tensione della volontà, sempre porta ad amare ed unirsi con Dio. La preghiera nutre l'intelligenza, eccita la sensibilità, stimola e fortifica la volontà: ne segue una maggior generosità nei quotidiani impegni.

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Quali sono le condizioni perché la preghiera di petizione sia esaudita?
Sono quattro: che si chieda per sé, si chieda ciò che è necessario alla salvezza, si chieda con devozione; si chieda con perseveranza.
1) Che chi prega domandi per sé. Infatti chi prega per sé si suppone che domandi con le dovute disposizioni, tra cui la volontà di usare santamente i mezzi di salvezza. Esempio: chiedere di fare una buona confessione, di far bene la meditazione, la Visita al SS.mo Sacramento, compiere i doveri propri dello stato, togliere una cattiva abitudine.
Invece può succedere che, pregando per altre persone, queste non abbiano la buona volontà per corrispondere agli inviti e grazie di Dio. Tuttavia vi sono talvolta anche buone volontà. La buona volontà è già un dono di Dio.
2) Che si chiedano le grazie e cose necessarie alla salvezza. Tutto quanto è necessario per salvarci e santificarci è sicuramente ed infallibilmente concesso a chi prega. Esempi: la fede, speranza, carità; la virtù della religione e le virtù cardinali; i doni e i frutti dello Spirito Santo; le grazie efficaci per evitare il peccato grave o per esercitare le virtù; la perseveranza finale con una morte buona. Si ottiene la grazia di evitare le occasioni pericolose, di avere una buona guida spirituale, di corrispondere alle vere ispirazioni.
Basta che seguiamo la liturgia per capire lo spirito della liturgia; esempio: «O Dio, che vedi come non confidiamo nelle nostre azioni, concedici, propizio, d'essere difesi contro ogni avversità dalla protezione di san Paolo, il Dottore delle genti».
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3) Che si preghi con devozione. Cioè: la umiltà: «Deus superbis resistit; humilibus dat gratiam» (Iac. IV 6), la fede: «Postulat autem in fide, nihil haesitans» (Iac. I, 6); in nome di Gesù Cristo: «Si quis petieritis in nomine meo, dabit vobis» (Ioann. XVI, 23): così insegnò Gesù Cristo stesso. Attenzione, cioè raccoglimento, almeno cercandolo con la buona volontà. Anche ai peccatori il Signore concede la grazia attuale di poter pregare.
4) La perseveranza nel pregare. Vi è la parabola dell'amico che di notte chiede alcuni pani ad un suo amico; trova resistenza, ma continua a pregare e a picchiare; ed ottiene.
Vi è la parabola del giudice iniquo che dopo le molte insistenze di una vedova per avere giustizia, finalmente l'esaudisce.
È da considerare l'esempio della cananea; vi è l'esempio di Gesù stesso nell'orto degli ulivi. Chiedere, dunque, al mattino, mezzodì, sera: «usque ad importunitatem».

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In questo numero ricordo l'articolo 152 delle Costituzioni della Pia Società S. Paolo: «Essendo la pietà il fondamento di tutta la vita religiosa, la sorgente delle virtù, e utilissima a tutto, i membri studino incessantemente di accrescerla il più possibile in se stessi. Perciò nessuno sia ammesso alla professione, se ancora non ha sufficientemente appreso, secondo la sua condizione ed ingegno, lo spirito della Società, il metodo di fare l'esame di coscienza, la meditazione, la visita eucaristica, la lettura della Sacra Scrittura e gli altri esercizi di pietà e non sia assiduo nel compierli». Sembrerebbe meno buono quanto è stabilito; perché hanno in sé più importanza la Messa, la Comunione la Confessione, che non la meditazione, l'esame di coscienza la Visita al SS. Sacramento. Ma è da rilevarsi che tali tre pratiche preparano ed assicurano il buon risultato delle pratiche che hanno in sé maggior valore. Chi fa bene l'esame di coscienza, riceverà bene il Sacramento della Penitenza e farà progressi nella purificazione e santificazione. È tanto necessario il «nosce teipsum».
Chi fa bene ogni giorno la meditazione, assisterà molto meglio al Sacrificio della Messa; comprenderà sempre meglio il Sacrificio del Calvario portato sull'altare, e al Sacrificio di Gesù unirà il sacrificio di se stesso: volontà, cuore, essere.
Chi fa bene la Visita al SS. Sacramento si prepara bene alla Comunione. Si nutrirà bene di Gesù-Ostia-Maestro; Cibo che nutre chi ha desiderato tale Cibo: «La mia carne è veramente cibo; il mio sangue è veramente bevanda». Si mangi spiritualmente: Gesù che diviene il nostro cervello, Gesù che diviene la nostra volontà; Gesù che ci dà il suo Cuore: «Vivit vero in me Christus». Oh! se si compissero bene tali pratiche; quanto più saremmo altri Cristi: ciò che fu di san Paolo.
Meditare, praticare, insegnare.

SAC. G. ALBERIONE

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