Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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SAN PAOLO
Marzo 1961
Casa Generalizia Roma

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.).

Ai molti auguri inviati per l'onomastico, la Pasqua e il compleanno:
Ringrazio e ricambio auguri e preghiere, per tutti. Ad edificazione comune, riassumendo, i pensieri che li accompagnavano sono questi:
«Ringraziamo per la vocazione paolina; per la profondità e ricchezza della dottrina e pietà; per il mirabile nostro apostolato».

Sac. G. Alberione


LA NOSTRA CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO PAOLINO
I due nuovi altari del Santuario Regina degli Apostoli

Sabato 18 marzo, l'Em.mo Card. Arcadio Larraona ha benedetto due nuovi altari nel santuario della Regina degli Apostoli.
L'opera si inserisce nel coro delle celebrazioni del centenario paolino.
Assistiamo quasi ogni giorno ad una gara di studiosi, istituti ed università cattoliche per ricordare con dotti interventi ed elette riunioni l'arrivo di S. Paolo a Roma. Senza dubbio il fatto che la Chiesa di Roma abbia le fondamenta su Paolo, oltre che su S. Pietro, ha un'importanza eccezionale. L'arrivo di S. Paolo a Roma resta una delle date fondamentali nella storia dell'Occidente.
La Pia Società S. Paolo e le Figlie di S. Paolo non potevano lasciar passare la ricorrenza senza un gesto di devozione riconoscente verso il loro Patrono, ed hanno voluto deporne in Roma un ricordo permanente, scritto nel marmo, che fosse una sintesi di preghiera, di pensiero e d'arte.
Si tratta dunque di due altari monumentali eretti in onore del Maestro e del Discepolo, di Gesù Divino Maestro e di S. Paolo Apostolo.
L'idea è stata proposta agli artisti - architetto, scultori, pittori - dal Primo Maestro. S. Paolo doveva apparire come il grande maestro, che alla sequela di Cristo, dopo averne assorbito l'insegnamento divino, traccia le linee direttive per il pensiero e l'azione del cristianesimo, e al quale si rifanno tutti i grandi maestri lungo i secoli della civiltà cristiana. Gesù Cristo doveva apparire - di fronte a S. Paolo - come il suo divino ispiratore, come il Maestro per eccellenza, l'unico vero Maestro.
Dobbiamo dire che gli artisti hanno svolto il tema in modo persuasivo, dando un'opera unitaria, esteticamente valida, religiosamente raccolta e propizia alla preghiera.
L'insieme architettonico (opera dell'arch. Carlo Bodini) dei due altari è stato ispirato allo stesso caratteristico motivo dell'altare maggiore del Santuario, in cui la parte trionfale, dominata dalla grande icone, è quella centrale ad arco, che richiama la struttura fondamentale di tutta la chiesa e, sebbene trattata con sobria modernità, rispecchia il carattere dello stile rinascimentale.
I due altari presentano le stesse caratteristiche architettoniche.
Su di una predella verde di m. 7,70 di larghezza e m. 9,45 di profondità, fanno risalto la gradinata e la mensa col dorsale in marmo bianco di Carrara.
II ciborio in onice (con la portina in metallo cesellato) ed un paliotto di bronzo di metri 2 per 0,60 di altezza, fanno convergere l'attenzione verso l'altare, cui danno un tono di sobria preziosità.
Il fondale dell'altare, nella sua monumentalità, s'innalza nella parte centrale per un'altezza di m. 15 e in quelle laterali per m. 12,45. Esso comprende un basamento di m. 9 di larghezza e m. 4 di altezza terminante con una cornice e fregio decorato da mensoline; su questa parte basamentale appoggia una zoccolatura dalla quale si innalzano, nella parte centrale, due lesene terminate da un ampio arco, che nell'insieme costituiscono la maestosa cornice della grande pittura (m. 3,30 di larghezza e m. 7,50 di altezza), nelle laterali altre quattro lesene architravate inquadrano i bassorilievi in marmo.
Più dettagliatamente, nell'altare dedicato a San Paolo, tutte le parti architettoniche piane sono state eseguite in marmo verde foresta e cipollino, e le parti in rilievo in marmo bianco di Carrara; in quello dedicato al Divin Maestro in marmo rosa del Portogallo e rosso di Francia con cornici in bianco venato.
I cibori, la cui forma architettonica richiama la parte centrale del grande fondale, sono stati eseguiti in onici pregiati di varie tonalità per l'uno e l'altro altare (onice del Pakistan, di Algeria, del Messico).
Le grandi tele centrali, affiancate da quattro bassorilievi ognuna, si inseriscono nella composizione architettonica per esporre il tema in modo esplicito.
Cristo è presentato come il Divino Maestro (l'opera è del pittore Fausto Conti), accanto a lui sono in bassorilievo (opera dello scultore Pasquale Sciancalepore) i Quattro evangelisti, coloro cioè che ci hanno tramandato la verità che il Maestro ha portato nel mondo.
Nel paliotto è raffigurata - in un bassorilievo in bronzo di indole piuttosto pittorica dello scultore Virgilio Audagna - la scena del Discorso della Montagna, il Discorso programmatico della Nuova Legge.
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La figurazione dell'altare dedicato a S. Paolo è più complessa e realizza un sogno che il Primo Maestro avrebbe voluto attuare circa 30 anni fa. L'Apostolo viene presentato nella tela (del pittore Aronne Del Vecchio) come il conquistatore trionfante. Il più grande araldo di Cristo di tutti i tempi, l'uomo «dai calzari di cuoio», la «tromba dello Spirito Santo», procede maestoso. S. Paolo che nei primi giorni della primavera di 19 secoli fa scendeva dai Colli Albani lungo la Via Appia, la regina delle strade, e si avviava verso Roma sfiorando le tombe dei più grandi eroi di Roma, degli Scipioni, dei Metelli, dei Valeri..., e arrivava al Castro Pretorio incatenato, poteva apparire come uno dei tanti prigionieri anonimi; ma in realtà era il più grande eroe che la Capitale dell'Impero avesse mai visto.
Quella figura gloriosa, assieme al resto della pittura e ai bassorilievi, illustra ciò che Paolo significa nella storia del cristianesimo e dell'umanità. «Oggi cristianesimo - diremo col Ricciotti -significa in massima parte Paolo, come civiltà umana significa in massima parte cristianesimo: l'uomo veramente civile, consciamente o no e in misura più o meno grande, è seguace di Paolo... Guardato come figura completa, Paolo non è tipicamente né un mistico, né uno speculatico, né un missionario, né un organizzatore, né un asceta, né un pastore d'anime: in nessuna di queste categorie egli può essere racchiuso totalmente ed esclusivamente, ma le stesse categorie si ritrovano in lui riunite tutte in una vita concreta. Egli è un mistico come Caterina da Siena, ma nello stesso tempo è uno speculativo come Tommaso d'Aquino; è inoltre un missionario di regioni nuove al cristianesimo come Francesco Saverio, ma è anche un organizzatore interno della Chiesa come Carlo Borromeo; è un asceta individuale come Tommaso da Kempis, ma non tralascia di essere un pastore collettivo d'anime come Filippo Neri... In realtà Paolo è un uomo dall'anima multiforme, e in ciascuna forma dell'anima sua egli rispecchia - come fa il prisma in ognuna delle sue sfaccettature - la sua grande idea del Cristo Gesù. Egli è un uomo che ha vissuto in sé molti uomini mettendoli tutti al servizio di Cristo».
S. Paolo è una delle più gigantesche personalità della storia. «Dopo Cristo e la Vergine, fu forse la creatura più completa», scrive Igino Giordani.
La sua sintesi teologica è elaborata come nessun altro documento del Nuovo Testamento. Di essa si sono nutriti tutti i grandi pensatori cristiani; non c'è trattato di teologia che non vi cerchi in parte le fondamenta o non si richiami ad essa; ad essa fa capo tutto l'umanesimo cristiano (come non ricordarne il testo base: «Del resto, o fratelli, quante cose sono vere, quante decorose, quante giuste, quante amabili, quante rinomate, qualsiasi virtù, qualsiasi laude, a queste ripensate»).
Per questo motivo, fanno cornice alla figura dominante dell'Apostolo le figure di dieci santi che vogliono indicare altrettante discipline del sapere cristiano ed umano. Così nella tela si scorgono: S. Agostino (teologia dogmatica), S. Tommaso d'Aquino (filosofia), S. Bonaventura (teologia mistica), S. Alfonso (teologia morale), S. Gregorio Magno (teologia pastorale), Leone XIII (sociologia: il grande pontefice, l'unico non santo, è in ginocchio); e nei bassorilievi: S. Alberto Magno (scienze naturali), S. Francesco di Sales (ascetica), S. Bernardo (Mariologia), S. Girolamo (Sacra Scrittura).
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Il pittore si ispira, come l'architetto, al rinascimento, pur nell'attenzione ad esperienze moderne. Le figure dei santi sono dei personaggi reali, ottenuti con rigoroso rispetto all'iconografia tradizionale e con un attento studio di individuazione. Si può osservare per esempio la calma potente che spira dalla pensosa figura di S. Tommaso, ritratto nella fisionomia tipica del meridionale, la serenità accogliente di S. Bonaventura, la forza contenuta e un po' assente di Gregorio Magno, che è intento ad ascoltare la voce di Dio e quasi triste di dover pure occuparsi del governo degli uomini.
La vita della tela è assicurata del gioco dei colori caldi, ben ambientati col tono generale della chiesa e in particolare con l'insieme architettonico di cui formano una continuazione inseparabile.
Il ricorso a bassorilievi (opera dello scultore Pasquale Sciancalepore) è stato molto felice. Quelle figure che sorgono dalla pietra danno solidità, pienezza, e una maggiore essenzialità a tutto l'insieme.
Il disegno è ottenuto - in armonia con la sobrietà decorativa del Santuario - con tratti semplici e taglienti: i ritratti balzano efficacissimi - potentemente espressivi e vivi di una loro profonda e delicata spiritualità - dalla più assoluta semplicità dei mezzi impiegati. Tanto per indicare la singolare padronanza della materia di questo scultore - quasi inaudita, e che viene ricordata puntualmente dalle storie dell'arte a proposito di Michelangelo - diremo che lavora direttamente il marmo senza giovarsi delle comuni misurazioni, ma tenendo semplicemente davanti un modellino in miniatura.
Notevole da un punto di vista artistico è il paliotto dello scultore Francesco Nagni, sempre estremamente sensibile di fronte all'arte sacra, che in questo caso ci dà un'opera della sua piena maturità artistica. La composizione si divide in tre parti. Al centro c'è l'arrivo di S. Paolo a Roma, affiancato da un legionario romano e accolto festosamente da un cristiano. Le parti laterali - il naufragio a Malta e la decapitazione - sono affollate di personaggi e tenute volutamente in tono più vicino al decorativo, per dare risalto alla parte centrale e per tenere una rigorosa unità di composizione.
Si tratta di un'opera vigorosamente drammatica. S. Paolo è prigioniero, ma avanza con serenità maestosa: è la forza inarrestabile della verità, che il vecchio mondo, la potenza di Roma, l'oppressione della forza materiale possono incatenare ma non arrestare. Il cristiano che l'accoglie giubilante esprime bene l'ansia accorata degli uomini che con un ardore sorgente dalle profondità più riposte dell'animo attendono la rivelazione della verità.
La scena del martirio è la conclusione del dramma: il soldato ha perso ogni possibilità di azione ulteriore, e deve rinchiudersi in se stesso rimettendo la spada nel fodero. Due angeli, che incoronano l'Apostolo e si additano le fontane sprizzanti miracolosamente, non sono dolenti o sorpresi: sanno che l'Apostolo non è stato vinto, che la verità non è stata spezzata; e un altro angelo che domina il gruppo esplode in un ampio gesto di gloria e di trionfo. Il dramma è molto bene sottolineato dalle figure potentemente incise e ritmicamente scandite, oltre che dal gioco violento dei chiaroscuri.

D. Giuseppe Mariani


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