Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Anno XXIX
SAN PAOLO
APRILE - MAGGIO - GIUGNO - 1954
ROMA - Casa Generalizia

AVE MARIA, LIBER INCOMPREHENSUS, QUAE VERBUM ET FILIUM PATRIS MUNDO LEGENDUM EXHIBUISTI (S. EPIPHANIUS EP.)

ESERCIZI SPIRITUALI

Abbiamo avuto in Italia la consolazione di due buoni e concludenti Corsi di Esercizi spirituali dei Sacerdoti. Argomento: «Gesù Maestro Via, Verità e Vita»; tenne la quasi totalità delle prediche D. Roatta.
Al primo corso (Casa Madre) prese parte una sessantina di Sacerdoti; al secondo corso (Roma) prese parte una ottantina di Sacerdoti. Si confida di poterne comunicare a tutti la dottrina, almeno nella sostanza; ora si segnalano i titoli degli argomenti delle prediche:

I. Introduzione: Incontro con Gesù Maestro Via, Verità e Vita.
II. Maestro. - Il valore essenziale della vita: Formazione dell'uomo.
III. Maestro. - Il valore essenziale del cristianesimo: Formazione del cristiano.
IV. Il Maestro. - Forma dello sviluppo umano.
V. Deiformità: Il Paradiso.
VI. Demonio ed inferno: Opposizione allo sviluppo umano.
VII. Il peccato: La vera deformazione dell'uomo.
VIII. VIA. - Nella storia umana: Cristo è la Via (Visione storica.)
IX. VIA. - La formazione specifica di Cristo Via: L'Umiltà.
X. VIA. - Conformazione a Cristo: Virtù e sacramenti.
XI. VIA. - Conformazione a Cristo nella Povertà.
XII. VIA. - Conformazione a Cristo nella Castità.
XIII. VIA - Conformazione al Maestro nell'Obbedienza
XIV. VIA - Il tratto definitivo: La via della Croce.
XV. VIA. - Il Sacerdozio ed il Sacrificio.
XVI. VIA. - Sulla via dell'uomo: La morte, passaggio alla Vita.
XVII. Il Discepolo nel suo atteggiamento di fondo: la Fede.
XVIII. VERITÀ. - Cristo libro del genere umano.
XIX. VERITÀ. - Lo Studio e la Sapienza.
XX. VERITÀ. - Cristo Verbo-Luce.
XXI. VERITÀ. - Il Giudizio Supremo nella luce del Maestro.
XXII. VITA. - Nel suo senso complessivo.
XXIII. VITA. - La preghiera.
XXIV. VITA. - L'Eucarestia.
XXV. VITA. - Visita a Gesù Maestro nel SS. Sacramento.
XXVI. VITA. - L'amore che si esprime nell'apostolato.
XXVII. Il valore ampio e moderno della devozione al Maestro.
XXVIII. Il valore della devozione a San Paolo.
XXIX. La devozione alla Celeste Maestra.
XXX. Gesù Maestro nella Chiesa.
XXXI. Magistero interno: Spirito e Grazia.
XXXII. Il concetto di ogni vero devoto del Maestro: Portare frutto e farsi discepolo.

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Un grande e pio entusiasmo con i migliori propositi ha coronato i santi giorni.

SAC. ALBERIONE.

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TENDENZE MODERNE...

Nell'Adunanza dei Superiori Generali a Roma,
l'8 giugno 1954, venne tenuta anche una relazione
su questo argomento:
Alcune tendenze che si manifestano
in certi religiosi con una certa frequenza. -
Ne trascriviamo i punti principali.

REALTÀ DEI FATTI SEGNALATI


Il Sommo Pontefice, nella esortazione «Menti nostrae» del settembre 1950, così scrive: «...In conseguenza della recente guerra non solo i popoli e le nazioni sono angustiate da gravi difficoltà materiali, ma sono anche profondamente sconvolti nello spirito».
Un tale turbamento dello spirito, purtroppo, non è soltanto fra gli uomini del mondo, ma si trova anche in non pochi religiosi, con le conseguenze che ognuno può facilmente pensare. E si noti che tale disagio non investe soltanto il campo della vita pratica, ma si estende anche a quello delle idee o dei principi, come voglia dirsi. Chi non ha notato, ad esempio, specialmente nei giovani religiosi, un esagerato concetto della propria personalità; false idee intorno alla mortificazione, particolarmente nelle forme tradizionali, su la necessità delle pratiche di pietà che vengono a togliere tanto tempo prezioso all'azione, su la libertà di pensiero e di parola anche di fronte alla volontà espressa dei Superiori, su la precedenza delle occupazioni di un sacerdote-religioso, su l'aggiornamento degli istituti religiosi, di cui tanto si parla, ecc.? Evidentemente, da questo disagio o insofferenza della disciplina religiosa non è poi difficile il passaggio alla defezione dalla vocazione, anzi ciò è come il naturale epilogo.

CAUSE DEL DISAGIO


Le cause di una tale situazione sono molteplici. Tra queste tengono generalmente il primo posto la mancanza di una tempestiva selezione delle vocazioni e di una soda formazione religiosa. Vorrei, tuttavia, fermare l'attenzione su alcune di esse che - a mio avviso - hanno una non trascurabile influenza su la situazione che lamentiamo.
a) Diminuita stima della vocazione. - Non so se mi sbaglio, ma ho l'impressione che oggi in molti religiosi sia diminuito il concetto della grandezza e dell'importanza della vocazione religiosa. Da che cosa dipende? Non potrebbe a-vere la sua parte di influenza il fatto di parlare e di trattare di questa grazia divina senza la dovuta delicatezza e il senso di responsabilità?
Un tempo, e non eccessivamente lontano da noi, si considerava la vocazione religiosa come un raro tesoro da doversi custodire gelosamente da coloro che lo avevano trovato, pena il pericolo della propria salvezza eterna. I fedifraghi, poi, della vocazione religiosa erano riguardati con un senso di commiserazione e bene spesso a loro si ricordava il testo evangelico: «...Nemo mittens manum suam ad aratrum et respiciens retro, aptus est regno Dei…» (Lc. 9, 62), con i relativi commenti molto severi. Oggi si pensa diversamente e non si potrebbe davvero portare in ballo il succitato testo evangelico.
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Noto a scanso di equivoci, che non intendo farmi sostenitore della vecchia teoria, né criticare la nuova, e, mi si permetta l'espressione, so molto bene che la dottrina che considera la vocazione religiosa di semplice consiglio, può tranquillizzare tante coscienze, comprese quelle dei Superiori, i quali spesso sono chiamati a dire l'ultima parola su di una vocazione..., ma intendo solamente sottolineare la pericolosità di certe affermazioni senza, peraltro, accompagnarle da necessari richiami a riflessioni su le conseguenze pratiche che generalmente seguono una vocazione religiosa non corrisposta.
Ritengo che nel campo pratico si debba fare una distinzione. A coloro che si presentano alla porta del convento, e specialmente a coloro che si apprestano alla professione religiosa, si dovrà parlare chiaramente e ripetere loro che sono liberi di tornare al secolo se non si sentono tranquilli di abbracciare gli obblighi della professione, che sono stati spiegati loro; si dovrà sottolineare che lo stato religioso è uno stato particolare di anime libere e coscienti... Ma con coloro che già hanno fatto la professione, in modo particolare con i religiosi di voti perpetui, credo che non si dovrebbe essere facili a ricorrere alla teoria che la vocazione è di semplice «consiglio», e avvalorare magari l'affermazione con dire che la S. Congregazione dei Religiosi oggi è liberale nel concedere rescritti di secolarizzazione, anche nei casi di cui i Superiori religiosi sarebbero di parere contrario... e dare così l'impressione che, in fondo, la vita religiosa, i voti giurati non sono poi quella cosa seria che si diceva...
Chi non vede l'influenza pericolosa di questa impressione su la psiche di tanti religiosi scossi forse nella loro vocazione?
Noto ancora che una grande prudenza e un profondo senso di responsabilità non dovrebbero mai mancare in coloro che sono chiamati a «consigliare" i religiosi di cui parliamo. Ritengo che si debba essere molto cauti nel credere a ciò che il religioso può esporre sulla situazione sua e della sua Comunità...
Del resto questa specie di severità verso i religiosi professi che vorrebbero abbandonare la propria vocazione, mi sembra che sia richiesta anche da tutte quelle serie garanzie morali-giuridiche che devono accompagnare sempre una professione e particolarmente quella perpetua; come la lunga preparazione del noviziato; gli esami dei candidati; i giuramenti; la dichiarazione scritta che si conoscono bene gli obblighi e che s'intende assumerli in pieno, ecc. Tali atti solenni devono avere il loro valore e non deve essere facile distruggerli con frase generale: chiedo la dispensa dai voti perché non mi sento più di continuare nella vita abbracciata!
Ritengo che il fenomeno della defezione di religiosi professi sarebbe molto meno preoccupante se, nella generalità dei casi, si ricordasse ai religiosi che cercano di liberarsi dai voti, ciò che scriveva il S. Pontefice Pio X al Superiore Generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane - come ha ricordato il Papa nel discorso della sua canonizzazione - «...che i vincoli con Dio mediante i voti e in comunità religiosa non debbono essere posposti a nessun altro, per quanto legittimo, servigio a vantaggio del prossimo» (Pio X, 25.4.1905), e se alle domande di secolarizzazione si rispondesse con fermezza: «maneat in sua sancta vocatione», senza, per altro, accrescere il numero dei religiosi «pentiti» o «rassegnati», o gli iscritti alla confraternita degli «scontenti», come dice umoristicamente un autore moderno!
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b) Aggiornamenti. - La vita religiosa, in qualunque Istituto, se vissuta nella sua interezza, offre continui sacrifici. Oggi più che in altri tempi, per il diffuso clima di libertà, di comodità e di esteriorità... Da qui le infedeltà agli orari, alle pratiche di pietà specialmente della meditazione... gli atteggiamenti non sempre confortanti di rispetto e di docilità verso i Superiori, e l'insistenza per un aggiornamento delle Regole e delle tradizioni degli Istituti religiosi assai lontano dal pensiero del Sommo Pontefice espresso ancora nel discorso ai Cardinali e Vescovi venuti a Roma per la canonizzazione di Pio X. «Nulla si innovi - diceva il S. Padre ricordando l'enciclica di Benedetto XV Ad beatissimi Apostolorum Principis - nulla si innovi e ci si attenga a ciò che è stato tramandato...; sebbene questa massima si debba integralmente osservare in materia di fede, tuttavia, in conformità ad essa bisogna regolare anche ciò che è suscettibile di mutamento, benché in questo per lo più valga la nota regola non cose nuove, ma in forma nuova» (31.5.54).
c) Cattivo esempio. - L'esempio - lo si sa - ha una forza imponderabile specialmente se si tratta di esempi cattivi. E anche l'esempio ha la sua parte di responsabilità nel rilassamento della disciplina religiosa.
E' naturale: i religiosi vedono, osservano, fanno confidenze anche con religiosi di diversi istituti, e vengono notati più volentieri i difetti, le deficienze che le virtù... e così avviene che si concluda, con un certo sollievo, che la crisi del rilassamento è generale e quindi nulla da fare. E non è poi impossibile il caso che un Superiore si senta rispondere da chi viene richiamato all'osservanza: «...Ma fanno tutti così; in tale e tal altro Istituto si pratica questo; non dobbiamo attardarci sul corso della storia e sui bisogni del tempo; ci sono ben altri problemi da risolvere, ecc.».
E' consolante constatare il lavoro iniziato per arginare il male e conservare, anzi accrescere alla professione religiosa il posto d'onore che detiene nella. Chiesa.
Siamo certamente tutti d'accordo che la situazione va guardata e seguita nella sua realtà, senza pessimismo ma anche senza un comodo ottimismo... E ci è d'esempio ammirabile il S. Padre che non tralascia occasione di trattare problemi attuali ed ardui per indicare tempestivamente la soluzione da preferire.
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